GATTAMELATA

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Monumento equestre al Gattamelata realizzato da Donatello in piazza del Santo a Padova.

Last Updated on 2024/01/09

GATTAMELATA  (Erasmo Stefano da Narni) Di Narni. Secondo alcune fonti sarebbe nato a Castel Due Santi (città del padre) nel todino.

Il suo vero nome è Stefano, mutato successivamente in Erasmo in omaggio al vescovo Sant’Erasmo, che aveva ai suoi tempi molti devoti nel Lazio e nell’Umbria. Signore di Valmareno. Padre di Giovannantonio  di Gattamelata, cognato di Gentile da Leonessa, suocero di Tiberto Brandolini, di Leonardo da Martinengo e di Antonio da Marciano. Fu soprannominato Gattamelata per la dolcezza dei suoi modi unita alla sua astuzia; secondo altre fonti il soprannome gli deriva semplicemente dal cognome della madre Melania Gattelli. Figlio di un fornaio o di un funaro, vale a dire un artigiano che intreccia le funi di canapa.

1370 – 1443 (gennaio)

Anno, meseStato. Comp. venturaAvversarioCondottaArea attivitàAzioni intraprese ed altri fatti salienti
1385
PrimaveraUmbria

Compie i primi studi a Narni con i frati minori conventuali. A quindici anni lascia la famiglia per servire come paggio di un uomo d’arme della compagnia di Ceccolo Broglia.

1394
………ChiesaPerugia10 lanceUmbria

Milita nelle compagnie di Ceccolo Broglia, signore di Assisi. Si fa notare da tale condottiero; col tempo gli è concessa una condotta di dieci lance; ottiene l’uso di due corazze, il diritto all’insegna, alla tenda propria, a un piatto (provvigione), ad un paggio,  a far parte del seguito del capitano, a  prendere parte ai consigli di guerra, a guidare scaramucce.

Mag.UmbriaAffianca Ceccolo Broglia  all’ espugnazione della fortezza di Agello posta nei pressi di Porta Borgna di Perugia. E’ segnalato poi a Narni. Conosce Brandolino Brandolini
1398
Apr.ChiesaPerugiaUmbriaAll’uccisione di Biordo dei Michelotti in Perugia affianca il Broglia contro Ceccolino dei Michelotti ed i raspanti che dominano nella città. In segno di stima e di rispetto il condottiero piemontese dona al Gattamelata la propria lorica (corazza di cuoio).
1400
Sett.

Ceccolo Broglia muore nella primavera per peste ad Empoli. Il Gattamelata lascia tale compagnia per entrare a far parte delle schiere  del signore di Perugia Braccio di Montone. Ha l’incarico di “praefecus equitum”. Braccio di Montone gli concede di usare il suo stemma ed i colori delle sue sopravvesti.   Non abbandonerà mai tali contrassegni.

1410UmbriaSposa Giacoma da Leonessa, figlia del Beccarino e sorella di Gentile da Leonessa (dote 500 ducati).
1411Firenze AntipapaPerugia  NapoliUmbriaAffianca Braccio di Montone alla conquista del castello di Cerqueto nel perugino.
1416PerugiaAntipapaUmbriaPreda il territorio di Spoleto.
1417
Giu.PerugiaChiesa NapoliLazioAppoggia Braccio di Montone alla conquista di Roma.
1418
Ago.PerugiaChiesaUmbriaDevasta il contado di Norcia. Con Niccolò Piccinino conquista la rocca di Spoleto.
1419
Apr.UmbriaAl fianco di Braccio di Montone  contro Spoleto. Ne assedia la rocca.
Giu.Lazio

Partecipa alla battaglia di Montefiascone; con il Brandolini  segue il Montone  all’assedio  Viterbo contro Muzio Attendolo Sforza.

Ott.Umbria

Alla guardia di Capitone con Brandolino Brandolini viene sconfitto e catturato a San Gemini da Muzio Attendolo Sforza e dal Tartaglia.

…………….UmbriaSi libera con uno stratagemma. Da questo momento è chiamato con il soprannome di Gattamelata.
1420
Feb.ToscanaCon altri condottieri come Fioravante Oddi, Brandolino Brandolini e Cherubino da Perugia affianca il signore di Perugia che si reca a Firenze a rendere omaggio al papa Martino V con il quale ha concluso una tregua.
1423
Lug.Re d’AragonaNapoliAbruzziViene lasciato da Braccio di Montone all’assedio di L’Aquila.
1424
Feb. mag.AbruzziE’ sempre impegnato all’assedio di L’Aquila.
Giu.Abruzzi

Presenzia allo scontro dell’Aquila. Braccio di Montone non ascolta il suo consiglio di assalire gli avversari mentre  sono in movimento lungo la strada che da Rocca di Mezzo conduce alla volta dell’Aterno; il condottiero perugino preferisce aspettare i nemici nella pianura.  Il Gattamelata ha il comando con Brandolino Brandolini  della quinta squadra;   con Niccolò Fortebraccio assale l’avanguardia condotta da Ludovico Colonna e da Menicuccio dell’ Aquila. In soccorso di questi ultimi giunge Federico da Matelica con molti cavalli;  i bracceschi sono così costretti a ripiegare. Fatto prigioniero, è  rinchiuso nel castello cittadino. Riesce a  fuggire, ripara ad Ocre con il Piccinino e da qui si rifugia a Paganica.

Lug.ChiesaConti 400 lanceUmbria e Lazio

Si trova a Narni;  passa al soldo dei pontifici (un anno di condotta, comando di 400 lance e stipendio di 400 fiorini). Con Andrea della Serra e Pietro Navarrino si volge su  Valmontone ai danni di Avernino Conti.

Ott.LazioE’ sempre fermo nei pressi di Valmontone.
Nov.FirenzeMilano
1425
Feb. mar.FirenzeMilanoRomagna

Combatte i viscontei agli ordini di Niccolò Piccinino e di Oddo di Montone. E’ sconfitto dai Manfredi in Val di Lamone; nello scontro di Pieve d’Ottavo si salva dalla cattura pur essendo ferito alla gamba sinistra. Nello scontro rimane ucciso Oddo di Montone; sono fatti prigionieri Niccolò e Francesco Piccinino, Guerriero da Marsciano, Niccolò da Tolentino e Niccolò Orsini. A marzo il papa Martino V gli rinnova per la terza volta il contratto di condotta.

Mag. giu.ChiesaS. Severino MarcheMarche e Abruzzi

Di stanza a  Macerata. Recupera allo stato della Chiesa San Severino Marche  scacciando da tale località Antonio da San Severino. A giugno è segnalato a Chieti. Neglistessi giorni gli è rinnovata la condotta per un anno alle stesse condizioni.

Sett.FirenzeMilanoRomagnaSi scontra nel territorio di Imola con Francesco Sforza.
Ott.ToscanaE’ sconfitto ad Anghiari.
Nov.ToscanaResta al soldo dei fiorentini anche quando il Piccinino sceglie di passare agli stipendi del duca di Milano Filippo Maria Visconti.
1426 Chiesa
1427
Feb. mar.ChiesaS. Severino MarcheMarcheMilita sempre al servizio dei pontifici con il Brandolini. San Severino Marche si ribella al papa Martino V:  è inviato con Sante Carillo e Francesco da San Severino contro la città. Questa viene espugnata ai primi di marzo dopo un breve assedio. Per punizione le mura sono smantellate in più punti;  7 capi della rivolta sono impiccati.
1428
Gen.ChiesaC.di CastelloUmbria

Combatte le milizie dei  da Varano che si trovano alla difesa di Città di Castello per conto dei figli minori del Montone. Raggiunge con 200 cavalli nei pressi della città il governatore di Perugia, il vescovo Piero Donato; si collega con l’esercito del prelato (2000 fanti e pochi cavalli), giunge a Fratta Todina e recupera Monte Castello di Vibio che si è ribellata ai pontifici. Narra la leggenda che scaccia da Montone la vedova di Braccio Nicolina da Varano. In una sala del castello trova la donna che lo attende impavida con accanto il figlioletto Carlo: costui gli si avventa contro. Gli si attacca con i denti alla  mano sinistra con tale furia che il Gattamelata solleva d’istinto il braccio in  aria con il ragazzo appeso ad esso. In ogni caso riesce ad ottenere dal papa per la vedova del Montone e per il figlio Carlo un’uscita onorevole dal castello assediato e la concessione di portare  a Camerino i loro effetti personali.

Apr.ChiesaBolognaEmilia

Al termine delle operazioni con Micheletto Attendolo ha l’ordine di levare il campo da Città di Castello e di spostarsi nel bolognese: ha l’incarico  di muovere contro il capoluogo insorto ai danni dello stato della Chiesa.

Ago.Romagna

Raggiunto ad Imola dal legato pontificio, il cardinale Domenico di Capranica, da Antongaleazzo Bentivoglio, dall’  Attendolo, da Niccolò da Tolentino e da Jacopo Caldora inizia a contrastare i bolognesi.

