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LUIGI AVOGADRO Di Sarezzo. Conte. Guelfo. Signore di Lumezzane e di Meano.
Padre di Antonio Maria Avogadro.
- 1512 (febbraio)
Anno, mese | Stato. Comp. ventura | Avversario | Condotta | Area attività | Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
………….. | Lombardia | Dimora abitualmente a Cogozzo. Possiede alcune case anche a Brescia. | |||
1474 | |||||
Mar. | Lombardia e Lazio | Ottiene a Brescia il titolo di conte dal re Cristiano di Danimarca. Accompagna il sovrano a Roma. | |||
1477 | Lombardia | La Serenissima concede a lui ed ai fratelli una provvigione annua di 400 ducati. | |||
1483 | |||||
Ago. | Venezia | Milano | 20 lance | Lombardia | Si pone alla difesa di Brescia con 100 cavalli; allorché gli sforzeschi giungono sino al borgo di San Giovanni esce dalla porta di San Nazzaro e li affronta con alcuni uomini d’arme. |
1486 | 100 uomini d’arme | ||||
1487 | Venezia | Austria | |||
1495 | |||||
Giu. | Venezia | Francia | Maresciallo di campo 60 lance | Emilia | Viene nominato dal capitano generale dei veneziani, il marchese di Mantova Francesco Gonzaga, maresciallo di campo assieme con Febo Gonzaga, Marco da Martinengo e Giovan Francesco Gambara. |
Lug. | Emilia | Prende parte alla battaglia di Fornovo inquadrato nell’ala sinistra. Appoggia il Gonzaga nel suo attacco ai francesi. | |||
Ago. | Piemonte | All’assedio di Novara. | |||
Ott. | Piemonte | Entra in Vercelli con Febo Gonzaga a seguito della stipula di una tregua. In un secondo momento è segnalato accanto a Francesco Gonzaga nelle trattative di pace che portano alla consegna di Novara a favore di Ludovico Sforza. | |||
1496 | |||||
Dic. | Liguria | E’ inviato in soccorso dei genovesi con Taliano da Carpi, Alessandro Colleoni e Taddeo della Motella. | |||
1497 | |||||
Sett. | Lombardia | Con Marco da Martinengo ospita a Brescia l’ex-regina di Cipro Caterina Corner, sorella del podestà Giorgio. Sono suoi ospiti, nell’occasione anche il cardinale Ippolito d’Este e, in incognito, Francesco Gonzaga. | |||
1498 | Venezia | Firenze | Toscana | Combatte i fiorentini in Toscana a favore dei pisani. | |
1499 | |||||
Ago. | Venezia | Milano | maestro di campo | Lombardia | E’ nominato dal capitano generale della Serenissima Niccolò Orsini maestro di campo assieme con Filippo Albanese, Giovan Francesco Gambara ed Antonio Pio. |
Sett. | 60 lance e 15 cavalli leggeri | Lombardia | Si presenta con Soncino Benzoni davanti alla Porta di Santa Lucia di Cremona e chiede la resa agli abitanti. | ||
1500 | Venezia | Sforza | Lombardia | ||
1502 | 60 lance | Lombardia | Nei primi mesi, con Taddeo della Motella, è coinvolto in Cremona in una congiura organizzata dai Ponzoni con Ermes Sforza al fine di portare la città sotto il dominio degli imperiali. La pratica si conclude con l’impiccagione, l’arresto ed il bando di alcuni cittadini. Luigi Avogadro non riceve alcun castigo. Tra marzo ed aprile consiglia alle autorità della Serenissima alcune migliorie da apportare alle fortificazioni di Brescia. | ||
1503 | |||||
Ago. | 60 lance | Lombardia | Alla rassegna di Martinengo. | ||
1504 | |||||
Mag. | Lombardia | A Castelleone alla rassegna della sua compagnia. | |||
Lug. | Lombardia | Gli è concessa una provvigione mensile di 100 ducati. Il Consiglio dei Dieci, a Venezia, gli dona una casa nella città lagunare. | |||
1508 | |||||
Apr. | Venezia | Impero | 300 cavalli | Lombardia | Arruola a proprie spese 100 fanti per affrontare gli imperiali. Affianca Bartolomeo d’Alviano al recupero di Pieve di Cadore. Da qui è inviato ad Anfo con il provveditore Agostino Valier al fine di controllare la situazione in Val di Ledro ed in Val di Noce. |
1509 | |||||
