Le Signorie dei Condottieri

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Castello Orsini-Odescalchi

Last Updated on 2024/01/30

Dalle tabelle 1 e 2 del file “Il sistema dei condottieri” risulta che nel periodo 1330-1550 gli anni di relativa pace in Italia sono stati 4 per lo stato della Chiesa, 24 per quello fiorentino, 11 per il ducato milanese, 12 per il regno di Napoli, 64 per il ducato di Savoia e 16 per la repubblica di Venezia.

Indice delle Signorie dei Condottieri

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In correlazione con questo stato di conflittualità permanente vi è  nel periodo storico preso in esame la proliferazione di piccole e medie signorie locali. Un esempio di estrema frammentazione è dato dai territori controllati nominalmente dallo stato della Chiesa e da quelli ad esso confinanti. Vi è così il dominio dei Gonzaga a Mantova, degli Estensi a Ferrara, dei Pio a Modena ed a Carpi, dei da Correggio, dei Terzi e dei Rossi a Parma, dei da Polenta a Ravenna, dei Guidi nell’Appennino emiliano-romagnolo, dei Calboli a Castrocaro Terme, dei Pepoli e dei Bentivoglio a Bologna, degli Ordelaffi a Forlì e Forlimpopoli, degli Alidosi ad Imola, dei Manfredi a Faenza, dei Malatesta a Rimini, Cesena, Pesaro, Fano. Tra la Romagna e le Marche si segnala la presenza dei Montefeltro ad Urbino, nel Montefeltro e nella Massa Trabaria, già possesso dei Brancaleoni, con le cittadine di Urbania (Castel Durante) e di Sant’Angelo in Vado. Sempre nelle Marche sono pure presenti le signorie dei della Faggiuola, degli Ubaldini della Carda ad Apecchio ed a Sassocorvaro, degli Atti a Sassoferrato e, soprattutto, dei da Varano a Camerino, dei Chiavelli a Fabriano, dei Migliorati a Fermo, degli Ottoni a Matelica, dei Simonetti a Jesi. Tra Umbria e Toscana si mettono in evidenza i Trinci a Foligno, i Cantelli a Gubbio, i Tarlati ad Arezzo; nel Lazio spadroneggiano le grandi famiglie della nobiltà romana come Vico, Orsini, Colonna, Savelli, Conti, Gaetani e Vitelleschi a Civitavecchia. I condottieri stabiliscono signorie più o meno durature, che costituiscono un tessuto politico importante nel panorama delle guerre locali del periodo. Tale situazione ha comportato per i territori interessati continue variazioni nei loro confini. Le persistenti guerre, sempre nel periodo che va dal Trecento alla prima metà del Quattrocento, hanno contribuito nello stesso tempo alla creazione di nuove altre signorie intestate spesso ai condottieri di ventura.

Gli uomini che si danno alla ventura, i cosiddetti venturieri, a causa anche della brevità dei contratti di militanza loro offerti, spesso approfittano delle difficoltà economiche degli stati in cui si trovano coinvolti al termine di un conflitto, siano essi i vinti che i vincitori. La loro presenza “in loco” può così terminare con la presa in possesso di una data località a titolo di risarcimento. Il condottiero ne diviene in tal modo di fatto “signore” per un periodo più o meno limitato. Successivi rivolgimenti danno luogo a nuovi repentini cambiamenti ed alla scomparsa di tali microsignorie, sostituite prontamente da altre similari con protagonisti di nome diverso.

Mappa Italia rinascimentale 1494
Mappa dell’Italia nel 1494

Le guerre, ovviamente, devono essere condotte con efficacia. La sopravvivenza o l’aspirazione ad allargamenti territoriali comporta per i reggitori degli stati (specie per quelli maggiori) l’esigenza di cercare valide competenze professionali. La conseguenza è che con lo scorrere del tempo, in pratica con il passaggio dal 1300 al 1400, si avvia il processo di un ricorso più continuo alle prestazioni dei condottieri di ventura, e che il fatto venga premiato con la concessione a loro favore di un feudo; talora ciò avviene anche a compensazione del debito accumulato nei loro confronti per il ritardato pagamento della condotta. .

