Consulta l’Indice anagrafico dei condottieri di ventura
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Indice delle Signorie dei Condottieri: A – B – C – D – E – F – G – I – J – L – M – N – O – P – Q – R – S – T – U – V – Z
SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA Di Brescia. Soprannominato il Lupo di Rimini.
Signore di Rimini, Senigallia, Gradara, Cervia, Fano, Bertinoro, San Leo, Macerata Feltria, Sant’Agata Feltria, Scorticata, Mondaino, Casteldelci, Sassocorvaro, Bellaria, San Mauro Pascoli, Gatteo, Montiano, Longiano, Savignano sul Rubicone, Sant’Arcangelo di Romagna, Verucchio, Pennabilli, Pietrarubbia, San Giovanni in Marignano, Cavoleto, Talamello, Serrungarina, Montemarciano, Pergola, Montevecchio, Nidastore, Ostra, Morro, Mondavio, Mondolfo, Arcevia, Petrella Guidi, Montecassiano, Corinaldo, Citerna. Figlio naturale di Pandolfo Malatesta, fratello di Domenico Malatesta; padre di Roberto Malatesta, genero di Francesco Sforza; suocero di Carlo di Montone, Cristoforo da Forlì, Cecco Ordelaffi e di Giulio Cesare da Varano.
1417 (giugno) – 1468 (ottobre)
Consulta le citazioni su Sigismondo Pandolfo Malatesta
Anno, mese | Stato. Comp. ventura | Avversario | Condotta | Area attività | Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
1427 | |||||
Mar. | Marche e Romagna | Trascorre i primi anni della sua vita a Fano. Alla morte del padre si trasferisce a Rimini presso lo zio Carlo che provvede alla sua educazione. Quest’ultimo (febbraio 1428) ottiene la legittimazione sua e dei fratelli dal pontefice Martino V. E’ destinato alla signoria di Fano; ai fratelli Galeotto Roberto e Domenico spettano invece la signoria di Rimini e di Cesena. | |||
1429 | Marche | Per sostenere le spese di guerra contro i Montefeltro vende Corinaldo agli stessi abitanti. Il fratello Domenico non è d’accordo con tale decisione. I cittadini, di conseguenza, per timore di essere assaliti da quest’ ultimo, ottengono di essere protetti dalla Santa Sede. | |||
1430 | |||||
Mag. | Rimini | Pesaro | Romagna | Giovanni Malatesta si allea con i Malatesta di Pesaro per sollevare Rimini. Sigismondo Pandolfo Malatesta, grazie alla sua perizia nel cavalcare ed agli esercizi fisici cui è abituato, riesce a sfuggire al pericolo ed a abbandonare la città in preda alla rivolta; con il fratello Domenico raccoglie in poco tempo fautori e seguaci (dai 3000 ai 7000 uomini) prevenendo in Rimini l’intervento del signore di Pesaro Carlo Malatesta desideroso di dare man forte ai ribelli. | |
Giu. | Rimini | Comp. ventura | Marche | Si avvia di notte oltre il Foglia verso Serrungarina; con mirabile prontezza colpisce di sorpresa a Corpolò i condottieri Sante Carillo, Andrea della Serra, Luca da Castello e Ranieri Vibi del Frogia i quali, spinti da Guidantonio da Montefeltro e da Galeazzo Malatesta, stanno devastando il contado di Fano. Gli avversari lasciano sul campo molti morti e 300 cavalli catturati con i loro capisquadra. Il Malatesta prosegue la sua marcia e si impadronisce di Sant’ Ippolito che si è ribellata a Carlo Malatesta. | |
…………… | Rimini | Urbino | Marche | Contrasta i Montefeltro; con soccorsi ricevuti dagli Ordelaffi impedisce al conte di Urbino di occupare Sassocorvaro. | |
1431 | |||||
…………… | Chiesa | 200 lance | Romagna | Ottiene una condotta di 200 lance dai pontifici: la ferma è stabilita in sei mesi ed è rinnovabile: ha il compito di persuadere i piccoli signori romagnoli a pagare il dovuto censo allo stato della Chiesa. | |
Mar. | Veneto | Si reca a Venezia. Viene aggregato al Maggior Consiglio con il fratello Domenico. | |||
Ott. | Marche | Accorre in Fano con 300 fanti allo scopo di sedare alcuni tumulti sorti nella città. | |||
Nov. | Veneto | Ritorna a Venezia. Si fidanza con Luciana Bussone figlia del Carmagnola. Quest’ ultimo gli invia, come anticipo della dote, del denaro, una pezza di broccato fino ed un elmo d’argento. | |||
Dic. | Rimini | Rivoltosi | Marche | Deve intervenire ancora a Fano per domarvi una rivolta che il fratello Domenico non è stato in grado di controllare: nella podesteria è assalito da 300 contadini sobillati da un prete, Matteo Buratelli, parroco di Cuccurano. Nello scontro è ucciso Giovanni di Carpegna e sono feriti, sempre tra i suoi uomini, Bartolomeo da Brescia, Atto degli Atti e Marcovaldo Argolanti, che conducono 4000 fanti e molti cavalli. Interviene pure da Pesaro Carlo Malatesta; costui con una valida schiera di soldati contribuisce a liberare il Malatesta dai rivoltosi, ad occupare la rocca ed a ristabilire l’ordine nella città. Il Malatesta è colpito al costato da una pugnalata: la ferita non gli permette di presenziare all’esemplare punizione che segnerà la fine della sedizione. Secondo una leggenda il Malatesta avrebbe sodomizzato il parroco davanti a testimoni prima di avviare il colpevole alla giustizia del podestà. Nella realtà Matteo Buratelli viene degradato da un concilio di 7 vescovi, è consegnato alla giustizia secolare ed è impiccato nella piazza della fontana di Rimini con 14 suoi compagni. | |
1432 | |||||
Mag. | Alla condanna ed alla successiva decapitazione del Carmagnola da parte dei veneziani il Malatesta non solo rompe il fidanzamento con la figlia, ma si rifiuta anche di restituire la dote con la scusa che, in ogni caso, essa non sarebbe andata ai famigliari ma alla Serenissima che ha confiscato i beni del condottiero giustiziato. I veneziani intervengono sul Malatesta; dovrà restituire la dote in rate annuali di 2000 ducati a cominciare dal gennaio 1434. | ||||
Lug. | Romagna | Fa probabilmente uccidere la vedova dello zio Carlo, Elisabetta Gonzaga che ha dato alla luce una bambina, Margherita, di cui si sospetta essere il frutto di un suo amore illecito con la congiunta. | |||
Ott. | Romagna | E’ accusato di avere avvelenato il fratello Galeotto Roberto: gli succede nella signoria di Rimini, in quella di Fano ed in alcune terre del Montefeltro. | |||
1433 | |||||
…………. | Romagna | Si sposa in prime nozze con Ginevra d’Este. | |||
Sett. | Romagna | Accoglie in Rimini l’imperatore Sigismondo d’Ungheria, di ritorno da Roma a seguito della sua incoronazione da parte del pontefice. Gli consegna le chiavi della città. Al seguito del sovrano si trovano Marsilio da Carrara, Brunoro della Scala ed il duca di Baviera con 2500 cavalli e 400 fanti. Il baldacchino di broccato d’oro con perle e pietre preziose è portato a spalle, tra gli altri, da Cocco Malatesta, da Francesco di Carpegna, da Gian Francesco da Piagnano, da Antonio da Montesecco e da Carlo da Montalboddo. Nell’ occasione Sigismondo Pandolfo ed il fratello Domenico sono armati cavalieri dal sovrano. | |||
Ott. | Romagna | Concede a Ramberto Malatesta, conte di Ghiaggiolo, il castello di Monlione e la Tomba di Gambettola a compenso dei servizi che gli sono stati prestati. | |||
Dic. | Rimini | Chiesa | Romagna | Si impadronisce di Cervia e delle sue saline: il rettore della Romagna, il veneziano Tommaso da Traù, non ha forze sufficienti per farsi rispettare e la Serenissima si mostra favorevole al Malatesta. Il papa Eugenio IV lo dichiara, al contrario, ribelle. | |
1434 | |||||
Gen. feb. | Emilia e Romagna | Si reca a Ferrara a prelevarvi Ginevra d’Este, sua sposa, con la quale entra solennemente in Rimini ai primi di febbraio. Giostre, trionfi, tornei con lotta ad un castello di legno si svolgono nella piazza del Foro per celebrare gli sponsali. Alle cerimonie sono pure presenti il fratello Domenico e Carlo Malatesta. Il matrimonio durerà sei anni fino al momento in cui il Malatesta non farà avvelenare la moglie perché si è innamora di un’altra donna. Migliore sorte non avranno le nozze con la figlia di Francesco Sforza, Polissena che sarà soffocata anni dopo (giugno 1449) con un asciugamano attorno al collo in Castel Sismondo, a Rimini, nel convento della Scolca; nell’occasione farà pure uccidere un francescano, fatto da lui rinchiudere in una torre a morire di fame perché non ha voluto tradire il segreto della confessione. Il matrimonio più felice sarà l’ultimo, quello con Isotta degli Atti. | |||
…………. | Romagna | Cede Cervia con le relative saline al fratello Domenico, signore di Cesena. | |||
Nov. | Marche e Romagna | Si reca ad Urbino; sono concluse le trattative per le nozze del fratello Domenico con Violante da Montefeltro, figlia di Guidantonio. Ritorna a Rimini e vi accoglie la sposa con tutti gli onori del caso. | |||
1435 | |||||
Mar. | Chiesa | 200 lance | Toscana | A Firenze, a rendere omaggio al papa Eugenio IV. Ottiene la riconferma del vicariato di Cervia. Viene condotto con 200 lance per sei mesi; gli è riconosciuta una provvigione mensile di 100 fiorini. | |
Apr. | Chiesa | Milano | Capitano g.le | Ottiene dal pontefice il comando delle sue truppe in Romagna e nelle Marche. Nelle sue compagnie militano molti riminesi appartenenti alle maggiori famiglie cittadine. | |
Mag. | Romagna | Compie alcune scorrerie nel forlivese con il fratello Domenico; sconfigge nei pressi di Ronco, con 500 cavalli e molte cernite, le milizie di Antonio Ordelaffi. | |||
Giu. | Toscana Romagna | Favorisce un trattato in Borgo San Sepolcro (Sansepolcro) per fare ribellare la città a Niccolò Fortebraccio: giunge nei pressi e corre il rischio di essere sopraffatto dalle forze preponderanti di Niccolò e di Francesco Piccinino. Viene raggiunto a Cesena da Francesco Sforza con 3000 cavalli. | |||
Ago. | Umbria | Si muove sotto Assisi; in un’azione sta per essere catturato da alcuni fuoriusciti perugini che combattono con Taliano Furlano: è inseguito sino a Spello. | |||
Sett. | Chiesa | Milano | Romagna | Continua a contrastare Antonio Ordelaffi con lo Sforza; occupa Forlimpopoli e semina incendi e devastazioni in tutto il territorio. Entra in Forlì e si installa nella chiesa di San Mercuriale. | |
Ott. | Emilia | E’ chiamato dal governatore pontificio di Bologna Daniele da Treviso; entra nella città con 600 cavalli per la Porta di San Mammolo. Prende alloggio nella contrada di San Paolo; a Bologna fa impiccare alcuni notabili. | |||
Nov. dic. | Emilia | Rimane a Bologna con Francesco ed Alessandro Sforza: ha l’incarico di governatore delle truppe. | |||
1436 | |||||
Mar. | Toscana | Si trova a Firenze alla consacrazione di Santa Maria del Fiore avvenuta alla presenza di Eugenio IV: nell’ occasione, su incarico del pontefice insignisce dell’ ordine della cavalleria il gonfaloniere Davanzati. | |||
Giu. | Romagna | Si accampa a San Martino con Taliano Furlano ed il fratello Domenico. Depreda nuovamente il forlivese. | |||
Ago. | Chiesa | Cunio | Romagna | Assale in Lugo i conti di Cunio; li costringe in pochi giorni alla resa. | |
Sett. | Emilia | Ritorna a Bologna; con il fratello Domenico lascia alla Riccardina il governatore pontificio Baldassarre da Offida in balia delle truppe dello Sforza. | |||
Ott. | Emilia | Alla guardia di Bologna con Alessandro e Francesco Sforza. | |||
1437 | |||||
Apr. | Venezia | Milano | 200 lance | E’ condotto dai veneziani per una ferma di sei mesi ed altri sei di rispetto: gli è data la possibilità di non dover contrastare le truppe dello stato della Chiesa. pietra di Castel Sismondo. | |
Mag. | Emilia | Viene scacciato da Bologna da Niccolò Piccinino. A fine mese, a Rimini, è gettata la prima pietra di Castel Sismondo. Il Malatesta ne cura personalmente il progetto; l’esecuzione dei lavori dura nove anni per cessare solo nel 1446. Nella sua costruzione vi viene coinvolto anche il Brunelleschi. | |||
Lug. | Romagna | Nella divisione dell’eredità paterna gli spettano Rimini e le terre oltre il Marecchia con Sant’Arcangelo di Romagna, Scorticata e Sant’Agata Feltria. | |||
Sett. | Lombardia | Agli ordini di Gian Francesco Gonzaga. E’ ancora sconfitto dal Piccinino (12000 cavalli e molti fanti) a Calcinato sull’Oglio. | |||
Dic. | Lombardia | Durante il periodo invernale i suoi uomini, come quelli di Bartolomeo Colleoni, danno il guasto ai raccolti nel contado di Gorle. Il danno è valutato in 225 ducati. Il doge Francesco Foscari si lamenta per l’operato dei due condottieri. | |||
1438 | |||||
Apr. | Lombardia e Marche | Lascia Bergamo per rientrare nella marca d’Ancona. | |||
1439 | |||||
Apr. | Marche | Esce da Rimini con Pietro Giampaolo Orsini; ottiene Pergola in cui entra a metà mese con Baldovino da Tolentino e Scariotto da Faenza; assedia Rocca Contrada (Arcevia). | |||
Mag. | 600 cavalli | Romagna | Giunge a Maiano Monti. Si sposta con Francesco Sforza alla difesa di Forlì con 200 cavalli e 200 fanti. | ||
Ott. | Rimini | Urbino | Marche | Si impadronisce nell’alto corso del Senatello di tre castelli appartenenti a Federico da Montefeltro: Casteldelci, Senatello e Faggiuola. | |
Nov. | Marche | Perde Tavoleto, messa a sacco dal Mpontefeltro e da Baldaccio d’Anghiari. Il Malatesta irrompe a sua volta nel Montefeltro e vi conquista otto castelli (Castelnuovo, Montefotogno, Piatramaura, Pennarossa, Viano, Savignano di Rigo, Rontagnano e Tivizzano che viene messo a sacco). | |||
Dic. | Venezia | Milano | Romagna | Si accampa a Montegelli con le bombarde e si impadronisce della località in tre giorni: sono catturati quindici fanti, inviati in soccorso dei difensori da Guidantonio Manfredi. I soldati sono tutti impiccati alla porta del castello. | |
1440 | |||||
Mar. | Rimini Milano | Urbino Firenze | Marche | Perde Ruoppolo (Rupoli), terra del vicariato di Fano, che viene saccheggiata come avviene per il castello di Fossa da parte di Baldaccio d’Anghiari. Gli viene contro il Piccinino; è persuaso a passare agli stipendi dei viscontei ai danni dei fiorentini. | |
Apr. | Marche | Su pressione del Piccinino si reca ad Urbino e vi si ferma quattro giorni: vi è accolto magnificamente da Guidantonio da Montefeltro. | |||
Mag. | Marche Romagna | Esce da Fano e si accampa nei pressi di Cervia con 800 cavalli e 400 fanti. Prende parte alla conquista di Modigliana. | |||
Giu. | Romagna | Niccolò Piccinino è pesantemente sconfitto da Micheletto Attendolo e da Pietro Giampaolo Orsini ad Anghiari: Sigismondo Pandolfo Malatesta tenta di correre ai ripari ed ospita a Rimini Oddantonio da Montefeltro. | |||
Lug. | Romagna | Stipula un trattato di alleanza con il signore di Faenza Guidantonio Manfredi; si incontra, a Forlì, sulla Porta di Cotogni con Pietro Giampaolo Orsini. | |||
Ago. | Firenze | Milano | Romagna | Combatte i ducali agli ordini dello Sforza, mentre il fratello Domenico si conduce al soldo dei Visconti. Colloca il campo a Ronco ed assedia Forlimpopoli: i difensori hanno spesso la meglio sui suoi uomini. Si accampa a Selbagnone ed assedia Forlì. | |
Sett.ott. | Romagna | Occupa Bagnacavallo, Massa Lombarda ed altre terre del contado di Imola. Con Angelo d’Anghiari si colloca tra Bertinoro e Cesena. Non è in grado, o non vuole, impedire a Francesco Piccinino l’ingresso in Forlì. Danneggia molti villaggi e tenta di espugnare il capoluogo. Vista l’inanità dell’impresa si sposta a Forlimpopoli con gli altri condottieri. A metà ottobre i fiorentini prendono la strada di Capo del Colle e della Val di Savio: il Malatesta si trattiene a San Vittore perché bloccato dai fiumi in piena. Le milizie fiorentine proseguono per la Toscana; egli deve, invece, fermarsi per qualche giorno in quanto non può trovare riparo a Cesena dal momento che il fratello milita al soldo del duca di Milano. Rientra a Rimini. | |||