1429
Apr.RomagnaScorta a Forlì con 100 cavalli il legato pontificio. Il papa Martino V gli rinnova la condotta.
Ago.EmiliaBologna si arrende ai pontifici.
Sett.EmiliaA fine mese è rinnovato il contratto sia al Gattamelata che a Brandolino Brandolini (700 fiorini subito e 303 per i mesi successivi.
Ott. dic.Romagna Marche

Con la firma del trattato di pace si ritira dal contado e si sposta nel forlivese. A fine dicembre gli è rubata ad Ancona la sua cavalcatura dal romano Andrea Jacopo Alberti; la vicenda si chiude con la restituzione del maltolto.

1430
Lug.ChiesaBolognaEmilia

Si trova nelle vicinanze di Bologna allorché nella città si accendono nuove ostilità nei confronti dei pontifici ad opera dei Canedoli. Agli ordini di Jacopo Caldora e del vescovo di Tarpeja si ferma a Corticella ed a San Giovanni in Persiceto.

1431
Mar.Emilia

Al termine del conflitto Micheletto Attendolo e Brandolino Brandolini sorprende sui confini tra Bologna e Modena un condottiero, che è stato licenziato negli stessi giorni dai fiorentini,  dotato di un salvacondotto del marchese di Ferrara. Il venturiero è catturato con la scusa che sta per passare al soldo dei bolognesi: interviene Niccolò d’Este che lo fa liberare e gli fa restituire parte dei beni di cui è stato derubato.

Apr.EmiliaScorta a Bologna il nuovo governatore pontificio, Giovanni Bosco, con 150 cavalli e 80 fanti.
…………….Romagna ed Emilia

Presta soccorso in Forlì al governatore Tommaso Paruta che ha scoperto una congiura ordita dai partigiani di Antonio Ordelaffi. Doma la ribellione dopo essere sfuggito ad un agguato  organizzato dai nemici. Ritorna a Bologna ancora in subbuglio per i disordini provocati dai Canedoli.

1432
Gen. apr. 230 cavalli e 150 fantiRomagna

A gennaio il suo credito verso la Camera Apostolica (comprensivo anche delle spettanze del Brandolini) ascende a 18000 fiorini. A marzo il papa Eugenio IV  gli rinnova la condotta per due mesi; a metà maggio il pontefice gliela fa rinnovare per un periodo più lungo. Dispone ai suoi ordini diretti di 230 cavalli e di 150 fanti. Ad aprile il Gattamelata si trova in Romagna a  Forlì.

Mag.Romagna

Esce da Villafranca e da Casemurate con  Brandolino Brandolini;   entra in Forlì per la Porta di Schiavonia;  da qui penetra nella rocca di Ravaldino. Si reca poi a Forlimpopoli con 300 cavalli.

Giu.Romagna

Lascia Forlimpopoli; raggiunge la Val di Lamone per impedire una guerra privata tra Francesco del Malandrino ed i suoi rivali. Intercetta costui a Feragano; nel combattimento il  Gattamelata rimane ferito ad una coscia: anche alcuni suoi uomini d’arme subiscono la stessa sorte. Cattura il Malandrino, lo conduce a Forlimpopoli e, seppure a gran fatica, lo induce a rappacificarsi con i suoi rivali. Viene poi chiamato a Bologna dove, con l’aiuto di un nipote del governatore pontificio Fantino Dandolo, deve occupare la Porta di Santo Stefano: la città è sempre tormentata dai tumulti provocati dai partigiani dei Canedoli e da quelli degli Zambeccari. Il condottiero giunge in ritardo. Ludovico Canedoli  controlla infatti l’entrata nella città per cui il Gattamelata non può che rientrare ad Imola. Il Dandolo è forzato a lasciare  Bologna.

Lug. ago.Lazio  Umbria

Si reca a Roma dal papa Eugenio IV con alcuni ambasciatori di Forlì. A fine agosto si trova con il Brandolini alla guardia di Todi e di Civitella d’ Agliano.

Ott.ChiesaUrbinoRomagna

Esce da Villafranca con i suoi uomini ed entra in Imola con Brandolino Brandolini allo scopo di impedire che la località cada nelle mani dei ribelli dello stato della Chiesa: avverte il castellano, sospettato di tradimento, di essere venuto per pagare il riscatto di alcuni prigionieri. Costui fa abbassare il ponte levatoio;  entra nel castello con una piccola scorta.  Una volta di fronte al funzionario gli rovescia addosso del denaro: l’uomo si precipita a contarlo ed è arrestato dai suoi uomini. Si sposta, quindi, nel riminese molestato dalle scorrerie di Bernardino degli Ubaldini della Carda;  affronta Guidantonio da Montefeltro. E’ costretto a rientrare in Forlì con un nulla di fatto a causa dell’avvicinarsi in Romagna del condottiero visconteo Francesco Sforza.

Nov.ChiesaMilanoRomagna

Staziona ancora nel riminese; alla notizia di un possibile tentativo di Antonio Ordelaffi di rientrare in Forlì ritorna in tale città. Dopo un giorno si porta con 100 cavalli alla Cosina, un fiumicello che segna il confine con il faentino; il Brusco, un capitano di Astorre Manfredi, retrocede per un miglio al fine di farlo cadere in un agguato Il  Gattamelata fiuta l’inganno e si ritira. Tocca prima Forlì e, poi, Imola.

1433
Gen.ChiesaFuoriuscitiRomagna  e Emilia

Si allontana di notte da Forlì per puntare su Bologna: gli è impedito l’ingresso nella città dai Canedoli. Appoggia allora l’abate Carlo Zambeccari, i Griffoni ed Antongaleazzo Bentivoglio;  rientra ad Imola solamente alla conclusione di un accordo tra le parti. I veneziani, tramite l’emissario Antonio Contarini, cercano di convincerlo a passare al servizio della Serenissima. Fa presente che deve avere prima il consenso del papa.

Apr.Emilia

Entra nella rocca di Castelfranco Emilia  con l’astuzia;  si fa aprire la porta con la scusa di dovervi giudicare due suoi uomini d’arme detenuti con l’accusa  di tradimento; entra ed imprigiona il castellano con i suoi famigliari. Giorni dopo fa dare alle fiamme, di nascosto, alcune case poste fuori del castello sulla strada verso Modena; nel trambusto generale gli abitanti   ne escono fuori per spegnere l’ incendio. Approfitta della situazione   per introdurre nella fortezza molti soldati; ne fa anche chiudere chiudere le porte.  Le case degli abitanti sono poste a sacco dai suoi uomini;  il castello perviene in suo potere.

Lug.Romagna e Emilia

Ad Imola; si accorda con i Griffoni; si allontana dalla città con 600 cavalli e cerca di entrare in Bologna. Giunge in ritardo al punto di incontro convenuto, i “Crociari”, per cui è costretto a fare rientro ad Imola.

Sett.ChiesaBentivoglioEmilia

Nel continuo rivolgimento delle alleanze è ora Antongaleazzo Bentivoglio a divenire nemico dello stato della Chiesa. Il  Gattamelata esce da Castelfranco Emilia con il Brandolini;  si porta a Monteveglio, alla cui guardia è preposto con 200 fanti un suo amico Giovanni Bianchetti.  Lo persuade ad arrendersi a patti facendogli credere che esiste un trattato ai suoi danni all’ interno del castello. La località è messa a sacco. Il Bianchetti, sulla strada per Bologna, viene ucciso dagli uomini del Bentivoglio, uscito anch’egli da Monteveglio con Bolognino dalle Fiubbe.

Nov.ChiesaMilanoEmilia

A Monteveglio;  sorveglia i movimenti di Giuliano da Siena e di Antonello Ruffaldi (che conducono 1000 cavalli viscontei delle compagnie  del Piccinino) in marcia dal Panaro verso il Samoggia.

Dic.Le pratiche per l’assunzione da parte della Serenissima del Gattamelata e del  Brandolini incontrano serie difficoltà.
1434
Feb.ChiesaSforzaEmilia

Tenta di porre in difficoltà Francesco Sforza teso al tentativo di ritagliarsi un suo stato nella marca di Ancona a spese dei pontifici.  Si colloca alla bastia di Castelfranco Emilia. Informa il popolo di Imola delle trattative portate avanti da Troilo da Rossano, che milita con il condottiero nemico, mediante il castellano cittadino.

