
Last Updated on 2023/10/06
ROBERTO MALATESTA (Roberto il Magnifico) Signore di Rimini, Cesena, Meldola, Sarsina, Bertinoro, Bellaria, Rocca delle Caminate, Montevecchio, Collinello, Ranchio, Perticara, Sapigno, Polenta, Verucchio.
Figlio naturale di Sigismondo Pandolfo Malatesta, padre di Pandolfo Malatesta e di Carlo Malatesta, nipote di Domenico, genero di Federico da Montefeltro, cognato di Carlo di Montone e di Rodolfo Gonzaga; suocero di Ranuccio da Marciano.
1437 (settembre) – 1482 (settembre)
Anno, mese | Stato. Comp. ventura | Avversario | Condotta | Area attività | Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
………. | Marche | Vive a Fano con la madre Vanna Toschi in casa dello zio Domenico. | |||
………. | Romagna | E’ avviato dal padre alle faccende dello stato. Ricopre l’incarico di luogotenente di Rimini durante le sue assenze. | |||
1457 | |||||
………. | Rimini | Napoli | Romagna | Il suo tirocinio militare lo porta a difendere i possedimenti paterni dalle incursioni delle milizie del conte di Urbino Federico da Montefeltro e da quelle di Jacopo Piccinino. | |
Dic. | Campania | A Napoli presso il re di Napoli Alfonso d’Aragona per trattare la pace per conto del padre Sigismondo Pandolfo. | |||
1458 | |||||
Feb. | Campania | Ritorna a Napoli: il re chiede la restituzione di 27000 ducati dati a suo tempo al padre e la consegna di altri 25000 ducati come indennizzo di guerra. il Malatesta si incontra con gli emissari del Montefeltro, il figlio di quest’ultimo Buonconte e Bernardino degli Ubaldini della Carda. Durante il suo soggiorno i fratelli di Fiucio Spina cercano di ucciderlo per vendicare la morte del congiunto, fatto (forse) avvelenare dal padre. | |||
1459 | |||||
Gen. | Marche | Si incontra a Fano con Roberto da San Severino, reduce dal suo pellegrinaggio in Terrasanta. | |||
………. | Campania | Ritorna a Napoli per la continuazione delle trattative di pace. | |||
1460 | |||||
Feb. mar. | campania | Rientra a Napoli. A marzo lascia definitivamente la città senza alcun risultato. | |||
Estate | Ancona | JesiChiesa | Marche | Sono consegnati al padre dagli anconetani 3000 ducati; viene inviato in soccorso di costoro per contrastare gli abitanti di Jesi e rispondere, in tale maniera, ad una loro incursione nel territorio di Camerata Picena. Ne devasta il contado; fa molti prigionieri e si impossessa di un grosso bottino; si spinge, infine, sino alle porte della città. | |
Nov. | Marche | Lascia Fano con 1200 cavalli e 500 fanti. Si volge contro Mosciano, cattura 80 uomini nei pressi ed ottiene a patti il castello che viene messo a sacco. I prigionieri sono inviati legati ad Ancona. Il Malatesta assale il castello di Barbara. | |||
Dic. | Marche | Attacca Morro; non è in grado di impadronirsi del centro perché le sue milizie si disperdono alla caccia di bottino. E’ fronteggiato da Cicco Brandolini e da Ludovico Malvezzi che lo obbligano ad abbandonare il campo presso tale località. | |||
1461 | |||||
Lug. | Rimini | Chiesa | Marche | Partecipa alla battaglia di Nidastore dove ha il comando dell’undicesima squadra: mette in rotta gli avversari e ne depreda gli accampamenti. | |
Ago. | Angiò | Napoli | Abruzzi | E’ assoldato dal pretendente al regno di Napoli Giovanni d’Angiò. Appoggia Giosia Acquaviva contro gli aragonesi. | |
Ott. | Jacopo Piccinino gli fa avere 4000 ducati per le sue necessità. | ||||
1462 | |||||
Ago. | Rimini | Chiesa | Marche | Battuto da Federico da Montefeltro al guado del fiume Cesano, ripara con Cicco Brandolini (che ora milita nel campo avverso) e Guido Benzoni nella rocca di Mondolfo dopo avere opposto una accanita resistenza. Viene assediato nella rocca di Mondavio, con 65 uomini d’arme e 120 fanti forestieri, dal Montefeltro e da Napoleone Orsini; si sposta, infine, alla difesa di Fano. | |
Sett. | Marche | Effettua da Fano numerose sortite ai danni degli avversari. | |||
1463 | |||||
Giu. | Marche | A Fano. Sventa un complotto messo in atto dai suoi avversari: alcuni congiurati sono impiccati, altri sono incarcerati o riescono a fuggire. | |||
