PAOLO VITELLI

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PAOLO VITELLI  Signore di Montone.

Figlio di Niccolò Vitelli; fratello di Vitellozzo Vitelli, Giovanni Vitelli, Camillo Vitelli e Giulio Vitelli; padre di Alessandro Vitelli e Niccolò Vitelli.

1461 – 1499 (ottobre)

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Anno, meseStato. Comp. venturaAvversarioCondottaArea attività

Azioni intraprese ed altri fatti salienti

……………UmbriaCresce in mezzo alle lotte di fazione che insanguinano nel periodo Città di Castello.
1474/1475C. di CastelloChiesaUmbriaAffianca il padre Niccolò nelle guerre contro i pontifici. Ha alcune scaramucce con Lorenzo da Castello.
1483

Sett.C.di CastelloChiesaUmbria

Esce da Città di Castello dalla Porta di San Giacomo con molti cavalli e fanti;  con i fratelli Giovanni e Camillo sorprende nottetempo i pontifici di Lorenzo da Castello accampati a Sant’ Angelo di Celle. Gli avversari si danno alla fuga lasciando nelle mani degli attaccanti carriaggi con 100 cavalcature, padiglioni ed armature. I morti sono 5. Processione e Te Deum nella cattedrale  concludono i festeggiamenti  in Città di Castello. I prigionieri sono liberati.

1484
Ago.ChiesaColonnaLazio

Passa agli stipendi dello stato della Chiesa e combatte i Colonna; assale vanamente la rocca di Paliano (80 sono i pontifici uccisi o feriti nell’azione).

1485
Giu.OrsiniColonnaLazio

Contrasta ancora i Colonna ed i Savelli agli ordini di Virginio Orsini. E’ inviato con Troiano Savelli in soccorso di Lanuvio alla testa di 100 lance e 2500 fanti: sopraggiunge all’alba; attraversa il campo e coglie alla sprovvista le sentinelle. Tutti si danno alla fuga lasciando ogni cosa nelle tende: gli Orsini si impadroniscono di cento armature, nonché delle cavalcature e delle argenterie di Cola Gaetani. Cadono in loro potere 3 bombarde (valore stimato  2000 ducati) ed altri pezzi di artiglieria; il bottino complessivo è valutato in 20000 ducati.

1486
Giu.NapoliChiesaLazio

Con Niccolò e Paolo Orsini attraversa il Tevere ed entra in Monterotondo per convincere il cardinale Latino Orsini ad abbandonare il partito pontificio.

Lug.AbruzziStaziona nei pressi di Tagliacozzo con 180 cavalli. Vi è catturato da Fabrizio Colonna e da Antonello Savelli.
1487
Ott.Lazio

Uccide a Roma Lorenzo da Castello;  disperde i pezzi del cadavere in diverse parti della città. E’ condannato a morte dal senatore della città. Il papa Innocenzo VIII modera la sentenza e lo condanna a dieci anni di esilio da Roma. Si porta a Perugia e, sempre nel mese, presenzia con Niccolò Orsini ai funerali di Malatesta ed Orazio Baglioni.

1489
Mar. apr.FirenzeOddiUmbria

Esce da Perugia e giunge alla Colombella ed a Civitella Bonizzone. Allorché è trovato un accordo tra le parti in causa (aprile) esce da Solfagnano con il fratello Camillo e ritorna a Città di Castello. Accoglie nel suo palazzo Agamennone degli Arcipreti appartenente alla fazione avversa.

1490
Feb.Umbria

A Perugia è ospite dei Baglioni; i suoi uomini stazionano a Ponte San Giovanni. Con il fratello Camillo  si incontra a Corciano con Paolo Orsini, Girolamo dalla Penna ed altri perugini al fine di cercare un nuovo accordo di pace con i fuoriusciti.

Mar.Umbria e ToscanaCon Paolo Orsini scorta a Perugia il commissario fiorentino Pier Filippo Pandolfini. Rientra in Toscana. I suoi uomini si attendano ad Agello.
1492Il nuovo papa Alessandro VI cancella a Roma, in Campidoglio, ogni condanna nei suoi confronti.
1494
Ott.FranciaChiesa80 lanceSi muove con il fratello Camillo per unirsi con i francesi alla testa di 10 squadre, di cui 2 di balestrieri a cavallo, e di 1500 fanti.
1495
Gen.UmbriaCon i fratelli Camillo e Vitellozzo ed i ghibellini di Vittorio di Canale approfitta dello stato di confusione in cui versa l’Umbria per devastare le campagne di Todi e mettere a sacco il castello di Fiore. Sono uccisi nella circostanza uomini, donne e bambini.
Giu.FranciaPisaMilano Venezia  FirenzePiemonte  Liguria

