FABRIZIO MARAMALDO

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La morte di Francesco Ferrucci a Gavinana, 1852, De Albertis Sebastiano
La morte di Francesco Ferrucci a Gavinana, 1852, De Albertis Sebastiano, dettaglio

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FABRIZIO MARAMALDO  (Fabrizio Maramau, Fabrizio Maramam) Di Napoli o calabrese.

Signore di Lusciano e di Ottaviano. Zio di Luigi Acciapaccia.

1494 ottobre) – 1552 (dicembre)

Anno, meseStato. Comp. venturaAvversarioCondottaArea attività

Azioni intraprese ed altri fatti salienti

1513CampaniaE’ iscritto alla nobiltà napoletana al seggio del Nido come Giovanni Tommaso Carafa.
1521
………..Lascia Napoli per militare agli ordini del marchese di Pescara Ferdinando d’Avalos.
Mar.ImperoChiesaMarcheSi scontra sul Tronto con i fanti delle Bande Nere di Giovanni dei Medici.
1522
Mar.CampaniaRitorna in Campania. Uccide la moglie che gli è stata infedele durante la sua assenza. Viene bandito dal regno di Napoli.
Sett.ImperoFranciaEmilia

30/40 cavalli della sua compagnia razziano le stalle di Torricella e si appropriano di oltre 50 capi di bestiame: il governatore dello stato della Chiesa Francesco Guicciardini invia loro contro il bargello affinché restituiscano il maltolto. 20 soldati sono catturati.  Invano interviene in loro favore il marchese di Mantova Federico Gonzaga  sollecitato a tal fine da Fabrizio Maramaldo.

1523
Gen. feb.Lombardia

Durante le feste del carnevale il duca di Milano Francesco Sforza sceglie 9 nobildonne che devono essere riverite per otto giorni dai giovani milanesi e non: primeggia Chiara Visconti, amata da Prospero Colonna. La donna sceglie come cavalier servente Fabrizio Maramaldo; anche la seconda regina della festa, Ginevra Pallavicini lo desidera tra i suoi cavalieri. In un banchetto Chiara Visconti tratta Fabrizio Maramaldo come se appartenesse ad un rango più elevato di quanto dicano ufficialmente i suoi quarti di nobiltà. Un condottiero di Prospero Colonna, Giovanni Tommaso Carafa, allo scopo di ingraziarsi il suo capitano, denigra Fabrizio Maramaldo agli occhi della donna. Come risposta il condottiero, fiducioso della protezione di Ferdinando d’Avalos, sfida a duello il conte di Cerreto Sannita.

…………Lombardia

Lo scontro ha luogo presso Mantova: la scelta delle armi spetta a Prospero Colonna. Si decide di combattere a cavallo, armati di tutto punto con l’eccezione delle spalle, con tre stocchi, uno in mano, l’altro all’arcione della sella, l’ultimo a lato. Giovanni Tommaso Carafa al primo urto tenta di ferire la cavalcatura del Maramaldo alla fronte affinché la bestia si volti al colpo ed egli abbia il modo di trafiggere il rivale alle spalle. La cavalcatura, invece, abbassa la testa ed  il Maramaldo cerca di sollevarla: in questo frangente il manico del suo stocco tocca la briglia della cavalcatura del conte e la fa impennare. Fabrizio   Maramaldo sfrutta  la circostanza e, benché non goda di una buona vista, è in grado di colpire il Carafa all’inguine. Il rivale muore in conseguenza del fendente mentre il  Maramaldo resta leggermente ferito. Poiché Ferdinando d’Avalos lascia Milano per recarsi a Valladolid, il Maramaldo passa al servizio del marchese di Mantova.

Ott.Chiesa VeneziaFrancia1000 fantiLombardiaAlla difesa di Cremona.
Dic.LombardiaIl marchese di Mantova Federico Gonzaga intercede a suo favore presso l’imperatore Carlo V affinché gli sia tolto il bando nel regno di Napoli per l’uccisione della moglie.
1524
Gen.FranciaLombardia

A Milano;  vi si incontra con il marchese di Vasto Alfonso d’Avalos ed il viceré di Napoli Carlo di Lannoy. Sempre nel periodo viene messo in fuga presso Lodi da 300 cavalli francesi.

Apr.LombardiaA Bergamo.
Mag.Lombardia

Ha un battibecco con Giovanni dei Medici, che lo sfida a giocare 1000 scudi. Fabrizio Maramaldo ritorna a Mantova; è licenziato. Gli alleati veneziani lo ringraziano per la rinuncia al compenso che gli sarebbe spettato per il suo grado.

1525
Gen.ImperoFrancia ChiesaFranciaAl fianco di Ferdinando d’Avalos in Provenza.
Feb.LombardiaPrende parte alla battaglia di Pavia. Il marchese di Vasto gli fa avere il comando di un colonnello di fanti.
Mag.Viene avvicinato da Guido Rangoni, che tenta di farlo defezionare a favore dei pontifici.
1526
Feb.ImperoFrancia Chiesa VeneziaPiemonte

Ha il comando di un colonnello di fanti ad Asti: ha contrasti con Cesare da Napoli e con Alfredo Galante. Vi è un ammutinamento: Ferdinando d’Avalos è obbligato ad intervenire. I capi della sommossa sono decapitati e sono licenziati 1500 fanti italiani. Il Maramaldo spinge i suoi fanti oltre il Po e supplisce al forte ritardo delle  paghe con rapine e scorrerie. Guido Rangoni lo incita a spostarsi nel reggiano contro gli estensi.

Mar.Lombardia e Toscana.A Vigevano. A fine mese è nominato governatore di Pontremoli.
Apr.EmiliaE’ segnalato a Borgo San Donnino (Fidenza).
Mag.1600 fantiEmilia e Lombardia

Si trova a Carpi con 800 fanti; saccheggia Correggio e Solera,  minaccia Modena. All’ avvicinarsi di Giovanni dei Medici e di Guido Rangoni si sposta su Milano. Con 150 cavalli e molti fanti scorta verso sud il feretro di Ferdinando d’Avalos morto negli stessi giorni. Il vicelegato pontificio si oppone al suo passaggio nel piacentino; gli estensi, viceversa, gli concedono il permesso ed apprestano truppe allo scopo di controllare i movimenti dei suoi uomini. Il Rangoni lo fa contattare nuovamente per avere il suo aiuto in un eventuale attacco a Reggio Emilia, controllata dagli estensi. Intervengono i ministri imperiali di Milano che fanno fallire ogni  progetto di carattere offensivo.  Fabrizio Maramaldo staziona presso Correggio; gli viene dato il comando della fanteria italiana forte di 14 bandiere di fanti.  Ai suoi ordini militano capitani quali Cesare da Napoli, Alfonso Galante, Giacomo da Nocera, Giovanni di Vara, Giovanni Caracciolo, Giorgio Lampugnani.