Ago. | Marche | Una nave (noleggiata a Venezia) si sposta da Rimini con a bordo numerosi fanti (arruolati negli Abruzzi), munizioni e vettovaglie. E’ scortata da 2 fuste e da altre barche. Una galea ed una fusta pontificie intercettano il loro cammino; dopo un aspro combattimento sono catturate la nave ed una fusta mentre l’altra riesce a riparare in Fano. Si decide che l’imbarcazione catturata sia inviata ad Ancona; l’equipaggio si ferma nei pressi di Fano per la notte; vi salgono 50 uomini d’arme mentre i fanti fatti prigionieri sono trattenuti sotto coperta. All’alba giungono 4 galee veneziane; si accostano alla fusta e catturano prigionieri equipaggio ed uomini d’arme. I fanti sono liberati; vettovaglie e munizioni sono introdotte nella città sottoposta ad assedio. Inutili sono le proteste a Venezia del vescovo di Teano, il cardinale Niccolò Forteguerra, e di Federico da Montefeltro al fine di ottenere la liberazione degli uomini d’arme. | |||
Sett. | Marche | E’ condotto da Federico da Montefeltro e dal cardinale Forteguerra un attacco generale ai danni di Fano che termina solo perché agli ecclesiastici vengono a mancare le frecce. Il Malatesta riceve altri rinforzi e guida 150 abitanti in un’energica sortita contro una bastia collocata verso San Patrignano. L’assedio si fa sempre più stretto, i pontifici irrompono nella città; gli abitanti si arrendono. Il Malatesta si rifugia nella rocca. La consegna al Montefeltro dopo tre giorni. | |||
Ott. | Marche | Nell’uscire dalla rocca di Fano gli viene incontro il Montefeltro che si offre di proteggere lui ed i suoi famigliari: la madre, le sorelle si imbarcano con i loro beni per Ravenna per sfuggire, come riportano i contemporanei, all’ira di Sigismondo Pandolfo. | |||
1464 | |||||
Nov. | Milano | Lombardia | Agli stipendi del duca di Milano Francesco Sforza. nella città è raggiunto da lettere dello zio Domenico che lo nominano suo erede. | ||
1465 | |||||
Inverno | Lombardia Romagna e Lazio | Si propala la notizia della morte in Morea del padre: lascia subito da Milano e si reca a Cesena da dove spera di potere rientrare in Rimini con il favore dello zio. Netta è l’ opposizione della moglie del padre, Isotta degli Atti, che fa arrestare il cancelliere Giacomo dal Borgo ed ottiene la confessione di alcuni congiurati che si sono mossi a favore di Roberto Malatesta per fargli ottenere la signoria della città. Allorché viene a conoscenza che, contrariamente alle sue aspettative il padre è vivo, si reca a Roma e ritorna a Milano agli stipendi degli Sforza. Rifiuta l’ offerta di una condotta che gli viene fatta dai veneziani. | |||
Ago. | Romagna | A Cesena, alla notizia che lo zio Domenico sta morendo. | |||
Nov. dic. | Cesena | Chiesa | Romagna | Alla morte dello zio si impossessa di Cesena e di Bertinoro. Invia Gian Francesco da Piagnano a Roma affinché il papa conceda lo stato al giovane Malatesta. Tutto inutile. Il Montefeltro lo assedia in Cesena: si arrende quando si vede abbandonato dai potenziali alleati (fiorentini e veneziani). Restituisce la rocca allo stato della Chiesa; in cambio ottiene la concessione di una piccola signoria tra le Valli del Bidente e del Ronco (Sarsina, Meldola, Dogura, Tarcino, Montevecchio, Rocca delle Caminate, Coglianello o Collinello, Ranchio, Gaibana, Turrito, Perticara, Sapigno, Casalbono e Polenta), una provvigione di 3000 ducati ed altri 2500 ducati a titolo di controvalore per le munizioni contenute nella rocca. | |
1466 | |||||
Ott. | Chiesa | Lazio | E’ segnalato a Pontecorvo. | ||
1467 | |||||
Giu. | Chiesa | Venezia | Emilia | Affianca Federico da Montefeltro contro le truppe veneziane comandate da Bartolomeo Colleoni. | |
1468 | |||||
Ott. | Lazio e Romagna | Alla morte del padre si presenta dal papa con una lettera della vedova del padre e del fratellastro Sallustio che lo pregano di ritornare a Rimini per assumere la difesa della città contro le mire pontificie. Si offre, invece, di consegnare la città allo stato della Chiesa senza ricorrere alla guerra: chiede solo di potervi rientrare per scacciarne Isotta degli Atti. Paolo II acconsente e gli promette la signoria di Senigallia e di Mondavio in caso di successo della missione: gli sono anche consegnati 1000 fiorini per le spese. Il Malatesta si reca a Rimini, con Raimondo Malatesta ed il castellano Pietro dei Gennari entra in Castel Gismondo, si libera del presidio veneziano e si impossessa della rocca. | |||
1469 | |||||
Giu. | Rimini | Chiesa | Romagna | Viene assalito da 5000 uomini (2500 cavalli ed altrettanti fanti) che lo stringono d’assedio in Rimini agli ordini di Alessandro Sforza e di Napoleone Orsini. Esce con pochi uomini dalla Porta di San Giorgio ed attacca all’alba i pontifici che stanno per entrare nella città: tra i pontifici sono uccisi 50 fanti; più numerosi sono i feriti. Gli avversari occupano il borgo di San Giuliano. Per guadagnare tempo Roberto Malatesta si incontra di notte ed in segreto con Alessandro Sforza per trattare la resa. | |
