NICCOLO’ FORTEBRACCIO

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Rocca d'Aries, Montone
Rocca d'Aries, Montone

Last Updated on 2023/12/13

NICCOLO’ FORTEBRACCIO  (Niccolò della Stella, Niccolò Guerriero) Di Sant’Angelo in Vado. Conte di Montone. Signore di Sansepolcro, Tivoli, Assisi, Vetralla, Montefiascone, Città di Castello, Città della Pieve. Nipote di Braccio di Montone, figlio della sorella Stella e di un gentiluomo o di uno speziale di Sant’Angelo in Vado la cui insegna era una stella. Padre di Braccio Vecchio di Montone, genero di Micheletto Attendolo e di Antonio da Pontedera.

1389 – 1435 (agosto)

Anno, meseStato. Comp. venturaAvversarioCondottaArea attività

Azioni intraprese ed altri fatti salienti

1423
Giu.Re d’AragonaNapoliAbruzzi

Milita agli ordini dello zio Braccio di Montone. E’ ferito ad un ginocchio da un verrettone durante un assalto alle mura di L’Aquila.

Lug.AbruzziE’ segnalato all’espugnazione di Rocca di Cambio.
Ago.Abruzzi

Si trova nella valle di Santanza; organizza un agguato e giunge davanti alla Porta di Barete di L’Aquila: i difensori ne escono per inseguirlo e cadono in un’ imboscata.

1424
Giu.Abruzzi

Partecipa alla battaglia di L’Aquila dove ha il comando della terza schiera. Appoggia lo zio quando il congiunto supera l’Aterno;  con Brandolino Brandolini ed il Gattamelata attacca le squadre di Ludovico Colonna e di Menicuccio dell’ Aquila; ripiega allorché tali capitani vengono soccorsi da Federico di Matelica. Fatto prigioniero da Luigi da San Severino e da Troilo di San Valentino, viene rinchiuso in Gagliano Aterno. Riscattato da Niccolò Piccinino con 11000 fiorini,  ripara ad Otricoli.

1425
………….FirenzeMilanoCombatte i viscontei agli ordini prima di Niccolò Piccinino e poi a quelli del Gattamelata.
………….ToscanaLicenziato all’avvento di un breve periodo di pace, si ferma a Fucecchio.
1426
PrimaveraFirenzeMilanoEmilia

Affianca Niccolò d’Este sul Panaro. Si trova nei pressi di Vignola allorché i condottieri ducali Angelo della Pergola e Guido Torelli attraversano il fiume senza che i fiorentini intervengano.

AutunnoVeneziaMilano75 lanceLiguriaIn soccorso dei fiorentini impegnati in Liguria contro i viscontei.
1427
……………Firenze210 cavalli
……………Umbria

E’ inviato dai perugini presso la vedova di Braccio di Montone, Nicolina da Varano, allo scopo di cercare di convincerla a cedere allo stato della Chiesa Gualdo Cattaneo e Montone e di accontentarsi della sola signoria di Città di Castello.

……………MilanoVenezia
1428
Apr.E’ licenziato dal duca di Milano Filippo Maria Visconti a seguito della pace di Ferrara.
1429
Ott.FirenzeVolterraToscana

Staziona senza soldo a Fucecchio; viene riassunto dai fiorentini per sottomettere Volterra che si è ribellata alla repubblica. Asseconda i commissari Rinaldo degli Albizzi e Palla Strozzi.

Nov.Comp. venturaFirenzeLuccaLucca300 cavalli e 300 fantiToscana

A Volterra viene ucciso (gettato dalle finestre) Giusto Landini che ha capeggiato la sedizione: in tre giorni i fiorentini rientrano nella città. A Niccolò Fortebraccio viene ridotta la condotta a 10 lance. Il condottiero preferisce essere licenziato. Prende la strada di San Miniato;  è spinto dagli stessi fiorentini (Rinaldo degli Albizzi e Neri Capponi) ad assalire con 300 cavalli e 300 fanti il signore di Lucca Paolo Guinigi con la pretesa di riscuotere il resto dei 50000 fiorini che i lucchesi hanno promesso a Braccio di Montone nel 1418 per garantirsi dalle razzie  di quest’ultimo. Occupa Ruoti (Ruota) e Compito, semina di rovine il contado impadronendosi di San Quirico, di Lucchio, di Castellare, di Montefegatesi, di Ghivizzano, di Rocca del Borgo, di Lugliano e di Cotrone. I fiorentini escono finalmente allo scoperto, lo ingaggiano in modo ufficiale e dichiarano guerra ai lucchesi. Gli sono promessi 13000 fiorini fino al termine di marzo dell’anno seguente; ad aprile fli sarebbe sta concessa una condotta di 700 cavalli e 200 fanti; con la conquista di Lucca, da ultimo, avrebbe ottenuto il feudo di Rotaio (frazione di Capezzano).