Con i fratelli Camillo e Vitellozzo muove contro Genova (200 lance e 200 cavalli leggeri) per allontanare gli Adorno dalla città e sostituirli con i Fregoso. Lascia Asti e rimane nella Riviera Ligure anche dopo che i francesi sono sconfitti a Rapallo. Viene attaccato da un grande numero di montanari che gli tagliano le vie della ritirata. Il fratello Vitellozzo si pone all’ avanguardia, Paolo alla retroguardia ove  cerca di impedire l’accerchiamento delle sue forze. Giunge al Bracco, ha un feroce combattimento al cui termine riesce a superare la resistenza avversaria. Giunto presso Borghetto, fa riposare le truppe; chiede loro di simulare la fuga e di farsi inseguire dai montanari fino al piano: qui devono fare dietrofront ed attaccare gli avversari in modo da coglierli in ordine sparso ed in disordine. I genovesi cadono nel tranello e sono messi in rotta con molti morti.

Lug.PisaFirenzeLiguria e Toscana

Ritorna dall’ Emilia il fratello Camillo, reduce dal successo di Fornovo.  Insieme mettono a sacco La Spezia. Per il lucchese si porta a Pisa con 190 lance e 100 cavalli leggeri. Ricevuti dai pisani 3000 ducati, passa agli stipendi della città contro i fiorentini. Si dirige in Val di Serchio, è a Settimo ed alla difesa di Vicopisano; si impadronisce di molti pezzi di artiglieria tra i quali una grande colubrina che dall’alto di una torre può lanciare palle di ferro di 60 libbre ad una distanza di due miglia. Respinge pure un attacco portato da Guidobaldo da Montefeltro,  costretto dal fuoco dei cannoni e dalle sortite dei difensori a ritirarsi nottetempo ad Albareto.

Sett.FirenzePisaToscana e Umbria

Cambia la situazione politica; ora i fiorentini si avvicinano ai francesi e Paolo Vitelli con il fratello Vitellozzo muta soldo. Tenta un’azione di viva forza direttamente contro Pisa; guada l’Arno ed entra nel borgo di San Marco; i pisani si danno alla fuga. Il castellano francese della cittadella fa sparare le sue artiglierie contro i fiorentini invece di coadiuvarli nella loro azione secondo le speranze della repubblica. I difensori si riprendono animo e respingono gli assalitori con gravi perdite. Paolo Vitelli è ferito ad una gamba da un colpo di lancia, un suo fratello è ucciso e molti dei vitelleschi cadono sotto i colpi dell’ artiglieria francese. Ripara a Cascina e, da qui, ritorna a Città di Castello.

…………….FirenzeSienaUmbria e Toscana

Chiamato dal commissario Tommaso Tosinghi esce nascostamente da Città di Castello con 500 fanti; 100 lance e 100 cavalli delle sue compagnie stazionano già tra Castiglione del Lago, Cortona e Valiano. Giunge nei pressi di quest’ultima località con i fanti stanchi per la lunga marcia; ai suoi uomini si aggiungono anche 60 lance dei fuoriusciti di Montepulciano. I suoi fanti scalano le mura di Valiano nelle vicinanze di una porta; non hanno i previsti appoggi e sono respinti con molti morti. Attacca ancora Pisa con Ranuccio da Marciano, il fratello Vitellozzo  e Francesco Secco.

1496
Gen. feb.FranciaNapoliUmbria e Abruzzi.

Segue il fratello Camillo e Virginio Orsini ai danni degli  aragonesi; mette a sacco Monteleone d’Orvieto perché gli abitanti negano le vettovaglie alle sue truppe. A febbraio entra negli Abruzzi;  a fine mese entra in L’Aquila con sei squadre di cavalli ed otto di balestrieri. I suoi uomini vengono alloggiati nelle abitazioni cittadine. Lascia la località con il Soliers e devasta il contado finitimo. In un piccolo scontro gli abitanti riportano alcune perdite; numerosi sono pure i prigionieri. In breve recupera alla causa francese Teramo e Giulianova (messa a sacco).

Apr.Puglia

Con il fratello Camillo sorprende 700 fanti tedeschi dell’Helderlin, usciti da Troia senza la protezione della cavalleria. Assale costoro sul fiume Chilone allorché gli avversari sono costretti a rompere le file per attraversare a guado il fiume.