Giu.1000 fantiEmilia e Lombardia

Mette a sacco Brescello, tocca ancora Carpi con 1000 fanti: numerose sono, nel frattempo, le diserzioni fra le sue file, specie tra gli italiani, a causa della cronica mancanza di denaro. Fabrizio Maramaldo si sposta a Casalmaggiore con l’aiuto di Federico Gonzaga, che non solo concede il passo ai suoi uomini, ma lo rifornisce di alcune barche per attraversare il Po. Impone agli abitanti di Concordia una grossa taglia. A Casalmaggiore entra in urto con Luigi Rodomonte Gonzaga: di conseguenza viene trasferito a Cremona, dove già vi sono 3000 lanzichenecchi con Roberto da San Severino. Negli stessi giorni vi è una sommossa a Milano ai danni degli spagnoli che ne sono alla guardia: 100 suoi soldati, di stanza alla Cortevecchia vi sono trucidati ed altri, che si trovano alla custodia di un campanile, ne sono gettati giù dalla popolazione. La desolazione che il  Maramaldo porta a Cremona spinge gli imperiali a spostarlo a Lodi: anche in questa occasione si comporta nei confronti della cittadinanza con molta crudeltà, sì da costringere Ludovico Vistarini a tradire la parte imperiale. Sono aperte le porte di un bastione ai veneziani che irrompono nella città e la conquistano. Fabrizio  Maramaldo è assediato con soli 40 uomini nella rocca da Malatesta Baglioni, che ha avuto modo di svaligiare la maggior parte dei suoi fanti. Il marchese di Vasto e Giovanni d’Urbina vengono in suo soccorso;  egli li raggiunge a seguito di un’aspra sortita nella quale riporta 4 ferite, di cui una ad un braccio per una palla di archibugio.

Lug.Lombardia

Viene sostituito nel governo di Pontremoli. E’ tra i testimoni del  duello che si svolge vicino a Lambrate tra Sigismondo Malatesta e Ludovico Vistarini, tacciato di tradimento dal figlio dell’ex-signore di Rimini.

Ago.Piemonte

Ad Alessandria: tiranneggia al solito i cittadini, li obbliga a dare alle sue truppe vitto, alloggio e denaro; mette a sacco San Salvatore Monferrato e ne dà alle fiamme le abitazioni. Vi fa ritorno dopo tre giorni; per abbandonare la località senza problemi si fa consegnare   300 ducati. Si trasferisce a Valenza per assediarvi Giovanni da Birago e sbarrare il  passo a Michelantonio di Saluzzo proveniente dalla Francia con 500 lance e 4000 fanti.

Sett.PiemonteRespinto, si ritira a Bassignana. E’ segnalato a Castelnuovo Scrivia ed a Novara.
Ott.Piemonte

Messo in fuga anche dall’ astigiano, entra in Alessandria con 2000 fanti, due compagnie di uomini d’arme, 150 cavalli leggeri e quindici pezzi di artiglieria. Approfitta del fatto che i principali cittadini si trovino a Milano per prestare il giuramento di fedeltà nelle mani dell’imperatore per tentare con qualche pretesto di mettere a sacco la città. Gli abitanti si ribellano con successo alle sue pretese: a ricordo di tale fatto sarà costruita una chiesa dedicata a San Secondo, detta Chiesa della Vittoria.

Nov.Piemonte

Esce da Alessandria  e ritorna nell’astigiano. Si colloca all’ assedio di Asti alla cui difesa si trovano i capitani Paolo Bolla, Ambrogio Schelino ed Antonio Sarrone, coordinati da Matteo Prandone. Si accampa al convento di Santa Maria delle Grazie;  batte con le artiglierie la città per otto giorni. Ordina un attacco generale attraverso una breccia nella zona sud delle mura occidentali verso il borgo di San Pietro. Gli imperiali sono respinti dagli abitanti. Il Prandone rimane ucciso da un colpo di artiglieria mentre sta dando gli ultimi ordini per la vittoria finale, attribuita, peraltro, all’intervento miracoloso di San Secondo. La leggenda, alimentata dalla testimonianza di un ufficiale dell’esercito del Maramaldo, narra che i suoi soldati siano stati atterriti da una misteriosa voce che intima loro di ritirarsi. per celebrare questa vittoria nel 1591 è costruita la chiesa di San Secondo, detta della Vittoria,  nello stesso punto dell’apertura della breccia nelle mura. La chiesa, con i suoi dipinti ed affreschi, è stata distrutta nel dicembre del 1930.

1527
Gen.Piemonte

Giunge a Cassinelle ove si congiunge con i lanzichenecchi del Connestabile di Borbone: nella località sono catturati 800 francesi che vi si sono fermati per una breve sosta prima di raggiungere Asti.

Feb.1200 fantiEmiliaNel piacentino con l’Aldana. Si ferma a Fiorenzuola d’Arda alla testa di 1200 fanti.
Mar.EmiliaRaggiunge Salvaterra sul Secchia: molti sono i disertori tra le sue file, non solo per il solito motivo del ritardo delle paghe, ma anche per la mancanza di pane in quanto il vitto consiste solamente nella frutta di stagione. In breve, si trova a disporre di soli 300/400 soldati; scorta le lance ed i carriaggi  al campo di Bastiglia.
Mag.Lazio

Prende parte all’espugnazione di Roma ed al successivo sacco della città: due giorni dopo la conquista si presenta al palazzo del cardinale filoimperiale Andrea della Valle, dove hanno trovato rifugio 200 persone tra uomini e donne che hanno con sé i loro beni. Pretende una taglia di 100000 ducati, ridotta poi a 35000, che gli vengono consegnati in due giorni. Ottiene pure una notevole somma da Agostino Chigi per permettergli di salvare i  cimeli contenuti nel palazzo di quest’ultimo. I lanzichenecchi si ribellano perché agli spagnoli è toccata la maggior parte del bottino. Costoro mettono a sacco il palazzo di Siena ed il palazzo della Cancelleria. Con Alessandro e Luigi Rodomonte Gonzaga il Maramaldo convince i fanti italiani a sostenere gli spagnoli: assale i tedeschi in Trastevere ed uccide quanti resistano alla loro furia; solo il principe d’Orange riesce a calmare gli animi.

