GIOVANNI DI VICO

0
3739
Giovanni-di-Vico
Roccarespampani, la Rocca vecchia

Last Updated on 2024/03/12

GIOVANNI DI VICO Prefetto di Roma. Ghibellino.

Signore di Viterbo, Vetralla, Rieti, Orvieto, Civitavecchia, Tarquinia, Marta,   Bolsena, Terni, Spoleto, Narni, Amelia, Tuscania, Tolfa, Blera, Canino, Montalto di Castro, Ronciglione, Vallerano, Rocca Respampani, Vignanello e Sipicciano.

Padre di Francesco di Vico.

  • 1366 (aprile)
Giovanni-di-Vico
Roccarespampani, la Rocca vecchia
Anno, meseStato. Comp. venturaAvversarioCondottaArea attivitàAzioni intraprese ed altri fatti salienti
1332
Dic.LazioCon il fratello Faciolo, signore di Viterbo, presenzia a Sutri all’atto di sottomissione del congiunto di fronte al legato pontificio Filippo di Cambarlhac.
……………..Lazio

Si ammala gravemente il figlio Francesco; promette in caso di sua guarigione di   fargli prendere il saio francescano. Gli amici lo convincono a mutare parere ed a promettere invece la somma di 500 ducati al convento di San Francesco di Viterbo e la costruzione di una porta della chiesa.

1337
Ott.LazioSuccede al padre Manfredo nell’incarico di prefetto di Roma.
1338
…………….LazioNel periodo la sua signoria comprende i centri di Civitavecchia, Tolfa, Blera, Rocca Respampani, Ronciglione, Vallerano, Vignanello e Sipicciano.
Apr. Vico VicoLazio

A fine mese entra in Viterbo alla testa della fazione ghibellina, coglie il fratello Faciolo in casa di un altro fratello, Sciarra, presso la chiesa di San Salvatore, e lo uccide con le sue mani. In città viene rovesciato il regime guelfo ed il Vico si impadronisce della signoria di Viterbo. L’imperatore Ludovico il Bavaro lo nomina suo vicario nel Patrimonio.

1339
Gen.UmbriaCon la mediazione del rettore del Patrimonio Ugo d’Augerio si accorda con i signori di Orvieto, i figli di Ermanno Monaldeschi della Cervara.
1342LazioE’ confermato dal papa Clemente VI nel vicariato di Viterbo.
1343
…………….LazioChiede al nuovo rettore del Patrimonio Guigone da San Germano il suo intervento su Orvieto affinché siano puniti per le loro scorrerie nel viterbese i signori di Castel di Piero.
Ago.Lazio

Acquista alcuni terreni a Vetralla da Andrea Orsini e vi inizia la costruzione di una fortezza. Il papa lo diffida a continuare nei lavori. Ha Inizio un conflitto con i pontifici.

1344
Ago.LazioAccoglie con tutti gli onori in Viterbo Pietro Monaldeschi della Cervara figlio di Corrado. Invia alcune spie nel campo orvietano allo scopo di essere informato sui movimenti dei suoi avversari.
Sett.LazioIntenta un processo ad alcuni mercanti di Bagnaia perché hanno concesso un prestito di 1000 libbre al rettore del Patrimonio Bernardo di Lacu. Il denaro è stato utilizzato dai pontifici per assoldare alcune compagnie di venturieri con le quali fare fronte ai Monaldeschi della Cervara.
AutunnoVicoChiesaLazio

Con Luca Savelli devasta il viterbese ed il Patrimonio;  cerca di sollevare tali territori alla Santa Sede. Incorre nelle censure ecclesiastiche.

1345
Mar. mag.VicoOrvietoUmbria

Appoggia nell’orvietano i Monaldeschi della Cervara ai danni dei Monaldeschi della Vipera e del  rettore del Patrimonio. Vi invia il fratello Sciarra con alcune compagnie di soldati. A fine maggio il fratello e Corrado Monaldeschi della Cervara entrano trionfalmente in Orvieto. Si organizzano grandi feste in Viterbo per l’occasione.