Mag.100 lanceCampaniaIn Terra di Lavoro.
Lug.Basilicata

E’ assediato in Atella. Esce dalla città a mezzogiorno con Paolo Orsini (150 uomini d’arme) alla ricerca di vettovaglie: aggredisce il campo veneziano che ritiene meglio fornito rispetto a quelli degli altri confederati. Cade in un agguato tesogli da 500 cavalli leggeri di Francesco Gonzaga: nasce una scaramuccia nel cui corso Paolo Vitelli frena le cariche degli stradiotti. Intervengono le lance aragonesi che con la loro azione a cuneo aprono e disordinano l’ordinanza dei vitelleschi. Tre quarti delle sue truppe è disperso con molte perdite (300 uomini tra uomini d’arme e cavalli leggeri). Paolo Vitelli si salva in Atella superando lo sbarramento degli stradiotti grazie all’  aiuto prestatogli da Bartolomeo d’Alviano e da Gian Giordano Orsini, giunti in suo soccorso con due squadre di uomini d’arme.

Ago.Basilicata

Durante le trattative tra il Montpensier ed il re di Napoli Ferdinando d’Aragona è dato in ostaggio con Paolo Orsini. Cerca di esimersi da tale obbligazione con la scusa di una malattia; con la resa di Atella è in ogni caso fatto prigioniero dai veneziani che lo consegnano a Francesco Gonzaga. Il marchese lo conduce con sé a Mantova resistendo alle richieste del papa e di Cesare Borgia che ne richiedono inutilmente la sua consegna.

Sett.Lombardia

E’ segnalato a Mantova ad una messa in suffragio celebrata per la recente morte del re di Napoli.

Sett.LombardiaA Gonzaga, da dove si mette in contatto con il fratello Vitellozzo.
1497
Gen.LombardiaE’ liberato dal marchese di Mantova contro la volontà dei veneziani.
1498
Feb.Firenze Francia200 lance e 200 cavalli leggeri

E’ condotto dai fiorentini e dai francesi con il fratello Vitellozzo. E’ loro concessa una provvigione comprensiva di piatto e soldo per gli armati di 40000 scudi l’anno netti senza alcuna ritenzione. Si prevede che, nel caso in cui il re di Francia non accetti il contratto, una riduzione dello stipendio a 36000 scudi in tempo di guerra ed a 33000 in tempo di pace.

Apr.FirenzeComp. venturaToscanaInterviene da Pisa in soccorso dei fiorentini allorché Bartolomeo d’Alviano e Piero dei Medici minacciano il fiorentino.
Mag.FirenzeVenezia300 lance e 1200 fantiLazio e Toscana

Gli sono variate condotta e stipendio (portato a 40000 ducati per un anno). Aiuta Bartolomeo d’Alviano e gli Orsini contro i Colonna;  si dirige in Toscana. Opera nel Valdarno tra Pontedera, Cascina e Vicopisano con scarsa unità d’azione con i vari capitani fiorentini e mediocri risultati. Con la sconfitta patita da Ranuccio da Marciano a San Regolo viene nominato capitano generale.

Giu.Capita no g.leToscana

Alla sua nomina a capitano generale dei fiorentini a Città di Castello si svolgono grandi feste in suo onore che hanno il loro culmine nella lettura di un panegirico di Marcello Virgilio. Gli sono donati un bacile d’argento con il relativo boccale, 50 libbre di cera lavorata e 50 libbre di confetture.  Paolo Vitelli si fa consegnare a Firenze lo stendardo ed il bastone di capitano generale dal cancelliere della Signoria Marcello Adriani nel momento che gli viene indicato da un astrologo.  Si accampa nei pressi di Ponsacco; raggiunge Pontedera, dove si riconcilia con Ranuccio da Marciano  liberando la repubblica da molte apprensioni. I pisani si ritirano nel capoluogo con tutte le truppe.

Lug.Toscana

Fa chiedere al provveditore veneziano Tommaso Zeno se vuole fare la guerra all’italiana o alla stradiotta; occupa Calcinaia sulla riva destra dell’Arno e si colloca in agguato tra Pisa e Cascina per sorprendere una colonna di rifornimenti destinata ai difensori della seconda località. Esce da Cascina uno squadrone di 170 lance, 200 balestrieri a cavallo, 40 schioppettieri a cavallo, 50 stradiotti e 1500 fanti condotti da Marco da Martinengo. Lo scontro avviene in località Valiceno, ove Paolo Vitelli provvede ad inviare in avanscoperta alcuni buoi ed asini. Gli avversari sono trovati impreparati: sono catturati 150 cavalli leggeri e 54 muli carichi di vettovaglie. I morti sono 150 d’ambo le parti (tra cui molti stradiotti ed il condottiero Giovanni Gradenigo); è catturato Franco dal Borgo.