Ago. | Romagna | Gli viene pagata dai ducali parte della provvigione e gli sono consegnati 500 ducati. Con l’arrivo degli attesi soccorsi, inviati da Milano, da Firenze e da Napoli, condotti dal conte di Urbino Federico da Montefeltro, può uscire da Rimini. In pochi giorni si impossessa con le bombarde di 9 castelli. Il Montefeltro gli fa capire che ha le mani legate e che non può attaccare lo Sforza per i vincoli che gli sono stati imposti dalla lega: il Malatesta assedia allora Mulazzano allo scopo di farsi attaccare e provocare in tal modo la reazione degli alleati. Alessandro Sforza cade nella trappola, riceve alcuni rinforzi dai veneziani ed assale il Montefeltro. Lo scontro dura dall’alba al tramonto ed è contrassegnato dall’ intervento decisivo del Malatesta che porta la sua offensiva allorché gli avversari danno segni di stanchezza. I pontifici subiscono la cattura di 300 uomini d’arme, tra cui sono da segnalare Virginio Orsini e Gian Francesco da Piagnano. Con la vittoria cadono in suo potere Montescudo, Gemmano, Monte Colombo, Albereto, Saludecio, San Clemente, Cerreto, Cerasolo, San Giovanni in Marignano. | |||
Ott. | Marche | Si impossessa di Mondavio, Montegridolfo, Coriano e Meleto. La guerra ha termine con la restituzione dei castelli da lui conquistati. La conclusione della pace è ritardata dall’ostilità nei suoi confronti del papa Paolo II. | |||
1470 | |||||
Ago. | Romagna | Decide di liberarsi del fratellastro Sallustio. Lo attira in un’imboscata nel cui corso il congiunto viene ucciso. Ordina di portarne il corpo ferito e sanguinante in un letamaio accanto al palazzo dei Marcheselli, dove abita l’amante. La spada è trovata nella casa; Giovanni Marcheselli viene ammazzato dalla folla inferocita mentre sta per essere condotto al castello; gli altri componenti della famiglia riescono invece a fuggire. Il giorno seguente invia a Firenze, ai Dieci di Balia, un messaggio con il quale manifesta il proprio cordoglio per la morte del fratellastro, sepolto solennemente nel Tempio Malatestiano. Anche la morte di Isotta degli Atti è accompagnata dal sospetto di veneficio da parte sua. Di seguito, nella stessa falsariga, non esita a fare uccidere anche il fratellastro Valeriano e la sorella Margherita. Anche sul piano dei legami amorosi si comporta nell’identico modo. Si innamora di due donne sposate e le sottrae ai rispettivi mariti: la ravennate Elisabetta Aldovrandini (maritata ad un cittadino di Faenza) e la riminese Elisabetta degli Atti. Lo sposo di quest’ultima è trovato impiccato per avere protestato nei suoi confronti. | |||
Sett. | Campania | E’ invitato a Napoli dal re Ferrante d’Aragona. Stipula una tregua di 48 giorni con i pontifici. | |||
Nov. | Romagna | Il fratellastro Valerio è assalito ed ucciso da suoi sicari mentre si sta recando a Longiano. Il Malatesta è anche accusato di avere fatto avvelenare la matrigna Isotta degli Atti. Nel medesimo anno viene contattato dagli sforzeschi per passare al servizio del duca di Milano. | |||
1471 | |||||
Apr. | Marche e Romagna | Si reca ad Urbino; definisce i termini della parentela tra i Malatesta ed i Montefeltro: al suo ritorno a Rimini sono organizzate nella città feste e giostre. | |||
Lug. sett. | Romagna e Marche | Alla morte del papa scorre ancora il contado di Rimini ed il vicariato di Mondavio: in pochi giorni conquista 16 castelli tra i quali Santarcangelo di Romagna, Scorticata, Montebello, Bellaria, Mondaino. Si interpone Federico da Montefeltro. Con l’avvento al pontificato di Sisto IV, a metà settembre, è costretto a restituire il tutto allo stato della Chiesa. | |||
Nov. | Napoli | Campania | A Napoli. Vi è bene accolto da Ferrante d’Aragona. Viene armato cavaliere e gli è concessa una condotta. | ||
1472 | Firenze | Volterra | Toscana | ||
1473 | |||||
Mag. | Umbria | Su richiesta del re di Napoli e del futuro suocero, il duca di Urbino, ottiene ufficialmente dal pontefice il riconoscimento della signoria su Rimini e Bellaria. E’ segnalato a Gubbio con Costanzo Sforza ed il Montefeltro per rendere omaggio al cardinale di San Sisto Pietro Riario. | |||
1474 | |||||