Dic.Toscana

Ottiene Villa Basilica;  si ferma sotto Collodi alla cui difesa si trovano 250 fanti dei quali molti sono spagnoli. E’ respinto un suo primo attacco;  ne dà la colpa a Bartolomeo da Gualdo ed alle  errate notizie fornite da tale capitano per quanto attiene  lo stato delle fortificazioni del centro. Chiede bombarde e bombardieri per potere continuare le operazioni.  Nello stesso mese ottiene Casoli a patti;  con Rinaldo di Provenza si impossessa di Borgo a Mozzano  e di Chifenti dove sono catturati 150 uomini; ottiene a patti anche Ghivizzano. Espugna Tereglio nonostante la difesa di Guerriero da Gubbio;  con altri condottieri assale in Garfagnana Gallicano pervenuta nelle mani degli estensi. Rinaldo degli Albizzi interviene prontamente e lo persuade ad accettare il fatto compiuto per non allargare ulteriormente il fronte degli avversari.

1430
Gen.Capitano g.leToscana

Si incontra a Villa Basilica con Rinaldo degli Albizzi e ritorna ad assediare Collodi. I Dieci di Balia si lamentano del comportamento di un suo capitano, Antonio di Cesi, che ha fatto prigionieri nei pressi di Lucchio 2 mercanti fiorentini ed ha loro imposto una taglia. Niccolò Fortebraccio viene nominato capitano generale; gli si arrende Collodi: nel frattempo entra in urto con Rinaldo degli Albizzi per cui si appoggia sempre più sul commissario fiorentino  Neri Capponi. Assedia San Gennaro, i cui difensori cedono a patti, tratti in inganno da una lettera falsa di Paolo Guinigi che li invita a tale decisione; anche Porcari si arrende ai fiorentini.

Feb.Toscana

Staziona sotto Lucca; colloca il suo campo prima a Capannori con Bartolomeo da Gualdo, indi a Treponti, in attesa che vada ad effetto il piano di Filippo Brunelleschi di allagare Lucca mediante la deviazione del corso del Serchio.

Apr.700 cavalli e 200 fantiToscanaI fiorentini gli riconoscono per i suoi compensi fino a giugno altri 24908 fiorini.
Mag.Toscana

Viene attaccata all’improvviso la bastia costruita nei pressi di Lucca ed alla cui guardia sono preposti Giovanni da Ferrara e Pietro Paolo da Terni. Costoro si danno alla fuga di fronte a 1500 lucchesi (fra fanti e cittadini) ed a 200 cavalli; Bernardino degli Ubaldini della Carda e Ranieri Vibi del Frogia, che sono nelle vicinanze, non intervengono. Il Fortebraccio fronteggia gli avversari da solo e li respinge con la perdita di una  bombardella.

Lug. ago.Toscana

Francesco Sforza giunge in Val di Nievole; Niccolò Fortebraccio abbandona il campo e ripara a Ripafratta con  Ranieri Vibi del Frogia. Presto è affiancato nel comando da Bernardino degli Ubaldini della Carda. Sorgono  gravi contrasti tra i due capitani sicché i fiorentini, ad agosto, affidano il comando generale delle truppe al conte di Urbino Guidantonio da Montefeltro.

Sett. nov.Toscana

Continua ad assediare Lucca;  costruisce una bastia a Capannori; proseguono le sue dispute con gli altri condottieri fiorentini. Ora è la volta di   Guidantonio da Montefeltro che, da parte sua, diffida dell’ operato di Niccolò Fortebraccio.  Giunge Niccolò Piccinino in soccorso dei lucchesi: Niccolò Fortebraccio consiglia invano  di inviare 2000 fanti a Fidiena, in una bastia edificata dagli abitanti di Montemagno, con l’obiettivo di sbarrare la strada agli avversari, in ogni caso di tagliare loro le linee di rifornimento. Rompe una tregua in corso tra le parti e sorprende i lucchesi fuori le mura della città intenti a fare pascolare il loro bestiame.

Dic.Toscana

Ai primi del mese prende parte alla battaglia del Serchio agli ordini di Guidantonio da Montefeltro. Ha il comando della seconda schiera forte di 500 cavalli; la sua insegna è un leone rampante. I lucchesi catturano ai fiorentini 1500 cavalli e si impadroniscono di artiglierie, di munizioni e di grandi quantità di armi. Anche Niccolò Fortebraccio viene catturato da Niccolò Piccinino: viene liberato  e gli sono fatti restituire i beni perduti nella battaglia. Rilasciato, si incontra a Montebicchieri con il capitano avversario;  ritorna a Fucecchio, da dove si muove con Bartolomeo Peruzzi per difendere Castelfiorentino ed altre località della Val d’Elsa.

1431
Gen.Toscana e Umbria

I fiorentini gli affiancano nel comando Micheletto Attendolo,  assoldato con un numero di lance di gran lunga superiore alla sua condotta (600 lance e 200 fanti). Nel contempo non gli sono riconosciute le perdite  subite  dalle sue compagnie nella recente campagna. Non soddisfatto di tale situazione,  abbandona l’aretino e, senza domandare licenza, si dirige con 800 cavalli verso Montone.

Feb.Emilia

Viene contattato con Rinaldo di Provenza (condotta di 600 cavalli) da Bernardino dalle Correggie per conto dei bolognesi in lotta con i pontifici: li dovrebbe aiutare ad  impadronirsi della rocca d’Imola mediante un trattato tenuto con 3 provvigionati che ne sono alla guardia. La congiura è scoperta  ed i  soldati coinvolti nella trama sono impiccati.