1441 | |||||
Feb. | Venezia | Milano | 500 lance e 300 fanti | Lombardia Romagna | Viene condotto dai veneziani per un anno di ferma e sei mesi di beneplacito. Lascia la Lombardia e si ferma a Santarcangelo di Romagna con Giovanni Sforza. |
Apr. mag. | Rimini | Pesaro Urbino | Marche | Minaccia Pesaro e Fossombrone, soccorse dal Montefeltro che si muove con 200 cavalli e 300 fanti in aiuto del signore di Pesaro Galeazzo Malatesta. E’ segnalato a Macerata ed a Fermo. | |
Giu. | Venezia | Milano | Romagna | Lascia Ruffio nel ravennate con 1500 cavalli e 500 fanti, giunge a Forlimpopoli ed al campo di San Benedetto presso Bertinoro; rientra nel ravennate. A metà mese si avvicina alla Porta di Cotogni di Forlì senza che gli abitanti se ne accorgano; ha una scaramuccia nel borgo. Ferito, è respinto con i fuoriusciti che si trovano al suo fianco: nell’occasione circostanza gli sono stati promessi 3000 fiorini per depredare il contado per tre giorni. Il Malatesta rientra a Cesena al servizio dei veneziani. | |
Lug. | Romagna | A Maiano Monti; continua sempre a danneggiare il forlivese. Si incontra sulla Porta di Cotogni con Pietro Giampaolo Orsini, un cancelliere di Francesco Sforza ed Antonio Ordelaffi, ormai alleato della lega antiviscontea; si allontana dal territorio. | |||
Ago. sett. | Rimini | Urbino | Marche | Aizza Alberigo Brancaleoni contro il Montefeltro (con il quale è in contrasto per motivi di interesse) e gli fornisce truppe di supporto: l’alleato si impossessa di parecchie fortezze fra le quali spiccano Santa Croce, presso Sassocorvaro, e Montelocco. Il Montefeltro giunge sotto Montelocco; il Malatesta gli invia un messaggio con il quale gli assicura la sua neutralità ed anche il suo intervento contro il Brancaleoni. | |
Ott. | Marche | Cala nottetempo con tutte le sue forze su un accampamento feltresco; disperde le schiere di Giannino da Caravaggio; il Montefeltro è circondato nei suoi alloggiamenti; ferito da una freccia, ha appena il tempo di rifugiarsi nel suo terzo campo. Intervengono 3000 fanti che, condotti da Matteo da Sant’Angelo, obbligano il Malatesta a ripiegare. Il condottiero riminese si impossessa di Tavoleto e perde Santa Croce. Transita per Macerata; è diretto a Fermo dove si sposa con Polissena Sforza. Le nozze avvengono nella rocca del Girifalco. Giunge nel frattempo Matteo da Sant’Angelo con 400 fanti che batte, a sua volta, i malatestiani recuperando anche San Leo. | |||
Nov. | Marche | E’ obbligato da Francesco Sforza a fare la pace con Federico da Montefeltro. | |||
Dic. | A Cremona per il matrimonio dello Sforza con Bianca Maria Visconti. Rimane nella città per un mese e mezzo. | ||||
1442 | |||||
Feb. | Romagna e Marche | Rientra dalla Lombardia; giunge a Santarcangelo di Romagna con lo Sforza. Si sposta a Fermo ed a Fano con la futura moglie Polissena, figlia di Francesco Sforza: sono organizzati banchetti, giochi e giostre per tre giorni; anche le botteghe cittadine restano chiuse. | |||
Mar. apr. | Marche | A Fermo allo scopo di prelevarvi la futura moglie. A Fano. Ad aprile lascia tale città con un seguito di 160 cavalli per visitare con la moglie Loreto. A Rimini. | |||
Mag. giu. | Sforza | Chiesa Napoli | Marche | Sposa Polissena Sforza. Giostra sulla piazza del Foro. Ospita il suocero e Bianca Maria Visconti a Gradara; lo aiuta contro pontifici ed aragonesi. Esce da Rimini con 1600 cavalli e 400 fanti; si porta ad Jesi ed invia 800 cernite alla guardia di Forlì. | |
Ago. | Marche | Sconfigge ad Amandola Niccolò Piccinino. | |||
Ott. | Marche | Alla difesa di Fabriano; ostacola gli avversari che vogliono trasferirsi dall’Umbria nelle Marche. Troilo da Rossano è battuto da un attacco improvviso di Roberto da Montalboddo: il Malatesta interviene con Pietro Brunoro e mette in fuga l’avversario. | |||
Dic. | Romagna | Rientra a Rimini. Si accorda a Cesenatico con il fratello Domenico riguardo alla spartizione degli stati malatestiani. Nell’anno cerca di fare uccidere a San Marino il senese fra Paolo Spannocchi che vuole fondare a Valdragone un monastero dell’ordine dei serviti: il religioso avversa la politica perseguita nello stato dal Malatesta. | |||
1443 | |||||
Gen. mar. | Romagna | A Cesena con il fratello Domenico. Giorni dopo riceve a sua volta il congiunto a Rimini. Nuovo incontro con il fratello a marzo tra Fano e Rimini. | |||
Apr. | Rimini | Pesaro | Marche | Cerca di impossessarsi per trattato di Pesaro ai danni di Galeazzo Malatesta. Fa entrare nella città alcuni suoi uomini d’arme; 7 di costoro sono scoperti ed o immediatamente impiccati. Analogo insuccesso ha un suo tentativo di impadronirsi di Frontone. | |
Mag. | Sforza | Chiesa Napoli | Marche e Romagna | Aiuta ancora lo Sforza assediato in Fano. Rompe l’accerchiamento degli avversari ed entra nella città con rinforzi per il suocero; sale, indi, su una galea e ritorna a Rimini eludendo la sorveglianza della flotta aragonese. | |
Giu. | Marche | Si impadronisce di Sant’Anatolia (Esanatoglia): nello scontro è ucciso il Pazzaglia, colpevole di avere sparlato nei suoi confronti. | |||
Lug. | Marche | Conquista Castelraimondo; si accampa sotto Tolentino. Allorché il Piccinino giunge nei pressi di Visso si muove da San Severino Marche; al comando di 3000/4000 fanti e di diversi cavalli assale nottetempo con il Brunoro il campo nemico. Tra gli sforzeschi rimane ucciso Federico da Sassoferrato con alcuni fanti. Il capitano perugino deve abbandonare l’assedio e riparare a Norcia. | |||
Ago. | Marche | Sembra che sia contattato da emissari di Alfonso d’Aragona cui dà speranza di tradire lo Sforza: in ogni caso la cosa non ha esito. E’ segnalato sempre alla difesa di Fano. | |||
Sett. | Romagna | A colloquio a Rimini con lo Sforza ed il Sarpellione. Subito dopo esce dalla città per fronteggiare gli avversari a Mondaino. | |||
Nov. | Capitano g.le | Marche e Romagna | E’ inviato dallo Sforza in avanguardia a Montelauro a porvi il campo; dà corso ad un coraggioso attacco frontale; sbaraglia le truppe avversarie, le costringe alla fuga, si impadronisce di un enorme bottino (2000 cavalcature, carriaggi ed armi. Il Piccinino viene sconfitto sotto una pioggia fina ed uggiosa. Uccide Giannino da Caravaggio; egli stesso resta ferito nello scontro. La vittoria non si completa perché il Malatesta non insegue i nemici in fuga, ma si disperde, secondo gli accordi precedenti, in piccole azioni tese a strappare agli avversari alcuni castelli del distretto di Pesaro. Alla difesa di tale località si colloca Federico da Montefeltro. Il Malatesta ottiene in pochi giorni Montelauro, Granarola, Pozzo del Piano, la Tomba di Pesaro; gli si arrendono a patti, dopo un breve assedio, Candelara e Novilara; ad essi seguono Montelabbate e Gradara. Lo Sforza gli promette Pesaro; rientra a Rimini. | ||
Dic. | Marche | Allorché lo Sforza si trasferisce nella marca d’ Ancona fa entrare alcuni soldati in Montalboddo (Ostra) con il pretesto di comprarvi delle vettovaglie; si impossessa in tal modo del castello. Distribuisce le truppe negli accampamenti invernali di Fano e di Rimini e si sposta all’assedio di Monte San Pietrangeli, alla cui difesa si trovano Giacomo da Caivana ed Antonello della Torre. | |||
1444 | |||||
Gen. | Marche | Si scontra nei pressi di Monte San Pietrangeli con Federico da Montefeltro e Francesco Piccinino; sconfigge gli avversari in un duro combattimento sotto la neve. A Rimini. | |||
Feb. mar. | Marche | Riprende la campagna nel pesarese. Conquista Montegaudio, Frontone e Casteldelci. | |||
Apr. | Veneto | Firma una tregua di quindici giorni con Galeazzo Malatesta. Si reca a Venezia alla ricerca di soccorsi. Lo Sforza, per permettergli di partire impegna a favore del Malatesta le sue argenterie, riscattate più tardi dall’ebreo Giuseppe, ed i gioielli della moglie. Il Malatesta viene scomunicato dal papa Eugenio IV con il suocero. | |||
Giu. | Marche | I pontifici passano all’offensiva; gli sono tolte Montelabbate e la Tomba di Pesaro; il Montefeltro e Matteo da Sant’Angelo scorrono a Riccione, Scanzano e Saludecio. E’ bandita una tregua di sei mesi con Oddantonio da Montefeltro. | |||
Lug. | Marche | Peggiorano, nel frattempo, i suoi rapporti con lo Sforza: infatti, ritornato da Venezia con 35000 ducati dovuti dalla Serenissima al suocero, non gli consegna l’intera somma in quanto si trattiene la parte relativa alle sue paghe, agli alloggi ed alle vettovaglie somministrate alle truppe dell’alleato. Il suocero gli chiede di muoversi verso Osimo e Recanati per impedire che arrivino rinforzi al Piccinino; il Malatesta si attarda, al contrario, a riconquistare Tomba. Lascia Fano e vi rientra dopo tre giorni con il pretesto di respingere un attacco del Montefeltro su Rimini. | |||
Ago. sett. | Marche | Prende parte alla battaglia di Montolmo (Corridonia); sin dagli inizi si dà alla fuga di fronte al Piccinino. A settembre aiuta a rientrare in Frontone Giovanni Gabrielli: gli uomini dello Sforza mettono a sacco il castello, gli abitanti si ribellano e gli sforzeschi ne sono espulsi. Sempre in tale mese chiede allo Sforza che non gli sia rinnovato l’anno di beneplacito: viene accontentato. | |||
Ott. | Marche | Fa impiccare a Fano, alle finestre del Palazzo del Podestà, il suo cancelliere Gaspare da Sassoferrato. Decide, indi, di mutare politica nei confronti del suocero; lo va a trovare a Fermo, si scusa, viene perdonato. | |||
Nov. | Marche | E’ compreso nel trattato di pace siglato dai contendenti come aderente dello Sforza. Ottiene dallo stato della Chiesa la signoria di Gradara, di Montelauro, di Granarola e di Pozzo del Piano. | |||
1445 | |||||
Gen. | Già in allarme perché il Montefeltro è passato agli stipendi dello Sforza si allontana nuovamente dal suocero allorché Galeazzo Malatesta vende Pesaro ad Alessandro Sforza e Fossombrone al suo rivale di sempre. | ||||
Feb. | Chiesa | Sforza | Capitano g.le | Marche | Invia a Galeazzo Malatesta un cartello di sfida che non ha alcun seguito; si avvicina al duca di Milano Filippo Maria Visconti che si dà da fare per inasprire il suo sdegno. Si allea, da ultimo, con il re di Napoli e con il pontefice (passa agli stipendi di quest’ultimo) per spogliare lo Sforza dei suoi possedimenti nella marca d’ Ancona. Si attenda a Tavoleto; è sfidato a battaglia campale dallo Sforza. |
Mar. apr. | Nell’attesa di essere raggiunto dalle truppe ducali guidate da Taliano Furlano, da Giacomo da Caivana e da Roberto da Montalboddo stipula una tregua con il Montefeltro di cui si fa garante lo stesso Sforza. | ||||
Giu. lug. | Marche | Con il fratello Domenico assale in Fano Alessandro Sforza; si congiunge con Taliano Furlano ed aggredisce nel pesarese e nel fanese lo Sforza che ha espugnato ed incendiato diversi suoi castelli. Tenta di impadronirsi di Pesaro con un colpo di mano. | |||
Ago. | Marche e Romagna | Concentra le truppe tra Fano e Senigallia. Conquista Montelicciano con un assalto notturno: la località è messa a sacco e data alle fiamme; ottiene Monte, frazione di San Leo, e si appropria del frumento di Ugolino Bandi. Si incontra a Rimini con Carlo di Montone e Roberto da Montalboddo al solenne ingresso del nuovo vescovo della città Bartolomeo Malatesta. Parte da San Salvatore e punta di nuovo su Fano. Costringe lo Sforza ad allontanarsi da Carignano ed a ripiegare su Fermo. | |||
Sett. | Marche e Abruzzi | Si imbarca su una galea; raggiunge gli Abruzzi per sollecitare Alfonso d’Aragona a trasferirsi nelle Marche. Rientrato, con il fratello Domenico, Taliano Furlano e Baldovino da Tolentino riprende l’offensiva nella marca d’ Ancona: occupa Offida con otto giorni di assedio, riconquista Sassoferrato, Piandimeleto e Montirone. | |||
Ott. | Marche e Romagna | Lascia Recanati ( gli sono donati dagli abitanti 500 ducati) e marcia con successo su Osimo. Con Taliano Furlano, Antonio Rido e Roberto da Montalboddo tenta pure un colpo di sorpresa su Ancona; conduce un attacco alla Porta di Capodimonte ed a quella di San Giovanni. Ottiene a patti Montesanto (Potenza Picena); assedia Civitanova Marche. Entra per trattato in Arcevia e la località gli è data in signoria dal papa; dopo tre giorni si impadronisce della rocca e di altri castelli in cui fanno irruzione i pontifici. Per l’occasione ordina in Rimini grandi feste. A metà mese è segnalato nel forlivese con Antonio Rido ed il cardinale Ludovico Scarampo: le truppe ricevono dal capoluogo le vettovaglie necessarie ed il foraggio per la cavalleria. | |||
Nov. | Marche | A Sassoferrato con il legato, il cardinale Scarampo. Penetra in Fermo, che si è ribellata ad Alessandro Sforza; il suo rientro a Rimini è trionfale. | |||
Dic. | Romagna e Lazio | Si reca a Forlì ove si incontra con Antonio Ordelaffi: si ferma a pranzo con il signore della città. Gli è costruito appositamente un ponte di barche a Villafranca per permettergli di transitare con le sue truppe verso Bologna. Di seguito prosegue il suo viaggio per Roma per rendere il dovuto atto di omaggio al papa. | |||
1446 | |||||
Feb. | Emilia e Lombardia | E’ invitato a Milano da Filippo Maria Visconti. Si mette in cammino con 40 cavalli; nei pressi di Cotignola sfugge ad un agguato che gli viene teso da Astorre Manfredi che milita al soldo dei fiorentini. Ripara in una palude nelle vicinanze di Russi; giunge a Ferrara ed a Milano. | |||
Mar. | Marche | Ritorna a Fano. Promuove una congiura ad Urbino che viene sventata da Federico da Montefeltro: tutti gli scampati (e coloro che sono banditi dalla città a seguito della ribellione) trovano rifugio a Rimini ed a Cesena. Tra questi si trovano in particolare Niccolò Perfetti ed il fratello Battista che cedono al Malatesta le rocche di Casteldelci, di Senatello e di Faggiuola. | |||
Lug. | Marche | Si muove tra Fossombrone e Fano; prende parte al consiglio di guerra in cui si decide di proseguire la campagna e di scacciare lo Sforza da tutta la marca d’ Ancona. Ottiene Pergola con la rocca, che gli è consegnata dal castellano Guastalamarca, e Monte Gherardo; distoglie le milizie sforzesche da Isola di Fano e si avvicina a Montefabbri. Perviene nelle sue mani gran parte del contado di Cagli. | |||
Ago. | Marche | Gli si arrende Montefabbri, ha Talacchio, mette a sacco ed incendia Colbordolo (25 difensori sono uccisi nel combattimento e molti sono i feriti). Assedia il Montefeltro in Urbino ed ottiene a patti Sassocorvaro e Montegrimano. | |||
Sett. | Marche e Romagna | Gli si arrende Monte Cerignone con la rocca; ha pure Soanne e Montegelli. Rientra a Rimini e vi riceve il cardinale Scarampo cui va incontro a Santo Spirito. Invia truppe ai ducali impegnati in guerra contro i veneziani. | |||