1346
…………….Umbria e Lazio

Coadiuva ancora Corrado Monaldeschi della Cervara ai danni dei pontifici. Occupa con il favore dell’alleato Piansano, Bagnorea (Bagnoregio), Toscanella (Tuscania). In Viterbo il Vico ha un predominio tale mai  posseduto da alcun precedente signore della città. I suoi fautori giungono  al punto di innalzare nella piazza del Comune una grande aquila ghibellina – che è pure l’impresa dei di Vico – alla quale è stata posta sotto gli artigli lo stemma del re di Napoli principale esponente della causa guelfa. Dinanzi a questa immagine i fautori del  Vico si scoprono il capo, si inginocchiano, accendono candele, offrono incenso (di qui l’accusa, che presto sarà addotta nei suoi confronti, di idolatria e di derisione del culto divino).

Apr.LazioProvvede a rafforzare le difese di Viterbo: sono protette con bertesche le torri della Porticella, della Trinità, di San Faustino, di San Francesco, di Santa Rosa e di San Matteo dell’Abate. In alcuni manufatti sono alzate delle piccole torri di legno con feritoie che servono sia per le vedette, sia per colpire il nemico con la balestra: in altri spazi sono costruite tra i merli successivi delle cateratte, adattate su due perni, da alzarsi o abbassarsi secondo le necessità dei difensori.
Giu.LazioEntrano in Viterbo a rafforzarne la guarnigione cittadina i presidi dei castelli di Canepina e di Bagnaia. Viene alzato nella piazza il padiglione del capitano del Comune.
Ago.LazioIl papa Clemente VI ordina al rettore del Patrimonio di colpire Viterbo con l’interdetto e di farvi cessare tutte le funzioni religiose fino alla cacciata di Giovanni di Vico dalla città da parte degli stessi abitanti.  Il condottiero, inoltre, viene citato con i fratelli a comparire ad Avignone davanti alla curia papale entro il termine di due mesi: in caso contrario sarebbero stati tolti ai  Vico i loro feudi ed a Giovanni anche la carica di prefetto di Roma. Negli stessi giorni il Vico affianca gli abitanti di Orvieto contro il capitano del Patrimonio Bernardo di Lacu e Benedetto Monaldeschi della Vipera. Desola i contadi di Cetona e di Campodersoli per otto giorni.
1347
Gen.Bernardo di Lacu con la cooperazione di Guido Orsini e di Giordano Orsini si riconcilia, prima, con il comune di Orvieto, indi, con la comunità di Viterbo e lo stesso Giovanni di Vico. Il trattato sarà ratificato il mese successivo.
Mag.UmbriaA seguito della pace tra Orvieto ed il nuovo capitano del Patrimonio Giordano Orsini gli è affidata la sorveglianza di Cetona e di Campodersoli, castelli già detenuti da Benedetto Monaldeschi della Vipera.
Giu. lug.VicoRomaLazio

Il tribuno di Roma Cola di Rienzo si propone di riformare lo stato di Viterbo; cita Giovanni di Vico a presentarsi in Campidoglio. Giovanni di Vico non obbedisce all’ingiunzione che prevede, tra l’altro, anche il pagamento di un’imposta. Cola di Rienzo ribadisce le accuse ai suoi danni e gli impone  la restituzione del castello di Respampani (Rocca Respampani) già appartenente al comune di Roma. Viene dichiarato ribelle allo stato della Chiesa ed al comune romano: è accusato pubblicamente di fratricidio; è deposto dalla carica di prefetto e gli viene dichiarata guerra. Il Vico è assalito da 1000 cavalli e da 6000 fanti provenienti non solo da Roma, ma anche da Perugia, da Todi, da Narni e da Corneto (Tarquinia). Manfredi di Vico, Nicola Orsini e Giordano Orsini cingono di assedio per ventisette giorni la rocca di Vetralla e devastano la  campagna di Viterbo. Gli abitanti subiscono danni per 40000 fiorini per le depredazioni portate dagli avversari nel loro territorio. Chiuso in Viterbo, il Vico è ridotto allo stremo; una rivolta popolare lo costringe a cedere. A luglio deve arrendersi a Cola di Rienzo; invia a Roma il frate Acuto d’Assisi per le necessarie trattative di pace. Promette al tribuno ubbidienza e la restituzione di Rocca Respampani, invia in ostaggio il figlio Francesco: in cambio ottiene che gli sia restituita la carica di prefetto e la retrocessione dei beni confiscategli a Roma, la liberazione dalla guerra e da tutte le condanne. A metà mese il trattato è sottoscritto dalle parti: unica clausola aggiuntiva alla sua proposta è quella di un’ammenda di 500 lire da pagarsi alla famiglia di un soldato romano morto in guerra. Il figlio Francesco si reca a Roma in ostaggio; dopo pochi giorni vi si reca anche Giovanni di Vico con una scorta di 60 cavalli. Entra in Campidoglio ed abbraccia Cola di Rienzo. Il tribuno fa chiudere subito le porte del palazzo e suonare la campana grande. Allorché la piazza è gremita di popolazione Cola di Rienzo notifica al parlamento le clausole del trattato: il Vico gli si prostra umilmente ai piedi; vestito di bianco e con in mano alcuni rami di ulivo implora il suo perdono; gli giura fedeltà sul Corpo di Cristo, sulla sua testa e sulla bandiera di San Giorgio. Al termine della cerimonia è trattenuto in carcere nel Campidoglio.