Lug.Lazio ed Umbria

Il papa Clemente VII cede agli imperiali; la carestia e la peste imperano in Roma. Si allontana dalla città e si trasferisce in Umbria dove perpetra nuove depredazioni e nuove brutali violenze. Saccheggia Narni, Terni, Montefiascone, Bolsena; espugna e mette a sacco Monte Rubiaglio a seguito di un intenso fuoco di artiglieria che apre una vasta breccia nell’ angolo nord-est del castello. San Lorenzo, Acquapendente, Baschi, Lubriano, Castel Viscardo. Torre Alfina, Onano sono, parimenti, oggetto delle sue attenzioni; tocca Corbara con 1500 fanti (13 bandiere).

Dic.LazioNei pressi di Roma.
1528
Feb.Lazio  Campania Abruzzi

Si allontana dall’agro romano per trasferirsi nel regno di Napoli. Assedia Rocca d’Evandro;  costringe alla resa l’abate di Montecassino, Crisostomo d’Alessandro, allo stesso Fabrizio  Maramaldo legato da vincoli di parentela. Si accampa ad Aversa con 1600 fanti;  gli è ordinato dal principe d’Orange di portarsi a Troia: i suoi soldati calabresi e lucani non si vogliono muovere se non dopo avere ricevuto le loro paghe. Si spostano verso la Puglia solo quando viene loro consegnata in pegno una mitria, già appartenente al papa e che fa parte del tesoro di San Pietro. Si muove a Castel di Sangro con Sciarra Colonna ed il principe d’Orange alla testa di 3000 fanti.

Mar.1600 fantiCampania

Ad Atripalda con le milizie del viceré di Napoli Ugo di Moncada e del principe di Salerno Ferrante da San Severino: ai suoi ordini vi sono 14 bandiere di fanti (circa 3000 uomini con 10 pezzi di artiglieria).

Apr.Campania

Passa alla difesa di Napoli attaccata dalle truppe del Lautrec. Con 600/800 fanti si colloca nel borgo di Santo Spirito, verso Chiaia, e per tutta la collina sino a Castelnuovo: i suoi uomini, come quelli di Giulio Cesare da Capua, continuano a non ricevere i loro emolumenti sopportando in questa circostanza, in silenzio ogni cosa. In uno scontro a Somma Vesuviana il Maramaldo cattura 50 uomini d’arme francesi.

Mag.Campania

Ha numerose scaramucce con i fanti delle Bande Nere di Orazio Baglioni: fa pressioni sul principe d’Orange affinché un capobanda, il Verticello, sia perdonato in cambio dell’aiuto da parte di quest’ultimo nel fare entrare di nascosto vettovaglie in Napoli. Da parte sua con Ferrante Gonzaga, Dimitri e Teodoro Boccali si impadronisce dei carriaggi dell’ arcivescovo di Amalfi Girolamo Vitelli, che stanno conducendo rifornimenti e mercanzie al campo francese (il bottino è valutato in 10000 ducati); sorprende pure a pranzo il vescovo di Avellino Silvio Messalia e lo cattura. Anche in questo caso le prede ammontano sui 10000 ducati, senza contare il riscatto dei prigionieri. Sempre a Napoli seda un tumulto provocato dai lanzichenecchi e dagli spagnoli; imprigiona con il principe d’Orange un piemontese che ha causato i disordini e lo fa impiccare di notte ad una finestra del palazzo del capitano di giustizia: il cadavere resterà in tale posto per due giorni a titolo di ammonizione. A fine mese è sospettato a sua volta di tradimento allorché un capitano guascone, il Catta, abbandona Napoli con una lettera inviata al Maramaldo da Giovanni Vincenzo Carafa. In essa lo si sprona a persistere nel proposito di mutare bandiera e di consegnare una porta ai francesi del Lautrec. Il Catta consegna il messaggio ad un contadino di Montella, che si fa catturare dagli spagnoli intorno alla Porta Nolana. Il principe d’Orange crede nella colpa del Maramaldo, lo fa disarmare e mettere in carcere sotto buona scorta per essere torturato e giustiziato: intervengono a suo favore Ugo di Moncada, Alfonso d’Avalos  e molti napoletani tra i quali Vittoria Colonna, vedova di Ferdinando d’Avalos. Viene creata una commissione d’inchiesta di cui fanno parte oltre al principe d’Orange, Ugo di Moncada, Alfonso d’Avalos, Ferrante Gonzaga, Ascanio Colonna e Fernando Alarcon. Il contadino  confessa  di avere visto il Maramaldo leggere il messaggio come una persona normale. Non è creduto, perché a tutti è nota la miopia del condottiero che per vedere le cose da vicino deve sempre fare ricorso agli occhiali. L’accusatore mantiene la sua versione anche sotto tortura. E’ riconosciuto colpevole, viene impiccato ed il suo corpo è diviso in quattro parti nella piazza del Mercato. I lacerti sono attaccati davanti alla quattro porte cittadine (del Mercato, Capuana, San Gennaro e Castelnuovo). Il Maramaldo è assolto.

Ago.Campania

Esce da Napoli per mettere a sacco Somma Vesuviana (50 prigionieri); alla testa di 400 fanti sorprende e taglieggia Benevento, occupa Nocera ed altre piccole terre. Assale Nola con il conte di Sarno Girolamo Tuttavilla ed il principe di Salerno Ferrante da San Severino; giorni dopo attacca Capua. Si accosta alla città con Giulio Cesare da Capua per la pineta del lago Patria,  segue la riva sinistra del Volturno. Alla notizia del suo arrivo gran parte dei difensori ripara ad Aversa; 800 fanti, al contrario, disertano per passare sotto le insegne del principe d’Orange. Quando Pietro Navarro giunge nei pressi di Capua per recuperare tale centro gli abitanti consigliano la guarnigione francese di effettuare una sortita per approvvigionare la città di buoi e di pecore: approfittano della loro lontananza ed accolgono all’interno della località Fabrizio Maramaldo. Sono uccisi 400 soldati nemici (per lo più ammalati francesi) rimasti dentro le mura; i suoi uomini spogliano gli ammalati nei loro letti. Il capitano francese Duguerre, preso a furor di popolo, è legato e torturato fino alla morte; al morto Ugo Pepoli sono strappate dal corpo la collana d’oro dell’ordine di San Michele, le insegne e gli stessi vestiti che vengono stracciati per essere divisi. Il  Maramaldo attacca il castello e costringe alla resa Giuliano Strozzi che vi si è rinchiuso: sono da lui fatti prigionieri lo Strozzi e Francesco Ferrucci che terrà in carcere fino al momento del pagamento del loro riscatto. Si reca ad Ischia;  le sue bande depredano anche l’isola.