Ott. | Marche | Batte a Montelauro Dolce dell’Anguillara: fra gli avversari sono catturati 40 uomini d’ arme con tre capisquadra (sono pure uccisi 40 fanti). Vengono in soccorso dello Sforza 3000 cavalli e 1000 fanti fiorentini condotti da Guidantonio Manfredi, da Simonetto da Castel San Pietro e da Gregorio d’Anghiari. Il loro intervento capovolge il corso del conflitto. Il Malatesta deve abbandonare l’assedio di Urbino con il cardinale Scarampo; viene sfidato a battaglia campale dal Montefeltro con l’invio di un guanto insanguinato. Accetta apparentemente; nella realtà non esce in combattimento preferendo porsi sulla difensiva. Alessandro Sforza ed il Montefeltro conquistano i castelli di Pozzo del Piano, di Tomba e di Montelauro; iniziano ad assediare Gradara. | |||
Nov. dic. | Milano | Venezia | Marche Romagna Emilia e Lombardia | Gradara è assediata fino ai primi giorni di dicembre; il Malatesta soccorre la fortezza dall’esterno dimostrando ampiamente la sua competenza nel campo dell’ingegneria militare. Riesce a farvi penetrare, attraverso un sotterraneo segreto, alcuni messaggi ai difensori, molesta senza interruzione gli assedianti alle spalle. Le ostilità hanno termine con una tregua allorché egli si fa parte attiva nel riconciliare il duca di Milano con lo Sforza. Accoglie a Rimini Guidantonio Manfredi che ritorna a Faenza dopo avere abbandonato l’assedio di Gradara. Da parte sua attraversa il forlivese con le sue truppe ( a Forlì ha un abboccamento con Antonio Ordelaffi), attraversa il bolognese e giunge in Lombardia per soccorrervi il duca di Milano in difficoltà con i veneziani. Filippo Maria Visconti gli offre il capitanato generale delle sue milizie; rifiuta l’incarico per non accrescere la gelosia dello Sforza nei suoi confronti. | |
1447 | |||||
Feb. mar. | Lombardia Emilia e Romagna | Da Milano ritorna nei suoi territori. A Ferrara si incontra con il visdomino veneziano per offrire i suoi servizi alla lega. Tramite lo Sforza viene bandita una tregua tra lui ed il fratello Domenico da un lato ed Alessandro Sforza (che egli ha tentato di fare uccidere) ed il Montefeltro dall’altro. | |||
Lug. | Napoli | Firenze | 600 lance e 600 fanti | Si avvicina al re di Napoli e suoi emissari firmano la condotta con Alfonso d’Aragona: la durata è stabilita in un anno più uno di beneplacito. Gli è data una provvigione annua di 4000 ducati; ottiene pure per le prime necessità una prestanza di 50 ducati per lancia e di 4 ducati per fante. I 32400 ducati relativi alla prestanza gli dovrebbero essere pagati in quattro rate dal giorno in cui il re di Napoli è in grado di riscuotere i suoi crediti verso il papa ed il Visconti. Il Montefeltro è, invece, assoldato dai fiorentini per combattere gli aragonesi in Toscana. | |
Sett. | Rimini | Urbino | Marche | Contro i patti stipulati in precedenza fa ribellare Fossombrone e ne assedia la rocca: al terzo giorno il Montefeltro interviene e lo sconfigge. La città è messa a sacco. Il Malatesta rientra a Rimini; vi accoglie Raimondo Boilo, emissario di Alfonso d’Aragona, che dalla Lombardia si sta recando a Napoli. Lo accompagna per un pezzo fuori della Porta di San Bartolomeo. | |
Nov. | Rimini | Urbino | Romagna | Ospita a Rimini Galeazzo Malatesta, Antonio e Cecco Ordelaffi. Con il cugino spinge i fuoriusciti di Fossombrone ad assalire alcuni castelli, quali Montalto, Bellaguarda, San Biagio, Casaspessa, Torricella e Sant’Ippolito. Scrive al re di Napoli che la sua offensiva nelle Marche ha l’obiettivo di richiamare il Montefeltro dalla Toscana. Alfonso d’Aragona gli intima di occuparsi delle faccende per le quali è stato condotto invece che delle proprie personali: riceve l’ordine di unirsi con gli aragonesi a Montepulciano. Si rifiuta di obbedire perché gli sono stati consegnati fino a quel momento 22000 o 25000 ducati della sola prestanza. Invia al re un suo emissario per chiedere il saldo della condotta: costui viene incarcerato in Castel Sant’Ermo; altri due ambasciatori sono parimenti maltrattati. Il Malatesta ha ora una motivazione per giustificare la defezione che sta meditando e riprende le trattative con fiorentini e veneziani. Alfonso d’Aragona gli invia altri 2000 ducati. | |
Dic. | Firenze Rimini | Napoli Urbino Pesaro | 600 lance e 400 fanti | Toscana e Marche | Si incontra con Angelo della Stufa e Giannozzo Manetti, si reca a Firenze e stipula la condotta: i denari avuti dagli aragonesi se li trattiene a titolo di stipendio per i mesi trascorsi. Chiede inizialmente una condotta di 600 lance e di 400 fanti (contro l’offerta di 500 lance e di 300 fanti) ed il comando generale delle truppe; si frappongono i veneziani; pretende la clausola di non essere sottoposto ad alcuna rassegna durante i periodi di pace. Finalmente accetta la condotta di 600 lance e di 400 fanti per un anno di ferma ed uno di beneplacito. Ha il comando di tutte le milizie ad eccezione di quelle del Montefeltro: fra le condizioni a suo favore vi sono il permesso di non dovere fronteggiare le truppe del fratello, né quelle pontificie. Tutto ciò non gli impedisce di continuare a molestare il Montefeltro. Persuade, infatti, Alessandro Sforza che costui sta per attaccare Pesaro; il fratello dello Sforza chiede il suo aiuto; nello stesso tempo il Malatesta mostra al suo rivale di sempre una lettera in merito; insieme stabiliscono di anticipare le mosse del signore di Pesaro. Da alcuni segnali il Montefeltro si accorge di essere vittima di un inganno; entra in Pesaro e difende la città dalle truppe del Malatesta. Sigismondo Pandolfo irrompe nell’ urbinate e vi occupa più di trenta castelli. I fiorentini protestano. |
1448 | |||||
Gen. | Marche | Gli è inviato il denaro delle paghe dai fiorentini; il Malatesta continua imperterrito a devastare il Montefeltro. I fiorentini propongono ai veneziani uno scambio che preveda l’invio di Micheletto Attendolo in Toscana ed il trasferimento del Malatesta in Lombardia contro i viscontei. Promette di non molestare il suo emulo; aiuta, al contrario, Galeazzo Malatesta ad assalire Alessandro Sforza nel pesarese ed a occupare Montelauro. Vi sono nuove pressioni dei fiorentini nei suoi confronti. | |||
Feb. | Marche e Romagna | Si ferma a Sassoferrato per la comparsa nei pressi di truppe aragonesi. Arma cavaliere a Rimini Antonio degli Atti, fratello della sua amante Isotta. | |||
Mar. | Romagna Umbria e Toscana | Ricevuta la paga anche dai veneziani lascia Rimini con 2000 uomini; giunge a Santarcangelo di Romagna, segue il corso del Marecchia e dell’alto Tevere, giunge a Pieve Santo Stefano, Sansepolcro ed Arezzo per la rassegna dei suoi uomini. Alla notizia che Alessandro Sforza con milizie feltresche gli ha tolto alcuni castelli, minaccia di abbandonare subito la Toscana. Questa volta i fiorentini intervengono su Federico da Montefeltro; tra i due condottieri è stabilita una nuova tregua. | |||
Apr. mag. | Firenze | Napoli | Toscana | Esce da Castiglion Fiorentino e conduce l’esercito a Cortona; da qui, attraverso la Val di Chiana, si avvia per la Val d’Orcia non mancando di predare il territorio e di razziare il bestiame relativo. Assale Montebenichi, si avvicina a Monticchiello; si porta sotto Perignano. I senesi (maggio) pretendono la restituzione delle prede. | |
Giu. | Capitano g.le | Toscana | Viene inviato alle Poggiole per aiutare gli alleati senesi. Transita per Certaldo, Castelfiorentino e San Miniato, giunge a Firenze ed è nominato capitano generale. Ritorna al campo, si dirige verso Peccioli ed avanza sino a Massa Marittima. | ||
Lug. ago. | Toscana | Contro il suo parere i fiorentini seguono il consiglio del Montefeltro e si accampano nei pressi di Campiglia Marittima, in un luogo paludoso ricoperto di pietre e sabbia, detto le Caldane per certe sorgenti d’acqua calda che vi scaturiscono. In breve la malaria, l’acqua pessima, la mancanza di vino e le continue privazioni si abbattono sull’esercito provocandone diserzioni su larga scala. Il Malatesta supera tutte le difficoltà; con il suo esempio rafforza il morale delle forze a sua disposizione; con impreviste cariche di cavalleria e sortite notturne verso i campi aragonesi si mette in contatto con Rinaldo Orsini assediato dagli avversari in Piombino. | |||
Sett. | Toscana Lombardia | All’alba attacca con vigore alle spalle gli aragonesi che si accingono ad assalire le mura di Piombino con l’appoggio, dal mare, della flotta. Rinaldo Orsini esce a sua volta dalla città ed incendia le macchine da guerra: Alfonso d’Aragona è costretto ad abbandonare le operazioni dopo varie ore di combattimento. I nemici denunciano la perdita di quasi 2000 uomini tra morti e feriti. Si ritirano prima a Castiglione della Pescaia; rientrano poi nel regno di Napoli. | |||
Ott. | Venezia | Milano | Lombardia | Viene inviato con Gregorio d’Anghiari (2000 cavalli e 1000 fanti) in Lombardia allo scopo di soccorrervi i veneziani in difficoltà contro la Repubblica Ambrosiana. | |
Nov. | Romagna | Lascia Rimini per la Lombardia con 3000 cavalli e 2000 fanti. | |||
Dic. | Lombardia | E’ segnalato ad Orzinuovi. Tramite Giusto Giusti fa pressione sui veneziani affinché sia condotto dalla Serenissima anche Gregorio d’Anghiari come capitano generale della fanteria. La risposta è negativa. | |||
1449 | |||||
Gen. | Lombardia | Minaccia di bombardare Treviglio. Si avvicina a Crema con il provveditore Giacomo Loredan; Si accampa con l’artiglieria davanti alla Porta di San Bartolomeo. Vi sono alcuni scontri tra le porte di Ripalta e quella di Serio. Sono inizialmente inchiodate da una sortita le batterie dei cannoni della Serenissima. I milanesi inviano in soccorso dei difensori Carlo Gonzaga e Francesco Piccinino. Il Malatesta leva il campo e si colloca sulle rive dell’Adda. A tale vista i due capitani rientrano a Milano. | |||
Feb. | Capitano g.le 2000 cavalli e 400 fanti | Lombardia | Gli è rinnovata la condotta dai soli veneziani (2000 cavalli e 400 fanti) con uno stipendio mensile di 7040 ducati. | ||
Apr. | Lombardia | Si trova in Ghiaradadda con 6000 cavalli. Si accampa sotto Crema con il provveditore Giacomo Loredan a San Bartolomeo tra le Porte di Ripalta e di Serio; non cessa di colpire le mura con le artiglierie. Una sortita degli abitanti, agli ordini di Gaspare da Vimercate, inchioda le bombarde, dà alle fiamme due bastie costruite dai veneziani e distrugge le trincee. Carlo Gonzaga, che si trova alla difesa della città, è, infine, rafforzato da milizie condotte da Francesco e da Jacopo Piccinino. Il Malatesta è così costretto a ritirarsi a Fontanella. Si collega con Bartolomeo Colleoni nella Valle di San Martino. | |||
Ago. | Lombardia | Sempre contrastato da Carlo Gonzaga, scorre sotto Crema e si ferma a due miglia dalla città. Attraversa il Serio, colloca i suoi alloggiamenti sulla strada che porta ad Ombriano e fa costruire il canale della Marchesa per levare l’acqua ai fossati cittadini. In sessanta giorni sono lanciate contro le mura 1833 colpi di bombarda. A metà mese entra nella località con il provveditore Andrea Dandolo, Gentile da Leonessa e Cesare da Martinengo preceduto da 20 araldi. | |||
Ott. | Venezia | Sforza | Lombardia | Cerca di prestare soccorso ai milanesi della Repubblica Ambrosiana che nel rivolgimento delle alleanze ora combattono lo Sforza: gli è regalata una casa a Milano nella parrocchia di San Protaso. I veneziani gli promettono di aiutarlo nella conquista di Pesaro. | |
Dic. | Lombardia | Supera l’Adda a Brivio su un ponte di barche, si attenda presso Lecco nelle campagne del Monte di Brianza, è vanamente fronteggiato da Giovanni Sforza e da Giovanni Ventimiglia. Chiama Jacopo Piccinino affinché si congiunga con i veneziani, raggiunge Matteo da Sant’Angelo a Monte Calco dove attacca inutilmente una torre. Battuto dallo Sforza al Monte di Brianza (molti sono i prigionieri tra i suoi uomini), dispera di potere avere migliori risultati per cui ripiega al di là dell’Adda. | |||
1450 | |||||
Gen. | 2000 cavalli e 500 fanti | Romagna Lombardia | Sverna in Romagna; i veneziani lo riconfermano nel capitanato generale delle truppe: gli è riconosciuta una provvigione mensile di 600 ducati ed una condotta di 2000 cavalli e di 500 fanti. La ferma è stabilita in un anno più sei mesi di rispetto; è accordata la protezione ai suoi possedimenti da parte della Serenissima e nei pagamenti gli è assicurata la clausola del condottiero più favorito. Raduna con il Colleoni ragguardevoli scorte di vettovaglie che cerca di fare arrivare a Milano. Attacca 5 bastie nemiche poste sui monti, ne espugna 2 e le dà alle fiamme: interviene lo Sforza che lo obbliga a riattraversare l’Adda con alcune perdite. Ad un certo punto il Malatesta si trova ad avere forze superiori a quelle dell’avversario allorché viene raggiunto a Galbiate da Jacopo Piccinino; nonostante ciò non osa portare alcun attacco. | ||
Feb. | Lombardia | Comanda a tutti i soldati di procurarsi vettovaglie per cinque giorni e di trasportare da Bergamo, con destinazione Milano, una grande quantità di frumento. Negli stessi giorni lo Sforza entra in Milano da vincitore: di conseguenza deve ancora una volta riattraversare l’Adda. | |||
Apr. | Lombardia e Veneto | Dal bresciano si reca a Venezia. E’ accolto apparentemente in trionfo. | |||
Mag. | Lombardia | A Brescia. Lascia la Lombardia per la Romagna. | |||
Giu. lug. | Rimini | Pesaro | Veneto Romagna e Marche | E’ in questo periodo che accade nel veronese l’episodio dell’atto di violenza perpetrato dal Malatesta (o da alcuni suoi uomini) ai danni di una nobildonna tedesca, o borgognona, che si sta recando a Roma per un pellegrinaggio con una comitiva di 200 cavalli. Gli accompagnatori sono uccisi; la donna non vuole consentire alla lussuria del Malatesta, viene violentata prima da lui e, poi, dai suoi uomini e per il dolore muore in pochi giorni a Verona. Sospettato del fatto, il Malatesta spedisce in catene a Venezia 4 uomini d’arme, a suo dire responsabili dell’episodio: costoro sono torturati. Vengono presto rilasciati perché ritenuti dalle autorità innocenti. Il condottiero rientra subito in Romagna; si trova a Ravenna con Cecco Ordelaffi e si reca a Rimini. Dopo alcuni giorni si mette in marcia contro Pesaro che, per accordi presi con il Montefeltro, dovrebbe pervenire nelle sue mani. Si ferma sul fiume Marano e colloca i suoi alloggiamenti nel casamento dell’ospedale del Terzo detto di San Lazzaro. Invia Gaspare Broglio dal conte di Urbino per sollecitarne l’aiuto; costui, dopo un colloquio con il Montefeltro, gli riferisce che è stato ingannato dal rivale. Manda allora il Broglio a Montefiore Conca per raccogliervi 300 uomini ed invita Gian Francesco da Piagnano, fermo a Macerata Feltria, di spostarsi a Pietrarubbia per esservi raggiunto dal Broglio. Tutto ciò non impedisce che 500 fanti sforzeschi, comandati da Guido d’Ascoli, riescano ad entrare in Pesaro e ne rafforzino la guarnigione. Il Malatesta si muove nel pesarese, si accampa alla Torre del Boncio e si appresta ad assalire il capoluogo. Il Montefeltro lo costringe a ritirarsi. | |
Nov. | T veneziani gli notificano ufficialmente il mancato rinnovo della condotta. | ||||
1451 | |||||
Gen. | Rimini | Urbino | Romagna | Accoglie a Rimini il fratello dell’imperatore Alberto d’Austria cui dona un corsiero. Invia Antonello da Narni ad occupare il castello di Frantico. | |
Lug. | Marche | Si incontra a Fabriano con il papa Niccolò V in forma privata. | |||