Ago.LazioAi primi del mese viene liberato con la consegna di Rocca  Respampani al nuovo castellano Lello dei Camigliani. Assume nuovamente la carica prefettizia che gli viene conferita dal tribuno. Ottiene l’investitura di Civitavecchia dietro un censo annuo di 200 fiorini e l’offerta di due coppe d’argento. Rientra a Viterbo e riprende gli intrighi ai danni del tribuno: si allea nascostamente con tutti i baroni romani nemici di Cola di Rienzo.
Nov. dic.RomaColonnaLazio

Invia 100 cavalli a Cola di Rienzo per combattere i baroni ribelli e fa condurre a Roma cinquecento some di frumento; si reca  egli stesso al campo con il figlio Francesco con la  scorta di 100 cavalli e di sedici nobili della Tuscia. A Roma cerca di porsi come mediatore tra i belligeranti;  contatta colonnesi ed Orsini. Cola di Rienzo lo sospetta per i suoi maneggi e lo fa arrestare durante un banchetto. E’ rinchiuso con il figlio Francesco nel Campidoglio. A metà mese viene rimesso in libertà; seguono un invito a pranzo ed un nuovo arresto notturno. La scarcerazione il mattino seguente è accompagnata da colloqui amichevoli. Cola di Rienzo lo riconcilia con Giordano Orsini; a suggellare la pace viene notificato il fidanzamento del figlio Francesco con Perna Orsini, figlia di Giordano. Gli è restituito il bestiame razziato di recente nei suoi territori da alcuni mercenari.  Il figlio Francesco resta in carcere come ostaggio insieme con  altri nobili della Tuscia. Negli stessi giorni il rettore del Patrimonio, il cardinale di San Marco Bertrando di Deux, assale Cola di Rienzo: il tribuno, impaurito, si rifugia prima in Castel Sant’Angelo e, poi, si dà alla fuga. Nello stesso dicembre il Vico restituisce Cetona a Benedetto Monaldeschi della Vipera in occasione della ripresa del conflitto di quest’ultimo con Orvieto.

1348
Feb.Lazio

Bertrando di Deux gli ordina di presentarsi ad Anagni per trovare una soluzione alle controversie che lo dividono con lo stato della Chiesa. Promette ai pontifici di cedere la rocca di Vetralla in cambio della consegna  entro due mesi di 16000 fiorini, pari alla somma da lui spesa per l’acquisto del centro.

Mar.LazioAlla caduta del tribuno di Roma gli si ribella Viterbo. Nella sommossa sono uccisi 22 suoi fautori. La peste nera colpisce la città.
Lug.LazioAcquista dai Normanni il castello di Carcari. Ottiene la rocca di Civitavecchia.
1349VicoChiesaLazioFa ribellare Rieti allo stato della Chiesa.
1350
Gen.Lazio

Si allea con Guarnieri di Urslingen per depredare le terre del Patrimonio alla cui difesa si trova Jacopo Gabrielli; danneggia il castello di Valentano, aiuta i ghibellini di Spoleto a respingere l’attacco dei fuoriusciti portato da Pietro Pianciani. In breve si fa padrone di molte terre  dello stato della Chiesa alla destra del Tevere tra cui la stessa Spoleto e  Rieti.   Assale Tarquinia.