Gen. | Romagna | Accoglie in Rimini Bartolomeo Colleoni, diretto al santuario di Loreto. | |||
Giu. | Chiesa | C. di Castello | Umbria | ||
Lug. | Marche | A Fano per un consiglio di guerra. | |||
1475 | |||||
Giu. | Romagna | Si sposa con la figlia di Federico da Montefeltro Elisabetta: la dote è stabilita in 12000 ducati. Tra i festeggiamenti è anche organizzata la battaglia del castello, in cui una squadra, quella guidata da Giovanni della Rovere, ha come obiettivo quello di impadronirsi di un castello difeso da Baldaccio da Pontoglio e dallo stesso Malatesta. I difensori del castello indossano tutti una livrea verde. Sempre nella medesima occasione è indetta in Rimini una grande giostra. Il primo premio è costituito da una pezza intera di broccato d’oro in cremisi. I fiorentini come dono gli fanno avere drappi e argenterie del valore di 200 ducati. Nel convito nuziale sono consumati 8600 paia di polli, 45000 uova, 180 prosciutti, 40 forme di parmigiano, 13000 arance e 120 botti di vino. Il costo totale della cerimonia è di 30000 ducati. | |||
Ago. | Romagna | A Verucchio. E’ contattato da Galeazzo Maria Sforza per passare agli stipendi del ducato di Milano con una provvigione annua di 20000 ducati. | |||
Ott. | Umbria | Agli ordini di Federico da Montefeltro. Con Costanzo Sforza respinge da Città di castello un’incursione portata da Niccolò Vitelli. | |||
1476 | |||||
Ago. | Romagna | Accoglie con magnificenza a Rimini il corteo diretto a Napoli, inviato dal re d’Ungheria Mattia Corvino. | |||
1477 | |||||
Ago. sett. | Chiesa | Comp. ventura | Umbria | Impugna le armi contro il cognato Carlo di Montone; assedia Montone per trenta giorni. Convince la sorella Margherita, moglie del condottiero, a sottomettersi al papa ed a cedergli castello e rocca un giorno in cui Bernardino di Montone è accampato fuori le mura. I patti non sono mantenuti dai pontifici. | |
Ott. | Chiesa | Manfre di | Romagna | Staziona nel faentino in soccorso del signore di Faenza Carlo Manfredi, attaccato dai fratelli Galeotto e Lancillotto. Si reca a Granarolo con 5 squadre di cavalli per impadronirsi della località: prende alloggio a Donegaglia con gli uomini di Girolamo Riario; depreda il territorio. Lascia l’impresa e rientra a Rimini. | |
1478 | |||||
Lug. | Chiesa | Firenze | Umbria | A Perugia. Si appresta ad invadere la Toscana per conto dei pontifici. | |
Ago. | Toscana | Assale con furia Brolio; ottiene la resa a patti dai difensori: gli alleati, viceversa, agli ordini del duca di Calabria Alfonso d’Aragona, mettono a sacco la località. Il fatto è causa di una sua forte irritazione. | |||
Sett. | Toscana | Asseconda Federico da Montefeltro all’assedio di Monte San Savino. | |||
Ott. nov. | Toscana Romagna | Al campo. A novembre rientra a Rimini a causa del rigore invernale. | |||
1479 | |||||
Feb. | Firenze | Chiesa Napoli | E’ indotto dai fiorentini, con Costanzo Sforza ed Antonello da Forlì a mutare partito a causa dell’odio che egli porta nei confronti del duca di Calabria: costui, infatti, non solo ha offeso i 3 condottieri, ma li ha anche defraudati della loro parte di bottino. A Roberto Malatesta è raddoppiata la condotta e gli viene riconosciuto uno stipendio annuo di 44000 ducati in tempo di guerra e di 36000 in tempo di pace; anche i suoi beni godono della protezione da parte degli alleati. | ||
Apr. | Capitano g.le | Toscana | A Firenze. In Santa Colomba gli sono consegnate le insegne del comando. Alla cerimonia presenziano i suoi capitani Pietro d’ Erba, Giorgio Albanese, Giovanni da Gradara, Buglione da Fano, Castellano da Castello e Pietruccio da Sant’Arcangelo. | ||
Mag. | Romagna e Umbria | Ha ai suoi ordini 12 squadre di uomini d’arme. Con Costanzo Sforza assedia Santarcangelo di Romagna; si allontana e si trasferisce a Città di Castello con 400 uomini d’arme e 3000 fanti. | |||