Ago.Toscana

Riceve molti pezzi di artiglieria, tra bombarde e passavolanti, e notevoli quantità di polvere da sparo, di verrettoni e di frecce. Gli sono pure consegnati dal commissario Jacopo Pitti 50000 ducati per pagare gli stipendi alle truppe. A metà mese lascia Calcinaia con 800 uomini d’arme, 700 balestrieri a cavallo e 6000/7000 fanti. Finge di volere assalire Cascina inviandovi un trombetta per intimare la resa ai difensori; fa invece gettare alcuni ponti sull’Arno ed attraversa il fiume puntando su Buti. Ottiene a forza il centro con due giorni di assedio ed un intenso bombardamento portato per alcune ore con 14 cannoni e 50 falconetti; i difensori si arrendono a discrezione, il castello viene saccheggiato, i suoi uomini infieriscono su donne e bambini. Il capitano avversario Giacomo Novello è inviato prigioniero a Firenze; a 5 bombardieri  sono tagliate le mani e rimandati a Pisa con gli arti appesi al collo. Dai loro nomi si deduce che sono tutti stranieri, borgognoni, olandesi ed inglesi. I veneziani per rappresaglia promettono un premio di tre ducati per ogni testa di balestriere a cavallo nemico portata al campo. Nel proseguo dell’offensiva Paolo Vitelli fa costruire un bastione di fronte alla Verruca per controllare i monti vicini. Si scaglia su Vicopisano con 6000 fanti, 30 squadre di cavalli, duecento pezzi di artiglieria (di cui venticinque di grosso calibro e due bombarde) e moltissimi guastatori. Nel campo fiorentino domina la disciplina. A fine mese conquista la bastia di Vicopisano. Fa pressione sui fiorentini affinché sia aumentata la condotta a Giampaolo Baglioni.

Sett.Toscana

Invia truppe a Bientina, Pontedera e Calcinaia, conquista la Val di Calci ed assedia la fortezza della Verruca. Allorché 400 fanti nemici escono da Pisa e mettono in fuga il contingente accampato in modo negligente sulla Verruca vicino alla chiesa di San Michele, stringe ancor di più l’assedio a Vicopisano dalla parte di San Giovanni della Vena. I difensori si arrendono per il fuoco dei pezzi di artiglieria  fatti trasportare dal Vitelli in punti impervi. Subito dopo a seguito di informazioni ricevute dal suo servizio di spionaggio  con il fratello Vitellozzo taglia la ritirata agli avversari e vince a Calci 200 cavalli leggeri e 400 fanti che hanno tentato di conquistare di sorpresa il bastione di Pietra Dolorosa, dal  Vitelli fatto costruire sopra Vicopisano per impedire il flusso dei rifornimenti a tale fortezza.  La maggior parte dei fanti veneziani sono uccisi; vengono pure catturati 6/7 capitani tra i quali vi è Giorgio Schiavo. Il Vitelli si porta di fronte al borgo di San Marco a Pisa con 35 squadre di uomini d’arme, 6000/7000 fanti, 3000 guastatori, 600 balestrieri; alla difesa della città vi sono solo 5 squadre di uomini d’arme e 2000 fanti. Vista l’inutilità dei suoi sforzi getta un ponte sull’Arno e si accampa di fronte a Cascina alla cui difesa si trova Giacomo Savorgnano con 300 stradiotti. Lascia poi la strada che porta a Pisa e con i guastatori appronta una nuova via attraverso i monti; espugna il bastione di Montemaggiore e scende nella pianura di Ripafratta; i suoi fanti conquistano le torri di Potito e di Castelvecchio.

Ott.Toscana

Pianta le artiglierie contro Ripafratta, dove si trovano 200 fanti veneziani: dopo tre giorni di vani assalti la sua artiglieria mette a tacere una bombarda che sparando dall’interno provoca molti disagi con il suo tiro agli attaccanti. I difensori si arrendono; sono pure conquistate Filettole e la rocca di Santa Maria in Castello.

Nov.Toscana

Cominciano le lamentele nei suoi confronti per le continue richieste di uomini e di mezzi che aggravano il bilancio dello stato fiorentino; da parte sua reclama per i ritardi nei pagamenti tanto che spesso è costretto ad anticipare le spese con i suoi mezzi. A metà mese lascia il pisano per essere trasferito nel Casentino a causa dell’ offensiva veneziana in tale territorio. Si muove per la Val di Serchio, assale la fortezza di Ripafratta i cui difensori resistono tre giorni prima di arrendersi. I pisani riconquistano il bastione di Ponte a Stagno.