Dalla seconda metà del 1400, con la pace di Lodi, la situazione muta. Le signorie e la possibilità dei condottieri di farsi signore di una o più località si indebolisce non tanto per il venir meno delle loro ambizioni, quanto perché vi è “un assestamento della “dimensione” dello stato regionale come dato imprescindibile, come forma di stato richiesta dalle misure e dal gioco delle forze in campo.” (Chittolini) Contemporaneamente si rafforza sempre più nel tempo la formazione di signorie più solide, legate a nobili e signori in possesso di propri feudi o di grandi fondi. Per costoro il mestiere delle armi non risponde soltanto al desiderio di procurarsi attraverso di esso fama, onore e denaro, ma anche di assicurare su un piano più vaso il proprio stato appoggiandosi ad una potenza maggiore nel ruolo di garante e datore di lavoro. Sono anch’essi mercenari, sono dotati anch’essi di buone attitudini militari. D’altra parte non mancano le opportunità per un loro retribuito intervento dato dalle divisioni interne che caratterizzano le comunità (contrasti tra guelfi e ghibellini, con le variazioni che questi termini subiscono nel tempo; lotte intestine nelle città tra popolari e nobili; conseguenti guerre con i fuoriusciti, il partito perdente del momento, che non accetta l’esilio e la confisca dei beni), e vere e proprie guerre provocate dalle ambizioni territoriali di comuni, repubbliche, ducati e regni. Tali condottieri e capitani risultano con il tempo favoriti rispetto ai rappresentanti della precedente categoria, in quanto sono avvantaggiati dal loro controllo su un limitato territorio nel quale sono in grado di reclutare in continuazione tra i propri fedeli soldati per le proprie compagnie. Come si è anticipato con il progredire del tempo vi è un’ulteriore variazione nel concetto di “signoria”. I maggiori stati, quali il ducato di Milano e la repubblica di Venezia, fanno sempre più ricorso al contributo di questi membri di estrazione nobiliare concedendo loro in feudo piccole e medie località, spesso separate le une dalle altre e generalmente situate in zone periferiche in modo di agire da cuscinetto ammortizzatore nel caso di un’aggressione dall’esterno. In tal modo condottieri e capitani abbandonano la “ventura” per divenire a loro volta “sudditi”, spesso dotati anche di giurisdizioni civili e penali nei territori sottoposti al loro controllo. E’ la nascita del primo embrione di eserciti permanenti.

Di seguito si riportano le località toccate dai tipi di signoria presi in esame come risultano dal presente dizionario anagrafico. Esse sono evidenziate in ordine alfabetico. Per ognuna di costoro è citato il nome del “signore”, sempre distinto per comodità secondo l’ordine alfabetico. Sono comprese in tale contesto anche le cosignorie, di frequente presenti nell’ambito di una stessa cerchia famigliare. A causa delle frequenti omonimie, i nominativi riportati sono a loro volta differenziati da un numero corrispondente alla loro posizione nell’elenco famigliare riportato nella ricerca. Si tratta nel complesso di 2076 località, tra comuni e loro frazioni. E’ così rappresentato uno spaccato d’Italia che riguarda con prevalenza il nord ed il centro. Numerosi sono pure i luoghi che si riferiscono al mezzogiorno della penisola, con esclusione della Sardegna e della Sicilia, aree toccate anch’esse da continui conflitti ma non dalla presenza di condottieri e capitani di ventura.

DELLE PROGENIE FAMOSE D’ITALIA

Senza troppo cercar trovare indizio/Di giorno in giorno ognor m’abonda tema/A questo laudabile esercizio./E se lo spirto mio sospira e trema/Avere a far memoria di tanti e tanti,/Che non resisteria dieci poema;/E voler ben trattar di tutti quanti,/Chi, perché, dove, quando, quali e come,/Che puon nella milizia aver millanti;/E voler dir di tutti quanti il nome,/Ohimé ch’ell’è troppo ardua l’impresa,/La possa poca a smisurate some./Qualche gentil cor me farà contesa;/Udirmi biasimar contra ragione/Torrà l’elmo e lo scudo alla difesa./Ché non si può a tutte le persone/Piacere interamente e non si debbe,/Che non siria virile, a perfezione./Alcun dirà: – costui certo non ebbe/L’informazion perfetta de’ Bracceschi,/A cui più degna laude converrebbe./E chi dirà che furon gli Sforzeschi/Dai portamenti magni e manifesti,/E chi dirà de’ valenti Feltreschi./E chi dirà l’onor de’ Malatesti,/Ordilaffi, Manfredi e ‘l sacro sangue/De’ buon Marchesi de la cà da Esti./L’alma, lo spirto mio sospira e langue/Perché non è l’imperio in le lor mani/A trarsi fuor di così pessim’ angue./E chi dirà l’onor degli Italiani/ E’ stato nella casa de’ Visconti,/Guardando ben con gl’intelletti sani,/Oh! quanti magni cavalieri e conti/De la Cà de’ Gonzaghi valorosi,/C’han fatto già tremar e piani e monti,/E chi dirà de’ valenti Fregosi,/Adorni, Malespini e il real seggio/Di que’ dal Fiesco, i gran religiosi./La casa di Mirandola e Correggio,/La Scala, il Carro, a cui fu il cielo avverso/Sempre in declinazione di male in peggio!/Or cerca nostra Italia a l’altro verso,/E comincia dalla bella Sicilia,/Che cantar già le Muse a verso a verso./Quanta gentil, quanta nobil familia/Ha partorito questa isola amena/Pien di saper d’Apollo a mirabilia./E tu Calabria tutta ornata e piena/Di Cavalier, di Conti e di Marchesi,/Che a molti ha dato il re Fernando pena./Io sostengo nel cor dogliosi pesi,/Però ch’io tengo in cor come stadera,/E da mille quadrella ho i sensi offesi./Or guarda intorno alla bella rivera,//Ai Conti ec……………./O sangue eccelso di San Severino,/Che franchi cavalier n’ho io già visti,/De’ qual non dico in mio breve latino./E vo’ Pugliesi de superni aquisti,/O Duca d’Andri o conti di Gravina/………………………………………………..                                                                                                                                                                                                                 Cambino Aretino

Nell’immagine principale, Castello Orsini-Odescalchi (Bracciano, wikimedia)

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