Sett.Campania

Con lo scioglimento dell’ esercito francese ai suoi uomini si uniscono molti fanti  delle Bande Nere già al servizio dei fiorentini. Gli è dato il comando di 3000 fanti italiani. Rientra in Capua; come suo primo atto, ordina ai notabili della città di  corrispondere 100 scudi ad uno dei suoi capitani, il Maldonato, che pretende di avere impedito il saccheggio delle botteghe nel momento in cui è penetrato tra i primi in città; al  Maramaldo viene consegnato del denaro.

Ott.Campania

Ricompare a Capua con Alfonso d’Avalos;  vi sparge ancora il terrore. Per fermarlo è inviata una buona quantità di vettovaglie, pane e carne ai suoi uomini alloggiati a Calvi ed a Marcianise. E’ trasferito in un primo momento a Genova con 2000 fanti; la destinazione viene in un secondo momento cambiata per essere spostato in Puglia.

Nov.CampaniaPiomba su Castellamare di Stabia e Sorrento vivendo sempre alle spalle delle popolazioni locali.
Dic.1840 fantiCampania

Ad Avellino. Ai suoi ordini si trovano 1840 fanti divisi in 15 compagnie: sono consegnati  a lui 500 ducati e 12397 ducati per i suoi uomini, corrispondenti a due paghe per i veterani ed a una per i più inesperti. Dopo la rassegna si collega  con Alfonso d’Avalos.

1529
Gen.CampaniaTrascorre le feste di carnevale a Napoli nell’attesa del saldo delle paghe.
Feb.Lazio e Puglia

Assedia per qualche giorno Amatrice; da qui si volge verso la Puglia con Fernando Alarcon, Ferrante Gonzaga ed il marchese di Vasto. Opera attorno ad Andria fronteggiato dalle truppe di Renzo di Ceri; assale invano Barletta.

Mar.BasilicataSi muove tra Ferrandina, Grottole, Craco e Montepeloso (Irsina).
Apr.Puglia

Affianca con 500 uomini Alfonso d’Avalos all’ assedio di Monopoli, alla cui difesa si sono posti Camillo Orsini e Giovanni Caracciolo. Vi è un inutile assalto in cui tra gli imperiali vengono uccisi 500 soldati con molti guastatori. Il Maramaldo si colloca all’assedio della città;  non riesce ad impedire che gli avversari diano alle fiamme i bastioni offensivi.

Mag.PugliaViene rinnovato l’assalto a Monopoli: anch’esso viene parimenti respinto. Si perde d’animo per cui ripiega su Conversano.
Giu.Puglia

Mette a ferro e fuoco Noci, punta su Martinafranca. I cittadini offrono ai suoi uomini (chiamati cappelletti perché, malvestiti, si distinguono solo per il cappello) viveri e 2000 ducati: la donazione è respinta per l’attesa di maggiori ricchezze nelle loro mani. Viene respinto un suo assalto alla città; gli abitanti, sfiniti, si rifugiano nella chiesa di San  Martino. La leggenda narra della comparsa sulle mura di molti cavalieri che sotto la guida di un capitano di terribile aspetto inducono gli attaccanti a recedere dai loro loro propositi di saccheggio ed a gettarsi, invece, su altre località. Fallisce un’analoga incursione su Francavilla Fontana a causa di un’inondazione. Nei medesimi giorni gli è concessa una rendita di 2500 scudi a valere sui feudi di Francesco Carafa, conte di Montecalvo, e di Francesco Papacoda. Allorché i due nobili filofrancesi si riavvicinano al partito imperiale, al  Maramaldo sono riconosciuti 12000 scudi con i quali acquista la terra di Ottaviano. Il feudo gli costa 14000 ducati e ne prenderà possesso il mese seguente.

Lug.Campania e Lazio

I suoi fanti stazionano tra Marigliano, Airola e Montesarchio: non sono pagati da tempo e, dopo suoi vani tentativi di rabbonirli, si ammutinano ed entrano in Aversa. Si acquietano solo quando ricevono quattro paghe (di cui una a carico del territorio) pari a 20544 ducati. Si avvia verso la Terra di Lavoro.

Ago.ImperoFirenzeCampaniaLascia Caivano con le sue milizie per affrontare i fiorentini.
1530
Gen.LazioA San Germano (Cassino). Vi assolda altri 600 fanti su disposizione del principe d’Orange.
Mar.4000 fantiLazio e Toscana

Riceve altri 21204 ducati, pari a due paghe (più una in drappi di seta e panni d’Olanda) e si sposta verso la Toscana: quando si viene a conoscenza della marcia delle sue bande verso nord gli abitanti di Roma rimangono in allarme per due giorni. Il Maramaldo attraversa il viterbese (dove si ferma per qualche tempo per una malattia); si incontra nel capoluogo con l’ambasciatore senese. Avanza ancora quattro paghe dai pontifici; i suoi uomini, da parte loro, continuano nel loro proposito di ammutinamento. Le autorità della repubblica di Siena, nell’attesa del suo arrivo non sono state capaci di provvedere in tempo alla raccolta delle vettovaglie necessarie per le sue truppe, né di provvedere alla difesa del territorio. Entrato in Toscana, il Maramaldo sosta a Buonconvento ed a Bibbiano con 4000 fanti. Inquadrati in squadre di 300/400 soldati i suoi uomini predano nel senese non solo Buonconvento, ma anche Pienza e San Quirico d’Orcia. Il Maramaldo, con il fratello Giovan Battista fa il possibile per impedire danni più gravi facendo restituire parte delle prede e degli oggetti rubati. Per mantenere l’ordine fa impiccare quattro o cinque fanti dopo un assalto a Chiusure; a Serravalle, ne fa impiccare altri  sorpresi a derubare 20 scudi ad un contadino. Impegna a Siena un gioiello per potersi recare a Bologna a rendervi omaggio all’ imperatore: ottiene quattro cannoni dai senesi e due dai lucchesi (che gli saranno consegnati a fine aprile). Allorché lascia il senese la Signoria offre a lui ed a un gentiluomo della sua casa un banchetto in grande pompa.

Apr.Toscana

Ricevuti altri 9700 ducati dai pontifici, si prepara ad attaccare Pisa; aspetta che da Volterra gli siano inviati alcuni pezzi di artiglieria. La città è riconquistata da Francesco  Ferrucci. Il Maramaldo smantella San Quirico ed altri castelli; si sposta a San Gimignano, si accosta a Colle di Val d’Elsa dove gli è impedito di entrare; irrompe nel volterrano con 500 fanti e 500 cavalli;  si accampa a Villamagna. Assalito da un drappello di cavalli leggeri fiorentini respinge gli avversari; quindici sono i prigionieri.