Gen. | Lombardia | Assolda a proprie spese per quattro mesi 600 cernite delle valli bresciane. | |||
Feb. | Lombardia | A Cremona, con l’incarico di sorvegliare due porte della località. | |||
Mar. | Venezia | Francia | Lombardia | Rafforza la guarnigione di Pizzighettone. Si sospetta, infatti, che alcuni abitanti vogliano cedere la città ai francesi. | |
Apr. | 75 lance | Lombardia | Contrasta il passo con i suoi 300 cavalli a 150 uomini d’arme, 200 cavalli leggeri e 2500/3000 fanti francesi che cercano di attraversare l’Oglio. Al campo di Pontevico è inquadrato nella colonna di Bernardino di Montone. Muove verso Treviglio con il Montone ed ha una scaramuccia con i francesi. | ||
Mag. | Lombardia | E’ presente alla battaglia di Agnadello (dove si trova al comando di 600 cernite dei propri territori). Fugge, senza combattere, dal campo di battaglia con Taddeo della Motella e Giovan Francesco Gambara. Viene sciolta la sua compagnia per cui rientra a Brescia devastata da saccheggi e violenze. Con il Gambara si avvicina ai francesi ed ottiene con l’astuzia il castello cittadino. Si fa accogliere nella rocca con molti servitori, quasi voglia sottrarsi alla cattura da parte degli avversari; fa prigioniero il castellano Andrea Contarini e si impossessa della fortezza a nome del re di Francia Luigi XII. La popolazione è in fermento; come in simili circostanze sono saccheggiate le case e le botteghe degli ebrei, il capro espiatorio della nuova situazione. I fanti dell’ Avogadro e quelli di Battista da Martinengo, si oppongono invano ai disordini che colpiscono in particolare la chiesa di Sant’ Agostino, adibita a magazzino cereali. 800 some di avena ed altrettante di frumento sono rubate. A fine mese entra nella città il re di Francia Luigi XII accompagnato dallo Chaumont (Carlo d’Amboise), dal legato pontificio, da Francesco Gonzaga, da Gian Giacomo da Trivulzio, da Galeazzo da San Severino e Marco da Martinengo. | |||
Giu. | Lombardia | Fa sì che anche Cremona e la rocca, di cui è alla guardia il suo fautore Giacomino di Val Trompia, si arrenda ai francesi. Il re Luigi XII lo infeuda della Val Trompia. | |||
Lug. | Lombardia | Con Giovan Francesco E Niccolò Gambara affianca il sovrano nel suo solenne ingresso in Milano. I francesi gli impediscono di ritornare in Brescia. Non è ben visto da costoro ed è, nello stesso tempo, odiato dai veneziani per il suo tradimento. | |||
Ago. | Francia | Venezia | 50 lance | Lombardia | Gli è concessa una provvigione annua di 500 scudi, mentre altri 500 scudi sono riconosciuti ad un figlio. E’ deluso nelle sue aspettative per quanto riguarda l’attribuzione di una condotta. Viene invitato a seguire il sovrano in Francia. |
Dic. | Lombardia | Rimane a Brescia. In Francia si reca invece un figlio. | |||
1510 | |||||
Apr. | Veneto | A Verona. Segue Ivo d’Allègre in un attacco contro Legnago. | |||
Mag. giu. | Veneto | Al campo di Monselice. Tramite un fedele familiare si mette in contatto con i veneziani. Invia a Venezia, al Consiglio dei Dieci, Ambrogio Avogadro per informare la Serenissima sulle condizioni dell’ esercito francese. | |||
Lug. | Veneto | E’ segnalato al campo di Santa Croce Bigolina sul Brenta; informa ancora i veneziani sugli obiettivi delle truppe franco-imperiali tramite una persona vicina al condottiero Lattanzio da Bergamo (il figlio di Pin da Bergamo). | |||
Ago. sett. | Veneto | Al campo di Olmo, nei pressi di Vicenza. Ultimi contatti, poi un apparente silenzio per alcuni mesi. | |||
1512 | |||||