Apr.Venezia400 lance e 400 fanti

Rifiuta le offerte del duca di Milano e del principe di Salerno Antonio Colonna;  con Brandolino   Brandolini accetta di militare per la Serenissima. Eugenio IV approva la situazione, anche perché debitore nei confronti dei due capitani di 20000 ducati. Viene loro riconosciuta una condotta di 400 lance a tre cavalli e di 400 fanti. Sei mesi più tardi il contratto sarà ampliato di altri 100 uomini d’arme per fare fronte alle esigenze dei loro  figli, rispettivamente Giovannantonio e Tiberto. Vengono concessi 60 ducati ad ogni lancia, per cui il costo complessivo della compagnia risulta di 24000 ducati l’anno. Ad ogni lancia è concessa una prestanza di 60 ducati. I due condottieri, inoltre, ottengono un prestito immediato di 2000 ducati. I veneziani si impegnano anche a riconoscere loro i residui 10000 ducati vantati verso il papa: a malleveria del credito il Gattamelata ed il Brandolini possono controllare la bastia di Castelfranco Emilia (custodita da 100 fanti) fino al momento in cui la Camera Apostolica non  abbia saldato  il suo debito nei confronti della  Serenissima. La condotta è stabilita in un anno di ferma ed in uno di rispetto e prevede la loro presenza in ogni parte d’Italia.

Mag.VeneziaMilanoEmiliaA Bologna con Brandolino Brandolini. Difende la città dagli attacchi portati dal Piccinino e da Gaspare Canedoli.
Giu.VeneziaBolognaEmilia

Viene soccorso da 800 uomini, tra cavalli e fanti, condotti da Taddeo d’Este; conquista Piumazzo e Manzolino;  intima ai bolognesi di liberare il governatore della città, il vescovo di Avignone. Conquista a Gaspare da Canedoli il castello di San Giovanni in Persiceto con il sostegno di alcuni abitanti della località che lo aiutano a penetrarvi ed a catturarvi con facilità l’avversario con tutto il presidio. Bologna, tuttavia, insorge su istigazione di Battista Canedoli.  Riceve ulteriori rinforzi che gli sono condotti da Giovanni Malavolti, da Guerriero da Marsciano e da Marino di Canaruto; può così riprendere l’iniziativa.

Lug.Emilia e Romagna

E’ respinto da San Giorgio di Piano; con Guidantonio Manfredi occupa Castel San Pietro Terme, Castel Bolognese e Sant’ Agata Bolognese. Da ultimo, entra in Bologna con il nuovo governatore, vale a dire l’arcivescovo Bartolomeo Zabarella Attacca anche i viscontei nell’ imolese;  rifiuta l’idea prospettatagli da qualcuno di divenire signore di Imola. Preferisce esercitare l’attività di condottiero.

Ago.Romagna

Nuovo legato pontificio è il vescovo di Recanati Giovanni Vitelleschi. Anche Niccolò  Piccinino si sposta in Romagna avendo ai suoi ordini 6000 cavalli e 3000 fanti; il condottiero visconteo si fortifica a San Lazzaro di Savena mentre l’esercito avversario, di pari forze, staziona a Castel Bolognese. Il  Gattamelata cade nella trappola tesagli dal comandante nemico, che in una scaramuccia iniziale  fa in modo che siano catturati 200 cavalli delle sue compagnie: i capitani della lega si imbaldanziscono ed accettano la battaglia campale che avviene sulla strada maestra che da Imola porta a Castel Bolognese. Veneziani, fiorentini e pontifici vengono totalmente sconfitti sulle ghiaie del Rio Sanguinario subendo la cattura di 3500 cavalli e di 1000 fanti. Dei capitani, solo il vescovo Giovanni Vitelleschi, Guidantonio Manfredi, Brandolino Brandolini ed il Gattamelata (nonostante le ferite riportate al torace ed a una   gamba) non sono fatti prigionieri.

Sett.RomagnaViene obbligato da Erasmo da Trivulzio a fortificarsi in San Giovanni in Persiceto.
Nov. dic.500 lance e 400 fantiRomagna

Viene assediato dai bolognesi in Castelfranco Emilia: a costoro si collega anche Niccolò Piccinino. Le forti piogge dei primi giorni di dicembre inducono i nemici ad abbandonare  le operazioni. Sempre a novembre, presso Marsciano, è rapita e rapinata dei suoi bagagli (valore 3000 fiorini), da alcuni soldati di Francesco Sforza,  la moglie Giacoma, sorella di Gentile da Leonessa. I prigionieri sono condotti nel vicino castello di Ripabianca

1435
Apr. mag.Romagna

Si unisce con Guidantonio Manfredi e Pietro Testa;  supera il Savio su un ponte di barche; ostacola in tale modo il passo a Niccolò  Piccinino, lo costringe ad abbandonare le sue posizioni ed a portarsi alle Canove.

Giu.Emilia

Affidata la guardia di San Giovanni in Persiceto e di Castelfranco Emilia a 600 cavalli ed a 700 fanti, muove con Antongaleazzo Bentivoglio verso Bologna;  assale la città alla Porta di Santo Stefano. Alcuni suoi uomini rompono le chiavarde esterne ed abbassano il ponte levatoio; Pietro Alberto da Modena cerca di scardinare le serrature dall’ interno. Il tentativo viene scoperto; il suono delle campane a stormo della chiesa di San Giuliano richiama alle mura molti difensori per cui l’attacco è facilmente respinto.  Si ritira  con il Bentivoglio a Sant’Agata Bolognese con 300 fanti, per lo più cernite, e 300 cavalli.

Lug.Emilia e Romagna

Niccolò Piccinino tenta di sorprenderlo a Piumazzo; si collega con Brandolino Brandolini e Francesco Sforza nel cesenate. Alla conclusione di una tregua è inviato nelle Marche in soccorso dei pontifici ai danni di Niccolò Fortebraccio. Prende la strada di Ravenna, ritenuta più sicura.

Ago.VeneziaFortebraccioMarche

Scende  per la via di Visso con 800 cavalli e si scontra con il Fortebraccio a Fiordimonte nei pressi di Camerino: il capitano avversario muore nello scontro.

Ott.LombardiaViene richiamato in Lombardia. Si accampa nel bresciano.
Dic.Lombardia

Restituisce ai pontifici i castelli di San Giovanni in Persiceto, di Sant’Agata Bolognese e di Manzolino che si trovano sotto la sua custodia.

1436
Feb.400 lance e 200 fantiLombardia e Veneto

Da Brescia si reca a Venezia nel Collegio dei Pregadi; vi viene accolto con numerose attestazioni di stima e con cordialità; è riconfermato con Brandolino Brandolini nella ferma per due anni con uno di rispetto. La condotta è ridotta da 500 a 400 lance e da 400 a 200 i fanti. Nello stesso tempo viene concesso ai due condottieri il feudo di Valmareno (2 castelli e 20 villaggi) nel trevigiano, dietro la consegna di un cero di 10 libbre  ogni fine  aprile alla chiesa di San Marco a Venezia. Peggiorano nel frattempo  i suoi  rapporti con Brandolino Brandolini a causa della gelosia di quest’ ultimo.

1437
Mar. apr.VeneziaMilanoToscana  Lombardia

Affianca Francesco Sforza all’assedio di Lucca per conto dei fiorentini. Niccolò Piccinino si vede chiusi i passi, che dal capoluogo portano alle alture vicine, da un triplice schieramento di forze appoggiate da grosse artiglierie. L’urto è molto  violento ed i viscontei devono allontanarsi da tale territorio e cercare la salvezza oltre gli Appennini. Ritorna in Lombardia per puntare su Milano agli ordini di Gian Francesco Gonzaga.  Suggerisce di costruire di notte un ponte di barche per attraversare l’Adda; con alcuni soldati guada il fiume presso Medolago e prende terra sulla sponda opposta. Già le due teste di ponte stanno per unirsi allorché una violenta fiumana, cagionata dalle forti piogge del giorno e della notte, ostacola la continuazione dell’ opera. Non è più  in grado di congiungersi con il resto dell’ esercito: è attaccato all’alba da Luigi da San Severino e da numerosi abitanti del luogo. Consiglia i suoi di guadare l’Adda, anziché impegnarsi in un combattimento perso in partenza per la disparità delle forze in campo. Con pochi uomini copre la ritirata ai suoi che si gettano nel fiume; alla fine sprona la sua cavalcatura, si butta anch’egli nelle acque dell’Adda e superando con la sua forza le difficoltà date dal  peso della sua armatura e da quella della corrente.

Mag.Lombardia

Si accorge presto delle intese del Gonzaga con il duca di Milano Filippo Maria Visconti;  informa dei suoi sospetti i veneziani;  lascia il campo per sicurezza.

Giu.LombardiaSi rafforza sull’Oglio con trincee e steccati.
Sett.Lombardia

Al fianco di Gian Francesco Gonzaga  a Calcinato sull’ Oglio. Cade in un agguato che gli viene posto da Niccolò  Piccinino; si salva a stento; inferiore di forze, lascia il campo ed invia a Palazzolo sull’ Oglio i carriaggi.  I nemici si avventano su questi.   Approfitta dell’occasione per portarsi a Pontoglio. I viscontei si fermano a Castelli Calepio per assediarne il castello. Il condottiero  può così uscire anche da Pontoglio, dirigersi verso il mantovano ed  il bresciano. Elude le insidie che gli sono tese dal  Gonzaga e quelle del Piccinino preparate ai suoi danni a Soncino.