Ago. | Marche Toscana | E’ ancora a Fabriano dove il pontefice rinnova congiuntamente a lui ed al fratello Domenico la concessione dei vicariati su Rimini, Cesena, Fano, Bertinoro, Cervia, San Leo; gli sono confermate le terre di Senigallia, Sant’Agata Feltria, Sestino, Pennabilli, Senigallia, Pergola, Gradara, Mondaino e Talamello; gli rilascia pure le bolle di legittimazione dei figli naturali Roberto e Sallustio. Gli è ridotto il censo da 6000 a 4000 fiorini l’anno. A Firenze. | |||
Sett. | Milano | Passa al servizio di Francesco Sforza., nuovo duca di Milano. La condotta dura fino al settembre del 1452; gli è concessa una provvigione di 25000 ducati l’anno. | |||
Nov. | Toscana | In visita a Firenze. Vi è accolto con tutti gli onori. | |||
Dic. | Rimini | Urbino | Marche | Riprende la lotta contro Federico da Montefeltro. Fa invadere dai suoi l’agro di Montefotogno, di Colbordolo, di San Donato e di Montecopiolo. I feltreschi non sono colti impreparati; con l’aiuto di 300 fanti e 200 cavalli che si avvicinano a Cagli e di una squadra di cavalli condotta dal napoletano Giacomo Ferrari mettono in fuga i malatestiani. | |
1452 | |||||
Apr. | Campania | Si reca a Napoli e prende parte ad una giostra organizzata per la nascita di Federico d’Aragona, figlio del duca di Calabria Ferrante e tenuto a battesimo dall’ imperatore Federico d’Austria. E’ contattato dagli aragonesi (un frate di nome Puccio) e dai veneziani (Zaccaria Valaresso) ed a tutti dà buone parole. E’ respinto da Fano un tentativo del Montefeltro di impadronirsi della città. | |||
Ago. | Firenze | Napoli | 1700 cavalli | Romagna e Toscana | Passa agli stipendi dei fiorentini. La condotta è stipulata nel castello di Rimini. Gli è concesso un soldo di 15000 ducati per contrastare gli aragonesi comandati dal Montefeltro. |
…………… | Toscana | Affronta il rivale a Castellina. Non punta sulla battaglia campale; impegna bensì il nemico con varie azioni diversive in modo da obbligarlo a collocare gli accampamenti invernali fuori della Toscana. | |||
1453 | |||||
Mag. | Tratta ancora con veneziani ed aragonesi. | ||||
Giu. | Firenze | Napoli | 1400 cavalli e 400 fanti | Toscana | Accetta l’offerta dei fiorentini (gli sono riconosciuti 32000 fiorini) e ritorna in Toscana. |
Ago. ott. | Capitano g.le | Toscana | Occupa Rincine e Foiano della Chiana con Alessandro Sforza. Quest’ultimo entra per primo nella località e si impadronisce di un ricchissimo bottino di 900 cavalli ed altrettanti fanti. Il Malatesta accusa il rivale di avere tramato alle sue spalle e decide di dare fuoco alla località (con l’eccezione di una chiesa e di una casupola adiacente) e di imprigionare gli abitanti. Intervengono i Dieci di Balia tramite i commissari Giannozzo Manetti e Bernardo dei Medici. L’esercito è diviso in due tronconi: Alessandro Sforza è indirizzato ai danni di Vada con l’ausilio di Raimondo e Pietro Antonio Attendolo. Al Malatesta è invece proposto l’attacco alla fortezza di Gavorrano con l’appoggio di Astorre Manfredi, di Simonetto da Castel San Pietro, di Carlo Oddi e di Gian Francesco da Piagnano. Viste le difficoltà insite in tale impresa, decide anch’egli di muoversi all’assedio della rocca di Vada alla cui difesa si trova Carlo di Campobasso. Pianta le artiglierie e con le sue bombarde impedisce alle galee genovesi di rifornire la località. Fronteggia 1000 cavalli condotti da Ignazio di Guevara. A fine settembre i due commissari, a seguito della partenza dello Sforza per la Lombardia, gli consegnano al campo il bastone di capitano generale. Nell’occasione il Manetti compone un’orazione in volgare in suo onore Ad ottobre i difensori di Vada si arrendono a patti. | ||
Nov. | Toscana | Si accampa a Colle di Val d’Elsa. Allo scadere della ferma rientra alle sue terre senza passare per Firenze. Tenta di passare al soldo della Serenissima e degli aragonesi: Gaspare Broglio ratifica gli accordi con il re di Napoli che offre la mano della nipote Eleonora d’Aragona al primogenito Roberto. Il Malatesta, spinto da Giacomo Anastagi, tiene sospesa la trattativa per ottenere condizioni migliori ed invia a Napoli nuovi ambasciatori con l’obiettivo di temporeggiare. Si rinnova nei suoi confronti l’odio di Alfonso d’Aragona. Sempre nel mese viene investito dal papa di Montecassiano e di Montemarciano. | |||
Dic. | Riapre le trattative con i veneziani. Queste durano a lungo e sono condotte da entrambe le parti senza eccessivo impegno. | ||||
1454 | |||||
Gen. | Romagna | Si incontra a Rimini con l’ambasciatore veneziano Francesco Contarini che lo sollecita a trasferirsi in Toscana con gli aragonesi; anche il suo consigliere Gaspare Broglio lo incita ad accettare la proposta di accordo che gli è fatta da Alfonso d’Aragona. Questa prevede il condono di una metà del denaro che gli è stato versato dal re di Napoli, mentre per la parte restante il Malatesta avrebbe dovuto prestare il suo operato in Toscana a favore dei senesi contro i fiorentini alla testa di 5000 cavalli e 1500 fanti. La riconciliazione prevede anche il matrimonio di Eleonora d’Aragona con il figlio Roberto. Il Malatesta tergiversa insistendo nel richiedere il totale condono del debito. Alfonso d’Aragona, indignato, chiude in modo definitivo ogni possibilità di dialogo. | |||
Apr. | I veneziani firmano la pace con fiorentini e sforzeschi. In seguito a tali accordi il fratello gli cede alcune terre; continuano, invece, le schermaglie con il congiunto per quanto riguarda la ridefinizione dei confini territoriali tra Rimini e Cesena. | ||||
Ago. | Alfonso d’Aragona aderisce alla pace di Lodi: non vuole che ne siano compresi nei benefici i genovesi, Astorre Manfredi ed il Malatesta ai quali non sono perdonati gli antichi torti. Il signore di Rimini cerca soccorsi nella situazione: poiché i veneziani si rifiutano di intervenire a suo favore, è costretto ad inviare alcuni ambasciatori a Napoli con il compito di promettere la restituzione delle somme a suo tempo trattenute. Tenta di fare causa comune con Astorre Manfredi e di farsi amico Jacopo Piccinino tramite il fratello Domenico. | ||||
Autunno | Siena | Pitigliano | Romagna | Contattato dai senesi tramite Gaspare Broglio è assunto con Giberto da Correggio e Giulio Cesare da Varano per contrastare il conte di Pitigliano Aldobrandino Orsini. Gli è assicurato uno stipendio di 16000 ducati. Lascia San Salvatore. | |
Nov. | Capitano g.le | Toscana | Si porta a Siena e gli sono consegnate le insegne del capitanato generale. Passa all’assedio di Sorano. Si accampa di fronte alla fortezza con 12000 uomini senza contare i numerosi volontari. Bombarda la rocca con due pezzi di artiglieria; dopo inutili assalti i senesi lo invitano a reiterare gli attacchi con forza; per convincerlo gli fanno avere una cavalcatura in dono. Allorché le testuggini si avvicinano alle mura per rompere una porta vi è una sortita diversiva di 100 cavalli contro il campo di Giberto da Correggio; gli avversari sono circondati e costretti alla resa; sono lasciati andare liberi dietro la promessa di non unirsi più con la guarnigione. Si acuiscono nel frattempo i contrasti del Malatesta con il commissario Antonio Petrucci, alimentati anche da una storia dal sapore boccaccesco: il senese, infatti, si innamora di un paggio di Giberto da Correggio, il Milanese. Un provvigionato riminese scopre i due amanti nel padiglione e fa in modo che siano bastonati dai malatestiani i famigli del Petrucci che, per nascondere il fatto, hanno inseguito il paggio, uscito di nascosto dalla tenda, con l’accusa di furto. Come risultato il Petrucci ora favorisce Giberto da Correggio ai danni del signore di Rimini accusato di trattare con Everso dell’Anguillara. | ||
Dic. | Toscana | Sorano è sul punto di capitolare; i senesi fanno avere al Malatesta 12000 ducati affinché prosegui nelle operazioni. Il condottiero si fa corrompere da Aldobrandino Orsini e stipula senza alcuna autorizzazione una tregua di un mese con gli avversari. Si fa consegnare un figlio in ostaggio dal conte di Pitigliano e si allontana dal campo con Carlo dell’ Anguillara ed il Varano facendo ritirare truppe ed artiglierie. Prende la strada di Montemerano, punta su Magliano in Toscana e tenta di conquistare tale centro; fallito un analogo tentativo su Saturnia, compie una scorreria nella maremma grossetana ove si impossessa di una grande quantità di bestiame che viene condotto a Pisa. Il inizia a sospettare del suo comportamento, si reca a Siena e riferisce in segreto i suoi timori ad un amico che ne informa, a sua volta, le autorità. I senesi decidono di inviare due cittadini da Carlo Gonzaga o da Giberto da Correggio per verificare la disponibilità di uno dei due capitani ad uccidere il Malatesta. | |||
1455 | |||||
Gen. | Toscana | Allo scadere della tregua Pietro Brunoro, Ceccone d’India, Leonetto Corso, Padovano Calabrese, Fusco da Napoli, Antonio Foresta lasciano Sorano agli ordini di Giberto da Correggio per intercettare il Malatesta: lo raggiungono a Giuncarico e lo costringono ad abbandonare il bottino in cambio di un via libera su un ponte. I senesi si accorgono che il signore di Rimini non mantiene i patti, lo assalgono e gli catturano tre compagnie su quindici. Nel proseguimento della sua marcia nel fiorentino il Malatesta cerca di impadronirsi di Castel Pasquale, ripara a Piombino ed a Scarlino, ottiene il passo dai fiorentini, valica gli Appennini e cala in Romagna. Negli stessi giorni è informato da Jacopo Piccinino di una probabile scorreria di quest’ultimo con la sua compagnia nel senese. | |||
Feb. | Romagna | A fine mese è contattato dal papa Niccolò V e dallo Sforza affinché con le sue truppe stanziate in Romagna impedisca il passo alla compagnia di Jacopo Piccinino in marcia verso Bologna. | |||
…………… | Rispettoso delle forme ha il coraggio di chiedere ai senesi un congedo regolare: la repubblica glielo concede, senza mancare di informare tutti gli stati della sua perfidia. | ||||
Estate | Romagna | Jacopo Piccinino invade il senese con la sua compagnia; il Malatesta si colloca a Savignano sul Rubicone e riceve alcuni soccorsi dallo Sforza. Tratta pure con i venturieri del Piccinino. | |||
1456 | |||||
Giu. | Romagna | Organizza a Rimini alcuni festeggiamenti in onore di Alberto d’Este, suo mancato genero, in visita alla città. Nell’occasione si svolge un combattimento in cui cinquanta uomini, armati di mazze e di bastoni, difendono un castello, mentre altri cinquanta lo assalgono con le stesse armi: nella mischia entra anche il Malatesta che corre il pericolo di restare ucciso. | |||
Lug. | Romagna | Si rappacifica a Cesenatico con il fratello Domenico. | |||
…………… | Allorché gli aragonesi assalgono in Genova il doge Pietro Campofregoso si sente in pericolo anche perché si vede abbandonato dallo Sforza che si è legato negli stessi giorni con vincoli di parentela con i suoi nemici di Napoli. Il Malatesta invia propri ambasciatori al doge ed a Renato d’Angiò affinché Genova pervenga nelle mani del re di Provenza. | ||||
1457 | |||||
Mag. | Emilia | Il marchese di Ferrara Borso d’Este prende l’iniziativa per riconciliarlo con Federico da Montefeltro. L’incontro avviene nella villa di Belfiore e finisce con contumelie reciproche. | |||
Lug. | Toscana | Chiede l’intervento di Cosimo dei Medici affinché faccia da paciere nella sua contesa con il fratello Domenico. | |||
Lug. | Toscana | Chiede l’intervento di Cosimo dei Medici affinché faccia da paciere nella sua contesa con il fratello Domenico. | |||
Ott. | Rimini | Napoli Urbino | Alfonso d’Aragona gli invia contro Federico da Montefeltro e Jacopo Piccinino per vendicarsi delle passate ingiurie. Il Malatesta ritira inutilmente a Venezia un suo gioiello per risarcire il re di Napoli del denaro truffatogli anni prima. Chiede invano soccorsi al genero Carlo di Montone. Per guadagnare tempo sfida a duello il Montefeltro; il duca Ludovico di Savoia-Acaia dà il proprio assenso alla sua effettuazione. | ||
Nov. dic. | Marche | Federico da Montefeltro e Jacopo Piccinino gli conquistano diverse terre nel vicariato di Fano (Reforzate, Montalbo, Isola di Fano, Casaspessa, la Valle); hanno inizio le operazioni di assedio di Senigallia. Nonostante le continue contese che sorgono tra i due capitani il Malatesta è presto ridotto a cattivo partito. Si rivolge ai fiorentini tramite Giusto Giusti per avere soccorsi. Invia a Napoli il figlio Roberto per avviare trattative con Alfonso d’Aragona. Il sovrano in un primo momento dice di accontentarsi di 27000 ducati più il riconoscimento delle spese sostenute per la spedizione del Piccinino e del conte di Urbino; eleva progressivamente le sue richieste a 40000 ducati, più altri 15000 per altri interessi. Il Malatesta riceve soccorsi da Everso dell’ Anguillara e dai colonnesi che gli permettono una qualche resistenza. | |||
1458 | |||||
Feb. | Il re di Napoli chiede al figlio Roberto la somma di 50000 ducati, un gioiello che gli è già stato promesso ed alcuni possedimenti. | ||||
Apr. | Marche | Si oppone agli avversari a Mondavio. | |||
Mag. | Emilia | Si reca a Ferrara e vi attende il papa Callisto III che deve recarsi a Mantova per il concilio; lo scorta al monastero di Sant’Antonio. Nel contempo si mette in contatto con Giovanni d’Angiò per affrontare assieme gli aragonesi. | |||
Giu. | Sul fronte bellico respinge nel miglior modo gli assalti nemici, li affronta e tenta di riacquistare le terre perdute; espugna il castello delle Fratte alla cui difesa si trovano 200 bracceschi. | ||||
Lug. | Marche | I suoi condottieri Antonello da Forlì e Marco Pio vengono sconfitti a Carpegna dagli avversari; Tavoleto è espugnata e messa a sacco. Reagisce con l’occupazione di Sassocorvaro; si muove alla volta di Carpegna. Si impossessa del Castellaccio con l’eccezione della rocca; inizia il bombardamento di quest’ultima. Interviene il Montefeltro che raduna i suoi uomini a Belforte all’Isauro, si congiunge con sei squadre di Jacopo Piccinino e punta su Carpegna. Il Malatesta leva l’assedio, invia i suoi pezzi di artiglieria a Macerata Feltria mentre egli con le sue truppe si mette in salvo nella rocca di Pietrarubbia. Ne esce con gli uomini in disordine ed al Molinaccio è colto in imboscata da Alessandro Gambacorta mossosi da Montecopiolo. | |||
Ago. ott. | Marche e Romagna | La quasi contemporanea morte del pontefice e di quella del re di Napoli illudono il Malatesta nelle sue speranze. Lo Sforza e Borso d’Este gli danno del denaro per cui è in grado di assoldare nuove truppe. Quando è informato che Jacopo Piccinino ha abbandonato il campo per tentare di ritagliarsi un proprio stato in Umbria rioccupa Sassocorvaro e punta su Carpegna. E’ respinto dallo Scalogna e da 6 squadre del Piccinino. Subisce forti perdite; si avvia allora nottetempo nel Montefeltro e dà il guasto a Secchiano ed a Uffogliano. Apre pure nuove trattative di pace con Ferrante d’Aragona e non manca di contattare i nemici del re, quali il principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini dal Balzo e Giovanni d’Angiò. Ordina ad Antonello da Forlì di soccorrere Tavoleto: il castello è espugnato e messo ancora una volta a sacco dagli avversari. Nei giorni seguenti più di venti castelli, tra i quali Maiolo, Macerata Feltria, Pennabilli e Sant’Agata Feltria, subiscono la medesima sorte. Alla fine l’inclemenza del tempo e la stagione fredda persuadono il Montefeltro ed il Piccinino a ritirarsi. | |||