Mar.EmiliaIl negoziato con i bolognesi non va in porto. Niccolò Fortebraccio rifiuta l’offerta di 3000 ducati propostagli dagli ambasciatore del comune.
Mag.Comp. venturaChiesa FirenzeUmbriaSi dirige verso Città di Castello, controllata dallo stato della Chiesa.
Giu. lug.Umbria

I perugini tentano di farlo desistere dalle sue intenzioni; non se ne dà per inteso ed occupa Città di Castello. A luglio i fiorentini gli inviano contro 4000 cavalli agli ordini di  Bernardino degli Ubaldini della Carda e di Francesco Vibi,  suo nemico di fazione.  Il Fortebraccio abbandona la località per rifugiarsi  a Montone da dove espelle i feltreschi. A metà mese l’Ubaldini ed il Vibi lasciano il tifernate per rientrare in Toscana. Il Fortebraccio approfitta della situazione, piomba nuovamente nel territorio di Città di Castello recuperando le terre ed i castelli caduti in suo potere in precedenza. Prosegue nella sua azione; per vendicarsi di Guidantonio da Montefeltro depreda il contado di Gubbio fino alle porte cittadine.

Ago.Umbria

Con 1500 uomini tra cavalli e fanti staziona a Fratta Todina; cattura, e libera, un  messaggero di Perugia che sta attraversando il territorio controllato dalle sue bande.

Sett.Chiesa NapoliCapitano g.le e Gonfaloniere dello stato della Chiesa 400 lance e 250 fanti

Passa agli stipendi del papa Eugenio IV e della regina di Napoli Giovanna d’Angiò. Dietro la restituzione delle città conquistate in precedenza, è nominato capitano generale e Gonfaloniere dello stato della Chiesa; gli è concessa una condotta  di 400 lance, di 200 fanti e di 50 balestrieri; gli è riconosciuto uno stipendio di 34000 fiorini. Viene anche nominato conte di Montone; è investito dal pontefice del vicariato di tale castello. Accetta l’incarico non per sé, ma a nome di Carlo di Montone, figlio di Braccio. Si accinge a combattere il prefetto Giacomo di Vico nel Patrimonio.

Ott.ChiesaVico SienaUmbria e Lazio

Lascia il contado di Città di Castello e si trasferisce nel perugino ove fa molti guasti perché gli abitanti non vogliono rifornirlo di vettovaglie; tocca Ponte Valleceppi, Ponte San Giovanni, Pomonte. Si muove nel Patrimonio con il patriarca Giovanni Vitelleschi.

1432
Feb. mar.Toscana e Lazio

Punta verso Valiano in Val di Chiana, attacca Montefollonico e giunge a Città della Pieve. Si impadronisce di Casamala, Caprarola, Fabrica di Roma, Carbognano, Giulianello e Vallerano. Assedia Vetralla alla cui difesa è Giovanni Malavolti. Si impossessa di tale centro in pochi giorni;  a esso seguono in progressione  Orchie, Respanpani, Bieda (Blera), Tolfa, Ancarano, Cencelle e Trevinano; da ultimo assedia per terra Civitavecchia, attaccata dal mare dalla flotta di Piero Loredan. I veneziani si avvicinano; Niccolò Fortebraccio fa accostare due barche barbottate, vale a dire coperte da doppio tavolato come una testuggine, dentro il porto piccolo sotto la rocca. I bracceschi salgono sulle rovine degli antichi portici e raggiungono le grotte che immettono ai sotterranei dove sono raccolti i mercenari catalani al servizio di Giacomo di Vico. Il prefetto si arrende dopo  tredici giorni a patti in cambio di 4000 fiorini e fugge a Siena. Negli stessi giorni Niccolò Fortebraccio ottiene dal pontefice la signoria di Borgo San Sepolcro (Sansepolcro) per dieci anni.

Apr.Lazio

A Roma per un consiglio di guerra con il pontefice onde verificare le possibili conseguenze della venuta in Italia dell’ imperatore Sigismondo d’Ungheria.

Mag.Lazio  Umbria e Toscana

Ottiene da Eugenio IV il permesso di recuperare il corpo dello zio Braccio di Montone che giace sepolto in una fossa nei pressi di Roma. Ne conduce le spoglie a Perugia; queste sono ribenedette e vengono tumulate nella chiesa di San Francesco al Prato.  Attraversa rapidamente lo stato della Chiesa e si colloca alle frontiere  della Toscana, tra Acquapendente e Radicofani, al ponte di Rignano, per controllare i movimenti dell’ imperatore che si è fermato a Lucca.

Giu.Comp. venturaC. di CastelloUmbria

Marcia nel Chiugi e nel tifernate; si accampa vicino a Città di Castello presso la chiesa di Santa Caterina. Inizia  a predare le campagne della Val di Pierla con l’aiuto dei fuoriusciti locali finché il papa non lo richiama a domare la rivolta di Vetralla e di altre terre suscitata da Giacomo di Vico. I perugini inviano in soccorso di Città di Castello 200 fanti agli ordini di Rinaldo dei Sassirossi.