Nov.Governatore g.leLombardia

Raccoglie a Brescia 3000 cavalli;  mantiene saldo l’esercito quando il marchese di Mantova diserta ufficialmente dal campo veneziano con 400 cavalli. A seguito della rottura  dei suoi rapporti con Brandolino Brandolini, gode dell’intera condotta di 400 lance e di 200 fanti; gli è concesso  uno stipendio mensile di 300 ducati.  Viene  eletto governatore generale anziché capitano generale perché agli stipendi della Serenissima milita ancora con tale titolo il Manfredi.

1438
Feb.LombardiaI bresciani gli presentano le proprie felicitazioni e gli donano formaggi, cere, confetture, dolci e spelta per le cavalcature.
Mar. apr.Lombardia

Approfitta dell’ assenza del rivale Piccinino;  in breve tempo recupera le terre conquistate dai ducali nel bresciano e nel bergamasco, quali Ponte San Pietro e la Valle di San Martino; nel cremonese ottiene il forte di Menala, dove cattura l’intero presidio.

Giu.Lombardia

Staziona sull’ Oglio ad Acquanegra sul Chiese con 9000 cavalli e 6000 fanti, accampati tra Mariana Mantovana, Gazzuolo, Baschi, Canneto sull’Oglio, Casalmoro, Volongo e Castelnuovo. Vieta  il passo al  Piccinino.

Lug.Lombardia

Il rivale getta un ponte di barche di fronte al campo del Gattamelata e simula un attacco diretto; nello steso tempo fa attraversare il fiume al grosso delle sue truppe di notte su 3 ponti di barche allestiti dal  Gonzaga tra Marcaria e Canneto sull’Oglio. La manovra ha successo perché i veneziani fino all’ultimo momento non vogliono credere al tradimento del Gonzaga, tanto da fare inchiodare sulla piazza di Brescia un povero fante per gli orecchi perché costui li ha avvisati dei movimenti delle truppe gonzaghesche ai danni della Serenissima. I ducali tentano di sorprenderlo  nei suoi alloggiamenti: il governatore generale riesce     a prevenire i loro movimenti grazie alle rivelazioni di un disertore catturato dai suoi fanti, un certo Beretta di Gottolengo, che per salvare la vita, in quanto nel passato ha pure abbandonato le file veneziane, gli rivela ogni cosa. Fa levare nottetempo il campo e punta con una veloce marcia su Bagnolo Mella e Brescia; il Piccinino cerca di tagliargli le comunicazioni con il Garda e Verona; per ovviare alla nuova situazione si sposta su Gussago e Gardone Riviera per difendere Gavardo e Salò. Il Piccinino a metà mese è raggiunto da 2000/ 4000 cavalli e da 2000 fanti condotti dal Gonzaga per cui  può riprendere l’offensiva ed attacca Gardone Riviera. Il Gattamelata non accetta la battaglia campale;  ripiega su Brescia; i suoi uomini lasciano il campo di Bagnolo Mella e collocano i loro alloggiamenti  nei borghi cittadini di San  Giovanni, di Sant’Alessandro e delle Pile. Affida a Taddeo d’Este l’incarico della difesa di Sant’Alessandro, ad Antonio da Martinengo quello di provvedere alla guardia della Porta delle Pile; Pietro Navarrino è inviato ad Orzinuovi e Bartolomeo Colleoni a Palazzolo sull’ Oglio.

Ago.Lombardia

Con il governatore di Brescia Francesco Barbaro è costretto a sedare un tentativo di insurrezione nella città, causato dagli scontri tra i fautori della causa guelfa e quelli della fazione ghibellina propensi  a favorire i ducali: di questi ultimi alcuni vengono  giustiziati. L’esercito veneziano, in effetti, si trova in forti angustie non solo per la presenza di un nemico quanto mai agguerrito, ma anche per la mancanza di vettovaglie, per la presenza della peste e per le frequenti diserzioni di soldati. Chiari è conquistata dagli avversari: il  Gattamelata invia Guerriero da Marsciano e Michele Gritti (300 fanti e 150 cavalli) alla sua riconquista;  anche tali capitani sono catturati. Il Piccinino assedia Rovato. Il  Gattamelata decide di prestare soccorso alla località; esce da Brescia. Lo seguono verso Passirano, Paderno Franciacorta e Bornato molti guastatori con Leonardo da Martinengo e 2000 abitanti del contado. Il Piccinino, di fronte all’improvvisa sortita, invia 2000 uomini sui monti di Calino che, sebbene caduti in un agguato, riescono ad impegnare i nemici in una battaglia che dura molte ore.  I viscontei sono battuti con la perdita di 400 uomini e la cattura di altri 400. Tra i veneziani gli uccisi sono 200 (100 cavalli e 100 fanti) con il provveditore Federico Contarini. I ducali ripiegano a Calogna; la vittoria non porta  alcun giovamento ai veneziani.

Sett.Lombardia Trentino e Veneto

Francesco Barbaro a causa della crescente penuria di viveri lo convince  a lasciare a Brescia ed a spostarsi nel veronese. Il condottiero tenta dapprima di guadare il Mincio; il fiume in piena e le squadre del Gonzaga e di Luigi dal Verme lo persuadono a desistere dall’azione  ed a rientrare in Brescia prima che il Piccinino gli precluda ogni via di ritirata. In quaranta ore, senza cibo e senza riposo, i soldati guadagnano la via di Brescia. A fine mese ripete di notte il tentativo; lascia nella città Taddeo d’Este con 600 cavalli e 1000 fanti e si avvia a marce forzate verso est con 3000 cavalli, 2000 fanti e 200 esperti guastatori. Invia in avanscoperta Giacomo Antonio Marcello e Giovanni Villano; si sottrae alla sorveglianza nemica girando a nord del lago di Garda per la Val di Sabbia (Nave) e per le montagne di Lodrone: Paride di Lodrone gli concede il passo dietro l’esborso di 1500 ducati. Si tratta, in effetti, di una strada mai praticata fino ad allora da grosse formazioni militari e non tenuta sotto stretto controllo dai ducali. Lungo il percorso sono sconfitti i posti di blocco delle truppe del vescovo di Trento che gettano sui soldati che avanzano numerosi massi dalle montagne. 300 fanti agli ordini di Guglielmo Cavalcabò e di Guido Rangoni scacciano i montanari dalle cime. Giunti in pianura a Riva del Garda, i veneziani si trovano la strada sbarrata al Salto Petrano, vicino ad Arco, dalle milizie del dal Verme e da quelle di Antonio, Galeazzo e Vinciguerra d’Arco. Girolamo Piloso, comandante del presidio di Rovereto, scende nel frattempo dalla Valle Lagarina, attraversa la valle di Loppio. Il Gattamelata si incontra nottetempo con il Piloso e lo spedisce all’ avanguardia con 400 o 1000 fanti, che hanno il compito di attaccare le forze che presidiano la valle di Santa Lucia e le zone circostanti. Il Piloso colloca altri fanti in una parte del bosco presso la cima di un monte che sa male sorvegliato. Quando i difensori del passo sono assaliti gli uomini di guardia del bosco abbandonano le loro posizioni e si spingono a dar man forte ai loro compagni. Il Piloso fa accendere numerose lanterne sulle punte delle lance dei suoi uomini  facendo pensare ad un suo ritiro; gli avversari si allontanano  al fine di sorvegliare i loro movimenti; con ciò permettono ai fanti appostati nel bosco di impadronirsi del sentiero.  Il Gattamelata è così in grado di guadare il Sarca e di entrare in Rovereto dopo avere subito molte perdite nei cavalli (300/600) e nei carriaggi. I disagi cessano solo con il raggiungimento del Monte Baldo che segna il confine fra il Trentino ed il Veneto; dopo cinque giorni perviene a Verona con   l’esercito  in salvo.

Ott.Capitano g.le 1500 cavalliVeneto

Il doge Francesco Foscari lo nomina capitano generale; la provvigione mensile gli è aumentata da 300 a 500 ducati e gli è donato un palazzo a Venezia in Campo  San Giovanni e Paolo, già  del dal  Verme. Nel proseguo delle operazioni scaccia il Gonzaga dal veronese, penetra nel mantovano e dà il guasto a tale territorio; si avvicina al Po per affiancare l’azione della flotta di Piero Loredan forte di 6 galeoni, di 6 galee e di 150 altre barche. In tale periodo la sua compagnia di ventura (secondo Marin Sanudo) per numero è seconda solo a quella dello Sforza ed è la quinta per numero di armati tra le 170 che operano in Italia.