Dic.Toscana

Esce da Santa Maria in Castello e si reca a Firenze. Solo dopo avere ricevuto 10000 ducati si sposta nel Casentino con il commissario generale Piero Corsini; chiede in rinforzo altri 3000 fanti. Si ferma 12 giorni, ospite di Giuliano Gondi, nell’attesa del trasferimento delle sue truppe dal pisano; si sposta a Borgo alla Collina mentre gli avversari si ritirano prima a Pratovecchio e poi a Bibbiena. Accorre sotto quest’ultimo centro dove sono concentrati  i veneziani (700 lance e 6000 fanti). Date l’orografia del territorio e la stagione preferisce non venire a regolare battaglia con gli avversari ma sbarrare loro i passi verso Arezzo ed il Valdarno. Gli sono inviati in soccorso da Ludovico Sforza 500 uomini d’arme e 500 fanti comandati da Gaspare da San Severino con il quale si incontra a Poppi; ha pure un colloquio con il condottiero veneziano Carlo Orsini, il che provoca aspre proteste nei fiorentini che temono un suo qualche accordo segreto con Piero dei Medici. Da Poppi si sposta a Pieve Santo Stefano;  con 1000 fanti e 600 cavalli assale Montalone (difesa da Carlo Orsini) e Mignano, da dove è respinto da Pietro Maldonado e da Malmignato da Lendinara. Prosegue nei suoi attacchi e svaligia a Marzano 85 lance dell’ Alviano con l’aiuto degli abitanti, che lo hanno fatto entrare per una breccia nelle mura. Ottiene Rocchi, la valle di Savignano, assale Montecoronaro e Pratieghi per tagliare le linee di rifornimento a Carlo Orsini ed  all’Alviano, che so sono asserragliati a loro volta a Montalone e sui Monti della Verna.

1499
Gen.Toscana

Assale ancora Montalone, conquista Mignano, costringe Bartolomeo d’Alviano ad abbandonare i Monti della Verna e Carlo Orsini Montalone. Intercetta pure un convoglio di settanta muli, carichi di munizioni, armi e vettovaglie, diretto a Bibbiena: voci malevoli nascono nel frattempo nei suoi confronti e riguardano un suo possibile accordo con Piero dei Medici, su contatti segreti per passare agli stipendi della Serenissima, sulla sua negligenza per avere permesso a Carlo Orsini di lasciare senza difficoltà Montalone senza cercare di catturarlo. Lo stesso Gaspare da San Severino lo accusa di colpevole inattività.  Nella realtà è coerente con la sua politica dei piccoli passi; con 500 lance e 4000 fanti accentua sempre più le operazioni di assedio a Bibbiena.

Feb.Toscana

Senza il necessario consenso dei commissari fiorentini concede un salvacondotto a Guidobaldo da Montefeltro, affetto dalla podagra, e gli permette di uscire da Bibbiena con 50 cavalli  assieme con Giuliano dei Medici. Si porta a Pieve Santo Stefano e blocca sugli Appennini un secondo esercito veneziano condotto da Niccolò Orsini: anche nell’ occasione il suo operato è criticato per l’ eccessiva prudenza e lentezza tanto da essere, già in questi momenti, sospettato di tradimento.

Mar.Toscana

Anche Paolo Vitelli concorre ad alimentare il malcontento sul suo operato. E’ aumentata la condotta a Ranuccio da Marciano cui viene concesso uno stipendio pari al suo: se ne lamenta talmente che è soddisfatto nelle sue richieste aggravando con ciò ancor più le spese militari per il bilancio della repubblica.

Apr.Toscana e Umbria

Ha una scaramuccia sotto Bibbiena (200 cavalli leggeri, 450 fanti ed alcuni pezzi di artiglieria) con Bartolomeo d’Alviano e Giovambattista Caracciolo. Nello stesso mese è stipulata la pace tra fiorentini e veneziani; il Vitelli può entrare nella città. Quasi in rotta con i fiorentini perché il suo credito ascende a 20000 fiorini, ne approfitta per raggiungere Città di Castello, ove è accolto con un carro trionfale e gli sono fatti molti doni. Dalla città con il fratello Vitellozzo, appoggia i fuoriusciti di Siena Lucio Bellanti e Giacomo Buoninsegni per aiutarli a rientrare in Siena ai danni di Pandolfo Petrucci.