Lug.Umbria

Continua a depredare la Val di Pierla, si riduce all’ Orsaia ed immette in Città della Pieve tutto il frumento predato. Assale un corteo di ambasciatori dell’ imperatore, ne uccide uno e deruba gli altri che stanno ritornando a Siena.

Ago. sett.ChiesaVico SienaLazio

Raccoglie 2000 cavalli e 1000 fanti a Fontana di Fonte, vicino a Viterbo; è qui raggiunto da Menicuccio dell’Aquila con 500 cavalli e 200 fanti. Si reca a Vetralla dove Giacomo di Vico si è fortificato con 1500 cavalli;  si accampa verso Blera. Un assalto è respinto dopo quattro ore.  Fa venire da Viterbo briccole, trabucchi ed altre macchine da guerra costruite in tale città e prosegue l’assedio con continui bombardamenti. Sono pure messe a punto 11 bombarde ed è scavato un cunicolo sotterraneo sotto le mura. Gli abitanti di Vetralla gli inviano degli emissari per trattare la resa a patti; si sollevano ed introducono entro le mura il commissario pontificio, il vescovo di Camerino, e lo stesso Niccolò Fortebraccio con 400 fanti. Il condottiero occupa la rocca, fa saccheggiare le case dei principali fautori del Vico ed impone agli abitanti una taglia di 10000 ducati e di 1000 some di frumento. Tre giorni dopo tutti i castelli del prefetto (Giulianello, Carbognano, Caprarola e Casamala) cadono in suo potere. Con la vittoria il pontefice gli riconosce nuovamente  la signoria di Borgo San Sepolcro (Sansepolcro) dietro il censo di 500 ducati. Il Fortebraccio fa immediatamente entrare nella città come suo vicario Ruggero d’Antignola con 200 fanti.

Ott.FortebraccioChiesa UrbinoLazio

Chiede il saldo delle paghe pregresse al pontefice: Eugenio IV gli risponde che dalla somma richiesta deve essere tolto la parte di bottino di cui si è appropriato a Vetralla e che, come d’uso, prima deve effettuare la rassegna dei suoi uomini. Non obbedisce perché durante le operazioni di assedio ha subito molte perdite in uomini e cavalcature e , di conseguenza, minore sarebbe stata la somma da essergli riconosciuta. Nello stesso tempo rafforza con propri fanti le guarnigioni delle località appena pervenute nelle sue mani. Incomincia a depredare lo stato della Chiesa, ne perseguita i fautori e si allea segretamente con Stefano Colonna.

1433
Gen.Umbria

Città di Castello si ribella a Guidantonio da Montefeltro. La  causa è un tentativo di seduzione da parte del podestà cittadino nei confronti della moglie di un notabile cittadino. Il funzionario viene ucciso dagli amici e dai parenti del marito.  La vicenda provoca   disordini nel centro. Il Fortebraccio coglie l’occasione ed    invia nella località con alcune compagnie di cavalli il suo luogotenente Ruggero d’Antignola.  Il comune nomina Niccolò Fortebraccio suo signore: il fatto suscita lo sdegno del pontefice. Il condottiero lascia il tifernate, occupa il castello di Celle, spiana quello di Vallurbana, che si è dato al Montefeltro. A fine mese è contattato da Francesco da Bologna per conto del duca di Milano: Filippo Maria Visconti desidera che si riconcili con Francesco Sforza perché quest’ ultimo vuole abbandonare gli stipendi ducali per passare al servizio del papa e  come pretesto accampa la sua inimicizia nei confronti dello stesso Fortebraccio.

Feb.Umbria e LazioRientra a Città di Castello e da qui si trasferisce nell’alto Lazio.
Mar.LazioViene attaccato in Vetralla da 3000 cavalli pontifici.
Apr. mag.Lazio ed Umbria

Esce da Vetralla dove rimane Angelo di Roncone con 200 fanti; si sposta con 700 cavalli a Caprarola, a Castelnuovo; mette a sacco Monte della Guardia. A Città di Castello. Alla notizia dell’ uccisione di Stefano Colonna lascia in tale località  il Camuso con 200 cavalli e con il resto delle sue truppe ritorna a Vetralla; da qui si dirige a Monteleone d’Orvieto. Persi molti cavalli per strada a causa della stanchezza e delle sortite dei pontifici, tocca Monte Vibiano Vecchio con 300 cavalli; punta su Pian del Carpine (Magione),  Fratta Todina e  Montone. Marcia nel territorio di Gubbio e, con l’ausilio degli abitanti di Sansepolcro, di Città di Castello e di Montone, distrugge dalle fondamenta 3 castelli (tra cui quelli di Celle e di Vallasbano da Loso) che gli si sono ribellati per aprire le porte al  Montefeltro.

Giu.Umbria Marche

Il Concilio di Basilea lo nomina suo capitano generale. Si muove nell’ orvietano con più di 1000 fanti e  1000 cavalli: mette a sacco Fichino e Carnaiola. Con il Fortebraccio vi sono molti venturieri e fanti senza soldo, tra i quali 500 costituiscono la cosiddetta “brigata della Strenga”. Il conte di Poppi si interpone nella contesa che il condottiero ha con il Montefeltro;  persuade entrambi ad addivenire ad una tregua di quattro mesi. A fine mese è segnalato nei pressi di Recanati.