Nov. dic.Veneto

Per tutto l’inverno tenta di alleviare le pene dei bresciani assediati dal  Piccinino: invia loro a più riprese numerosi convogli di viveri  appoggiando in tal modo dall’esterno la loro resistenza. Si fortifica sulla riva orientale del lago di Garda. A metà dicembre è in Val d’Arco con Girolamo Piloso. Prosegue per Nago dove giunge a metà mese; incontra le medesime difficoltà incontrate tre mesi prima. Decide di dividere a metà l’esercito. Un’ala, agli ordini del Piloso, imbocca la valle di Santa Lucia. I veneziani sono subito assaliti dalle truppe uscite da Castel Penede agli ordini di Francesco d’Arco. L’altra metà, guidata dallo stesso Gattamelata,  sopraggiunge e sconfigge i nemici con la cattura del capitano avversario. Nello scontro rimane ferito il Piloso.

1439
Gen.Trentino e Veneto

Occupa Castel Penede, Nago e Torbole; si accorda con Paride di Lodrone per l’invio a Brescia di un grande quantitativo di frumento. Prende la strada della Val d’Adige, piega per Mori e punta su Lodrone. Da tale località si porta ad Arco ed a Tenno: appena viene a conoscenza che in tali castelli è stato preceduto dal  Gonzaga e da Niccolò Piccinino ripiega su Castel Penede;  spedisce 400 uomini di scorta al carico di frumento per i monti di Tenno. Costoro vengono intercettati; sono sbaragliati da 600 cavalli e da 1000 fanti capitanati da Taliano Furlano.  Non si perde d’animo;  riesce spesso, ora con l’astuzia, ora con altri mezzi (incursioni diversive nel mantovano) a sfondare i posti di blocco creati dagli avversari.

Mag.Veneto

Di fronte ad una nuova offensiva del  Piccinino si ritira con 9000 cavalli e poco meno di 6000 fanti nel serraglio di Padova; mette a sacco Montagnana, caduta nelle mani dei fautori dei Visconti;  si rinserra nella chiusa del Brenta.

Giu.Veneto

Viene raggiunto dal capitano generale della lega, Francesco Sforza;  si accorda con tale condottiero sul piano di guerra. Sempre con lo Sforza è il primo condottiero ad emanare i primi regolamenti militari, tendenti in particolare ad inquadrare l’ordine di marcia. I due capitani  giungono a Cologna Veneta; ai loro ordini vi sono ora 14000 cavalli e 8000 fanti. Il Piccinino si fortifica a Soave; lo Sforza ed il Gattamelata si portano a Roncà. Una sortita di Troilo da Rossano e di Niccolò da Pisa spinge i viscontei a lasciare tale posizione.

Lug.E’ insignito dalla Serenissima del diploma di nobiltà distinto con bolla d’oro.
Ago.VenetoSupera l’Adige per prestare soccorso a Brescia. Trova la strada sbarrata a Peschiera del Garda.
Sett.Trentino

Costruisce una linea difensiva dal Garda ai monti soprastanti Riva del Garda. Per contendere ai nemici  il dominio del lago il Gattamelata, con l’ingegnere dalmata Niccolò Sorbolo, concepisce un piano che prevede il trasporto di un convoglio di navigli (costituito da 25 barche, cariche di armi e di vettovaglie, e da 5 galee, 3 piccole e 2 lunghe 40 metri del peso, queste ultime, di 250 tonnellate ciascuna). Il piano prevede che il convoglio si muova  via terra e lungo l’Adige.  L’impresa è realizzata in una quindicina di giorni. Le imbarcazioni, trascinate agli inizi  da migliaia di uomini e da altrettanti animali da lavoro,  lasciano la laguna di Venezia; giungono alla foce dell’Adige; da qui navigando controcorrente con remi e vele, abbattendo ponti di barche e varcando paludi, risalgono il fiume fino a Verona. Si infilano  nello stretto passaggio della Chiusa e toccano Mori. Sono ora tirate a secco. Vengono trasportate su appositi carri che utilizzano nella loro ascesa attraverso la catena del Monte Baldo rotaie in legno, smontate e ricomposte secondo le necessità. Giunti al lago di Loppio le imbarcazioni sono rimesse in acqua e fatte navigare fino all’altezza di un salto naturale di un centinaio di metri che porta all’odierno passo di San Giovanni. Appositi argani montati in cima alla salita permettono di superare anche tale dislivello. L’ultima difficoltà per il convoglio è costituito  dal tratto in discesa della ripida valle di Santa Lucia, sul versante est del picco roccioso sul quale sorge Castel Penede.  Le navi  giungono alla meta prevista, le acque di Torbole.

Ott.TrentinoSi collega con Troilo da Rossano. Si trasferisce in Val di Ledro e prende la strada di Tenno.
Nov.Trentino e Veneto

Assedia la rocca di Tenno (nei pressi di Riva del Garda) che viene soccorsa dal  Piccinino: la battaglia (in cui è catturato Sacramoro da Parma) viene decisa dall’ azione dei bresciani che mettono in fuga i ducali obbligandoli a rifugiarsi nella fortezza. I difensori si arrendono a discrezione; il Piccinino sfugge alla cattura nascosto in un sacco trasportato da un soldato. Subito dopo il  Gattamelata si getta al soccorso di Brescia. E’ presto richiamato con lo Sforza quando, alcuni giorni dopo, in quanto i viscontei si sono impadroniti di di sorpresa di Verona. Da Torbole attraversa l’Adige sopra Brentonico fino a giungere alla Chiusa; supera la resistenza dei viscontei, volti a bloccare ogni uscita dalla valle;  si accosta nottetempo a Verona all’altezza del castello  di San Felice mentre i ducali sono ancora intenti al saccheggio. Con Alessandro Sforza recupera Porta Oriello, difesa dalle milizie mantovane, e Porta Vescovo, che è sorvegliata da soldati veronesi i quali si arrendono quasi subito. Più tardi gli abitanti, a titolo di ringraziamento, gli regaleranno un podere a Montorio Veronese  che appartiene a Marino Contarini.  Il gentiluomo veneziano si oppone salvo ad accettare il fatto allorché, i veronesi gli consegnano 4000 ducati.

Dic.Trentino

Riconquista Castel Penede e  Torbole. Sempre nel mese rinuncia ai propri diritti su Valmareno in cambio di 3000 ducati che gli sono riconosciuti da Brandolino Brandolini.

1440
Gen.Trentino e VenetoE’ colto da un attacco apoplettico sulla montagna di Tenno. Viene trasportato su un burchiello da Lazise a Venezia.
Feb.VenetoSi fa condurre a Montegrotto Terme per esservi curato.
…………..ToscanaSi reca nel senese per esservi assistito, come è già avvenuto  altre volte nel passato per un analogo malore.
…………..LombardiaRitorna sui campi di battaglia anche se non perfettamente guarito.
1441
Feb.Veneto

A Venezia per le nozze del figlio del doge Foscari, Jacopo, con la figlia di Leonardo Loredan. Nella città è accolto con il bucintoro; sue compagnie prendono parte ad una giostra che dura due giorni assieme con truppe scelte dello Sforza e di Taddeo d’Este. Al suo fianco si trova il figlio Giovannantonio.

Apr.Veneto

Con il progredire della malattia lascia l’esercito e si ritira a Padova (palazzo Lion). I veneziani gli riconoscono una pensione annua di 1000 ducati in caso di non guarigione ed una condotta di 450 lance e di 350 fanti nel caso di sua ripresa: in tale circostanza dovrebbe godere anche di  una provvigione mensile di 250 ducati.