Mag. giu.Umbria e Toscana

I pisani non accettano il lodo emesso da Ercole d’Este e continuano la guerra nonostante il ritiro dei veneziani. Il Vitelli viene richiamato da Piero Corsini da Città di Castello;  gli è inviato del denaro (4000 ducati) per rimettere in ordine le sue compagnie. Gli è anche accresciuta la condotta di altri 100 uomini d’arme mentre quella di Ranuccio da Marciano è già stata aumentata di altri 50 uomini d’arme. Paolo Vitelli ha ora a sua disposizione 700 uomini d’arme, 700 cavalli leggeri ed altri 10000 uomini tra fanti e guastatori. Ottiene a patti Cascina dopo avere dato il guasto al territorio finitimo: sono catturati i commissari cittadini ed il castellano che vengono condotti in catene a Firenze. Sono pure fatti prigionieri Rinieri della Sassetta e Cristoforo Albanese che in precedenza hanno disertato dal campo fiorentino a quello pisano. Entrambi i condottieri gli sono richiesti da Firenze; non desidera trasformarsi in boia e li lascia fuggire: naturalmente anche questo episodio è interpretato sotto la luce del sospetto.

Lug. sett.Toscana

Inizia le operazioni di assedio a Pisa con 700 uomini d’arme e 4000 fanti; una parte dell’ esercito si accampa a Riglione ed a Sant’Ermete,  un’altra a San Piero in Grado. A fine agosto tramite Corrado Tarlatini chiede vettovaglie, pezzi di artiglieria, munizioni e 300 balle di lana da utilizzare come ripari per le truppe assedianti. E’ soddisfatto in tutte le sue richieste. Decide di attaccare Pisa dalla parte sinistra dell’Arno anche se di fronte si trova la fortezza di Stampace. Per dieci giorni consecutivi quaranta grossi pezzi di grosso calibro e 150 piccoli cannoni dirigono il loro tiro contro la torre di Stampace e le sue cortine, sia verso la chiesa di Sant’Antonio, sia  verso la porta del mare. I pisani (250 cavalli leggeri, 500 fanti forestieri, 1000 cittadini e 2000 contadini o poco più)  sono in grado di rafforzare le retrostanti difese. Il forte di Stampace è conquistato il giorno di San Lorenzo;  i pisani sono sul punto di arrendersi; il Vitelli, tuttavia, non vuole proseguire l’azione senza un’ ulteriore preparazione di artiglieria. Gli avversari ritornano a difendere i ripari abbandonati in un primo momento. Il Vitelli fa riempire il fossato di fascine;  i fanti pisani le bruciano  nottetempo con i fuochi artificiati; i pisani hanno, inoltre, l’accortezza di utilizzare i loro pezzi di artiglieria verso la torre di Stampace.  Con il loro tiro  fanno allontanare da tale postazione i pezzi dell’ artiglieria fiorentina condotti in posizione più avanzata rispetto alle precedenti linee di fuoco. Paolo Vitelli si rifiuta di dare l’ ordine dell’assalto generale benché siano crollate 400 braccia della cinta muraria;  richiama indietro i fanti fiorentini (tra cui Zitolo da Perugia ed altri combattenti desiderosi di bottino) che si sono lanciati all’ assalto; il fratello Vitellozzo ha l’incarico di fare rispettare quanto ordinato.  Un soldato che non vuole obbedire è ucciso con la spada. Le febbri e le malattie falcidiano le file dell’ esercito; alle calure estive seguono le piogge; l’inattività è totale. Si ammala anch’egli di terzana. Ai primi di settembre i pisani assalgono il campo fiorentino; nei giorni seguenti molestano le retrovie impedendo ai fiorentini che arrivino loro le necessarie vettovaglie. Il Vitelli decide in modo autonomo di ricondurre il campo a Cascina ed a Livorno; carica i pezzi di artiglieria su alcuni barconi sulla foce dell’Arno, a Torre di Foce, per trasportarli a Livorno. Affondano in mare con alcune imbarcazioni due bombarde ed un dragonetto. I pisani recuperano presto  Torre di Foce e cercano di impadronirsi i pezzi caduti in mare. Si ritira in una posizione più arretrata a San Savino. Tutto ciò non gli  impedisce di reclamare per il credito di 30000 ducati di paghe arretrate. I fiorentini inviano al  campo di Vicopisano i due commissari Braccio Martelli ed Antonio Canigiani con l’ordine di arrestarlo. L’ultimo giorno del mese, mentre si trova a pranzo a Cascina nella casa di Ranuccio da Marciano (il suo emulo è coinvolto nell’ operazione) con i commissari, è imprigionato e rinchiuso nella locale rocca  dallo stesso da  Marciano e da Jacopo d’Appiano su ordine del gonfaloniere Gioacchino Guasconi. Viene pure messo in carcere  il suo cancelliere Cerbone Cerboni. Condotto di notte  a Firenze dai due commissari è rinchiuso nel Palazzo della Signoria. Il fratello Vitellozzo  riesce a sfuggire alla cattura.  Sono  arrestati nell’occasione Cherubino dal Borgo, Antonio Tarlatini, fratello di Corrado, e maestro Antonio di Niccolò di Castiglion Fiorentino.