Lug.Re d’Aragona   FortebraccioNapoli                    ChiesaUmbria Lazio Abruzzi

Pone come suo luogotenente in Città di Castello Arrigo da Modigliana; prosegue per il Chiugi , giunge a Città della Pieve, a Vetralla, a Castelnuovo, ovunque rafforza i presidi ed assolda nuovi condottieri tra i quali Bartolomeo da Gualdo. Tocca San Gemini ed  Amelia danneggiando i territori che attraversa. Su pressione dei perugini si rappacifica temporaneamente con il papa e serve Alfonso d’Aragona contro gli angioini. Negli Abruzzi svolge un’inutile offensiva che si realizza con incendi e stragi a sostegno del principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo. I suoi rapporti con il pontefice Eugenio IV ritornano tesi su istigazione del duca di Milano che gli fa consegnare 15000 fiorini. Il Fortebraccio si collega con Antonio da Pontedera e riprende il suo modo di concepire la guerra. Si trova al comando di 1500 cavalli e di 3000 fanti: ottiene a patti Ficulle e tutti i castelli di Giulio d’Orvieto, che si accorda con lui e lo aiuta in modo attivo. Si dirige su Montefiascone;  si ferma nella piana di Viterbo e nella valle di Vico. Attacca Sutri e ne viene respinto con la perdita di 27 fanti e molti feriti; occupa Casamala e Lugnano in Teverina, che si sono ribellate ai pontifici. Dato alle fiamme il borgo di Sutri, transita per Fabrica di Roma e Soriano nel Cimino: supera  il Tevere e punta su Amelia che ha a patti; occupa Foce e Capitone. Contrastato da Micheletto Attendolo, si muove tra Orte e a Narni e ne segue i movimenti da vicino.

Ago.Umbria e Lazio

Dà alle fiamme il castello di Viano; ottiene a patti Poggio;  rientra a Viano allorché è informato che Giacomo di Vico si è allontanato da Siena con 300 cavalli per affiancarlo nelle sue scorribande. Con tali rinforzi guada il Tevere, assedia Castiglione in Teverina che appartiene a Pietro Paolo Monaldeschi. Fa scavare alcuni cunicoli sotto le mura ed ottiene in tal modo il centro a patti; assale invano Toscanella (Tuscania); con la resa di Porzano, punta su Orvieto, da cui è respinto. Tenta Attigliano, occupa San Lorenzo, nei pressi di Civita Castellana;  si dirige su Roma. Cattura molti uomini sino alla Porta Flaminia (Porta del Popolo) della città e razzia 5000 capi di bestiame; si impadronisce, a nome del Concilio di Basilea, dei ponti sulla Salaria e sulla Nomentana; sbaraglia a Genazzano le truppe del cardinale  Vitelleschi,  mossesi in tutta fretta dalle Marche. Sconfigge ancora Francesco Piccinino quando il legato pontificio deve rientrare nella Romagna in rivolta. Con le prede e 400 prigionieri, per lo più giovani sorpresi a lavorare nei vigneti del circondario, si sposta su Tivoli dove vi è un trattato a suo favore. E’ respinto da Rinaldo Orsini; restituisce i 2 stendardi ricevuti a suo tempo come Gonfaloniere dello stato della Chiesa ed assedia la città con l’aiuto dei colonnesi che lo riforniscono di vettovaglie da Palestrina e da Zagarolo. Vende per 600 fiorini il bestiame predato a Roma;  assale l’abbazia di Subiaco, il cui abate gli riconosce una taglia di 400 fiorini. Si impossessa del borgo di Subiaco con otto castelli, mentre Micheletto Attendolo si avvicina  minacciosamente ai suoi danni.

Sett.LazioViene assediato in Genazzano da Micheletto Attendolo: in uno scontro perde 18 uomini d’arme e ne cattura 16.
Ott.Lazio

Occupa Tivoli con l’aiuto dei ghibellini locali e ne scaccia il conte di Tagliacozzo Gian Antonio Orsini; molesta il distretto urbano e tiene Roma quasi sotto assedio.

Nov.Umbria

Ottiene Assisi con l’aiuto dei suoi partigiani Francesco, Simone ed Antonio da Monteverde, i quali penetrano nella città con alcuni fanti forniti loro da Arrigo da Modigliana.

Dic.

I romani catturano in Sabina 17 uomini delle sue compagnie;  costoro vengono impiccati a Roma in Campidoglio. Da parte sua Niccolò Fortebraccio entra in urto con Antonio da Pontedera, che lo abbandona perché deluso nella sua ambizione di divenire signore di Roma.

1434
Gen.Lazio

Assale, invano, Rieti, difesa dal protonotario Pietro Ramponi; vista la resistenza, si trasferisce nel viterbese e si impadronisce di Montefiascone; a Tivoli si scontra con Antonio da Pontedera che lo ferisce con un colpo di lancia: al termine dello scontro chiede al papa un medico per farsi curare. Eugenio IV, magnanimo, gli invia due dottori ebrei.