1443
Gen.Veneto

Muore ai primi del mese, all’ora del vespro, a Padova nella sua casa, Palazzo Lion, vicina al duomo (via Vescovado). I veneziani decretano una giornata di lutto in tutti i territori della Serenissima; sono spesi per il suo funerale 250 ducati. L’elogio funebre è di Lauro Querini. Dodici giorni dopo la sua morte le  esequie saranno ripetute a Venezia davanti al doge Francesco Foscari ed ai senatori della repubblica: in tale caso l’orazione funebre è di Giovanni Pontano. E’ sepolto a Padova nella chiesa di Sant’Antonio, in una cappella dedicata a San Francesco ed a San Bernardino da Siena (ora del Santissimo), di fronte alla tomba del figlio Giovannantonio. I coperchi dei due sepolcri  portano scolpite in rilievo la figura di entrambi i guerrieri in posizione supina. La cappella è stata fatta costruire a sue spese dalla moglie Giacoma.    Il decoro pittorico è opera del veneziano Matteo dal Poro, del padovano Pietro Calzetta e di Jacopo da Montagnana. L’arca del sepolcro è frutto del maestro Gregorio di Allegretto.    Sempre il figlio e la moglie fanno innalzare al loro congiunto, a Padova, un monumento equestre in bronzo, opera del Donatello, nella piazza antistante la stessa basilica. La statua di Gattamelata a cavallo viene ultimata solo sulla fine del 1453 ed è costata alla famiglia 1650 ducati. Quando Donatello è incaricato dell’ esecuzione di tale monumento esisteva già un Gattamelata a cavallo, una scultura in argento del peso di 14 libbre, donato dallo stesso Erasmo da Narni alla chiesa della Ss. Annunziata di Firenze. Nello stesso tempo della lavorazione di tale monumento  due altri artisti fiorentini sono impegnati a Ferrara nell’esecuzione di altrettanti monumenti equestri in bronzo: sono Antonio di Cristofano, a quella del marchese di Ferrara Niccolò d’Este, e Niccolò Baroncelli, allievo del Brunelleschi, a quella del marchese Borso d’Este. 26 anni dopo nel 1479 Andrea del Verrocchio è invitato a Venezia per scolpire, sempre in bronzo, a cavallo  Bartolomeo Colleoni, monumento sorto non tanto per onorare il valore del condottiero bergamasco, quanto per incoraggiare gli altri capitani al servizio della Serenissima. Delle 4 statue ne sono rimaste solo 2 in quanto quelle dei marchesi d’Este sono state distrutte nel 1796. Nel Palazzo della Ragione di Padova (il cosiddetto Salone) è conservato un gigantesco cavallo di legno, copia rinascimentale del monumento al Gattamelata di Donatello,  modellato in occasione di una parata tenutasi in Padova nel 1466. Nel 1837 il cavallo è stato donato dai proprietari, la famiglia Emo Capodilista, al Comune per essere inserito nel Salone. Le misure del cavallo sono di metri 5,75 di altezza e circonferenza di 6,20 metri. Al suo interno è presente una botola che ne permette l’accesso all’interno.  Della statua di Donatello sono state fatte varie repliche in diversi formati e materiali. Una replica data alla fine fine degli anni Cinquanta, ad opera della Fonderia artistica Ferdinando Marinelli, è collocata nell’Avenida Italia di Montevideo. Un’altra copia in bronzo si trova a Mosca nel Museo Puskin. Una riproduzione in gesso, infine, è collocata nella gipsoteca dell’Istituto Statale d’arte di Firenze. Braccio di Montone, in riconoscimento dei suoi meriti, permette al Gattamelata l’uso della propria insegna araldica: un busto di montone rosso, rampante, in campo giallo. Con la morte di tale condottiero il Gattamelata utilizza come propria insegna un gatto rosso rampante in campo argento. A seguito dell’inserimento del suo nome nell’albo d’oro della nobiltà veneziana gli è conferita, da ultimo, una nuova insegna araldica:  uno scudo contenente 3 cappi di corda che simboleggiano le sue  imprese militari e la facilità con la quale egli entra ed esce dalle città assediate. Secondo alcuni nel suo stemma potrebbero essere rappresentate tre funi, implicando quindi che forse suo padre abbia esercitato il mestiere di cordaio. Nel suo monumento funebre e sulla base del suo monumento equestre, nonché nell’arco della cappella Gattamelata nella chiesa di San Domenico a Narni, è scolpito quest’ultimo stemma. Nella  casa natale di Narni, lungo la via omonima a lui dedicata, è posta una lapide con la scritta “Narnia me genuit/ Gattamelata fui”. Sempre a Narni il condottiero fa erigere una cappella oggi intitolata a Santa Rosa da Lima. La sua armatura viene conservata nel museo dell’Arsenale di Venezia; è montata su un cavallo di legno, messo a freno e bardato;  si compone di 124 pezzi, pesa 49 chilogrammi ed  è alta da terra 206 centimetri, per 122 centimetri di torace e 74 di spalle. Il suo (probabile) bastone di comando è collocato nel tesoro della basilica del Santo a Padova: misura 70 centimetri di lunghezza ed è ricoperto da una piastra d’argento rivestita d’oro. Nel pomo sono incastonate 40 pietre turchine. Suo epitaffio da parte di Francesco Barbaro in un codice della Guarneriana di San Daniele del Friuli. Altro elogio si trova nella Vaticana, opera di Giovanni Pontano. Suo ritratto attribuito ad Antonio Maria Crespi, (ora alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano); ritratto del Giorgione (con Brandolino Brandolini)  alla Galleria degli Uffizi a Firenze. Da ultimo Giovanni, Jacopo e Gentile Bellini con Andrea Mantegna, su commissione degli eredi, hanno dipinto la “pala Gathamelata”,  andata perduta nel 1651, che si trovava nella  cappella dove è sepolto con il figlio. In essa vi erano rappresentate  10 figure nude che piangono sul suo cadavere. Esistono, anche  altre sue  immagini a Dueville (Villa Monza, oggi Cavedon) risalenti alla seconda metà del Quattrocento: la facciata dell’edificio è affrescata con scene di guerra ed i ritratti suo e  quello  del Colleoni. Amico dell’umanista Ciriaco d’Ancona.

  CITAZIONI

-“Furono il Gattamelata e lo Sforza che nel 1439 emanarono uno dei più noti regolamenti militari del tempo. Era probabilmente prassi normale fin dai primi del Quattrocento che un capitano generale stabilisse le norme di condotta a cui doveva attenersi il suo esercito, soprattutto quando era accampato. Tuttavia ben poche di quelle regolamentazioni normative sono giunte. E’ plausibile che ricalcassero tutte un modulo stereotipato e che si trattasse di norme convenzionali relative ad aspetti della vita militare su cui i militari erano preventivamente d’accordo. In realtà i regolamenti militari italiani differiscono ben poco da quelli allora emanati dall’amministrazione militare inglese. Il Gattamelata e lo Sforza si trovavano in una situazione alquanto inconsueta, nel senso che avevano il comando congiunto di un esercito bipartito. Il Gattamelata, infatti, in quanto capitano generale di Venezia era specificamente a capo delle forze veneziane; lo Sforza era capitano generale della Lega e comandava la sua imponente compagnia e anche un certo numero di soldati arruolati da Firenze. Le norme emanate dai due condottieri ebbero, quindi, un contenuto peculiare là dove stabilivano quale dovesse essere l’ordine di marcia. I due eserciti dovevano andare in testa un giorno l’uno e un giorno l’altro e chi stava in testa doveva assicurare la protezione della colonna in marcia. Su altri punti le norme erano convenzionali, come quando ingiungevano di scompigliare i ranghi, di proteggere con contingenti di cavalleria tutte le compagnie incaricate del vettovagliamento, di formare una squadra speciale per gli alloggi delle truppe comprendendovi rappresentanti di ogni compagnia, oppure quando stabilivano le mansioni del maresciallo di campo e la procedura da seguir nel caso che il campo fosse assalito. MALLETT

-“Questo Gatto era assai avveduto nelle battaglie; ..costui, come uomo che al tutto cercava fama, spesso i nemici assaliva, e di belle battaglie con loro faceva: l’ozio gli era nemico.” CAVALCANTI

-“Non mai il potere lo rese soperchiante, non mai la vittoria superbo.. Nel dar mano alle imprese, prudente; nel condurle, tenace; nel compierle, bene attento.” PONTANO

-“Dux aetatis suae cautissimus.” BARBARO

-“Valoroso capitano de’ soldati de Venetiani.” ALBERTI

-“Cujus nomen Erasmus Narniensis, obscurissimo genere, militia clarissimus.” MANELMI

-“Soprannominato per la sua astuzia Gattamelata, grand’Uomo di guerra.” BONIFACCIO

-“Non indegno della sua fama ed esperto.” PASERO

-“Un prode, e valoroso guerriero.” BROGNOLI

-“Qui in bello etiam nostro in tempore tantum florent, ut etiam victor fortunatus evaserit.” SAVONAROLA

-“Huomo peritissimo dell’arte della guerra.” MARCELLO

-“Meritò nome singolarissimo Condottiero..Haveva Erasmo persona grande, volto colorito, occhi e capelli castagnicci.” ROSCIO

-“Nel fatto dell’arme uno di quelli che in tal tempo teneva el primo posto, homo di grande ardire et ingegno.” ANONIMO VERONESE

-“Uomo nobile per gloria militare e benemerito del dominio veneziano.” SABELLICO

-“Huomo molto valoroso nell’armi e a tempi suoi famosissimo Capitano, pratico nel mestier dell’armi.” PELLINI

-“Acquistò gran credito, ma di capitano più accorto che bellicoso.” GIOVIO

-“Vir rebus in bellicis ea tempestate non ultimus.” CORNAZZANO

-“Del condottieri che il santo luogo regna.” D’ANNUNZIO

-“Strenuus ac prudens bellator.” FARINA

-“Valente condottiere dei veneziani nel secolo XV.” BOSI

-“Capitano generale di diversi principi d’Italia e famoso per l’eccellente suo valore nell’imprese passate.” SANSOVINO