Mag.Toscana

Si presenta a Volterra alla Porta di San Giusto con 4000 fanti, 400/500 cavalli capitanati da Teodoro Albanese e da numerosi fuoriusciti. Scacciati i presidi fiorentini, si fortifica nel borgo fuori della Porta di San Francesco; vi allestisce trincee e ripari e vi pianta le artiglierie: altre ne aspetta dal campo di Firenze. Francesco Ferrucci fa rovinare la torre che affianca la porta affinché i detriti derivanti dal fuoco dell’artiglieria non vengano a colpire le sentinelle di guardia. Il Maramaldo si scontra quasi quotidianamente con il Ferrucci; espugna il convento di Sant’Andrea fuori le mura; invia nella città un trombetta ad intimare la resa ai difensori. Il commissario fiorentino minaccia di morte quest’ultimo nel caso in cui si ripresenti. L’araldo si fa ancora vedere ed è impiccato con il tamburino al collo sopra la Porta di San Francesco: sembra, infatti, che abbia portato con sé alcune lettere scritte da abitanti di Volterra favorevoli alla causa imperiale. Dopo una grossa scaramuccia fuori le porte il Maramaldo occupa il borgo di San Giusto, costruisce trincee, scava fosse, alza argini, prepara una mina. Crescono le difficoltà fra i suoi uomini per la mancanza di denaro: viene anche sospettato di averli frodati; per tale motivo due bande di calabresi disertano a vantaggio dei fiorentini. Il Ferrucci fa uscire Goro da Montebenicchi che mette in fuga i guastatori addetti all’allestimento di una la mina. I difensori  dileggiano il Maramaldo sempre più;  per prenderlo in giro il suo cognome è storpiato in un miagolio. Aumenta l’ odio di  Maramaldo nei confronti del Ferrucci; è accusato di avere cercato di farlo assassinare e di avere posto una taglia sulla sua testa per averlo vivo o morto. Respinge un attacco di Camillo da Piombino al convento di Sant’Andrea.

Giu.Toscana

Rigetta un secondo assalto fiorentino capitanato da Francesco della Brocca e da Goro da Montebenicchi. Raggiunto dal marchese di Vasto e da Diego Sarmiento, con 4000 spagnoli e dieci cannoni  riprende l’offensiva; si colloca di fronte alla chiesa di San Lino il cui giardino confina con le mura, mentre il d’Avalos imperiale assale Porta Fiorentina. Un intenso fuoco di artiglieria (quattrocento colpi) abbatte una torre ed apre una breccia di quaranta braccia nelle mura: l’assalto generale viene respinto. Il Ferrucci è ferito ad un gomito ed a un ginocchio dai detriti provocati da un colpo di cannone; senza dare tempo ai chirurghi di medicarlo il commissario fiorentino si fa portare su una sedia in tutti i posti minacciati dal nemico e continua a dirigere la difesa. Fabrizio Maramaldo ed Alfonso d’Avalos perdono tempo per stabilire a chi spetta la conduzione del prossimo attacco: la dilazione permette ai fiorentini di alzare in fretta e furia nuovi ripari con letti, coperte, casse nei punti danneggiati. Seguono due nuovi assalti condotti tra la Porta Fiorentina e quella di San Francesco, preceduti dal fuoco di quattordici pezzi di artiglieria, di cui alcuni ricevuti di recente dal principe d’Orange. Il marchese di Vasto, malaticcio rientra a Napoli ed addebita al Maramaldo ogni colpa  per avere ritardato le operazioni. Il condottiero si ritira prima nei borghi e, a fine mese, è costretto a levare l’assedio per la peste, le diserzioni, gli ammutinamenti fra i suoi uomini. I fiorentini escono e trovano in una chiesa 60 soldati feriti tra infermi e feriti, quasi tutti spagnoli: vi appiccano il fuoco e li fanno morire soffocati dal fumo.

Lug.1000 fantiToscana

Gli è ordinato dal principe d’Orange di muoversi da San Gimignano, dove si trova con 1000 fanti, per sbarrare il passo al Ferrucci, uscito da Volterra con tredici compagnie di fanti (1500 uomini). Fabrizio Maramaldo si sposta verso Prato e Pistoia mentre il capitano avversario prende la strada di Cecina e, seguendo il litorale, tocca Rosignano Solvay e Livorno. Il  Maramaldo si dirige su Fucecchio e la Val di Nievole, sosta nella campagna di Pescia; viene provvisto di vettovaglie dai senesi.

Ago.Toscana

Esce da Empoli con il principe d’Orange ed Alessandro Vitelli alla testa di 7000/8000 fanti e di 400 uomini d’arme;  precede a Gavinana, nella montagna di Pistoia, 3000 fanti e 400 cavalli del Ferrucci e di Giampaolo di Ceri. Il combattimento all’inizio si presenta  incerto; muore anche il principe d’Orange colpito da due palle di archibugio. Il Maramaldo entra nel paese da levante nel momento stesso in cui il Ferrucci vi penetra da nord.  Respinto in un primo momento, retrocede fino alla Forra Armata dove si è collocato monsignor di Ascalino con la retroguardia forte di 2000 fanti tra lanzichenecchi e spagnoli. Si collega con costoro; il suo intervento unito con il contemporaneo successo del Vitelli sulla retroguardia fiorentina, capovolge l’esito dello scontro. I fiorentini, stanchi per le tre ore di combattimento, non hanno più alcun riparo, cercano scampo nella fuga e nella resa. Sono catturati anche il Ferrucci e Giampaolo di Ceri. Fabrizio Maramaldo riscatta da uno spagnolo il capitano fiorentino;  ordina che gli sia portato davanti; nella piazza, davanti alla chiesa, gli fa togliere la celata e la corazza, lo ingiuria. Alle risposte animose dell’ avversario gli ficca non si sa se una spada, un pugnale o una lancia nel petto o in gola e lo fa trucidare dai fanti spagnoli in vendetta dei loro commilitoni  che, catturati, sono stati fatti morire di fame dallo stesso Ferrucci a Volterra. Una tradizione, accolta anche da Benedetto Varchi, riporta che il Ferrucci, prima di spirare, abbia rivolto con disprezzo le celebri parole “Vile, tu  uccidi un uomo morto” o, meglio, “Vile, tu dai a un morto”. L’unica fonte da cui il Varchi ed altri storici fiorentini traggono notizia in merito è Paolo Giovio, che pare abbia attinto l’informazione  da un componimento poetico del lucchese Donato Callofilo “La Rotta di Ferruccio”. I cronisti toscani più antichi sono invece concordi nell’affermare che il Ferrucci muore combattendo; altrettanto sostengono Ferrante Gonzaga ed altri storici coevi come Marco Guazzo e Leandro Alberti. Il cadavere del Ferrucci viene avvolto in una bandiera imperiale ed è gettato in un campo nei pressi della chiesa: tempo dopo sarà rinvenuto nelle vicinanze di tale edificio uno scheletro che sarà identificato con il corpo del commissario fiorentino. Con la vittoria il Maramaldo ritorna a Pescia con 6000 fanti che distribuisce in Val di Nievole. Le contrade sono infestate da tali milizie; tocca Lucca per consultarsi con il cardinale Cybo e lascia  nella città il Ceri; torna nel pisano con il Vitelli e Cucchero Albanese; chiede invano la resa al presidio di Ripafratta e si attenda sotto Pisa. Ne viene respinto da Michele di Montopoli, uscito con un’audace sortita dalla Porta di San Marco. Respinto anche da Pistoia, conduce le sue bande a Montecatini ed a Pescia.