Mar.Lazio

Conclude una tregua con i pontifici. Francesco Sforza accetta di militare ai danni di Niccolò Fortebraccio. A fine mese  si muovono contro il condottiero umbro Francesco Sforza, Micheletto e Lorenzo Attendolo,  nonché Niccolò da Tolentino.

Apr.LazioViene assalito in Monterotondo.
Mag.Lazio

E’ sconfitto a Mentana ed è assediato in Tivoli; Montefiascone è attaccata da Gentile della Sala. Esce da Tivoli con i fanti e 1200 cavalli per raccogliere foraggio per la cavalleria: viene battuto dai pontifici che gli catturano 200 cavalli;  è ferito alla gola e viene inseguito sino alle mura della città. Interviene a suo favore Filippo Maria Visconti che gli invia in soccorso Niccolò e Francesco Piccinino. Costoro  superano ad Orvieto la resistenza di Francesco Sforza. Agenti del duca di Milano  organizzano, nel frattempo, un tumulto popolare a Roma. Eugenio IV è costretto a fuggire  nottetempo dalla città travestito da monaco benedettino; si pone in salvo salendo su un’imbarcazione che lo porta via Tevere ad Ostia; da qui, sale a bordo di un battello da carico che gli permette di raggiungere Pisa; ultima meta è Firenze. Alla notizia della rivolta il  Fortebraccio lascia Tivoli con 600 cavalli e 400 fanti e giunge a Monterotondo; attraversa il Tevere a Castelnuovo di Porto e perviene a Vetralla. I romani inviano al Fortebraccio il gonfalone della città e lo nominano loro capitano generale.

Giu.Lazio

Lascia Vetralla e si incontra con Niccolò Piccinino alle Bussette; entra in Roma e ne assume il controllo con il Piccinino: gli è consegnato il gonfalone della città.

Lug.Umbria

Si trova con il Piccinino a San Gemini;  stipula con gli avversari una tregua su pressione dell’ ambasciatore visconteo Urbano da Ortona. La notte precedente l’ entrata in vigore del trattato il  Fortebraccio attacca il campo di Francesco Sforza e vi  sorprende Pietro Brunoro: lo Sforza si lamenta di tale fatto con il Piccinino; quest’ultimo gli fa restituire ogni preda. Alla sua scadenza la tregua viene rinnovata per  cinque mesi.

Ago.Lazio

I pontifici sono sconfitti a Castel Bolognese da Niccolò Piccinino. Il Fortebraccio riceve 30000 ducati dal duca di Milano. Lascia Fara Sabina; viola la tregua in corso e si avvicina a Roma fino a Trastevere. Assedia Castel Sant’Angelo ed alloggia nel palazzo del papa a fianco della abbandonata chiesa di San Pietro. Il Sarpellione lo obbliga a ripiegare.

Sett.Lazio ed Umbria

Conclude una nuova tregua; i romani gli consegnano 3000 ducati.  A metà mese entra nel perugino, supera il Ponte della Pietra, esce a San Martino della Fiera e la sera alloggia a Ponte San Giovanni con 300 cavalli. I perugini gli regalano cera, confetti ed altre cose. Si allea con il signore di Foligno Niccolò Trinci e molesta gli stati di Francesco Sforza in Umbria e nelle Marche. Si trasferisce a Montefiascone ed a Acquapendente.

Ott.Umbria

Anche gli sforzeschi rompono la tregua; Micheletto Attendolo e Leone Sforza favoriscono in Roma il partito filopontificio degli Orsini. Niccolò Fortebraccio scorrazza per alcuni giorni nei territori controllati da Francesco Sforza finché , a fine mese, rientra in Città di Castello per sposarsi con Ludovica di Battifolle, figlia del conte di Poppi Francesco. Molte sono le feste; ricchi donativi provengono da Perugia, quali drappi ed argenterie per un valore di 500 ducati; una giostra, organizzata per l’occasione, viene vinta da un suo soldato, Varagino dei Michelotti.

Nov.Umbria

Ad Assisi. Effettua nuove scorrerie nei contadi di Gualdo Tadino e di Todi;  cattura molte  persone; raccoglie le sue prede e le ammassa in Collemancio: è fatto prigioniero, tra gli altri, alle Case del Piano un cancelliere di  Francesco Sforza che da Firenze si sta recando a Perugia.  Depreda pure un corteo nuziale nei pressi di Marsciano: l’ azione termina con il rapimento della moglie del Gattamelata.

Dic.Umbria

Fa impiccare all’ospedale di Parete, in Assisi, 3 persone accusate di volere consegnare la città a Francesco Sforza;  fa decapitare a Castelnuovo Bartolomeo da Gualdo, da lui sospettato di  abbandonare il suo soldo per passare agli stipendi dei fiorentini.

1435
Gen.Umbria

Perde Riparbella e San Vito; anche Giacomo di Vico lo abbandona;  il Fortebraccio non ha più  il controllo di Vetralla. Firma a Perugia con Francesco Sforza una nuova tregua d’armi di trenta giorni.