1459 | |||||
Gen. feb. . | Lombardia | Ancora attaccato da Federico da Montefeltro e da Jacopo Piccinino si dà da fare per cercare la pace. Si reca a Mantova ed a Milano; Francesco Sforza lo aspetta a quattro o cinque miglia fuori il capoluogo meneghino. A febbraio transita per Mantova. | |||
Apr. | Toscana | Si reca a Firenze con 60 cavalli. Gli vanno incontro il conte di Pavia ed i rettori della città. Con altri signori romagnoli (Astorre e Taddeo Manfredi , Cecco Ordelaffi) regge fino al palazzo di Santa Maria Novella la lettiga con la quale è trasportato il papa. Il Malatesta implora Pio II di portare la pace tra lui e Ferrante d’Aragona. | |||
Giu. | Toscana | Offre Citerna ai fiorentini. | |||
Lug. | Firma la pace di Mantova voluta dal pontefice. | ||||
Sett. | Rimini | Comp. ventura | Romagna | Federico da Montefeltro e Jacopo Piccinino nella loro campagna hanno devastato nel complesso 115 castelli localizzati nei territori malatestiani. Il secondo condottiero continua a desolare gli stati di Sigismondo Pandolfo fino al momento in cui non viene raggiunta una tregua che coinvolge anche la sua figura. | |
Ott. | Lombardia | Per accedere alla pace Sigismondo Pandolfo Malatesta deve riconoscere al re di Napoli il pagamento di una somma fra i 50000 ed i 60000 ducati da effettuarsi entro un anno: fino a tale termine deve consegnare in pegno allo stato della Chiesa le terre di Senigallia, Montemarciano, Mondavio, Morro, Pergola, Sant’ Ippolito e Sassocorvaro; deve cedere Monte Cerignone, Casteldelci, Senatello, Faggiuola al Montefeltro a titolo di compenso per i danni arrecati; sempre al Montefeltro ha l’onere consegnare Fonte Avellana , Monte del Raniero ed altri due castelli a titolo di interessi. Promette, inoltre, di non combattere gli aragonesi per il successivo biennio. Ottempera ai patti e tutte le località sono rimesse secondo gli accordi, con l’eccezione di Pietrarubbia dove gli abitanti, su sua istigazione, si ribellano al conte di Urbino. | |||
Nov. | Lo Sforza lo invita a spedire sue truppe nella marca d’ Ancona per ostacolare il passo a Jacopo Piccinino che dal cesenate si sta muovendo verso il regno di Napoli per combattervi a favore di Giovanni d’Angiò e dei baroni ribelli a Ferrante d’Aragona. Il Malatesta si incontra con il Montefeltro a Mondaino per scegliere un comune piano di azione. | ||||
1460 | |||||
Gen. feb. | Romagna | Si abbocca anche con Jacopo Piccinino durante una partita di caccia; nel contempo invia il figlio Roberto a Napoli e propri ambasciatori a Milano ed a Roma. | |||
Mar. | Romagna | Ha nuovi colloqui con Alessandro Sforza a Mondaino sempre per predisporre un’ iniziativa comune contro Jacopo Piccinino. Quest’ultimo lascia la Romagna; il Malatesta lo tallona con 200 cavalli e molti fanti non tanto per impedirgli il transito, quanto per prestargli soccorso in caso di necessità. Nel frattempo provvede con 200 some di pane al vettovagliamento delle sue truppe. | |||
Mag. | Rimini | Urbino | Marche e Romagna | Molesta le terre del Montefeltro; il papa esige da parte sua il pagamento di censi arretrati per 10000 ducati. Nella sua disputa non vuole la mediazione dello Sforza. Sempre nel mese si reca a Forlì in occasione di alcune feste date per la nascita del figlio di Cecco Ordelaffi Antonio Maria. | |
Giu. | Marche | Respinge i feltreschi da Uffigliano (oggetto di controversie) e li costringe ad abbandonare i lavori di riattamento delle mura. Sempre nel mese ha modo di trattare con il re di Napoli affinché gli sia rimesso alla metà il debito in essere di 50000 ducati e che la restante parte sia coperta da una condotta per il figlio Roberto (400 cavalli per un anno di ferma e sei mesi a beneplacito). | |||
Lug. | Rimini Ancona | Chiesa | Marche | Con la vittoria di Jacopo Piccinino a San Fabiano rompe gli indugi e si allea con Giovanni d’Angiò. Cattura con l’inganno il prefetto della rocca di Montemarciano con il pretesto di sue prepotenze e disonestà; occupa la fortezza ed il borgo: Pio II minaccia di bandirlo come nemico della Chiesa, gli intima il pagamento dei censi arretrati e condona (nel medesimo tempo) i tre-quarti del loro ammontare ad Alessandro Sforza ed al Montefeltro (ugualmente inadempienti) per quattro anni. Il Malatesta riceve soccorsi dal principe di Taranto, dagli angioini, da Jacopo Piccinino e dal fratello Domenico: può così aprire un nuovo fronte contro i pontifici nelle Marche. Ancona gli fa avere 3000 ducati a seguito di un’incursione degli abitanti di Jesi nel territorio di Camerata Picena. Invia in soccorso degli anconetani il figlio Roberto. A fine mese è segnalato a Fano. | |
Ott. | Marche Romagna | Penetra nello jesino; si scontra a Pergola con i pontifici di Ludovico Malvezzi. Sempre nel mese recupera Mondaino con l’aiuto del fratello Domenico. | |||
Nov. | Marche | Entra nella rocca di Mondavio dopo avere corrotto il castellano. | |||
Dic. | Marche | Assedia il castello di Morro e ne è scacciato da Ludovico Malvezzi; è ancora battuto da tale capitano nei pressi di Fano. Tenta di impadronirsi con l’inganno di Senigallia: la manovra non ha successo. Per rappresaglia fa distruggere i mulini attorno alla città. Il giorno di Natale è scomunicato una prima volta e viene privato dei suoi domini. | |||
1461 | |||||
………….. | Marche | Si spinge nuovamente nello jesino. Conquista Mosciano ed assedia Barbara. | |||
Apr. | E’ confermata dal papa la scomunica nei confronti suoi e del fratello Domenico. | ||||
Lug. | Marche | Vuole assicurare il raccolto del grano nell’anconetano; si accampa in silenzio a Castelleone di Suasa e, alla testa di 1300 cavalli e di 1000 fanti, assale nottetempo i pontifici comandati dal Malvezzi e da Pietro Paolo Nardini (3000 fanti e molti cavalli). Il combattimento dura cinque ore e vede, da parte sua l’uso di un nuovo tipo di artiglieria minuta, la spingardella; cade tra gli avversari il Nardini e sono catturati più di 1500 cavalli fra i quali si trovano Giovanni Francesco da Bagno ed Alessandro Ottoni. I morti sono 150 d’ambo le parti. Con la vittoria il Malatesta (che pure è rimasto ferito) punta su Nidastore, la ottiene a patti, ne fa uscire i soldati della guarnigione e li fa svaligiare contro gli accordi di armi, cavalcature e bagagli. Si impossessa di altre due terre che sono parimenti messe a sacco contro le condizioni di resa stabilite in precedenza. Si avvia, quindi, con 1000 uomini verso il Potenza dove Jacopo Piccinino gli ha promesso di farglisi incontro; si spinge a Montelupone (ne è respinto) ed a Potenza Picena. Alla notizia del prossimo arrivo di Napoleone Orsini rientra indietro nelle proprie terre. | |||
Ago. | Intavola vane trattative con il pontefice, fermo a Tivoli, e chiede, sempre inutilmente, la mediazione dei veneziani. Impegna Montemarciano al veneziano Marco Corner per 5000/12000 ducati (o per un gioiello) ed arruola 1200 uomini provenienti da Venezia, da Imola, da Ferrara, da Mirandola e da Cesena. | ||||
Ott. | Romagna | Jacopo Piccinino gli fa avere 5000 ducati affinché arruoli 50 uomini d’arme. | |||
Dic. | Romagna | Con l’appoggio di Borso d’Este si allea con il signore di Imola Taddeo Manfredi. | |||
1462 | |||||
Feb. | Pio II emana la bolla “Cum ex iniunctu” con la quale scioglie i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Il Malatesta continua nei suoi comportamenti: riceve altri 6000 ducati dal re di Francia Luigi XI, fa nuove leve fra i sudditi, invia Gaspare Broglio dal principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo. Quest’ ultimo gli fa avere 16000 ducati per affiancare negli Abruzzi Jacopo Piccinino. | ||||
Mar. | Marche | Promuove un trattato in Pesaro. Si presenta davanti alla città ed il risultato è nullo. | |||
Apr. | Marche | Assale le terre di Federico da Montefeltro; occupa Carpegna ed il Castellaccio. Punta su Sassoferrato, tenta Monterotondo, ha Castel San Pietro e qualche piccola terra: è sempre controllato da vicino dai pontifici. Invia Guido Benzoni nei contadi di Sassoferrato e di Jesi per sostenere l’azione di Carlo di Montone contro Perugia. A fine mese il papa convoca un concistoro segreto al cui termine il cardinale Niccolò Cusano legge la sua sentenza di condanna. Non gli è risparmiata alcuna accusa: il campionario va dalla rapina, all’incendio, alla violenza, all’adulterio, all’incesto con una figlia, al parricidio, all’uxoricidio, al sacrilegio ed all’eresia. E’ scomunicato e dichiarato eretico; viene condannato ad essere bruciato vivo ed i suoi sudditi sono sciolti da ogni vincolo di sudditanza. Paolo Romano lo effigia in tre manichini in legno e cera che sono dati alle fiamme a Roma in Campo dei Fiori, sulla spianata del Campidoglio e sulle scalinate che portano a San Pietro. | |||
…………… | Marche | Raccoglie un forte esercito (23 o 32 squadre di cavalli, secondo le fonti e 2000 fanti) con l’aiuto di Silvestro da Lucino, di Giovan Francesco della Mirandola e di Pino Ordelaffi; entra nel Piceno, giunge a Corridonia e devasta il territorio tallonato da vicino dall’Orsini. | |||
Lug. | Marche | Viene bloccato sul Tronto dalle difese apprestate dal Malvezzi e da Matteo da Capua. Francesco Sforza, per indurlo a rientrare ed a non proseguire verso il regno di Napoli, organizza a suo favore un trattato in Senigallia: il Malatesta segue il suo istinto ed a rapide marce si porta sotto le mura della città. Pone le bombarde tra la torre di San Giovanni ed il torrione della porta: in breve tempo è aperta una grossa breccia e vengono intercettate le condutture degli acquedotti cittadini. | |||
Ago. | Marche Romagna e Puglia | Senigallia si arrende prima della scadenza di una tregua per l’indecisione degli avversari rimasti fermi a Montalboddo (Ostra) e per il tradimento del comandante della rocca, il senese Dota. Giunge nel frattempo dal Chienti anche Federico da Montefeltro; i pontifici si fermano ad Ostra. Il Malatesta carica su 7 fuste del principe di Taranto gran parte dei carriaggi e decide di lasciare nottetempo la città per non esservi assediato. Una spia nemica viene a conoscenza delle sue intenzioni: quando abbandona Senigallia il Fantaguzzo avvista la sua colonna ed allerta i pontifici. Per strada è assalito al guado del fiume Cesano nel piano di Marotta: è attaccato inizialmente da Antonello da Forlì e da Corrado d’Alviano; indi dall’ Orsini e dal Montefeltro che lo mettono in fuga nonostante una vigorosa difesa. Sono catturati Giovan Francesco della Mirandola con 500 cavalli e 150 fanti; il figlio Roberto, Cicco Brandolini e Guido Benzoni riparano in tutta fretta a Mondolfo. Il Malatesta si rifugia invece a Fano, invia propri agenti a Venezia, a Firenze, a Modena ed a Milano per chiedere soccorsi, denaro e consigli; domanda pure al Varano ed a Gian Francesco da Piagnano di accorrere a difesa dei suoi stati. Incarica i figli Sallustio e Valerio di reggere le sorti dello stato durante la sua assenza. Con Silvestro da Lucino si mette in mare con un seguito di 15 persone per raggiungere la Puglia e cercare soccorsi da Giovanni Antonio Orsini del Balzo e dagli alleati angioini. | |||
Sett. | Puglia e Romagna | Giunge a Bisceglie ed a Trani. I suoi potenziali alleati sono anch’essi in crisi per la contemporanea sconfitta patita a Troia: il principe di Taranto è anzi sospettato di volere stipulare una pace separata con gli avversari. Dalla Puglia il Malatesta sbarca ad Ortona e rientra in Romagna. | |||
Ott. | Romagna | Perde in breve tempo Mondaino, Montefiore Conca, Verucchio, San Giovanni in Galilea, Sant’Arcangelo di Romagna, Mondavio. Trova del denaro e ritorna con Silvestro da Lucino alla difesa di Rimini. | |||
Nov. | Veneto | Ai primi del mese raggiunge Venezia alla ricerca di soccorsi diplomatici e militari. | |||
Dic. | Romagna e Marche | Viene a trovarlo a Rimini il commissario sforzesco Bartolomeo Pusterla. Nel periodo la diplomazia del duca di Milano e quella della Serenissima esercitano inutili pressioni sul papa Pio II a suo favore. Recupera alcune terre nel contado di Fano: in uno scontro cattura quattro squadre di uomini d’arme del Montefeltro. Analogo successo hanno i suoi uomini con Antonello da Forlì. | |||
1463 | |||||
Gen. | Romagna | E’ assediato in Rimini. Per guadagnare tempo invia a Roma il suo ambasciatore Giovanni dal Borgo a cercare il perdono del pontefice. | |||
Feb. | Stipula una tregua di due mesi con i pontifici che prevede, tra l’altro, il rilascio dei prigionieri d’ambo le parti. | ||||
Mar. | E’ scomunicato una terza volta assieme con il fratello Domenico. | ||||
Apr. | Romagna | Allo scadere della tregua spedisce a Venezia Giovanni dal Borgo per cercare di convincere la Serenissima ad esercitare nuove pressioni a suo favore sul papa. | |||
Giu. | Marche | Cerca di soccorrere in Fano il figlio Roberto; gli invia armati ed alcune navi cariche di grano rompendo il blocco pontificio. Attua numerose azioni diversive; attacca Pesaro, razzia bestiame e fa numerosi prigionieri sicché Federico da Montefeltro è costretto ad allentare le operazioni di assedio della città specie per proteggere i raccolti del territorio (siamo in tempo di mietitura). | |||
Lug. | Marche | Riesce a fare entrare in Fano per tre volte, nonostante il blocco navale di una galea e di 2 fuste, alcuni soccorsi in termini di truppe e di vettovaglie. | |||
Ago. sett. | Marche | Riceve rinforzi da Jacopo Piccinino; prega due sopracomiti veneziani (Alvise Morosini ed Antonio Malipiero) di scortare alcune sue imbarcazioni: costoro si rifiutano; nondimeno le navi partono per essere intercettate presso Pesaro con un naviglio inviatogli da Jacopo Piccinino: altri convogli, con il favore più o meno aperto dei veneziani, possono invece giungere a destinazione. A settembre il Malatesta si imbarca e porta altri soccorsi a Fano con 2 galee provenzali: tutto inutile, perché anche il figlio Roberto è costretto alla resa. A fine mese attraversa l’ Adriatico forse per cercare un sostegno dal sultano di Costantinopoli; la burrasca spinge la sua nave sulle coste dalmate. | |||
Ott. | Croazia Friuli Veneto | Sbarca a Ragusa (Dubrovnik) e prosegue il viaggio per terra travestito e con pochi compagni. Giunge in Friuli ed a Venezia dove perora la sua causa. La Serenissima si interpone e lo prende sotto la sua protezione con il fratello Domenico; anche il duca di Milano, il duca di Ferrara e Firenze fanno pressioni sul pontefice per tutelare la sua causa. Invia a Roma Sagramoro Sagramori e Gaspare Broglio a trattare le condizioni della sua resa. | |||
Nov. | Romagna | Pio II vuole che abbandoni Rimini in cambio di Spoleto e di Camerino; in un secondo momento gli è concessa la sola signoria di Rimini con i castelli di Coriano, Mulazzano, Ceresolo e dei borghi di Santa Cristina e di Corpolò; deve pagare allo stato della Chiesa i censi pregressi e riconoscere per i nuovi possedimenti un censo di 1000 fiorini l’anno. | |||