Sett.Toscana e Lazio

Indugia in Val di Nievole; si reca, infine, a Roma a chiedere il saldo delle sue paghe ammontanti a 36000 ducati. Ottiene buone parole dal pontefice, non denaro.

Ott.Toscana e Lazio

A Firenze: i fiorentini gli consegnano 23000 ducati, i pontifici altri 10000. Non  soddisfatto nelle richieste (si aspetta 80000 ducati con un premio speciale a suo favore) ritorna a Roma; è ancora a Firenze ed in Val di Nievole. Obbliga la Signoria a rifornirlo di vettovaglie.

Nov.Toscana  Campania

Solo a metà mese gli vengono saldate tutte le spettanze. Fa allora restituire a lucchesi e senesi i pezzi di artiglieria avuti in uso in precedenza;  licenzia  le sue truppe che si allontanano dalla Toscana per Fucecchio, Poggibonsi e Staggia lasciando spaventose memorie di violenze e di angherie. E’ ospitato a Siena dal duca di Amalfi;  rientra a Napoli.

1531
Feb. mar.Lombardia

Si trova a Mantova. Viene sfidato a duello da Cesare da Napoli: Federico Gonzaga si oppone alla sua effettuazione ed impedisce che sia consegnato al Maramaldo il cartello di sfida da parte di un trombetta di Antonio di Leyva.

Apr.BelgioA Bruxelles. Vi rimane alcuni mesi godendo del favore di Carlo V.
1532
Giu.ImperoImpero Ottomano3000 fantiGli viene affidato il comando di un colonnello di 3000 fanti per fronteggiare i turchi in Ungheria.
Lug.

L’imperatore gli conferma l’acquisto del castello di Ottaviano, vendutogli dagli eredi del principe d’Orange (entrata di 1000 ducati l’anno) e gli dona 6000 ducati.

Ago.Capita no g.le fanteria italianaLombardia e Veneto

Attraversa il bresciano, tocca Peschiera del Garda con 2000 fanti ed i bagagli. Carlo V, su consiglio di Alfonso d’Avalos, gli affida il comando della fanteria italiana: il fatto suscita il risentimento di altri condottieri quali Piermaria dei Rossi (favorito da Ferrante Gonzaga), Filippo Tornielli, Guido Rangoni, che ha in effetti una maggiore esperienza, e Giambattista Castaldo, cui il marchese di Vasto in precedenza ha promesso lo stesso incarico.

Sett.Austria

L’esercito si raccoglie tra Kremps e Vienna. Il cardinale legato Ippolito dei Medici soffia sul fuoco; i soldati che non vedono la paga da tempo non vogliono obbedire ad un capitano conosciuto come violento e troppo severo nell’ esercitare la disciplina, ed uso ad ammazzare e ferire i suoi soldati per i minimi delitti. Ha l’incarico di conquistare Buda; i soldati si sollevano e minacciano di non muoversi se prima non ricevono 4 paghe e non siano loro consegnate in pegno le artiglierie. Si reca ad Innsbruck: mancano le paghe ed il pane servito è nero e con la muffa: di 14000 uomini non ne rimangono che 6000, i suoi e quelli di Filippo Tornielli. I fanti lombardi, romagnoli e toscani prendono la strada per l’Italia incendiando molte ville e case.

Ott.Austria  Slovenia Friuli

Anch’egli deve rientrare in Italia: tocca Graz, Lubiana, Gorizia e Sacile con 4000 fanti;  transita per Chiusaforte, controllato dai veneziani di Battistino Corso. E’ ammalato ai reni.

Nov.Veneto

Nel trevigiano; i suoi uomini commettono le ribalderie di sempre; affianca l’imperatore ad Albaredo d’Adige allorché l’esercito attraversa il fiume diretto a Milano.

1533
EstateCampania

Sottoscrive con Marzio Colonna il cartello di sfida promosso dal Rangoni ai danni di Piermaria dei Rossi. Nell’estate viene accolto a Napoli come un eroe. Vende il feudo di Lusciano.

Sett.CampaniaSposa a Napoli Porzia Cantelmi, vedova di Carlo Carafa che gli porta in dote 20000 ducati. In tale occasione il Filocalo compone un epitalamio in suo onore.
Dic.Marche e Lombard

Lascia il regno di Napoli per la Lombardia; nella marcia  tocca con i suoi uomini Recanati dove il legato pontificio, per timore del suo passaggio, mette in allerta 500 fanti.

1536
Mar.Abruzzi e Marche

Ritorna verso il fronte. Giunge a Teramo;  impone agli abitanti di alloggiare nelle loro case    (a loro spese) tre compagnie di soldati. La comunità è anche costretta a consegnargli 1000 ducati per dare la paga ai soldati che sta conducendo in Piemonte. Si avvicina ad Ascoli Piceno;  i cittadini gli offrono un donativo di confetture e cera. Si accampa vari giorni ad Offida con 3000 fanti; transita per Recanati.

Apr.Romagna ed EmiliaLascia Ravenna con 4000 fanti e 200 cavalli leggeri. In Emilia.
Mag.Emilia e Marche

Tocca  Bologna e sosta a San Lazzaro di Savena; si ferma presso Modena nel monastero di Santa Cecilia e causa l’allarme generale. A Modena si incontra con Claudio Rangoni; continua  verso Reggio Emilia per unirsi con Antonio di Leyva. Gli imperiali decidono di affrontare gli ottomani in Africa. Il Maramaldo si muove verso il regno di Napoli; tocca Offida con 3000 fanti e mette in subbuglio il contado.