Feb.Umbria

Defeziona nel campo avverso Montecchio, centro nei pressi di Assisi: Niccolò Fortebraccio viene subito sotto tale castello, vi irrompe a forza, vi cattura i fanti entrativi a nome di Francesco Sforza; li fa condurre in Assisi e li fa torturare da coloro che hanno consegnato la località al nemico. Alla fine costoro sono tutti squartati.

Mar.LazioCon Lorenzo Colonna e Jacopo Orsini devasta i contadi di Monterotondo, Tivoli e Castelnuovo di Porto.
Mag.Umbria

Infesta il territorio di Gualdo Tadino e mette a sacco Grello; respinge Leone Sforza da Assisi, recupera Galgata e vi fa impiccare 7 uomini. I perugini lo invitano ad allontanarsi dal loro territorio con Francesco Piccinino. Il Fortebraccio si sposta a Ponte Pattoli, a Resena, Pianello, Bettona distruggendo ovunque i raccolti.

Giu.Umbria e  Toscana

Si colloca sotto Montefalco, ne occupa i borghi e fa 150 prigionieri. Rientra a Sansepolcro, che si è ribellata a favore di Francesco Sforza;  punisce i partigiani dell’ avversario. Ad Assisi; si allontana dalla città dopo pochi giorni con 600 cavalli e si muove in soccorso di Foligno dove i Trinci sono assediati da Leone Sforza e dal cardinale Vitelleschi. Non accetta lo scontro frontale che gli è richiesto da Francesco Sforza:  Si dirige a Città di Castello. Viene informato che Leone Sforza è accampato a Montefalco con scarse precauzioni.

Lug.Umbria

Con la collaborazione di Corrado Trinci e di Francesco Piccinino (700 cavalli) copre celermente 60 miglia, attacca all’ improvviso Leone Sforza e lo fa prigioniero a Montefalco con tutte le sue truppe (300 cavalli e 200 fanti) mentre  sta giocando a scacchi.

Ago.Umbria e Marche

Assedia la rocca di Montefalco;  i difensori si arrendono a patti; contro ogni promessa fa decapitare Francuzzo da San Severino, che vi si era rifugiato: secondo altre fonti il  Fortebraccio concede al condottiero avversario un salvacondotto, salvo ad assalirlo ed a ucciderlo in un agguato posto nei pressi. Si attenda poi sul Chienti a Beldiletto, si avvia contro Camerino controllata dallo  Sforza. Espugna il castello di Prefoglio (messo a sacco) e quello di Appennino dopo un breve bombardamento; si porta a Serravalle di Chienti con 1000 cavalli e 500 fanti per portare in salvo le prede;  si sposta all’assedio di Fiordimonte nella valle di Sant’Angelo di Camerino. A fine mese viene affrontato da Taliano Furlano,  da Taddeo d’Este, da  Cristoforo da Tolentino, da Guidantonio Manfredi, da Manno Barile, dal Gattamelata, da Brandolino Brandolini e da Alessandro Sforza. Le sue truppe si danno alla fuga dopo un breve scontro. Niccolò Fortebraccio cade dalla sua  cavalcatura nel saltare un fosso; resta preso con una gamba sotto la cavalcatura. I nemici gli sono addosso. Finge di arrendersi e guadagna tempo per tirar fuori la spada; lo contrasta Cristoforo da Forlì che, con un colpo tra il naso e la guancia, conficca al suolo il capitano. Il condottiero  resta immobile e non permette a nessuno di prestargli soccorso. Il Fortebraccio muore dopo due /tre ore, pieno di rabbia e senza proferire parola, proprio come Braccio di Montone. Si racconta che il suo corpo sia stato fatto a pezzi dai fuoriusciti perugini e che sia stato messo dentro un sacco. E’ sepolto in Assisi. Ricordato da Lorenzo Spirito in “Lamento di Perugia soggiogata”. Ritratto del Bramantino. Sposa Luisa di Battifolle, figlia del conte di Poppi Francesco.

 CITAZIONI

-“Lasciò di sé opinione di uomo valoroso intrepido nella sventura, ma irreligioso superbo crudele, anzi bestiale.” EROLI

-“Anche nella morte volle imitare suo zio, il grande Braccio, il suo idolo per tutta la breve esistenza di trent’anni o poco più. E in effetti la sua fine è una di quelle rimaste leggendarie nella storia dei capitani di ventura, perché significativa del vinto che non vuol dare minima soddisfazione al vincitore con la sua sofferenza che, silenziosa, finisce per appartenere solo a lui, un rantolo mortale soffocato nello sdegno del nemico.” RENDINA

-“Nicolò Fortebracci, onor di mia/ Gloria, con gli altri un nuovo Marte a tondo/ Mostrò quanto dell’arme il colmo sia.” Lorenzo Spirito riportato da FABRETTI

-“Meno fortunato che prode nelle battaglie, nella brevità della militare carriera gli valse il nome per avere onorevole condotta appo i potenti di quell’età. Formatosi alla scuola di Braccio, agevolmente raccolse e compose un esercito di bellicosi uomini, o manco indipendente prese a guerreggiar per altri.” FABRETTI