Ott.Toscana

Il primo giorno del mese nel Palazzo della Signoria è torturato prima con 11 tratti di corda e poi  con altri strumenti; non si sa cosa abbia confessato. In ogni caso la testimonianza di Cherubino dal Borgo e molte lettere sequestrate al suo segretario Cerbone, indirizzate al duca di Milano (non si sa realmente se queste ultime siano vere o false) sono le prove per cui viene bandito come ribelle e condannato alla morte per decapitazione.  Nello stesso giorno l’esecuzione   avviene nottetempo  nella Sala del Ballatoio per impedire qualsiasi richiesta di grazia da parte del re di Francia. La sua testa, illuminata da una torcia, è mostrata al popolo stipato nella vicina piazza.  A tale esito concorrono anche la sua inimicizia con il da Marciano e con i seguaci di Girolamo Savonarola che lo hanno identificato come un amico dei Medici. Sono pure torturati ed incarcerati per sei giorni nel Palazzo della Signoria Antonio da Castello ed il segretario Cerbone; il connestabile Cherubino dal Borgo è impiccato dopo un sommario processo alle finestre dello stesso Palazzo della Signoria. A detta di Francesco Guicciardini non vi è alcuna prova della sua colpevolezza. Paolo Vitelli sopporta la morte con animo grandissimo senza protestare o dolersi. Sposa Girolama Orsini figlia naturale di Roberto e sorellastra di Alfonsina Orsini, moglie di Piero dei Medici.

 CITAZIONI

-“Valoroso. Uno dei migliori capitani dei suoi tempi. Uno dei migliori capitani del secolo XV. “Uno de primi armigeri della sua età..Il più honorato capitano de suoi tempi.” LAZARI

-“Fu Paolo Vitelli, come per ingegno, così per ferocia superiore ai suoi fratelli. E narrasi che soleva uccidere le sentinelle che trovava a dormire, e levare gli occhi agli archibugieri nemici; né temé alla presa del castello di Buti di far tagliare le mani ai bombardieri che vi stavano di guardia.” RICOTTI

-“Uomo prudentissimo, e che di privata fortuna aveva presa grandissima reputazione.” MACHIAVELLI

-“Fu sanza dubio uomo valentissimo nella arte militare e di buono animo et atto a cose grandi, ed aveva condotta la vittoria di Pisa in termini, che si può dire, quando vi fu a campo, si riducessi a uno asso; ma ebbe molte parte da non satisfare a una republica come questa: fu uomo avaro, e che con ogni cavillazione cercava di vantaggiarsi sempre nelle condotte e ne’ pagamenti; fu rozzo, e che seguitando le opinioni sua non mostrava di stimare punto e’ commissari ed e’ cittadini si avevano a maneggiare seco, il che lo fece venire e noia a molti; volse sempre, nelle imprese che aveva a fare, tanti ordini e provedimenti, ed andare con tanta sicurtà e vantaggio, che recava alla città una spesa intollerabile, la quale trovandosi consumata per gli affanni di tanti anni, male volentieri comportava tanto carico; tenne sempre pratiche ed amicizie in Pistoia, nel Borgo a San Sepolcro ed in molte terre principale nostre, il che faceva sospetto a qualche savio che e’ non fussi volto a fare stato e signoria nel dominio nostro. Ma circa alla principale causa e’ fu morto, è opinione quasi chiara che e’ fussi innocente.” GUICCIARDINI

-“Il quale mosso da uno ardentissimo onore della reputazion militare, con tanta gravità d’ingegno, con tanta arte, massimamente per la disciplina domestica la quale fu sempre maravigliosa nella famiglia sua, e finalmente con tanto vigore di spirito militare maneggiò l’armi che, s’egli non fosse mancato a mezzo il corso, egli solo pareva che fosse per difendere la libertà d’Italia..La fama del nome si puote trar di bocca a quelo innocente, e fortissimo huomo, dolendosi solo di esser miseramente abbandonato dalla sua fortuna, e ingratamente punito…Era riputato d’animo più grande (di Vitellozzo) e per gravità di giudicio più eccellente a risolver l’imprese, e prontissimo nell’armi: ma forse un poco troppo severo e crudele.” GIOVIO 