Giu. | Toscana e Umbria | Si unisce con Carlo di Montone; dalla Val di Chiana penetra con un’azione diversiva nel perugino alla testa di 40 squadre di cavalli e di molti fanti. In pochi giorni più di 20 castelli si arrendono senza colpo ferire; Perugia non si solleva; muore a Cortona l’anima dell’ offensiva, vale a dire Carlo di Montone. Il Malatesta viene respinto da Braccio Baglioni. Il Montefeltro lascia il teatro delle operazioni; il Malatesta approfitta della nuova situazione, occupa il castello di Borghetto, assedia Passignano sul Trasimeno e nei pressi, a Magione, assale Matteo da Capua, Giulio Cesare da Varano e Giovanni Francesco da Bagno che si sono accampati a Monte Colonna. Le forze che si scontrano sono di pari entità; il comandante avversario, Matteo da Capua, vuole risparmiare alcune schiere per il momento decisivo; le squadre di quest’ultimo sono così sopraffatte in due ore e messe in fuga. I vincitori irrompono nel campo nemico, lo saccheggiano e fanno un grande numero di prigionieri. Costoro, privati di armi e di cavalcature, sono presto rimessi in libertà. Le perdite per gli aragonesi ammontano a 160 uomini tra morti e feriti. Per la vittoria i fiorentini donano al Malatesta 25000 fiorini. | |||
Lug. sett. | Umbria e Toscana | Si collega con Ludovico Gonzaga, espugna e dà alle fiamme i castelli di Romazzano e di Fratta Todina. Si sposta nel contado di Gubbio, tocca Ponte San Giovanni, ottiene a forza il castello di Assisi; si impossessa di Cannara, Bastia Umbra e Spello che appartengono ai Baglioni. Incendiati pure tre mulini ed alcune case vicino a Perugia, ritorna al campo con 150 prigionieri di taglia e 500 capi di bestiame grosso e molti altri di minuto. Con Bernardino di Montone devasta il Chiugi e mette a ferro e fuoco altri castelli; assale Castiglione del Lago alla cui difesa vi è Carlo da Pian di Meleto; inizia ad assediare la rocca di Cortona. Si trasferisce verso San Casciano in Val di Pesa, si congiunge con Costanzo Sforza ma non riesce ad impedire che il Montefeltro si trasferisca a sua volta in Val d’Elsa. Costretto a ripiegare a causa dell’inferiorità numerica delle forze a sua disposizione, raggiunge a Montepulciano il resto delle truppe fiorentine scampate alla disfatta di Poggio Imperiale (Poggibonsi). Si avvicina a quest’ultima località e da qui si muove per soccorrere i difensori di Colle di Val d’Elsa. | |||
Ott. | Toscana | La mancanza di accordo tra i vari capitani, gelosi nei suoi confronti, ed i disordini insorti nel campo non portano ad alcun risultato per gli alleati. | |||
Nov. | Venezia | Capitano g.le | La guerra ha termine; il Montefeltro si interpone nuovamente a suo favore presso lo stato della Chiesa; gli è tolta la scomunica. A fine mese, a Venezia, nel Collegio dei Pregadi, si decide la sua assunzione e la sua nomina a capitano generale con uno stipendio di 40000 fiorini in tempo di pace e di 60000 in tempo di guerra. La condotta è stabilita in 360 uomini d’arme di quattro cavalli, in 50 balestrieri a cavallo ed in 300 provvigionati dei quali 200 sono destinati alla difesa di Rimini. La ferma è di due anni più uno di rispetto; è obbligato ad una sola rassegna solo su richiesta veneziana. | ||
Dic. | Romagna | Riceve segretamente a Ravenna, da Antonio Donato, lo stendardo ed il bastone del comando; invia anche a Firenze un suo emissario per riscuotere 1000 ducati di paghe residue. Lorenzo dei Medici gli rivela di essere a conoscenza dei suoi contatti con i veneziani. | |||
1480 | |||||
Apr. | Veneto | Il Senato concede a Roberto Malatesta la cittadinanza veneziana e lo iscrive alla nobiltà della repubblica a condizione che riceva a Rimini un nobile con il titolo di podestà. Si reca a Venezia e vi è accolto dal doge Giovanni Mocenigo con il bucintoro. Per ogni giorno di permanenza nella città gli sono riconosciuti 50 ducati per le spese di soggiorno. Il doge gli consegna il bastone del comando e Renato da Trivulzio lo stendardo. | |||
Giu. | Marche e Friuli. | Tenta di impadronirsi di Gradara tramite l’operato di Gianni da Gradara. Viene inviato dai veneziani in Friuli per contrastare nella regione eventuali incursioni dei turchi. | |||
Ago. | Venezia | Chiesa | Romagna | Alla difesa di Forlì che, alla morte del signore Pino Ordelaffi, è minacciata dalle armi di Girolamo Riario. | |
Ott. | Veneto e Friuli | A Venezia. E’ rimandato nel Friuli allo scopo di controllare i movimenti dei turchi che si stanno muovendo in Croazia. | |||
Dic. | Veneto e Romagna | A Venezia ed a Rimini. | |||
1481 | |||||
Mar. | Romagna | Ottiene che il papa Sisto IV tolga a Rimini l’interdetto scagliato dal pontefice sulla città nel settembre di due | |||
Mar. | Ottiene che il pontefice tolga a Rimini l’interdetto scagliato sulla città nel settembre del 1479. | ||||
Nov. | Rimini | Faenza | Romagna | E’ spinto dai pontifici ad agire ai danni di Galeotto Malatesta. | |
1482 | |||||