-“Nicolò aspramente, menava la guerra: io non credo che mai più fusse niuno che sì nimichivolmente guerra facesse..Costui di ferro e di fuoco persone e ville faceva perire: ognora le sue genti crescevano; conciossia cosa che chi non aveva soldo, a piè come a cavallo, traevano a lui.. Egli amava più la fatica per il male, che il riposo per il bene: oggi correva in un paese, e domani in un altro. Le sue brigate sempre andavano e venivano, siccome tu vedi le formiche andare, ed altre con la preda tornare..In questo perverso uomo non si trovò mai, non che pietà, un alcuno minimo rispitto (respiro) di quiete.” CAVALCANTI

-“Era piuttosto piccolo che grande, magrantino, superbo, pericoloso, e crudele a fare ogni fatto e cupido voler roba per ogni maniera..Era stato detto Nicolò grand’omicidiale, e aveva fatti guastare molti omini, e quante terre li venivano alle mani tutte le lassava disfatte.” DELLA TUCCIA

-“Egli è uno gazino (piccola gazza, un furbastro) colla coda pelata, pieno di trappole e d’inganni.” ALBIZZI

-“Era huomo pronto di mano e di consiglio.” PELLINI

-“Eccellente Capitano.” SABELLICO

-“Capitano eccellente di quell’età.” SANSOVINO

-Alla battaglia di L’Aquila “Quel Nicolò Guerrery, campione,/ Cavally e homini d’arme messe a terra,/ Unde alla fine remase prescione/ Del conte san Valentino, el dir non erra.” VALENTINI

-Alla battaglia di L’Aquila “Che pensate de Nicolo Guerrieri?/ Ben se portava più che paladino,/ Nome fè in vattalia tanto Olivieri,/ Homini, e caval manda sul terrino.” CIMINELLO

-“Insigne condottiero del secolo XV.” BOSI

-“Egregio tum copiarum Duce.” PLATINA

-“Illustre condottiero del secolo XV.” UGOLINI

-“O quanto po di fortuna dolersi/ Niccolò Fortebracci che sarebbe/ Primo frulor ma li fu i cieli adversi/ In breve spatio si sua fama crebbe/ Che prese Roma et fe cose profonde/ Tanto che in fine il cielo invidia nebbe.” Cambino Aretino riportato da FABRETTI

-“Nicolò Fortebraccio io son quel degno/Di tanta fama che mortal non doma;/E fu di tal virtù l’inclito ingegno/Che ‘l V.. di Dio cacciai di Roma:/Io son colui che giunsi quasi al segno/Di somma gloria.. misi la soma/Sempre con colpi a chi mi fu contrario/Dando ai miei nemici stato amaro.” da un epitaffio del Matarazzo, riportato da FABRETTI, sotto il suo ritratto un tempo collocato a Perugia nel palazzo di Braccio Baglioni.

-“Homo de grandissime soliçitudini ne la guera..Era Nicholò valentissimo aventurado.” G. DI M. PEDRINO

-“Fece strepitose azioni militari.” G. MUZZI

-“Fu gran Capitano di Braccio.” CRISPOLTI

-“Erat Fortebraccius eorum hominum, qui illius saeculi more, latrociniis vivere assueti, nihil magis quam pacem inimicum habent.” BEVERINI

-“Soldato di gran fama.” P. BONOLI

-“Magnanimo e virile..Il quale se la fortuna non l’avesse levato dal mondo grandissime exaltatione avaria conseguito per la sua grande animositade e solicitudine, capitano senza paura.” BROGLIO

-“Magnifico e potente et magnanimo.” BRUTO

-“Magnifico e potente et magnanimo.” PACIARONI

-“Valoroso avventuriero.” BARTOLAZZI

-Cattura di Leone Sforza “Era el signor leon posto a bevagna/ E per l’hoste lontan senza le scolte/ Attendea pur a dir piglia e guadagna/ Non passo in questo stil giornate molte/ Nicolo fortebraccio, che l’intese,/ El fe pentir de l’opinion stolte.” CORNAZZANO

-“La letteratura che lo riguarda è abbastanza vasta, essendo egli venuto in contatto, per la sua professione e e per una certa fama acquisita durante il suo tempo, con molti comuni dell’Umbria, Firenze, Roma e altri grossi centri. Lo storico perugino Ariodante Fabretti scrisse la sua biografia nel 1843 e vari studiosi di cose umbre hanno notato la sua significativa presenza nel panorama politico-militare del tempi.” REGNI

-“Uno dei più celebri capitani d’Italia…Come nipote di Braccio, , si studiò d’imitarne sempre le azioni, ed ebbe pure in molte cose la fortuna simile a quelle dello stesso Braccio. Imperocché intrepidi e valorosissimi e questi e quegli, ascesero l’uno e l’altro a grande altezza di stato, e nemici entrambi dei Papi, presero ambedue Roma, benché non ne potessero conservare il possesso per non avere potuto espugnar mai il Castello, e morirono ambedue infelicemente senza che nessun di loro potesse trasmettere i fatti acquisti e lo stato agli eredi.” COLESCHI

Fonte immagine in evidenza: Umbria Turismo

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