-“Militiae longe clarissimus dux postea evasit, qui quum operam suam in terra Italia diversis principibus praeclarum exhibuisset..Mox militiam professus inter imperatores Italicos sibi prima vindicavit, Venetorum autem dictus imperator, ea fide ac facilitate bellum contra Philippum Mediolani principe gessit, ur praeclarus inde victorias atque trophaea retulerit..Inter egregios rei militaris imperatores aetate sua adnumerari meruit.” EGNAZIO

-“Uomo da porre tra i primi di quella età nelle cose di guerra.” SPINO

-“Vecchio ed espertissimo capitano.” UGOLINI

-“Virum in re militari praestantem.” PLATINA

-Alla battaglia di L’Aquila “Gran guerra li facea Gattamelata/ el conte Brandolino el seguitava.” CIMINELLO

-Alla battaglia di L’Aquila “Gatto parea un danese songiery” VALENTINI

-“Fedele alla sua repubblica contrariamente all’abitudine dei tempi.” AMBROSETTI

-“Non mai permise saccheggiar le città, spogliare i templi, devastare i campi, guastar le case villerecce. Non mai tollerò a’ soldati di crudelmente rapire e malmenare le madri di famiglia o le vergini ed i fanciulli ingenui.” Da una cronaca riportata dall’ARGIOLAS

-“Condottiero celeberrimo.” PAOLINI

-“Praefectum magni animi virum..Vir strenuus, atque impiger rei militaris.” BRACCIOLINI

-“Viri in re militari celebrati nominis.” FACIO

-Con Pietro Giampaolo Orsini, Niccolò Piccinino e Malatesta Baglioni “Capitani tutti che avevano già dato prova del loro valore.” CUTOLO

-“Certamente valoroso capitano..Valoroso e modesto.” BELOTTI

-“Eut donc l’insigne fortune que, du décor d’une cuirasse à l’antique, sinée de conventionnele tete de Méduse, Donatello ait faire saillir un étonnant visage dont on ne peut douter qu’il ne soit son portrait..Menton carré, pommettes accusées, bouche mince, Gattamelata est tout en nuances, en raffinements inquiétants.” LABANDE

-“Vir bello strenuus, atque impiger.” SANT’ANTONINO

-“Del cui merito ne vive in Padova tutt’hora sovra gran cavallo di bronzo, vicino al tempio di Santo Antonio, conspicua memoria.” VERDIZZOTTI

-“Astuto capitano.” MUZZI

-“Assai pregiato dal governo (di Venezia) pel suo valore e per la costante fedeltà.” TENTORI

-“Gatta Melata ancor nella bandiera, Gran Guerriero, che per la sua virtù e fedeltà la illustrissima signoria di venetia lo fece suo capitano generale..Valente capitano.” BROGLIO

-“Pochi condottieri ebbero in morte come il Gattamelata altrettanti laudi e onori: dall’elogio del Querini a quello del Pontano: da Francesco Barbaro al Porcellio, al Giovio, le lettere fecero a gara ad onorarlo.. Lo spirito semplice e austero del grande condottiero rivive nel sepolcro ch’egli volle nella basilica del Santo, dove nel marmo appare disteso nella sua armatura, compagna fedele di tante battaglie, mentre nel rilievo intorno si profilano la spada d’onore e il bastone del comando. Poco lontano è Giannantonio che volle seguirlo in vita come in morte.” M.L. FIUMI

-“Divenuto.. celebre come condottiero dei Veneziani; la cui statua equestre, scolpita dal Donatello, orna anche oggi dì la piazzetta avanti la chiesa di S. Antonio di Padova.” VON PLATEN

-“Era uno stratega avveduto; .. raramente i suoi successi sono stati determinati dalla sola forza delle armi o dalla particolare abilità nei combattimenti. Il Gattamelata fu soprattutto un esperto di strategia militare, un uomo capace di riflessione, astuto, profondo e attento osservatore degli avversari che si apprestava ad affrontare, oltre che dei suoi uomini, con i quali era in continuo contatto e che conosceva personalmente uno per uno…In questo suo atteggiamento, che oggi definiremmo di moderazione, Erasmo ci appare simile agli eroi del mondo antico, che rifuggivano da ogni eccesso (o per lo meno ci provavano) per non essere vittime della tracotanza, quella che i Greci chiamavano ubris, le cui conseguenze temevano più di ogni altra disgrazia, in quanto severamente punita dal Fato. In questo Gattamelata fu uomo antico, erede di un’etica lontana, in contrasto – almeno apparente – con l’immagine di uomo nuovo, decisamente più avanti del suo tempo, una personalità che avrebbe lasciato un’impronta molto apprezzata, pur con mille contraddizioni, nei secoli successivi.” GAZZARA

-“Il più onesto, corretto e leale condottiero di tutti i tempi…Il Gathamelata è un soldato valoroso ed energico e, cosa rara in quei tempi e non solo in quelli, sempre fedele allo Stato che serve, schietto e a volte di una rude eloquenza. Non è affatto un diplomatico od un uomo di eccezionale furberia, come si potrebbe credere dal soprannome, che invero gli si adatta poco e che gli deriva, forse, dal nome della madre Melania Grattelli, e nemmeno uno sforzesco amante delle lunghe guerre di logorio inframmezzate agli intrighi diplomatici…Erasmo.. esercita il comando secondo il pensiero ed il modo di Braccio, temperando il rigore disciplinare ed i rapporti gerarchici con una innata affabilità e con un senso d’umana simpatia: vigile e pensoso dei suoi gregari e delle cavalcature, prodiga loro tutta la sua esperienza e la sua passione; dalla cura delle armi all’efficienza degli uomini e dei cavalli, dai medicamenti delle ferite, delle febbri, delle piaghe, dei guidaleschi (escoriazioni o piaga prodotta da attrito di cinghie e simili), all’ ordinamento tattico ed all’addestramento delle squadre, dalla corresponsione delle paghe e dalla distribuzione del bottino all’esaltazione dei fattori morali.” BASSETTI

-“(Chiamato Gattamelata) per..la dolcezza de’suoi modi congiunta a grande astuzia e furberia, di cui giovossi molto in guerra a uccellare e corre in agguato i mal cauti nemici e poi un parlar accorto e come miele dolce e soave.” EROLI

-“Tanto fedele e tanto prudente che fino a quando durerà Venezia (e lo sarà in eterno) i veneziani ricorderanno la sua mirabile fede e degna laude. Quante cose questo fedele duca per la repubblica operò non saprei oggi dichiarare…Prudenza nel consigliarsi, fortezza d’animo nell’agire e prontezza nell’eseguire; tolleranza mirabile per la fatica..Mai atroce freddo, altissime nevi, lunghezza del cammino, gravezza di morbo, lo poterono dalle imprese ritardare.” Dall’elogio funebre di Lauro Querini riportato da BASSETTI

-“Era un gigante che doveva sfiorare i due metri, arrivato tardi ai comandi importanti. Probabilmente non era un genio militare, ma rappresentò bene l’evoluzione del mercenariato del suo tempo: fu un funzionario preparato e coraggioso, preposto da chi lo assumeva alla conduzione degli eserciti, sostanzialmente fedele e leale e per di più esente dagli eccessi di violenza che contraddistinguevano i suoi colleghi”…..Riguardo la ritirata del Gattamelata da Brescia assediata. “Oggi forse non si comprende bene l’eccezionalità dell’impresa, ma per i tempi, alle soglie dell’autunno, con i pregiati cavalli da battaglia che tanto erano robusti per combattere, tanto erano delicati quando si trattava di cibo e temperatura, avventurarsi per montagne ostili e strade che spesso erano solo sentieri, a volte con la necessità di abbattere gli alberi per far passare i soldati, era una cosa talmente temeraria che i milanesi non l’avevano nemmeno presa in considerazione.” SCARDIGLI

-“La grande dote di questo condottiero è in realtà quella di non avere ambizioni politiche, di essere fedele allo Stato.” RENDINA

-“Con lui se ne andava davvero un condottiero sui generis: non ebbe mai ambizioni politiche e non prese parte agli intrallazzi dei giochi di potere, troppo frequenti negli ambienti di corte. Il suo obiettivo fu solo quello di assolvere nel migliore dei modi le incombenze militari che gli venivano affidate, con la massima lealtà e la devota fedeltà allo Stato che lo pagava. Se a ciò si aggiunge che in anni di ruberie e di stragi “non mai permise saccheggiar le città, spogliare i templi, devastar i campo, guastar le case villereccie. Non mai tollerò a’ soldati di crudelmente rapire o malmenare le madri di famiglia, o le vergini, o i fanciulli ingenui”, secondo quanto riportato dal’orazione funebre declamata da Lorenzo Quirini e Giovanni Pontano, possiamo attribuire al condottiero un lusinghiero bilancio morale. Chi più di tutti colse la reale portata del personaggio fu proprio Donatello, quando concepì la statua che l’ha consegnato ai posteri, realizzata inseguendo l’archetipo della virtù militare secondo i canoni tradizionali dell’antichità. Dedicarla a un uomo di umili origini, privo di legami aristocratici, i cui successi furono il frutto del suo impegno concreto nella carriera militare significò ribaltare le rigide concezioni dell’arte medievale, basate sulla sacralità o sulla nobiltà del protagonista, per proporre una nuova figura di eroe popolare.” STAFFA