-“Dagli avanzi dell’esercito francese (egli ed il fratello Vitellozzo) molti egregi soldati aveano raccolti e forniti di cavalli e di armi; molti della gioventù di Città di Castello esercitavano in assidue escursioni guerresche e in simulacri di battaglia; di tal che trecento uomini d’arme, cinquecento cavalleggieri, e di fanti oltre che un migliaio, valorosi e ben esercitati, avevano sotto le loro bandiere.” CONTI

-“Secondo che a mi fui reporte, de tuta la dita suova arte militaria aveva la dotrina; con ciò fuse cose che al presente hoze non se trovasse in questa nostra provencia de Italia uno home de mazore fama et de più magnanime quante se trovava lui.” BERNARDI

-“Uomo assai reputato nell’arte della guerra.” NARDI

-“Uomo nell’armi strenuo, e d’ingegno ad ogni oppugnazione vivacissimo.” UGHI

-“De grande famma et reputatione.” PRIULI

-“Huomo eccellentisimo nel misterio (mestiere) suo.” VALORI

-“Italia piange et con colore obscuro/ Oramai le tue membra spoliate/ Iniusta mente et con dolor private/ Di quel che fu nell’arme sì sicuro.” Da un sonetto raccolto da T. DI SILVESTRO

-“Virum militarem, ac strenuum.” BEAUCAIRE

-“Paolo era riputato per uno de’ migliori capitani de’ suoi tempi e gli si fa colpa soltanto d’una circospezione soverchia. Era uomo d’animo fiero e veemente.” LITTA

-“Uno dei migliori capitani del secolo XV.” BOSI

-“Un soldato di reputazione.” VILLARI

-“Uomo eccellentissimo.” BUONACCORSI

-“La natura di Pagolo era di volere risparmiare e’ suoi fanti, et nolli mettere ad pericolo.” Dall’interrogatorio di Piero Gambacorta ai fiorentini, riportato dal VILLARI

-“Un dei migliori capitani di Firenze.” I. CANTU’

-“Si era reso illustre nella guerra.” BRUTO

-“Imprigionato perché sospetto di proditorie trattative con i nemici di Firenze, mentre si trovava al servizio della città. Del suo delitto non si trovarono prove: tuttavia si risolse di metterlo a morte, perché il Vitelli non avrebbe mai perdonato ai fiorentini di averlo imprigionato e sarebbe stato, finché viveva, un potente nemico della città. Il ragionamento che condusse a tale decisione fu chiaramente formulato da uno degli oratori, il quale “judichò… non si proceda secondo e’ termini di ragione (=giustizia), che così non si suole nelle cose degli stati.””. GILBERT

-“Paolo è l’estremo, anzi de’ quattro in vice/Di padre e primo, sì braccio destro e luce/De la milizia, ei le catene elice,/Che strinse si stesso, di Metauro al duce:/Cantator sì, ma cantator felice,/ Ne’ consigli e ne l’armi arde e riluce/Con le bande di quei de la sua terra/ Arbitro della pace e della guerra.” Guelfrucci, riportato da FABRETTI

-“Seguì la carriera delle armi. come la più acconcia ad aquistar fama e potere in que’ tempi di continue guerre che funestavano s scompigliavano sì le nostre città, ma facevano ugualmente suonar alto il nome degli italiani grandi e temuti ancora in faccia allo straniero imperante…La gloriosa vita del Vitelli per le mali arti de’ traditori ebbe termine infelicissimo: il suo valore sacrificato alle cupidigie de’ fiorentini venne subitamente dimenticato, attribuitigli a delitto gli avversi colpi della fortuna e la sua stessa previdenza e circospezione nelle bisogne di guerra. Era liberale co’ suoi: severo con molti: superiore ai fratelli e ad altri condottieri d’Italia nella conoscenza dell’arte sua, superavali anche nell’indole ch’era in lui ferocissima; imperciocché si narra ch’egli uccidesse quante sentinelle trovava nel sonno; e, nemico degli archibugieri che col nuovo ordigno potevano superare uomini valorosissimi, mandavagli a morte se cadevano in sue mani o strappava loro gli occhi dalle orbite: alla presa di Buti fe’ tagliar le mani ai bombardieri.” FABRETTI

Fonte immagine: wikipedia

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