Dic. | Romagna | Nella chiesa di Santa Colomba (anziché nella cattedrale di Rimini come gli è stato richiesto), dinanzi al vescovo di Sessa Angelo Geraldini, il Malatesta confessa i propri errori e chiede perdono per essi. Senigallia, Mondavio e Montemarciano vanno al nipote del pontefice Antonio Piccolomini; alla repubblica di San Marino sono destinate Mongardino, Fiorentino e Serravalle; ad Antonello da Forlì è assegnato il castello di San Mauro Pascoli con alcune terre vicine a tale località poste nella diocesi di Rimini; a Giovanni Francesco da Bagno ed al fratello di quest’ultimo Guido Guerra sono concesse le terre di Montebello, di Sogliano al Rubicone, di Ginestreto e poche altre; a Carlo Malatesta da Sogliano, il vicariato di San Giovanni di Galilea; ad Alessandro Sforza Gradara e Castelnuovo; al Montefeltro Macerata Feltria, Sant’Agata Feltria, Maiolo, Sartiano, Torricella, Lebiano, Rocchi, Cagoleto, Fragheto, Pereto, Scavolino, San Donato, Maiano, Monte Pietra, Ugrigno, Monterotondo, Pagno, Massella dei Rustici, Casalecchio, Pennabilli, Auditore, Maciano, Pietrarubbia, Monte Santa Maria, Montedagone, Castellina, Chierignano, Fossa, Ripamassana, Ripapetrosa, Sasso, Torre, Pian di Castello, Tavoleto, Girone, Gesso, Petrella Guidi, Certalto dietro un censo di 1340 fiorini alla Camera Apostolica. | |||
1464 | |||||
Mar. | Venezia | Impero Ottomano | Capitano g.le 400 lance 100 cavalli e 300 fanti | Viene nominato capitano generale in Morea; gli è concessa una provvigione mensile di 300 fiorini ed una condotta di 1200 cavalli. Per la leva delle truppe riceve una prestanza di 80 fiorini per lancia, di 20 fiorini per ogni cavallo leggero e di 3 fiorini per ciascun fante. La ferma è stabilita in due anni. Il cardinale Bessarione ufficia la solenne messa cantata nella basilica di San Marco alla fine della quale si procede alla consegna delle bandiere e del bastone di comando. | |
Mag. | Romagna | Incominciano i primi imbarchi per la Morea; da Rimini salpano prima 7 marani e dopo pochi giorni altri 6 carichi di soldati per un migliaio di cavalli. Altre genti assoldate nel padovano sono caricate nei porti di Conche e di Chioggia. | |||
Giu. lug. | Grecia | Si imbarca sulla galea del sopracomito Baldassarre Trevisan con una quarantina di giovani delle più note famiglie di Rimini in qualità di “squadrieri”, in realtà come ostaggi e pegno di fedeltà che gli sono dati dai cittadini. La dilazione della sua partenza è dovuta ad una congiura ordita da alcuni fuoriusciti con la connivenza del governatore pontificio della Romagna, il vescovo di Sessa. Prima di lasciare l’Italia il Malatesta manifesta il desiderio che Venezia si interponga nei confronti del papa affinché gli siano restituite alcune terre del contado di Rimini come gli è stato promesso a suo tempo: la risposta è ovviamente negativa. Dopo un viaggio di quattordici giorni, in cui tocca Pescara e Brindisi, attraversa il canale di Otranto e raggiunge il porto di Kalamata. A metà luglio è a Modone. Assale Mitilene per terra e per mare: i turchi hanno la meglio e tra i veneziani sono uccisi il capitano del Golfo Angelo Pesaro ed altri sopracomiti. Il Malatesta ha ai suoi ordini 4000 uomini tra cavalli e fanti, invece dei previsti 3000 cavalli e 5000 fanti. I soldati che ha a disposizione hanno il morale basso per il ritardo delle paghe, la mancanza di vettovaglie e di foraggio: inevitabili sono, pertanto, le violenze ai danni della popolazione locale che, spesso, invoca la protezione dei turchi a sua difesa. | |||
Ago. | Grecia | Presto si rende edotto della reale situazione delle sue truppe: non può riprendere le operazioni dal punto in cui le ha lasciate Bertoldo d’Este e cingere di assedio Corinto perché gli mancano i mezzi necessari; si deve limitare a restaurare la disciplina facendo impiccare una ventina dei colpevoli dei maggiori crimini. Fa imprigionare più di un centinaio di soldati riottosi agli ordini e rispedisce a Venezia in catene alcuni capitani; addestra all’azione le truppe per niente allenate e disposte alle fatiche ed ai disagi della guerra. Alletta, in particolare, i suoi uomini mandandoli a saccheggiare qualche borgata o castello controllato dai turchi; con successive incursioni recupera il braccio di Maina e, con un fortunato colpo di mano, si impadronisce di Misistra, l’antica Sparta, sede del despota della Morea. | |||
Sett. | Grecia | Assedia la rocca di Misistra; l’intervento di Omar Bey lo obbliga ad uscire dalla città ed a trincerarsi in un posto vicino con terrapieni, fossati e con vari ostacoli o sbarre, tra alte scarpate di roccia viva. Il Malatesta, inferiore di forze agli avversari, permane costantemente sulla difensiva e permette ai suoi uomini solo qualche scaramuccia. | |||
Dic. | Grecia | Decide di ripiegare da Misistra per una serie di concause che vanno dallo scarseggiare di vettovaglie e di munizioni, alle malattie, all’avvicinarsi del freddo ed al rafforzamento dell’ esercito nemico che minaccia di chiudergli le vie del ritorno. Fa trasportare in Italia le ceneri di Giorgio Gemisto Pletone, il filosofo della rinascita pagana e della cultura greca, che saranno inumate a Rimini. Sotto una pioggia battente ed in condizioni climatiche sfavorevoli effettua la ritirata delle sue milizie per vie inusuali e meno sorvegliate dai turchi. Per strada attacca Patimo, espugna il castello e ne fa a pezzi il presidio; tra le sue truppe, più di metà dei sopravvissuti è colpita dalla malaria; molti soldati muoiono per il freddo e la fame. | |||
1465 | |||||
Gen. feb. | Grecia | Si salva a Modone; anch’egli è stato colpito dalla malaria. Seguono aspri contrasti con il provveditore Andrea Dandolo finché quest’ultimo viene revocato dal suo incarico per essere sostituito con Giacomo Barbarigo. La contesa con Andrea Dandolo, d’altra parte, non è nuova, ma risale a dieci anni prima per una relazione sentimentale del Malatesta con la moglie di costui Aritea Malatesta e per il mancato pagamento della dote della donna nonostante i suoi impegni formali. Si ferma a Napoli di Romania (Nauplia) a curarsi. | |||
Primavera | Grecia | Sorgono disordini a Rimini, alimentati dalle notizie del suo cattivo stato di salute. Cerca pretesti per lamentarsi della situazione militare e protesta per la mancanza di mezzi che gli permettano di affrontare i turchi in modo adeguato. Guarito, non compie altro che una infruttuosa scorreria verso Corinto. Rapporti conflittuali, peraltro, il Malatesta ha anche con il nuovo capitano generale della flotta Giacomo Loredan. | |||
Lug. | Grecia | Chiede di rientrare in Italia per un breve periodo ed ottiene un netto rifiuto. A Kalamata, dove si trova trincerato da quasi un mese, decide di attaccare ancora Misistra : non ne sortisce nulla per la troppa disparità di forze in campo a favore dei turchi. Si sposta a Mantinea, dove sorprende un contingente di 1000 uomini in un accampamento presso la Caritina: sono uccisi e fatti prigionieri molti soldati. Il bottino ascende a 10 padiglioni, a 120 destrieri, a 600 capi tra buoi e vacche, a 2000 castrati ed a molti altri animali domestici tra somari, muli e maiali. Ritorna a Mantinea per la mancanza di foraggio per la cavalleria; contro il parere del Barbarigo trasferisce il campo a San Sion, Kalamata, Castel Leone presso Corone, e, infine, a La Cosura verso Castelfranco. | |||
Ago. | Grecia | Porta più avanti le sue linee e giunge a Castri nei pressi di Misistra: gli vengono contro 14000 turchi. Si ritira a Corone e provvede al rafforzamento dei passi di accesso al braccio di Maina con alcune guarnigioni. Respinge da Longanico le truppe di Omar Bey che hanno iniziato ad assediare il locale castello. | |||
Sett. nov. | Grecia | Ha a sua disposizione solo 1000 uomini validi tra cavalli e fanti: la maggior parte delle sue truppe, infatti, di fronte agli avversari sembra essersi volatilizzata. Lo svolgersi del conflitto è tale che il Malatesta perde sempre più la stima dei veneziani; i rettori di Nauplia lo accusano di viltà e di corruzione. Le rimostranze hanno successo per cui viene accettata la sua richiesta di licenza, nonché la domanda per la riduzione della condotta da due anni a diciotto mesi. | |||
Dic. | Rientra in Italia con 30 o 40 uomini : il resto delle truppe da lui a suo tempo raccolte lascerà la Grecia solo con l’arrivo in Morea di Girolamo Novello, il governatore destinato a prendere il suo posto. | ||||
1466 | |||||
Gen. | I veneziani trattengono in Grecia i cavalli ancora in buone condizioni di armamenti atti a proseguire nella campagna. | ||||
Mar. | Veneto e Romagna | Il Malatesta giunge a Venezia, si reca a Grancona nei colli Berici a trovarvi il genero Carlo di Montone, rientra a Venezia e riceve dal Senato un’attestazione di stima per il suo operato in Morea. Non gli è rinnovata la condotta e gli si assicura il saldo delle paghe pregresse una volta che si siano esaminati tutti i conti. In Romagna. | |||
Apr. | Lazio | Effettua un primo viaggio a Roma per chiedere la restituzione dei suoi possedimenti al nuovo papa Paolo II: gli è concessa in consolazione la Rosa d’Oro. | |||
Lug. | Lazio | Si reca ancora a Roma; questa volta non è neppure ricevuto in udienza. Si incontra con un emissario pontificio e con il genero Giulio Cesare da Varano: gli è richiesto il possesso di Rimini a favore dello stato della Chiesa in cambio di Foligno e di Spoleto. | |||
Sett. | Lazio | A Roma per una terza volta con l’intenzione (sembra) di ammazzare il pontefice. Prende alloggio in palazzo Brunaldi; nell’udienza getta la spada, si umilia ed implora che non gli sia tolta la signoria di Rimini. Sulla strada del ritorno la malaria torna a colpirlo in una misera locanda nei pressi di Rieti. E’ condotto nella sua città ed il papa Paolo II la fa visitare dal medico Niccolò da Rimini. | |||
1468 | |||||
Gen. | Chiesa | Lazio e Umbria | Ancora a Roma. Domanda una condotta al pontefice: gli sono assegnati alcuni compiti di polizia a Norcia dove riesce a riportare la pace fra le fazioni. | ||
Giu. | 64 lance | Romagna | Gli viene concessa una prestanza di 4000 fiorini; la ferma è stabilita in un anno. la malattia lo riduce presto all’inattività. | ||
Ott. | Romagna | Muore a Rimini a metà mese in Castel Gismondo. E’ sepolto nella città nella chiesa di San Francesco da lui trasformata nel Tempio Malatestiano con la collaborazione di Leon Battista Alberti. Alla realizzazione dell’opera sono coinvolti molti artisti quali Piero della Francesca, (suo il ritratto di Sigismondo Pandolfo), Giovanni Bellini (altro ritratto inserito in una Pietà), Duccio da Buoninsegna e Matteo de’ Pasti. Il suo sepolcro è opera di Francesco di Simone Ferrucci. Medaglione del Pisanello a Firenze (vi comparea cavallo, alla testa delle truppe, col bastonedi “Imperator”) e di Matteo dei Pasti nel Tempio Malatestiano a Rimini. E’ presente nell’affresco di Benozzo Gozzoli “La cavalcata dei Magi” all’interno del palazzo Medici Riccardi a Firenze; vi è rappresentato con Galeazzo Maria Sforza, un po’ arretrato rispetto a Cosimo ed a Piero dei Medici dipinti invece in primo piano. Fa scrivere per l’amata Isabella degli Atti l’Isotteo, una raccolta di versi latini di vari autori quali Porcellio, Basinio da Parma e Trembazio nei quali viene esaltata la passione che la donna gli ispira. Ospita alla sua corte il Porcellio, Giorgio Gemisto Pletone, Biondo da Forlì, Zaccaria Trevisan, Bonaccorso da Montemago (Antonio Losco), Francesco Filelfo, Antonino Campano, Roberto Valturio, Tobia dal Borgo, Basinio Parmense, Lorenzo Ghiberti. Amico di Leon Battista Alberti e di Bonifacio Bembo. Suo segretario è Gaspare Broglio. Parole a lui favorevoli trovano nel volume “Hesperides” di Basinio Parmense; quest’ultimo scriverà pure un poema epico per ricordare la sua vittoria sugli aragonesi in Toscana. Ezra Pound lo definisce come “il miglior perdente della storia” e lo ricorda in un suo “Canto”; Luigi Pulci lo ricorda in “La giostra”; Gabriele d’Annunzio lo evoca nella “Francesca da Rimini.” Nel 1472 il Valturio stampa a Verona il “De re militari”, lavoro dedicato alla sua memoria. Suo motto “Semper invictus”. |
CITAZIONI
-“Sigismondo apparteneva alla nobile famiglia Malatesta, benché fosse nato fuori dal matrimonio; era molto vigoroso nel corpo e nella mente e dotato di grande eloquenza e abilità militare..Qualsiasi cosa si accingesse a fare, sembrava nato per essa. Ma le cattive inclinazioni ebbero sempre iln lui il sopravvento: era a tal punto schiavo dell’avarizia che non esitava, non dico a depredare, ma addirittura a rubare; nella lussuria era talmente sfrenato, che arrivò a commettere violenza contro le sue figlie e i suoi generi. Da giovanetto si travestì da donna ed ora faceva la parte della femmina, ora effeminava i maschi. Non c’era matrimonio che fosse sacro per lui. Contaminò sante vergini, si congiunse con donne ebree. I fanciulli e le fanciulle che non consentivano ai suoi desideri li faceva uccidere oppure frustare crudelmente..Sorpassò per crudeltà tutti i barbari. Le sue mani cruente inflissero punizioni efferate a colpevoli e innocenti. Oppresse i poveri, ai ricchi strappò i beni; e non risparmiò neppure vedove e orfani. Nessuno poté vivere sicuro sotto il suo dominio. Bastavano la ricchezza, o una bella moglie, o figli di piacevole aspetto, a trasformare per lui un uomo in reo..Rara sulle sue labbra la verità; maestro eccellente del simulare e dissimulare, uomo perfido e spergiuro..Tale era Sigismondo: insofferente della pace, dedito ai piaceri, benché capace di sostenere le fatiche e avido di guerra, pessimo uomo fra tutti gli uomini che furono e saranno al mondo, disonore dell’Italia e vergogna del nostro secolo.” PICCOLOMINI
-“L’immagine del condottiere, verso la metà del Quattrocento, era sicuramente mutata o per lo meno era mutata per quelli che erano anche capi politici. Torna qui a proposito il contrasto tra Federigo da Montefeltro e Sigismondo Malatesta. Infatti entrambi erano signori di stati indipendenti e quindi avevano la possibilità di reclutare uomini e di attingere a risorse proprie. Tuttavia mentre Sigismondo era un personaggio violento e imprevedibile che possedeva una certa genialità per le cose della guerra, Federigo era di indole prudente, un calcolatore e soprattutto era affidabile. Negli anni centrali del secolo fu Federigo il condottiere più ricercato, anche se era ben noto che Sigismondo era un comandante di maggior vaglia. La reputazione di lealtà, il fatto di comandare una compagnia ben organizzata e con una sicura base d’appoggio, e poi una carriera in cui figuravano non troppo frequenti le battaglie perdute, furono tutti elementi che contarono di più nella valutazione di chi assoldava mercenari che non le virtù militari più tradizionali del coraggio, dell’abilità tattica o anche il più consistente numero di successi.” MALLETT
-“In lui sembrano assommarsi i vizi e le passioni della sua famiglia, tanto che non gli fu risparmiata nessuna accusa: “nemico de omne pace et bono vivere”, secondo una sentenza del Guicciardini, si è visto addossate tutte le colpe e i delitti più orrendi, e certe accuse sono state tradizionalmente accettate e ripetute. Ma la sua figura non può essere considerata solo come quella di un mostro di perfidia, crudeltà e libidine, o, al limite, in questa misura va anche giudicata alla stregua del tempo in cui visse. Del resto è stato lo stesso Sigismondo a riconoscersi colpevole di ogni sorta di delitti e crudeltà in una preghiera a Dio in versi, frutto della sua dilettantesca attività poetica: Io confesso a te padre i miei peccati/ E primamente i toi deci precepti/ Io ghio ho più volte adulterati e infecti/ Cum li miei vitij enormi e scellerati/ I delicti mortali ho tanno usati/ Che se cum gratia più tu no remetti/ Io me veggio caschar ne gli interdecti/ Locchi dintorno abisso o stà i dannati. RENDINA