-“Noto per le sue imprese al servizio di Venezia alla metà del Quattrocento.” TANZINI

-“Una carriera esemplare, la sua; nel 1434 diventa capitano generale, per conto dei Veneziani, nella lotta armata contro il Duca di Milano; sfugge dall’assedio di Brescia; diventa patrizio, e il 9 novembre 1439, conclude la gloriosa vicenda militare con la vittoria del piano d’Arco, morendo poi in quella città, Padova, che ha scelto come propria patria d’elezione, chiedendo addirittura di esser sepolto nel convento del Santo.” GROSSI-JORI

-“Grazie all’esperienza maturata in tante battaglie può esprimere una smisurata saggezza tattica e strategica.” BRIGNOLI

-Sulla sua tomba è riportato il seguente epitaffio “Dux bello insignis, dux et victricibus armis/ Inclytus, atque animi Gatamelata fui,/ Narnia me genuit media de gente, meoque,/ Imperium Venetum fortia signa tuli./ Munere me insigni, et statua decoravit equestri, Ordo Senatorius, et mea pura fides.” Porcellio, citazione riportata da FABRETTI

-Epitaffio nella sala del comune di Narni sotto il suo ritratto “Erasmo. Gattamelattae – Venetus. Qui. Ità. Vivens. Mor. Integritate. Animi. Corpo. Risq. Fortitudine. Fide.  Praecipue. Ac. Prudentia. Omnibus. Profuit. Ut. Post. Mortem. Suis. Concivibus. Virtutum. Omnium. Optimum. Sit. Exemplum.

-“Il monumento ha reso Gattamelata più famoso di altri condottieri del suo tempo, donandogli un’aureola di eroismo superiore al valore mostrato in battaglia.” E. e G.N. PITTALIS

-“Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, è nato intorno al 1370, secondo recenti studi, da Paolo Angeloni e da Caterina. Probabilmente prese il suo soprannome “Gattamelata” dalla forma del “cimiero” che scelse di indossare durante le battaglie, che rappresenta una gatta color miele. Si può anche dedurre, ma è meno probabile, che derivi anche dai suoi modi gentili. La tradizione folcloristica vuol che abbia acquistato tale soprannome dopo la cattura e la successiva fuga dall’Aquila nel 1424. Un’altra storia è quella che il soprannome Gattamelata, derivi dall’anagramma di “Melania Gattelli” presunta madre di Erasmo; questa persona però esiste solo nella tradizione folcloristica, non esiste alcuna traccia nei documenti della sua esistenza.” BIONDINI-SANGIORGIO

-“Si deve la cappella (del Santissimo, o del Gattamelata) al desiderio testamentario (1441) del condottiero Erasmo da Narni, detto il Gattamelata – di cui, sul sagrato antistante la basilica, sorge il monumento equestre, capolavoro del Donatello – che, se fosse morto a nord del Po, desiderava essere sepolto nella chiesa francescana della città nella quale o vicino alla quale sarebbe avvenuto il suo decesso (16 gennaio 1443/ nella basilica del Santo per Padova), in un “sepulcrum lapideumet honorablem, secundum quod decet Magnificentiam suam”, lasciando libertà agli esecutori di erigere un’eventuale cappella dedicata in particolare a san Francesco. Ma fu solo dopo la morte del figlio ventottenne Giovanni Antonio (1456) che Giacoma da Leonessa (Rieti), vedova del condottiero, procedette in tal senso…la cappella venne dedicata a san Francesco, come voleva lo stesso Erasmo, e a san Bernardino, del quale era particolarmente devota Giacoma. In essa trovarono sepoltura Erasmo alla parete sinistra, il figlio Giovanni Antonio a destra; nel 1466 la stessa Giacoma, sepolta semplicemente a terra, ma con il desiderio espresso nel testamento (1457) di avere sopra di sé un Coelo Stellato in auro, et aliis figuris, et historiis (la lapide tombale è stata spostata nel 1741; e nel 1476 Caterina, figlia di Giovanni Antonio.” RIZZA

-“Havea Erasmo persona grande: volto colorito: occhi, e capelli castagnicci.” CAPRIOLO

-“Soprannominato Gattamelata per la dolcezza dei suoi modi unita alla sua astuzia.” DISTEFANO

-“La scultura di Donatello è ricca di particolari realisti come le rughe sulla fronte ampia e lo sguardo pensoso ed i dettagli dell’armatura confermano l’attenzione alla verità storica del personaggio rappresentato dall’artista: la testa è scoperta e lo sguardo è fiero mentre l’armatura con gorgone alata è completa di spada con insegne papali legata al periodo in cui il capitano era al servizio della Chiesa. L’incedere del cavallo è reso più armonico nei volumi del dorso e della parte posteriore grazie all’inserimento della palla di cannone posta sotto lo zoccolo anteriore che risolve così anche i problemi di statica.” www.gentileschi.it>padova>gattamelata

-“Il suo monumento equestre, opera di Donatello, venne posto dalla Repubblica in “piazza del Santo” dove tutt’ora lo si può ammirare: è Giorgio Vasari a ricordare, nelle “Vite”, quanto compiuto a Padova dall’artista che, quando viene incaricato dell’esecuzione del monumento, aveva un solo precedente di rappresentazione del Gattamelata a cavallo; si trattava di una scultura in argento, dono dello stesso Erasmo da Narni alla chiesa della Santissima Annunziata di Firenze. Concepito come un cenotafio, sorge in quelal che all’epoca era un’area cimiteriale, in una collocazione attentamente studiata rispetto alla vicina Basilica, ossia lievemente spostata rispetto alla facciata e al fianco in asse con un importante accesso viario (ora “Via del Santo”): la posizione ne garantisce la visibilità da molteplici punti di vista.” www.conoscere venezia.it

-“Erasmo lasciò onorevole memoria di sé, fedele, valoroso,accorto, prudente.” FABRETTI

-“Gattamelata di Narni/Figlio di un fornaio discepolo di Braccio/Capitan generale dei Veneti/Nelle utili dimore accortissimo/La cui morte onorò il Senato/E più il pennel di Mantegna/Coloritore del pianto e della/Costernazione del popolo.” Da un’epigrafe di Giambattista Giovio riportata dal FABRETTI

-“Non splendori di conquiste nella sua vita di guerriero: non brama di dominio, non sogno di primato. Tra quelle figure imperiose e irruenti, egli sta in un piano inferiore o in una linea più indietro, come nel posto riservato sulla scena ai personaggi di second’ordine. I cronisti e gli storici del tempo. quando il suo nome cade sotto la loro penna, non vi si indugiano troppo: persino l’aggettivazione, sempre così ricca e amplificatrice, ha parchi fronzoli e fioche risonanze. Non un poeta gli consacra un’ode, un’ottava, anche solo un esametro.. C’è, è vero una poesia latina di Basinio parmense, ma di tono satirico, e del resto non fatta per pungere lui ch’é morto da poco, bensì Venezia che gli ha consentito l’onore della statua; e ci sono quattro distici del Porcellio e due elogi di Ciriaco anconitano e di Francesco Barbaro, anch’essi in morte, a guisa d’epitaffi… Erasmo si staccava dai “Capitanei maximi” che l’avevano preceduto.. Se era privo di ambizioni politiche, e se modiche erano le sue richieste di denaro, dava però alle azioni di guerra, alla cura delle milizie, alla sorveglianza del nemico, un’opera assidua e oculata, mai spingendo ad atti rischiosi o a feroci rappresaglie, sempre contenuto in ogni occasione. di quella cautela ch’era in lui istinto dominante. Soprattutto senza restrizioni e senza limiti era la sua fedeltà agli ordini dello Stato. Di essa aveva dato innumerevoli prove prima di capitanare le forze venete; ad essa, più che ad altre virtù, doveva l’esser scelto, sotto il vessillo di S. marco ai gradi maggiori. Per questa “fides” sicurissima raccolse Erasmo in vita onori, in morte lodi.” PORTIGLIOTTI 

   BIOGRAFIE SPECIFICHE

-S. Bassetti. Erasmo Gathamelata 1370-1433.

-G. Eroli. Erasmo Gattamelata da Narni. Suoi monumenti e sua famiglia.

-P. Gazzara. Gattamelata. Storia di Erasmo da Narni e dei più valorosi capitani di ventura.

-P. L. Marini. Erasmo da Narni il Gattamelata.

Immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Gattamelata.detalj.jpg

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