Nov.LazioAssedia Civitavecchia. La località cede a fine mese. Invia truppe ai ghibellini di Narni e di Terni allo scopo di espellere i guelfi da tali centri.
1351
Lug.Lazio

Scorre le terre della Tuscia per farle ribellare allo stato della Chiesa ed aggregarle ai suoi possedimenti. Si muove attorno ad Norchia (Orchia) che i pontifici muniscono di nuove difese.

Nov. dic.Lazio

Assedia la rocca di Orchia; se ne impadronisce senza colpo ferire per il tradimento di Guercio da Meano. A dicembre occupa Montalto di Castro con un colpo di sorpresa e la rocca dalla quale si domina il porto della Badia sul fiume Flora; minaccia Collecasale e Montefiascone, dove gli abitanti cambiano di notte tutte le serrature delle porte; conquista Canino. Ai suoi ordini sono 6000 uomini per lo più viterbesi con i quali infesta il contado di Montefiascone. E’ costretto a ritirarsi per l’arrivo del dimissionario rettore del Patrimonio Jacopo Gabrielli. Giudica opportuno desistere e rivalersi sulle terre del lago di Bolsena.

1352
Feb.Lazio

Si getta nella valle del lago di Bolsena per impadronirsi di Marta e dei castelli delle isole Bisentina e Martana. I difensori di Marta sollecitano soccorsi da Orso Orsini, di stanza ad Orte. Giovanni di Vico entra prima nei borghi; ottiene presto anche la rocca dal castellano Simone da Bolsena, che gliela consegna senza combattere. Il prefetto di Roma ora controlla le sponde del lago con la sua flottiglia.

Mar.LazioAccondiscende ad una tregua con gli avversari. Al suo scadere conquista Gradoli. La località gli viene riconquistata poco dopo.
Apr.Lazio

E’ affrontato da Niccolò della Serra che respinge un suo attacco a Montefiascone ed a Bolsena, nel quale Giovanni di Vico è affiancato da Berardo Monaldeschi della Cervara. Minaccia Bassano di Orte; assedia Gradoli. Il papa lo convoca con la bolla “In Coena Domini” a presentarsi entro tre mesi ad Avignone per rispondere da un lato delle usurpazioni da lui perpetrate ai danni dello stato della Chiesa, dall’altro di eresia. Come risposta fornisce 300 cavalli ai Chiaravalle affinché si impadroniscano di Todi. Le truppe sono avvistate dagli abitanti nei pressi della città. I Chiaravalle non continuano nella loro azione. Assaliti anche dai perugini, che sono subito intervenuti alla chiamata della cittadinanza, si danno alla fuga con i cavalli di Giovanni di Vico.

Mag.LazioIl papa Clemente VI lo invita a desistere dalla sua azione. A metà mese Giovanni Vico scorre nuovamente nel territorio di Montefiascone. A Viterbo.
Giu. lug.Lazio

E’ assalito da romani e pontifici capitanati dal nuovo rettore del Patrimonio Niccolò della Serra (subentrato nella carica a Jacopo Gabrielli perché ammalato)  e da Giordano Orsini. Gli avversari si accampano alle porte di Viterbo. A fine giugno  Niccolò della Serra  cade da cavallo; l’urto e lo schiacciamento provocato dal peso della corazza soffocano  il condottiero che   muore quasi  subito per tale causa. La morte del rettore e l’inerzia di Giordano Orsini provocano lo sbandamento dell’esercito nemico. Ai primi di luglio Giovanni di Vico è nuovamente scomunicato dal papa in un concistoro pubblico.

Ago.Umbria

Ai primi del mese si accampano per riposarsi nei pressi di Orvieto 2000 cavalli viscontei agli ordini di Rainaldo Alessandrini e di Nolfo da Montefeltro in guerra contro i perugini. A metà mese lasciano il territorio per combattere i perugini seguiti da Tano degli Ubaldini che ha retto il governo della città per conto della fazione ghibellina. Giovanni di Vico entra trionfalmente in Orvieto il giorno seguente con 200 cavalli e 300 balestrieri con il consenso di Petruccio di Pepo (dei Monaldeschi del Cane) che abbandona la città. E’ nominato signore a vita della località dal consiglio generale cittadino.