-“Scaltro quanto prode, ma di rado favorito dalla fortuna, realizzava in sé tutte le qualità che il Machiavelli richiedeva in un tiranno, il quale doveva unire in sé le proprietà della volpe e del leone.” VON PASTOR
-“Sigismondo il gran tiranno/…/ Il chiomato Sigismondo,/ la procellosa anima imperiale/ ch’ebbe poche castella e non il mondo./…/ La sua voce d’amore e di comando/ io vo’ trarre dal marmo, le sue gesta./…/ Ch’io lo veda tornare alla battaglia/ come nella giornata di Piombino,/ cavaliere a traverso l’Apennino/ il pensiero disperato per iscorta.” D’ANNUNZIO
-“Filium suum Robertum cognoscere tentavit.” PONTANO
-“Questo principe era fornito di più splendide doti militari che verun altro capo di questa casa, così feconda di grandi capitani. Egli assaissimo guerreggiò, ora per proprio conto presso Rimini, ora al soldo dei re di Napoli, de’ Fiorentini o de’ Veneziani. Ma la sua perfidia era ancora più famosa che la sua accortezza o il suo valore.” SISMONDI
-“Il quale fu molto chiarissimo nell’arte bellica, e anche nelle liberali, magnanimo quanto alcuno, che al suo tempo fosse.” CORIO
-“Degno di essere collocato tra i più grandi capitani.” CONTI
-“Indole fiera e irrequieta, natura libidinosa ed esuberante cedette troppo spesso colla violenza della passione, ma forse non commise le crudeltà e le scelleratezze imputategli; animo eletto di guerriero, di filosofo e di artista ebbe troppa coscienza dei suoi meriti e del suo valore; principe valente ed energico, fu molto amato e molto temuto; ambizioso com’era si studiò di accrescer sempre il suo dominio, si attirò le inimicizie e l’odio di molti signori, che si sentirono minacciati dalla sua prepotenza; vicario temporale della chiesa tollerava di mal animo la sovranità politica del papato, il governo del clero; amante del fasto e della gloria, desideroso di tramandare in ogni modo il suo nome ai posteri, versò spesso in tristissime condizioni finanziarie, per le quali fu costretto a cercare insistentemente il soldo ora dell’una ora dell’altra signoria italiana, abbandonando magari in difficili momenti quella che gli lesinava o non gli dava puntualmente il denaro pattuito; per questo più volte fu gridato per tutta Italia sleale e traditore.” SORANZO
-“Cresciuto in una Corte e in un paese ove tutto parlava d’armi, di frodi, di odi mortali, educò e sviluppò le sue doti naturali e divenne maestro di tutte quelle arti che sono necessarie a comandare in tempi di violenza e di corruzione..la sua figura non può esser considerata solo come quella di un mostro di perfidia, di crudeltà, di libidine; è ben più complessa e va vista e giudicata anche alla stregua del suo tempo e del suo ambiente.. La sua abilità di condottiero è così conosciuta e apprezzata, che, nonostante i sospetti, tutti fanno a gara per avere il suo valido aiuto e affidargli la sorte delle loro armi. Non solo la passione, ma anche l’arte della guerra è in lui una seconda natura, un istinto che egli ha coltivato e rassodato con la pratica e con lo studio: sa preparare accortamente le battaglie e valorosamente condurle; sa, al momento, del pericolo o dell’imprevisto, trovar rimedio con rapidità. E in mezzo alle truppe di che spirito di sacrificio e di tolleranza dà prova! Non vi è cibo o riposo per lui: la fame, il freddo, il clima malsano, il terreno paludoso, nulla gli dà noia, pur di giungere allo scopo che si è proposto, ed è esempio ai soldati ed esercita su di essi l’autorità e il fascino proprio di coloro che sanno condividere con gli umili fatiche e disagi.” NISSIM ROSSI
-“Senza fede, senza alcun rispetto a cose divine od umane, si macchiò dei più neri delitti e per togliere di mezzo coloro che odiava adoperava indifferentemente la spada, o il pugnale, o il veleno.” VILLARI
-“Sigismondo, come tutti i perdenti, non è un protagonista della storia; è sopravvissuta a malapena la leggenda maledetta che lo presenta come un archetipo di protervia e d’infamia, usata come esempio di abiezione in opere dedicate a principi più illustri o fortunati.” COUSTE’
-“Valoroso capitano dei soldati.” ALBERTI
-“Nemico de omne pacie et bono vivare.” GUERRIERO DA GUBBIO
-“Nobilis Sigismundi perfidia, quam etsi semper praeter cetera eius vitia, novarum rerum cupidum, alieni appetentem et per omnem aetatem apud Italiae dominatus venalem cognoverat.” SIMONETTA
-“Huomo bellicoso.” P. GIUSTINIAN
-“El quale fo homo superbo altiero et multi signiuri e signorie fece la truffa, essendo so condutiero; et per le soe crudeltà non morì che ‘l se vitte el dollore e la perdeda de tutto el so paexe, reservando solo la cità de Rimine.” CORPUS CHRONIC. BONOMIENSUM
-“Hic ingeniosus super omnes principes fuit et sollicitus; valde autem in edificio delectatus est.” BATTAGLI
-“Pauli Secundi benivolentiam non parvam meritus est, quippe pro fide christiana longo tempore adversus Turcos bestiales homines multa incommoda perperpessus est noctesque diesque.” CANENSI
-“Restituet meritis Pauli clementis regnum/ Quod furor arripuit non tibi iure Pii.” da un poemetto di ANONIMO del 1467
-“Acquistò riputation grande..Era di statura grande e forte assai; di carnagione bianca, di occhi azzurri chiari e di capelli rossi.” ROSCIO
-“Huomo per certo valoroso, molto astuto e costante, con aria di terribile ingegno e di volto bravo, ma sopra tutto molto patiente della fatica, pronto e ardito ad essequir tutte le fattioni importanti della militia..Capitano famosissimo oltre tutti quelli che erano in Italia al suo tempo.” SANSOVINO
-“Ex nobili Malatestarum genere: ex quo multi illustres viri belli et paucis artibus orti sunt.” FACIO
-“Guerrier tremendo, artefice dolce di rime,/ a te per hli occhi l’animo ardente brilla.” L. ORSINI
-“Uomo abbondante di valore, ma più di vizi..Vanno concordi gli storici pontifici, l’Ammirato e l’autore della Cronaca di Bologna nel dire che l’alterigia, la lascivia, le trufferie, le crudeltà, deformarono di troppo la di lui vita, oltre alla eresia di cui dicono che egli fu macchiato.” MURATORI
-“Fu tra’ più illustri dei Malatesta..Intelligentissimo delle cose di guerra, fu l’inventore delle bombe da esso nel 1460 fatte fabbricare di bronzo in due emisferi riuniti con zone..Unì alla militare bravura, magnificenza e liberalità, non disgiunte da famigliar pratica coi letterati, dai quali dissimulato il suo costume malvagio, venne con gran lodi encomiato.” BERCHET
-“Fu Sigismondo Pandolfo uno dei più riputati tra i condottieri d’arme dei giorni suoi. Abile nel preparare i piani delle battaglie, valoroso e prudente nel combatterle, pronto di espedienti e ripieghi. Valentissimo nel maneggiare le artiglierie per quanto lo comportasse la infanzia dell’arte, a lui si attribuisce il ritrovamento di un nuovo metodo di puntarle in posizioni malagevoli e disadatte; a lui si dà il merito di avere immaginate le bombe che andavano a portare fra i nemici la distruzione. Ambizioso e cupido di regno, non ebbe però l’audacia pari all’ambizione nel saper prendere pronti ed efficaci partiti; per conseguenza incerto sempre nelle alleanze, spesso sleale. Da questo ne venne la sua rovina, più ancora che dall’odio che cumulò sul suo capo per le incursioni continue nei dominii dei signori di Pesaro e Urbino. Crudele contro i nemici, lo fu pure inverso dei sudditi: peraltro non tutto può credersi quello che l’odio dettò contro di lui a Pio II.” LITTA
-“In quel fiero e bestiale animo l’odio contro i feltreschi era irreconciliabile, e tanto più pericoloso quanto meno si mostrava, e col manto della benevolenza si copriva..Era costui non solo valente nel braccio e nelle arti guerresche, ma valentissimo anche nelle insidie; sicché a giungere a’ suoi fini, stimava lecito ogni mezzo: spergiuri, tradimenti, stiletti, veleni..Era Gismondo di alta e proporzionata statura e signorile aspetto; di colore fra il bianco e il bruno; di naso aquilino; di occhi piccoli, azzurri vivacissimi; scendevagli la folta capigliatura fino al collo: ciò che lo rendeva or fiero, or piacevole..Seguitando le orme del padre, presto venne in gran fama sì per le astuzie militari, di cui era gran maestro, sì per la perizia e per l’impeto negli assalti. Inventò alcune macchine da guerra: fu riverito e amato da’ soldati, ne’ quali aveva l’arte d’infondere il proprio coraggio con focosa eloquenza e con l’esempio nello sprezzo de’ pericoli: servì molti principi; a pochi tenne fede, perché degli uomini sprezzatore e di Dio: fu terribile nelle ire, negli odi e ne’ sospetti; sicché lo avevi nemico pericoloso e crudo, e amico mal fido.” UGOLINI
-“Uomo diffamato per tutti i vizj.” PIGNOTTI
-Con il Gattamelata, Tiberto Brandolini, Pietro Navarrino, Astorre Manfredi, Bartolomeo Colleoni, Guido Rangoni, Guerriero da Marsciano ed Antonio da Martinengo “Condottieri esperti e di provato valore.” BELOTTI
-“Nessuno negava al signore di Rimini un’eccezionale bravura e una capacità nel mestiere delle armi, da farne indubbiamente uno dei più valoroso capitani che allora avesse l’Italia; ma tutti lo dicevano e lo sospettavano fedifrago, misleale.” FRANCESCHINI
-Dall’esame del medaglione del Pisanello “Mince, svelte, visage ramassé qui tranche un long nez, lièvres fines impitoyables, des yeux de fouine ou d’aigle.” LABANDE
-“Acclamato condottiero, fu un tipico “tiranno”.” NASALLI ROCCA
-“Animo..fiero, superbo e di danaro cupidissimo.” AMIANI
-“Uomo di natura inquieto, e che amava la pace se non quando v’era spinto dal tedio della guerra.” BALDI
-“Fu fiero e collerico, risplendeva bensì in esso una bravura e valore indicibile,..fu richiesto per generale da tutte le potenze d’Italia.” COLUCCI
-“Homo impurissimus atque sceleratus et ad omne facinus natus.” FABRONIO
-“Est le plus illustre de son race; et il la personnifie tout entière, car il réunit en lui toutes leurs vertues, comme il a leurs passions et leurs vices..Il existe à Modéne, chez le marquis Giuseppe Campori, un monument très singulier, une relique de famille, de proprieté privée de Sigismond Malatesta, qui affecte la forme d’un crane de marbre, portant à sa partie postérieure l’inscription suivante: “Ego Sig. Pand. Malatesta, caput avi mei a Sim./ Florentino hoc marmore F.F. MCCCCVIIIL”..C’est la un très curieux document qui nous montre de quels singulieurs contrastes sont remplis les caractères du XV siècle. Voila un homme, attaque costamment ses neveux, empoisonne, dit-on, sa première femme et aurait étranglé sa seconde: qui ordonne à un sculpteur, son pensionnaire, avant de le déposer dans le tombeau qu’il élève à San Francesco, de reproduire ligue pour ligue le crane de son aieul, “afin, dit-il, de ne jamais l’oublier et de dire devant lui, chaque jour, le psarme du profundis.” YRIARTE
-“Capitano di ventura di grandissime capacità.” PERRIA
-“In quel tempo non v’era il più sufficiente capitano né di più, né di maggior animo che lo illustrissimo signore miser Sigismondo..il quale fo bellicoso e ferocissimo nell’arte militaria e alli dì suoi fece de magnanimi facti..Il prefato signore fu uno delli più notabili capitani che fusse stato per lungo tempo nelle parti d’Italia; e quello che con degno stile governò suo exercito; et sempre, mentre che ‘l fo alli servitù d’alcuna potentia, sempre acquistò honore e gran fama. Della persona sua fece nell’arte militaria cose molto notevoli, e degno di gran memoria, ricevendo più victorie. La sua appariscentia, se el fosse stato fra cento signori, seria stato eletto sempre superiore di tucti. L’aspetto suo era feroce e rigido: crudelissimo contro li suoi nemici: era di persona più che comunale,..assai competentemente era dottato di scientia, e di senno naturale..Dal conte Francesco (Sforza) in fuora, in Italia non v’era a quel tempo suo paro.” BROGLIO
-“Ausonie decus atque Italum fortissime gentis,/ ipse tibi ante alios vates non ulterius olim/ Sigismonde canam laudes et magno parentis/ bello genusque tuum regesque et maxima semper/ nomina, septiferosque atavos gentesque superbam./ Post ego magna tue referam praecaria famae,/ virtutemque animisque tuos, tua plurima quondam/ proelia, consiliisque tuis que multa secundo/ numine belle geris: iuvat, o, iuvat ille referre/…/ que nuper dederis Tyrrhenis victor in oris,/ pro qua laude tamen tibi dulcis Aethruria debet/ omnia te solum miratur, et Itala gens te laudat.” Da un’epistola di Basinio Parmense riportata dal BROGLIO
-“Al suo tempo fu molto preggiato guerriero, ma era tenuto huomo vitioso e detestabile, nel qual si trovava poca lealtà e manco fede.” PARTI
-“Abilissimo e valoroso condottiero, grande mecenate, pessimo politico: l’ultimo grande principe riminese.” PASINI
-“Fu fiero e collerico, risplendeva sì in esso una bravura e valore indicibile.” A. ROSSI
-“Oltre alla fama di perizia nelle cose militari s’era anche acquistato fama di uomo senza fede..Con i suoi difetti e tutti i suoi pregi, Sigismondo fu un tipico prodotto del suo tempo e della società in cui era nato e cresciuto.” SIBILIA
-“Most notorious member of a family which for generations combined the rule of a small state with the profession of condottiere.” TREASE
-Alla battaglia di Montolmo “Francesco Piccinino senza mancare/ Fé comandare al signor Malatesta/ Che due squadre gli voglia mandare:/ Il qual, superbo er arrogante testa,/ volse le spalle, e con tutte le sue genti/ Partì, lasciando altrui ne la tempesta.” SPIRITO
-Confronto con Federico da Montefeltro “Due uomini dal fisico prodigioso, induriti come ferro a tutte le fatiche e ai colpi della vita. Esattamente contemporanei, benché Sigismondo fosse maggiore di cinque anni, ambedue figli illegittimi e tuttavia legittimi sovrani di principati press’a poco uguali e incastrati l’uno nell’altro, e condottieri parimenti ricercati delle stesse potenze d’Italia, tutti e due egualmente precoci ed egualmente valorosi; abituati alla dura vita del campo, l’amavano nella stessa misura, nonostante il lusso che si compiacevano di ordinare nei loro palazzi da essi mai abitati; si servivano degli stessi artisti, chiamavano gli stessi dotti, l’uno e l’altro parlavano con facilità e scrivevano con precisione, nutriti di classicità al punto di concepire le cose del loro tempo solo nelle belle forme dell’epoca latina, d’una attività continua e universale e di una curiosità quasi enciclopedica, di stirpi press’a poco simili e continuamente mescolate…Ebbene due individui siffatti differiscono solo sul piano morale…Piero della Francesca li ha dipinti entrambi di profilo e dallo stesso lato, genuflessi, con le mani giunte, in preghiera: l’uno, Montefeltro, in un quadro sacro oggi a Brera, vicino allo Sposalizio di Raffaello,..; l’altro, Malatesta, in un piccolo affresco ancora visibile all’interno della cappella detta delle Reliquie, nel Tempio Malatestiano, a Rimini…Il profilo (di Sigismondo) stagliato nettamente sul cielo nuvoloso, traccia con precisione i contorni di un’anima umana, i suoi limiti e le sue proporzioni. Questo profilo è, d’altronde, identico e sovrapponibile a quelli delle medaglie dello stesso personaggio coniate da Pisanello e da Matteo de’ Pasti, e risulta veritiero. Alto e slanciato, a mo’ di sottile lama, con gli occhi stretti sul naso, che è quasi in linea con la fronte sfuggente, le labbra chiuse e imbronciate, lo sguardo ironico e crudele, l'”aura” d’orgoglio che ne emana, il collo lungo, le spalle cadenti. Un simile ritratto induce a definire l’uomo: temerario, eccessivo, intrigante, insaziabile, insinuante, perfido, cauto, strisciante e simulatore.., gaio, maliardo, poeta, amante, artista, con qualcosa di geniale che manca all’altro, ma che ripaga con uno squilibrio continuo: violento e tenero, coraggioso e inquieto, capace di azioni e reazioni fulminee, con i nervi troppo tesi e crollanti d’un tratto in lamenti e lacrime, spirito attivo e scontento, sempre intento a “cercare cose nuove”. Ognuno di questi caratteri gli si può attribuire senza tema di sbagliare, mentre nessuno pare addosso al conte d’Urbino.” DE LA SIZERANNE