Mar. | I veneziani conducono ai loro stipendi Roberto da San Severino. Roberto Malatesta non prende bene la notizia; il provveditore Giacomo di Mezzo gli raccomanda di prepararsi per la prossima campagna contro gli estensi. Vi sono da parte sua alcune dilazioni che cerca di giustificare con il ritardo nel pagamento delle sue spettanze. | ||||
Apr. | Venezia | Ferrara Firenze Napoli | Capitano g.le | Veneto e Romagna | A Padova gli è donato dalla Signoria una cavalcatura del valore di 200 ducati. Ha il comando delle truppe in Romagna. Gli sono inviati 11000 ducati per mettere in ordine le sue compagnie. Esce da Ravenna ed assale con il provveditore Bagnacavallo difesa da Giovanni Vitelli e da Pasquale d’Arezzo. Respinto, ne depreda il contado; sorprende alcuni cavalli estensi usciti dalla località per scorrere a Vescovado nel ravennate. Cerca di impadronirsi di Traversara, dà un improvviso assalto a Fusignano e ne è respinto da Teofilo Calcagnini. |
Mag. | Romagna | Analogo insuccesso ha un suo attacco portato a Lugo; fa costruire un bastione di legno alla punta del Mezzanino verso Ferrara e ripiega dal territorio estense. E’ chiamato a Roma dal pontefice in difficoltà di fronte alle milizie di Alfonso d’Aragona e dei colonnesi che hanno invaso lo stato della Chiesa. Lascia la Romagna con 2400 cavalli, 200 balestrieri veneziani ed il provveditore Piero Diedo. | |||
Giu. | Umbria | Ha il comando di 3000 cavalli. Lungo il cammino si attarda nei pressi di Città di Castello ove è rientrato Niccolò Vitelli; conquista alcuni castelli di scarso valore mentre di fronte ad altri, come Verna, Montemigiano e Montone deve constatare la propria impotenza a tempo breve. I fiorentini lo contattano senza esito per farlo disertare. | |||
Lug. | Gonfaloniere dello stato della Chiesa | Lazio | Entra in Roma; molti cardinali si fanno trovare al suo ingresso nella città alla Porta del Popolo: si reca in Vaticano ed a San Pietro. Sisto IV lo fa alloggiare nella basilica di Santa Maria Maggiore. E’ nominato gonfaloniere dello stato della Chiesa al posto di Giovanni della Rovere. | ||
Ago. | Lazio | Muove da Roma alla testa di 34 squadre di cavalli, di due squadroni di balestrieri a cavallo e più di 9000 fanti. Si allontana dal campo posto vicino agli acquedotti situati fuori Porta San Giovanni, esegue la rassegna delle truppe alla tomba di Cecilia Metella, si dirige verso i colli Albani. Recupera per strada Albano e Castel Gandolfo; da Lanuvio Alfonso d’Aragona marcia alla volta di Torre Astura e pianta le tende nei pressi di San Pietro in Formis protetto da pianure boscose, da paludi e da due torrenti. La battaglia avviene a Campomorto dove si scontrano da una parte 4500 cavalli, tra cui 300 arcieri, e 6000 fanti e da quella aragonese 2500 cavalli e 1500 fanti. Roberto Malatesta divide l’esercito in 7 squadroni e si colloca al comando della sesta schiera; il duca di Calabria pone la cavalleria al centro, la fanteria alle ali e l’artiglieria sui rialzi del terreno. La mattina sono respinti gli attacchi portati dalla fanteria pontificia prima ed in un secondo momento dalla cavalleria; il Malatesta sostituisce le schiere stanche dello scontro con altre fresche e piomba di nuovo sul nemico. Gli aragonesi contrattaccano, ma sono costretti a ripararsi dietro il secondo torrentello: a questo punto si ha la fase decisiva della battaglia. 200 cavalli leggeri e 1500 fanti condotti da Jacopo Conti riescono ad attraversare la zona paludosa e boscosa ed a prendere di fianco ed alle spalle i napoletani. Lo scontro, che dura sei ore, risulta uno dei più sanguinosi della seconda metà del Quattrocento in quanto rimangono sul terreno circa 1200 morti: gli aragonesi, in specie, subiscono la perdita di 1000 uomini tra morti e feriti, 300 uomini d’arme sono inoltre catturati. Alcune compagnie di turchi, al soldo degli aragonesi e reduci dalla guerra di Otranto, sono costrette ad arrendersi: passano immediatamente agli stipendi dei pontifici e sono impiegati a Roma in compiti di ordine pubblico. Il duca di Calabria si salva con 100 cavalli a Terracina o a Nettuno; il Malatesta, cui nello scontro è stata uccisa la cavalcatura da un colpo di artiglieria, si reca a Velletri, vi lascia i feriti e ristora l’esercito affaticato per le marce e la battaglia. | |||