Giu. lug.ImperoImpero OttomanoMaestro g,le di campoSicilia TunisiaSi imbarca a Trapani. Prende parte all’assedio di La Goletta contro i turchi. A luglio è presente all’espugnazione della località.
Ago.ImperoFranciaMaestro g.le di campoPiemonte

Nella stessa estate combatte i francesi in Piemonte con lo stesso incarico di maestro generale di campo. Accantona in Ciriè molto frumento e pone alla guardia dei depositi 300 fanti: l’Essey, l’Auchy ed il de Cany scalano le mura della località, uccidono gran parte dei difensori e si impossessano delle derrate che trasportano a Torino. Il Maramaldo assedia Torino;  molti dei suoi uomini disertano a favore dei francesi per il ritardo delle paghe. E’ ferito alla coscia da un colpo di archibugio.

1537
Mag.PiemonteAd Alessandria. Scrive al duca di Urbino Francesco Maria della Rovere a favore di alcuni gentiluomini rinchiusi nelle carceri di Venezia.
Sett.LombardiaViene riconfermato nel suo incarico di maestro generale di campo dal capitano generale dell’esercito imperiale il marchese di Vasto Alfonso d’Avalos.
…………Abruzzi e Campania

Ritorna nel regno di Napoli;  giunge negli Abruzzi. Geloso del credito che Cesare da Napoli acquisisce  sempre più presso Alfonso d’Avalos, domanda licenza per andarsi a curare. Giunge a Napoli;  non vorrà più allontanarsi dalla città.

1538
……….Carlo V lo nomina suo ciambellano, consigliere di stato e di guerra.
Nov.

L’imperatore gli dona a titolo di benservito 500 ducati con una lettera scritta da Monzon dove si è conclusa una tregua; più tardi gliene saranno consegnati altri 2000.

…………Campania

Da questo momento Fabrizio Maramaldo nei ricordi del popolo napoletano si trasforma in un gaudente epicureo ed in un personaggio comico alla corte del viceré don Pietro di Toledo intento a dissipare il suo patrimonio. Le cronache dell’ epoca riportano i suoi frequenti litigi con il fisco. Sulla sua figura rimane fino ai nostri giorni l’eco di un motivo canzonatorio nei suoi confronti, “Maramao perché sei morto”.  In fin di vita dispone che una notevole somma sia distribuita in opere di pietà dai religiosi che lo hanno assistito; solo i teatini non vogliono quanto disposto a loro favore per la sua partecipazione al sacco di Roma.

1551Vende il feudo di Ottaviano al principe di Molfetta Ferrante Gonzaga.
1552Campania

Muore sulla fine dell’anno. Viene sepolto nella tomba di famiglia in San Domenico Maggiore. Amico del poeta Girolamo Borgia (che gli dedica il “De bello africano” che tratta della vittoria degli imperiali a Tunisi ai danni del Barbarossa)) e di altri umanisti quali Filocalo, Giano Arisio, Bernardo Tansillo e Giovan Francesco Muscettolo. Ad Asti è presente un affresco in cui è rappresentato San Secondo che sbaraglia le sue truppe.

CITAZIONI

-“Capitano di grande riputazione.” NARDI

-“Con la sua morte (di Francesco Ferrucci) ancora fu causa che non per altro servisse il nome dell’infame Maramaldo che per significato d’ogni maggior vitupero..Uomo nelle armi nominato, ma di mali costumi e crudele.” UGHI

-Uccisione di Francesco Ferrucci “La ricostruzione di Girolamo Borgia (nelle sue Historiae), oltre a scagionare completamente il Maramaldo da ogni diretta responsabilità, inseriva l’episodio in una logica di guerra, nella fattispecie determinata, per primo, dallo stesso Ferrucci.” E. VALERI 

-“Barbarissimo: sempre ebbe usanza con masnadieri, ed uomini di malo affare; l’indole ferina lo spingeva al sangue.” GUERRAZZI

-“Fu bello huomo del corpo, ma di corta vista, onde usava, come molti in Napoli si costuma, di portar del continuo gli occhiali. Se le piccole cose alle grandi si possono comparare, par che lui di lui avvenisse quel che di Lucullo celebratissimo capitano Romano si scrive; percioché o stanco delle fatiche militari, o pur di sua eletion mosso, forte si diede agli agi del vivere e a’ piaceri del gusto, come molto fosse dalle gotte travagliato.” AMMIRATO

-“Il suo nome rimase per secoli nella tradizione popolare come spauracchio dei bambini e come nobile dissipatore. Maramau perché sei morto/ Pane e vino non te mancava/ La nzalata l’avive all’ uorto/ Maramau perché si morto.” CANTILENA POPOLARE

-“Huomo valoroso, et di gran fama.” PILONI

-“Dal suo cognome è tratto il verbo “maramaldeggiare”, detto del vile che si finge coraggioso quando in realtà non ci sono pericoli, o di chi esercita prepotenza sugli indifesi.” TOSI

-“Capitano di singolar valore, e per tutto ‘l tempo della vita suo stato affetionato alla parte imperiale.” GIOVIO

-“Capitano di gran valore della parte cesariana..Per il suo gran valore degno di laude.” ULLOA

-“Distinto condottiere d’arme.” LITTA

-“Famoso illustre Capitano.” MAZZELLA

-“Homo molto danoso e capitano della M.tà delo imperatore.” DE’ BIANCHI

-“Capitano..(di) valore e stima.” ROSSO

-“Gentilhuomo Napolitano et cavaliero valoroso.” CONTILE

-“Ferrante della Marra lo dipinge “stizzoso, pronto all’ira et all’andar in collera”. Carlo V, accortosi che per niente s’imbizziva, prese gusto a farlo montar sulle furie. Un giorno, per spassarsi, lo cominciò a contradire in una cosa delle più giuste; e Fabrizio non reggendo alle mosse, gli gridò in napoletano: “haverse una meuza vostra maestà”; venga un mal di milza a vostra maestà.” G. SFORZA

-“Inter Italicos primipilum ducens.” GROLIER

-“….il gran Napolitano/ che poco o nulla suol prezzar la morte/ Signor Fabrizio detto Maremano/ Buon d’alto ingegno valoroso e forte/ Tutto divoto al gran signor Hispano/ Per cui patir gli è grato ogni aspra sorte/ Sì come un core invitto acquistar brama.” CALLOFILO

-“Ammazzò più di cento pedoni, morì di febbre maniconica havendo 51 anni.” Da un codice riportato dal LUZIO