-“The “Wolf of Rimini”, the most treacherous and intimidating condottiere in Italy.” CROWLEY
-“Fu anche poeta e patrono delle arti. In vita la sua fama fu legata soprattutto all’attività di condottiero e capitano, pur nell’incongruenza di essere signore di uno stato piccolo e tutto sommato marginale, e gradualmente destinato ad eclissarsi. Ben più duratura e cresciuta invece nei secoli è stata piuttosto la sua notorietà legata alla promozione di iniziative artistiche e culturali, spesso assai ambiziose e dispendiose, tutte votate all’esaltazione della sua immagine personale e di quella della dinastia malatestiana, fino quasi a farne una vera e propria religione. Proprio i conflitti col papato lo portarono a promuovere l’elaborazione di una particolare commistione tra mondo classico paganeggiante, cultura cristiana e culto personale, arricchito da suggestioni cavalleresche e cortesi. Non fu dunque un semplice finanziatore di opere, ma fu un elemento attivo nei processi creativi, incarnando quegli ideali che intendeva promuovere: uomo di guerra e di cultura, cavaliere e sovrano assoluto.” WIKIPEDIA
-“Capitano di ventura e signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta fu uno di quei personaggi irrequieti e bellicosi per i quali la pace di Lodi (del 1454) non significò una conquista e un bene sociale, ma soltanto una decisa riduzione delle entrate e un forte freno alle ambizioni.” SCARDIGLI
-“In Sigismondo Pandolfo Malatesta, the Malatesta characteristics reached their ultimate and most brilliant development. He was the summit. For five hundred years have been told and re-told about the “shadows and splendours” of Sigismondo’s court at Rimini. His contemporary, Cosimo de’ Medici, the cautious and calculating hidden “boss” of Florence, and the founder of the Medici rule, remarked with a banker’s inside that Sigismondo was “a man d’insatiable appetites”. It was true. He had a consuming hunger for everything in life..and he tasted everything. One of his poems began: “The five senses I have acutely-/To hear, to see, to smell, to taste or touch/Every voluptuous or graceful object..”” DEISS
-“E’ forse il condottiero che gode..della peggior fama tra tutti i protagonisti della guerra rinascimentale. Complice di questa nomea di uomo empio fino alla perversione, crudele e sprezzante di ogni riguardo per gli uomini e per Dio, .. Pio II che ne fece un vero eroe negativo nelle pagine dei suoi Commentari…Prestando fede agli usi di famiglia e alle convenienze politiche che richiedeva la sopravvivenza del suo stato, fu condottiero pronto a tutti i padroni, e a dar fede al Piccolomini non vi fu signore italiano che non avesse subito i suoi voltafaccia.” TANZINI
-“Egli – ci viene detto (Vergerio) – aveva coltivato sin dall’infanzia le sue attitudini guerriere con un addestramento e un’istruzione confacente imparando ben presto a “condurre eserciti, stabilire accampamenti, ordinare schiere, organizzare guarnigioni, colpire nemici, erigere macchine d’assedio e fortificazioni”; nel contempo si esercitava nel maneggio delle armi, cioè a scagliare giavellotti, gettare lance, far rimbombare scudi e, vibrando la spada, troncare oggetti incredibili.” (id.) Con non minore abilità sapeva comportarsi negli esercizi equestri: saltava infatti agilmente a cavallo senza staffe e quindi, piegate le mani dietro la schiena, lanciava la cavalcatura in rapidissime corse, interrotte da improvvisi cambiamenti di direzione, scalava ripidi pendii e saltava fossi…Roberto Valturio nel “De re militari libri XII attribuisce senz’altro all’ingegno di Sigismondo Malatesta l’invenzione dei pezzi di artiglieria terminanti a vite, e delle granate esplosive di bronzo a due emisferi, innescate mediante uno stoppino che si accendeva alla vampa.” SETTIA
-Commento all’affresco di Benozzo Gozzoli “In sella a un robusto cavallo baio adatto alla guerra, il Lupo appare in tutto e per tutto un capitano temprato dalle battaglie. Il suo torace, gonfio di orgoglio, è il più possente, il suo collo è di grossezza taurina mentre la mandibola pronunciata dà al suo volto un’aria di energica determinazione. A testa scoperta, Sigismondo appare pronto ad agire, come se da un momento all’altro dovesse sfoderare la spada e andare incontro al nemico. Nello stesso tempo la sua immagine non comunica affatto un’impressione di ruvidezza. Tutto ciò che indossa appare lussuoso e l’intera sua persona irradia non solo forza, ma eleganza e senso della bellezza…Il ritratto di Sigismondo nell’affresco di Gozzoli illustrava una specie di paradosso. Da un lato raffigurava un uomo famoso o, piuttosto, famigerato per “non sopportare la pace..(e per) essere votato al piacere, incurante delle avversità (e) avido di guerre.” (Piccolomini). Dall’altro, quel medesimo uomo aveva l’apparenza di una persona raffinata e amante della cultura.” LEE
-“Se la fama di condottiero e capitano del Malatesta, pur nella sua grandezza, incongruente rispetto al ruolo di signore d’un piccolo Stato, era destinata a lungo a perdere d’importanza, molto più duratura fu quella che si procurò, con un sempre maggior numero di costose iniziative di promozione culturale, in ambito cortigiano e nel più vasto contesto urbanistico ed edilizio cittadino. Il suo mecenatismo fu chiaramente indirizzato all’esaltazione delle imprese personali e alla celebrazione della grandezza della dinastia malatestiana, fino a farli quasi divenire una forma di religione. La novità e l’attualità artistica della politica culturale del Malatesta non si tradussero solo in forme di committenza e di finanziamento di opere, ma lo portarono a rendersi attivo e partecipe nei vari processi artistici e, soprattutto, a ispirarsi a modelli, valori e simboli rivissuti da lui in maniera personale, in una sorta di unione, mescolanza, fra cultura cristiana e cultura classica. Il Malatesta mantenne un certo distacco nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche e fu sensibile alle tradizioni cavalleresche e cortesi; affrontò le esperienze culturali vivendo sia le più nuove e diverse emozioni estetiche sia quelle più pragmatiche delle arti belliche. In questa commistione fra arti liberali e meccaniche intervenne l’apporto di un grande numero di artisti, letterati, tecnici e scienziati a dare alle imprese culturali del Malatesta una cera solidità razionale.” FALCIONI
-“Chi ha tenuto il conto delle campagne di guerra annuali effettuate da Sigismondo ne ha registrate 17 fra il 1435 e il 1454…Nel mestiere delle armi, Sigismondo è un ottimo stratega, molto apprezzato e richiesto quale capitano…Combatte sempre in prima fila, con animosità e sprezzo del pericolo..Roberto Valturio ed altri autori sono..concordi nell’attribuire a Sigismondo l’invenzione delle bombe..contenenti all’interno materiale esplosivo capace, al momento dell’impatto, di moltiplicarne la forza dirompente.” DELUCCA
-“Egli era di carne tra ‘l bianco e ‘l bruno, con occhi piccioli, azurri chiari e vivacissimi che l’indiziavano spiritoso, pronto di lingua e di mano, lusurioso e crudele. Haveva il naso aquilino e costumò fin sul collo lunga la capigliatura castagniccia,…Fu grande di corpo, ben proporzionato e di signorile aspetto…L’accompagnava poi una grandezza d’animo tanto elevata che spesso gli era ascritto ad alterezza e a superbia; ma con tutto che fosse colerico, sapeva spesso temprar la subitezza della natura sua; e per ordinario mostrossi con gravità affabile e faceto nelle conversazioni e specialmente di donne.” CLEMENTINI
-“And he, Sigismondo, was Captain for the Venetians/ And he had sold off small castles/ And built the great Rocca to his plan,/ And he fought like ten devils at Monteluro/ And got nothing but the victory.” POUND
-“Più che la mancanza di lealtà, comunissima imputazione fra mercenari, è la salacità delle accuse di sadismo sessuale a marcare a fuoco la memoria: delle malefatte del Malatesta possono “rendere testimonianza quella venerabile donna la quale obstava alla sua deshonestà, et fece ad mezo dì frustare in lo foro de Arimino; quella castissima giovene, che volse sobtomectere ad sua libidine, col suo tessudo proprio spogliata nuda, fece tanto flagellare che morì virtuosa e martira. Dicolo el monastero di Fano, reducto da lui in comune postribulo, se può dire che undici monache ad uno tracto se trovarono gravide: dicolo quella castissima giudea fuggita ad Pesaro, per forza dei soi parenti remenata, da lui fo violentata; et in quella giovene de Fano, el fratello de cui fece morire, per non volere assentire al stupro della sorella che se la materia non fosse così puaulente, seria da tacere.” Da una lettera di Federico da Montefeltro a Luca Beni, riportata da FRANCESCHINI
-“Agli occhi di tanti storici quei finissimi marmi (il Tempio Malatestiano ove si trova il sepolcro di Sigismondo Pandolfo Malatesta) restano macchiati di odiosi crimini personali (stupri e uxoricidi), a dispetto e a rinforzo del mito romantico di Isotta degli Atti. la storiografia sigismondea, a cominciare da Giovanni Soranzo, e persino la poesia “pustolosa” de “Cantos” malatestiani di Ezra Pound, hanno cercato di scagionarlo dalle accuse considerandole calunnie. Alcuni storici più equilibrati, nel tentativo di esorcizzare la “leggenda nera” di Sigismondo, talora lo hanno privato di quell’impaziente, voracissimo appetito di vita che Cosimo de’ Medici giustamente considerava il suo tratto fondamentale, al di là del bene e del male.” SIMONETTA
-“El signor Sigismondo ha fama e effecti da essere tanto sfrenato a li apetiti soy, che como gli mette voglia de una cosa, subito la voria e non è patiente a voglierla col tempo suo, e che faria omne cosa per condure ad affecto un suo apetito.” Da Una lettera di Cosimo dei Medici riportata da TURCHINI
-Sul suo sepolcro è inscritto il seguente epitaffio “Sum Sigismundus Malatestae sanguine gentis,/ Pandulphus genitor, patria Flaminia est./ Vitam obiit VII Id. octob. aetatis suae anno/ L.I. mens. III D. XX. MCCCCLXIII”. Sulla tomba sono collocati gli stendardi dei suoi comandi ed un cimiero con due corna di sopra ed un motto che dice “Porto le corna ch’ogn’uno le vede,/ Et tal le porta che non se le crede” in allusione alle mogli fatte uccidere. Sul primo pilastro di ciascuno dei fianchi del Tempio Malatestiano è riportata la seguente epigrafe in greco “A Dio immortale/ Sigismondo Pandolfo Malatesta/ di Pandolfo, da molti e massimi/ pericoli nell’italica guerra pre/ servato vittorioso, per le cose così ope/ rate fortemente e felicemente, a Dio/ immortale e alla città un tempio, come in/ esso presenza de’ conflitti voti,/ magnificamente spendendo eresse, e memoria/ lasciò celeberrima e santa.”
-“Un personaggio letterario, questo Sigismondo quasi da fumetto, il cui fascino maggiore risiedeva, e risiede, soprattutto nei suoi incomprensibili e stupefacenti contrasti: nel vivere diviso tra la sua natura diabolica e turpe fatta di sangue, di empietà, di lussuria e di violenza, e la sua dimensione eroica e romantica intrisa di talento e di tensioni poetiche, artistiche e religiose…Con Francesco Sforza, Sigismondo fu legato da una relazione che segnerà non poche vicende del suo “cursus” di signore, di condottiero e di uomo..Oltre al mestiere delle armi, ad unire (i due condottieri) era anche una solidarietà culturale e intellettuale. Tra i numerosi scambi di cortesie basta ricordare la “Laudatio” a Sigismondo che compare nelle “Odi” dedicate allo Sforza da Francesco Filelfo, il letterato più apprezzato alla corte milanese…Nelle cronache e negli annali editi tra il XV e il XVIII secolo che celebravano i grandi uomini di guerra, Sigismondo condottiero, con le sue oltre cento battaglie, si conquistò una conclamata “riputazion grande”. Tutti furono concordi nel descriverlo “excellentissimo ne gli facti d’arme”, guerriero che in battaglia è “come un San Giorgio”, che si getta all’attacco “come un falcone”, fulmineo e micidiale “come un segno alle saette.”” FARINA
-“Una vita singolare dev’essere comunque stata quella della corte di Rimini sotto l’audace pagano e condottiero Sigismondo Malatesta..Sarebbe oggi a stento credibile che un mostro, quale codesto principe fu, sentisse l’esigenza della cultura e della compagnia dei dotti.” BURCKHARDT
-“Capitano assai pregiato..Era di statura grande, e forte assai: di carnagion bianca: d’occhi azurri, chiari: e di capelli rossi.” CAPRIOLO
-Significato del Tempio Malatestiano “Sigismondo è l’autore della propria immagine di principe vittorioso, anche se spetta agli artisti e ai dotti consulenti della sua corte la responsabilità dell’attuazione della volontà del principe. Sigismondo ha voluto sublimare la sua storia individuale nel mito universale, facendo valere in termini artistici la gloria che si era conquistato sui campi di battaglia. Il suo fallimento di potere feudale, è compensato dall’intelligenza con cui ha perseguito la costruzione artistica della sua immagine di eroe immortale.” DONATI
- Dopo ogni azione di guerra “Entrate ch’egli amava, in forma coreografica, al termine d’ogni spedizione, per le vie della sua Rimini, a cavallo, o a guisa di Cesare sul cocchio trionfale, preceduto e seguito dalle spoglie di guerra, anche quando la condotta si era chiusa senza troppa onustà di bottino e troppi scintillii di gloria: pochi sentivano, più di lui, il fascino dell’antichità. Umanista, pagano, tutto imbevuto del mondo classico, almeno per ciò che ne riguardava l’aspetto esterno, voleva essere, e si credeva, un continuatore di quei grandi uomini nati per la conquista e l’imperio.” PORTIGLIOTTI
- “Violento, impulsivo, testardo, tenace, spesso inopportuno, più facile ai mcolpi di mano che disposto a ragionare freddamente.” TABANELLI
BIOGRAFIE SPECIFICHE
-A. Cousté. Sigismondo
-S. Sibilia. Sigismondo Malatesta signore di Rimini.
-O. Delucca. Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe.
-F. Farina. Sigismondo Malatesta 1417-1468
-M. Masini. Sigismondo Pandolfo Malatesta signore di Rimini.