Sett. | Lazio | Assedia Cave; ammalatosi presto, si porta a Valmontone a curarsi. Da qui ritorna a Roma dove è ospitato nel palazzo del cardinale di Milano Stefano Nardini, o del Governo Vecchio. Entra in trionfo nella città accolto dal papa Sisto IV: nel corteo vi sono numerosi prigionieri quali il duca di Amalfi Antonio Piccolomini, genero del re di Napoli Ferrante d’Aragona, Jacopo Caldora e Rossetto da Capua. Muore di febbre o, come si dice, di veleno fattogli propinare per invidia da Girolamo Riario, lo stesso giorno in cui conclude la sua vita anche il suocero Federico da Montefeltro. Dopo solenni esequie in San Pietro, cui presenziano il pontefice e dieci cardinali (orazione funebre del vescovo di Ventimiglia Giovanni Battista Giudici), è sepolto nelle grotte del Vaticano in mezzo a molte bandiere, tra le quali spicca uno stendardo con il seguente motto “Veni, vidi et vici, victoriam Sixto dedi, mors invidit gloriae”. Il papa gli farà erigere un monumento equestre, opera dello scultore Paolo Mariano, perduto con i lavori di ristrutturazione della basilica di San Pietro. Un frammento di quest’ultimo si trova a Parigi al museo del Louvre. Roberto Orsi gli dedica il poema “De obsidione Tiphernatum”. Ricordato da Luigi Pulci in “La giostra”. Gli sono dedicate a Roma una via ed una piazza. La moglie Elisabetta, rimasta vedova, si ritira nel convento di Santa Chiara di Urbino con il nome di Chiara. |
CITAZIONI
-“Godeva opinione di essere uno de’ migliori capitani del secolo.” SISMONDI
-“Generoso e virtuoso.” MURATORI
-“Ed era uno home molte inteliziente, amatore dal bem comuni; in al fate del’arma pareva uno conte Rolando.” BERNARDI
-“Fu il più simile a Sigismondo di tutti i suoi figli, quello che con le migliori ragioni poteva proclamarsi il suo erede: nella virtù e nell’abominazione, nella figura e nel carattere, nella freddezza degli occhi e nel tumulto dello spirito..Militare fortunato, intelligente diplomatico, conversatore acuto, dilettante entusiasta dell’arte e della cultura, anfitrione non migliorabile, cavaliere audace, prodigo signore, Roberto fu l’ultimo dei Malatesta la cui indiscutibile autorità poté dare del tu ai grandi d’Italia; l’ultimo che conobbe la gloria e che ebbe il tempo di farla sedere alla sua mensa e goderne.” COUSTE’
-“Fu molto dissimile dal padre, ma simile nel maneggiar l’armi.” ALBERTI
-“Clarus militie imperator.” GHERARDI
-“Era valentissimo homo.” PONTANI
-“Hebbe da lui (il padre) sì illustri documenti di guerra, che in essa si meritò fama singolarissima..Haveva Roberto mezana statura, volto bianco; occhi azzurri e capelli castagnicci.” ROSCIO
-“Pianto e sospirato da ogni uno; percioché in tutte l’imprese belliche o civili, mostrò grandezza di spirito generoso e d’animo invitto: facendo maravigliar gli huomini di lui, così ne casi aversi come felici. Il suo nome d’era sparso per tutta l’Italia e si celebrava per fatti illustrissimo..Fu molto dissimile al padre, ma simile nel maneggiar l’armi.” SANSOVINO
-“Robertum Malatestam, Arimini principem, bellorum eximium decus, et Martis invicta gloria inter praeclarissima belli numina retulit..Nemo domi consultior, nemo in castris belli praeceptus instructior, nemo in pugna fortitudine, prudentia ac industria praestantior habitus.” N. GRASSI
-“Fu..molto riputato Capitano nelle guerre d’Italia.” TARCAGNOTA
-“Roberto fu condottiero valoroso e fortunato, umano molto con il soldato; il quale per i suoi pregi riponendo in lui stima ed affetto, lo seguiva dovunque gli piacesse condurlo. Ascese al trono con modi astuti e violenti, vi si consolidò con i delitti; pur non ostante riuscì buon principe e fu molto amato dai sudditi. Tenne splendida corte, e per ogni lieve circostanza allietò Rimini con grandi feste e con straordinari spettacoli: ciò che, unito alla molta sua generosità, gli valse l’appellativo di Magnifico.” LITTA
-“Era ben diverso dal padre suo. Di Gismondo riteneva la fortezza e il valore, non la fierezza, la mala fede, le libidini bestiali.” UGOLINI
-“Giovane di spirito ardente e valoroso.” BERCHET
-“Giovine pieno d’ottime qualità, valoroso e amato dal popolo.” PIGNOTTI
-“Virum magnanimum.” RIPALTA
-“Robertus..aetate nostra longe clarissimus fuit, cuius indolens tanta, talisque semper est habita, ut omnes qui pueri ipsi occurrerent, non possent illum sine admiratione spectare. In illo duplex virtutis specolum liquido cernentes, et summae probitatis, et rei militaris excellentem gloriam, ut facile illi evenerit.” EGNAZIO
-“Known as the “magnificent” and highly esteemed all over Italy.” JONES