Gen. | Venezia | Francia | Lombardia | Offre ai veneziani di consegnare loro a metà mese la porta di San Nazzaro in Brescia. Il provveditore Andrea Gritti si ferma alla data convenuta a Montichiari con 800 cavalli leggeri, 200 uomini d’armi, 500 fanti e 4 pezzi di artiglieria. Alcuni congiurati (tra cui Giacomino di Val Trompia, Luigi Avogadro e Valerio Paiton) si appostano fuori le mura. Altri congiurati sono pronti ad agire dall’ interno della città; tra essi vi sono Antonio da Martinengo, Ventura Fenaroli, Pietro Avogadro e Tommaso Ducco, in tutto 500 cittadini. Costoro devono impadronirsi della porta di San Nazzaro, coadiuvati dall’ esterno dai montanari della Val Trompia. In Brescia vi sono solo 200 cavalli e 200 fanti comandati dal governatore della città de Ludes e da Corrado Tarlatini, cui si aggiungono 100 lanzichenecchi condotti dal Tremore ed altri 500 fanti. Andrea Gritti è avvistato da Giorgio da Longhena, che corre a perdifiato a Brescia (gli muore il cavallo per la fatica) per avvertire il de Ludes dell’ arrivo dei veneziani. I congiurati si ritengono perduti e si danno alla fuga. Luigi Avogadro ripara a Nave con Valerio Paiton, mentre il figlio Pietro è catturato. Tommaso Ducco è tradito da un suo cugino; Girolamo Riva da un tessitore: sono tutti subito giustiziati. Respinte le proposte di perdono offerte dal de Ludes, l’ Avogadro si porta a Cogozzo; al comando di 10000 uomini solleva il territorio ed inizia ad assediare il capoluogo. | |
Feb. | Lombardia | Ai primi del mese si unisce a Castenedolo con i veneziani del provveditore generale Andrea Gritti (400 lance e 1000 stradiotti). Il Gritti si presenta a Sant’Eufemia della Fonte mentre i congiurati raccolgono più di 10000 uomini all’abbazia di San Gervasio. Nel piano di battaglia il provveditore deve bombardare le mura dalla parte della Torlonga; il grosso dell’ esercito veneziano si sarebbe posto, invece, presso il castello vicino alla porta del Soccorso. Luigi Avogadro avverte il Gritti di muoversi. A mezzanotte un frastuono immenso di trombe e di tamburi si solleva all’ improvviso da Porta San Giovanni sino a quelle di San Nazzaro e di Sant’Alessandro. Il presidio francese corre da quel lato, mentre Giacomino di Val Trompia con 3000 uomini della val Trompia e della val Sabbia assalgono Brescia da nord nei pressi di Porta Pile penetrando da questo punto nella città. I francesi, messi in fuga, si rinchiudono nel castello con i loro fautori. Valerio Paiton abbatte Porta Pile alla testa dei suoi valligiani; Pietro da Longhena e Francesco Calzone con gli uomini della Riviera del Garda combattono a Porta Torlonga; Gian Francesco Rozzoni e Confaloniero Confalonieri assalgono la Porta San Giovanni. Irrompono nella città anche i veneziani. Luigi Avogadro fa saccheggiare ed abbattere le case dei Gambara e dei ghibellini, nonché quelle di numerosi mercanti milanesi; con alcuni cavalli leggeri sconfigge a Montichiari 120 uomini d’arme francesi e stringe d’assedio il castello di Brescia. A metà mese, tuttavia, Gastone di Foix riesce ad irrompere a sua volta nella città attraverso il castello. I fanti di Babone Naldi non sono in grado di arginare l’assalto. L’Avogadro esce per Porta Pile e si avvia verso il borgo di Sant’Eustachio. Si difende ai piedi del Dosso ed a Porta Bruciata. Cerca di fuggire unendosi con gli stradiotti che hanno rotto la Porta di San Nazzaro; ne viene impedito dalla calca; riconosciuto da alcuni soldati di Gian Giacomo da Trivulzio, è catturato, consegnato a Gastone di Foix che lo accoglie con dure parole; è rinchiuso, prima nel monastero di San Domenico e, poi, nel castello. E’ preceduto nel supplizio da Tommaso Ducco e da Girolamo Riva, decapitati, squartati ed appesi alle forche. L’Avogadro viene decapitato con uno stocco dopo due giorni in piazza della Loggia alla presenza del Foix e dei principali condottieri regi. Ad annunciargli l’imminente esecuzione gli è inviato in cella un frate