-“Napoletano di famiglia antica.” ROTH

-“Sendo questo capitano un huomo bestiale e molto agguerrito.” GRASSI

-“Il quale seppe acquistarsi un nome terribile fra i suoi compagni d’arme.” VASSALLO

-“Così famoso Capitano de suoi tempi, de’ cui gloriosi gesti ne son piene l’historie.” DE LELLIS

-“Vaillans maistre de camp espagnols.” BRANTOME

-“Valente soldato, un gentiluomo di buon sangue e di alta reputazione, uno dei migliori condottieri di parte imperiale.” FABIANI

-“Famoso per la sua ferocia.” DI PIERRO

-Alla battaglia di Gavinana “Già la prima battaglia e la seconda/ de i nostri è volta fracassata e morta,/ e addosso l’inimico ogn’hor più abunda,/ e ‘l Maramao combatte entro la porta:/ qui la gent’è percossa da ogni sponda/ et sol un bel morir lo riconforta: né può ritrarsi a salvamento al giglio/ che già vi è noto el suo doppio periglio./…./..in man fu dato/ a Fabritio el Ferrucci: e per qual scelo/ fusse io non so, della vita privato;/ so ben che, per sua man, qual freddo gelo/ divenne: de zagaglia al cor passato./ s’odio o sdegno non so ch’a ciò l’indusse,/ o acio che ‘l Prince (l’Orange) vendicato fusse.” ROSEO

-Ad un suo ritorno a Napoli nell’estate del 1533 “Quae tuba, quos strepitus qui, dux venit agminis instar:/ Quo se Parthenope tollit in astra duce/ Qui properat? spoliis decoratus opimis/ Ut coram exhiberet Caesaris ora sui/ Hic ille est cuius penetravit fama repostam/ Iclita vel Thulem, Antipodumque domos.” BORGIA

-“La saggistica risorgimentale, sempre alla ricerca di prove della debole fibra morale del Maramaldo, lo ritrasse come un gaudente intento solo a sperperare le proprie sostanze e quelle della moglie in una Napoli che sprofondava in una secolare decadenza sotto il peso dell’oppressione straniera che lui stesso aveva contribuito ad instaurare..Ricco, ammirato dai contemporanei, celebrato da scrittori e poeti, nominato infine anche membro del Consiglio di Stato e della Guerra del regno di Napoli, il Maramaldo fu un personaggio influente e attivo della società napoletana in un periodo in cui questa era scossa da una serie di profonde trasformazioni istituzionali, culturali e religiose. Arrivato in alto grazie all’appoggio dei d’Avalos, avversari tradizionali dei Toledo, nel 1536 egli fu tra i baroni che chiesero, senza successo, all’imperatore di rimuovere il viceré di Napoli don Pietro di Toledo dal suo incarico, e che nel 1547 cercarono di usare i gravi tumulti scoppiati a Napoli per provocarne la destituzione.. Come colonnello di fanterie il Maramaldo fu uno degli imprenditori militari italiani di maggior successo della sua generazione, riuscendo a organizzare intorno a sé per più di un decennio la parte più solida delle fanterie italiane del Regno di Napoli..Il suo colonnello, che giunse a superare le 3000 unità, fu al tempo stesso unità di élite, scuola militare ed espressione degli interessi politici ed economici di una parte importante della nobiltà napoletana.” ARFAIOLI

-“Uomo brutale.” CASALIS

-“Uno de’ Capitani più stimati dall’imperatore Carlo V. Fu molto celebre nell’istorie de’ suoi tempi.” DELLA MARRA

-“Spagnolo famoso.” LAZARI

-“Si spense questa Casa (dei Maramaldo) gloriosamente in Fabritio signor d’Ottaiano General Colonnello degl’Italiani per lo ‘mperador Carlo V. Honor veramente della militia de’ suoi tempi, delle cui prodezze sono piene le carte; fu egli ricevuto tra Camerieri di quel grande Imperadore col soldo di 166 oncie d’oro per ciascun’anno.” DE PIETRI

-“Con la suo schiera/ ammazza ognun che s’allontana o fugge.” CELEBRINO

-“Questo Maramaldo, stando al suo contemporaneo Leonardo Santoro da Caserta, ha molte compagnie di fanti arruolati in quel di Cosenza e nella Basilicata; si tratta di gente crudele, esperta nel ladrocinio; una manica di avventurieri, gentaglia esperta d’ogni ribalderia che vuol soltanto rubare e violentare…Con la figura del Ferrucci scompare anche il coraggio individuale italiano. Nel secolo seguente gli italiani perderanno anche quel poco, quel pizzico d’onore tenuto alto da un combattente senza mercede. La morte del Ferrucci, quindi, sgozzato da un mercenario della specie peggiore, non è solo un fatto di “cronaca storica”: è anche e soprattutto un simbolo.” ADAR

-“Venturiero tra i più disperati, uomo capace di ogni impresa, il Maramaldo è il tipo più caratteristico delle compagnie mercenarie del secolo   XVI… E’ l’uccisore di Francesco Ferrucci a Gavinana. Tutta la sua vita è concentrata si può dire, in questo suo atto crudele, in quanto inutile, empio. Alcuni storici hanno anche tentato di riabilitarne la figura, ma purtroppo le cronache dei contemporanei, attraverso episodi e frammenti di vita attestano l’indole perversa, le abitudini al saccheggio, la sfrontatezza temeraria.. venturiero tra i più disperati, come capace di ogni impresa, il Maramaldo è il tipo più caratteristico degli ultimi rappresentanti delle compagnie mercenarie del secolo XVI.” ARGEGNI

-“Sul gesto di Maramaldo che conficca la lama nel corpo del prigioniero ci sono testimonianze dirette: la lettera che il Figueroa scrive a Carlo V tre giorni dopo la battaglia, una lettera di Giovio, una di martino Agrippa. Tutte e tre affermano che maramaldo ha ucciso Ferrucci per vendicare l’araldo impiccato. Delle ultime parole di Ferrucci scrive solo il Varchi… Il fatto, dopo aver bollato il “colonnello” con il marchio dell’infamia, volle che la fantasia popolare lo trasformasse a poco a poco in una maschera comica, quella dello smargiasso ghiottone, che Callot rappresenta “in tunica succinta, con gambe nude, berretto piumato in testa, il viso mezzo coperto da mascherino”.” CARMINE CIMMINO in www.ilmediano.com

  BIOGRAFIE SPECIFICHE

-G. de Blasiis. Fabrizio Maramaldo e i suoi antenati.

-A. Luzio. Fabrizio Maramaldo. Nuovi documenti.

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