-“La cui morte è sta iactura a tutta Italia, havia apena 40 anni, si ‘l havesse vixò l’arte militar in Italia, che per lunga desuetudine era smarrita, sotto di lui saria nela pristina gloria redutta.” SANUDO
-“Giovin robusto, e, comprendeasi al ciglio,/ animo in lui, prudentia e signoria,/ vago de far el campo ognihor vermiglio./ (Assediato in Rimini)/…/ E veramente el dì l’alta sembianza/ mostrò del suo vallore e del futuro/ la vertù sua e altissima possanza/ pur stando noi l’assedio tanto duro.” SANTI
-“Giovane valoroso e dotato di maggior senno e prudenza di quel che fosse il di lui padre.” AMIANI
-“Nel male fo dissimile al patre, neli facti d’arme illustrissimo, docto, prudente, liberale et benivolo et maxime neli facti d’arme.” NOTARGIACOMO
-“Celebre Capitano.” ROSCOE
-“Robert avait le coup d’oeil d’un capitaine.” YRIARTE
-“Fu guerriero prestantissimo.” PARTI
-“Magnifico et prestantissimo ne le armi.” FANTAGUZZI
-“Among the most respected military commanders of their day.” SHAW
-“Havea Roberto la mezzana statura..volto bianco: occhi azurri: e capelli castagnicci.” CAPRIOLO
-“Soldato nominato dagl’Istorici della sua età.” UGHELLI
-“Era valent’uomo.” G.GIUSTI
-Celebrazione delle nozze di Roberto Malatesta “Il rito, con tutte le cerimonie di accompagnamento, feste e sontuosi apparati, consacra non solo i legami di una ritrovata amicizia fra le famiglie dei Malatesta e dei Montefeltro già rivali per lungo tempo, ma anche i rapporti con i vari potentati italiani, con la popolazione, e dà la misura della realtà politica della signoria soggetta a Roberto Malatesta. Si procede alla sistemazione della città di Rimini, allestita per ricevere gli ospiti, tutta addobbata sontuosamente di drappi, sete, fiori, quadri e cosparsa di essenze per accogliere l’illustre sposa e il suo seguito..La scenografia lungo le vie, ad opera di illustri ingegneri, mandati appositamente a chiamare da Roberto stesso presso varie corti amiche (Napoli, Milano, Firenze), vede allestiti archi trionfali, di carattere classico, disseminati lungo il percorso del corteo nuziale, mentre nella piazza maggiore si ha un grande castello artificiale di legno che sarebbe servito per la giostra, in quella della rocca una splendida fontana con angeli e delfini…Il matrimonio di Roberto Malatesta con Elisabetta da Montefeltro..ha spesso attirato l’attenzione per la magnificenza di una grande festa rinascimentale. Roberto è certamente un magnifico condottiero; ma occorre domandarsi per quale motivo gli sia stato attribuito un appellativo sostantivato cos’ importante che lo colloca a fianco di altri, come Lorenzo dei Medici, detto il “magnifico”. L’aggettivo magnifico è un attributo di signore, accompagnato e collocato di seguito nello stile epistolare ed oratorio; è una qualifica abbastanza usuale e come tale ritorna nella cronachistica coeva, basta prendere in mano la “Cronaca universale” di Broglio o gli ordini e offici delle nozze dello stesso Roberto; anche in un elenco di 109 uomini o personaggi famosi, ognuno dei quali è accompagnato da un motto, il Malatesta compare come “magnifico Ruberto di Rimini” (caratterizzato da una significativa riflessione morale: “Ciascun dì è da ordinare sicome ultimo”, illuminante un certo senso dell’ordine delle cose e della fragilità umana). Roberto nella sua apologia afferma con orgoglio la propria nobiltà come titolo di garanzia nel mantenere gli impegni assunti al di là delle congiunture.” TURCHINI
-“Riassunse in sé i caratteri del valore e della violenza che caratterizzarono lunghi tratti della stirpe malatestiana, destinati a svelarsi anche sotto forma di atti proditorii compiuti con la naturale propensione a giustificare la ragion di Stato; ebbe l’appellativo di magnifico per la sua abilità in battaglia che gli consentì di ricevere l’ammirazione del popolo, il plauso del pontefice, il rispetto degli alleati.” MORESSA
-Sulla sua tomba compare il seguente epitaffio “Roberto son, che venni, vidi e vinsi/ L’inclito Duca, e Roma liberai/ Et lui di honore, e me di vita stinsi.” Per alcuni autori questo è stato accompagnato dal seguente ricordo “La virtù fu compagna della vita/ la gloria della morte/ a Roberto Malatesta di Sigismondo/ da Rimini/ capitano degno d’esser paragonato/ ai più grandi capitani/ della passata età/ per aver salvata Roma dall’assedio/ Sidto IV Ponefice massimo/ memore del di lui amore/ e benevolenza/ lagrimando pose.”
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