agostiniano; gli è concesso solo il tempo di confessarsi e di esprimere a voce le sue ultime volontà. Solo una fonte assicura che egli sia stato sottoposto a tortura, per cui avrebbe fatto il nome dei suoi complici. L’esecuzione è barbara perché la vittima è costretta a rimanere in piedi e lo spadone del boia non ha la lama affilata. Qualcuno riferisce che l’Avogadro, alla fine, si sia segato da solo la gola dopo alcuni tentativi mal riusciti di decapitazione. Il giorno successivo (o due) il suo cadavere è squartato ed i lacerti sono appesi ad altrettanti patiboli (tra cui la Porta di San Nazzaro) in basso, per essere pasto dei cani. La sua testa viene issata su una picca in cima alla alta Torre del Popolo. I figli Pietro e Francesco sono condotti a Milano nel Castello Sforzesco e qui vi sono a loro volta decapitati. Si salva solamente il dodicenne Antonio Maria Avogadro che, dopo varie traversie, riesce a fuggire a Venezia. La vita di Luigi Avogadro e la sua congiura hanno ispirato due tragedie: la prima, composta da Pierre Delloy, intitolata “Gaston et Bayard” appare a Parigi nel 1770; la seconda di Francesco Gambara, intitolata “Luigi Avogadro”, è stata stampata a Milano nel 1830. Sposa Nostra da Martinengo. |
CITAZIONI
-“Era ditto conte Aloviso et filioli, a quello se diceva, che andasevano a monache; era quello homo bello e grando. Luy fo traditore a Veneziani al tempo ch’el ditto re Ludovico rompete lo campo in gera d’Ada; luy fo quello che fece rendere il castello de Cremona et da poi intrete in castello de Bressa, et luy fo salvo et dete ditti castelli a ditto re de Franza.” Da una cronaca riportata dal FRATI
-“Era un ambizioso che tutto avrebbe sacrificato alla sua grandezza, ma di alti spiriti e gagliardi, come di cuore impavido e risoluto.” ODORICI
-“Il qual’era in grandissima stima così fra i cittadini, come fra i paesani.” RUSCELLI
-“De’ primi soggetti in Brescia.” VERDIZZOTTI
-“………e ratto egli ebbe/ Sulla piazza maggiore il capo mozzo./ Molto alla patria il di lui fato increbbe,/ Che in fine ei non mertava tanto sozzo;/ Morì qual visse, ed il piacer non ebbe/ Gaston (Gastone di Foix) di udire un solo suo singhiozzo.” GAMBARA
-“Lo vedemmo dai cronisti contemporanei rappresentato chiuso nelle sue case, cupo, insoddisfatto e disdegnoso, non tanto per la francese tracotanza e per amor di libertà, come lo vollero il Sanuto ed altri più tardi, ma soprattutto perché non reputava appagate da Luigi XII le molte promesse dei primi tempi, specialmente a confronto con quanto avevano ottenuto gli odiatissimi Gambara. Altre passioni ancora lo spingevano verso i pericoli di una azione sì temeraria; pressante doveva essere, con ogni probabilità, l’incitamento della moglie Nostra, la cui nipote Taddea era rimasta vedova di Giovanni Maria della Motella (giustiziato dai francesi), entrambe uscite dalla famiglia dei Martinengo di Padernello..che ferocemente avversavano i Gambara…Esperto d’armi, trionfatore di giostre (vinse un bellissimo palio d’oro in quello del 13 novembre 1487), condottiero risoluto ed audace, aveva partecipato nel 1495 alla battaglia del Taro ed in seguito in molte altre imprese di guerra, a Lendinara, a Caravaggio, a Treviglio, a Cremona, unitamente ad altri capitani bresciani che militavano per Venezia, al pari di loro tenuto in gran conto ed ascoltato, non alieno neppure da intrighi politici ed a volte incaricato di delicatissime missioni segrete…Di animo portato ad ogni rischio, di mente irrequieta, chiuso e diffidente, duro e violento, divorato dall’ambizione, si mostrava tenero solamente verso i figli che pur trascina con sé all’estrema rovina nella speranza di farli potenti, feroce con chi gli contrastava il passo nei suoi disegni.” PASERO