Sett. ott.Umbria

Fa rientrare in Orvieto i fuoriusciti, tra i quali vi sono i vari rami nei quali si dividono i Monaldeschi (Vipera, Cervara, Cane ed Aquila); cerca di riconciliarli tra loro, impone ad ogni ceppo famigliare una cauzione di 10000 fiorini e la restituzione di castelli e rocche controllati da costoro. A tutti è impedito di portare armi nella città. Si fa consegnare la rocca di Ripeseno ed il castello di Vette da Petruccio di Pepo, la rocca di Sberni da Ranuccio di Nello.

Nov.VicoChiesaLazio ed Umbria

Con l’ingresso del cardinale Egidio Albornoz in Montefiascone si ribella nel viterbese Piano Scarlano ad opera degli ecclesiastici. Giovanni di Vico doma la sollevazione e fa decapitare quattro chierici. Analogamente si comporta nei tumulti che si verificano a Piano di San Faustino dove sono decapitati altri tre fautori della causa pontificia. Il cardinale Albornoz ha l’incarico dal papa Innocenzo VI di recuperare le terre appartenenti allo stato della Chiesa. Giovanni di Vico raccoglie truppe ad Orvieto per sorprendere Acquapendente e Bolsena.

1353
Gen.Stipula una tregua di 4 mesi con gli avversari. Consegna loro alcune località con i relativi castelli.
Feb.Umbria

Giovanni di Vico confina ad Orvieto alcuni membri della famiglia dei Monaldeschi: attua nei loro confronti la tattica del “divide et impera” mettendo in competizione gli uni contro gli altri. Si prepara a compiere un’azione diversiva nella Sabina. Sempre nel mese accoglie in Orvieto Luigi di Taranto, Uberto e Filippo d’Angiò che, appena liberati dal re Ludovico d’Ungheria, sono diretti da Roma verso la Puglia.

Apr.UmbriaPresta soccorso ai ghibellini di Narni intenti all’assedio del castello di Miranda.
Mag.UmbriaControlla le città di Amelia e di Terni e si prepara ad intervenire ai danni di Arezzo.
Giu.Lazio ed Umbria

Hanno luogo trattative per allungare la tregua con i pontifici. Giovanni di Vico cerca nondimeno di impadronirsi della rocca di Montefiascone: viene prevenuto dalla vigilanza di Giordano Orsini che fa murare o sbarrare le porte della grande loggia posteriore. A fine mese lascia di nascosto  Orvieto, entra in Tuscania, distrugge Montebello e si dirige a Tarquinia. Si tiene celato per due giorni e due notti e dà tempo ai suoi partigiani all’interno della località di preparare la rivolta.  Suoi fautori gli aprono all’alba un piccolo varco in una parte poco sorvegliata delle mura. Combatte Bonifacio e Ludovico Vitelleschi,  signori della località, e si impossessa di Tarquinia.

Lug. ago.LazioRecupera Marta (una delle rocche date in garanzia nell’accordo del gennaio precedente) e si impadronisce di Toscanella (Tuscania). Ad agosto è scomunicato. Gli viene contro il cardinale Albornoz.
Sett. ott.VicoTodiUmbria

Assale Todi con i Chiaravalle e Fra Moriale che ha terminato la propria ferma con i pontifici; a fine ottobre è abbandonato da tale condottiero per il ritardo delle paghe. Giordano Orsini lo assale in Orvieto. Sempre nello stesso mese si interpone invano a suo favore l’arcivescovo di Milano Giovanni Visconti, che invia a Montefiascone, dove risiede il cardinale Albornoz, propri ambasciatori (Guglielmino di Armandis ed Ottino Marliani).

Nov.Umbria e Lazio

Ottiene Cetona che riunisce al contado di Orvieto: l’atto è stipulato alla presenza di Giannotto d’Alviano. Giovanni di Vico, pressato anche dai Visconti, cerca di ingraziarsi il cardinale Albornoz:  attende il presule nei pressi di Orvieto allorché il legato esce da Perugia per recarsi nel Patrimonio. Il cardinale lo manda a chiamare da Montefiascone;   Giovanni di Vico gli rende atto d’omaggio nelle vicinanze di Orvieto. Accetta il principio di restituire le terre spettanti allo stato della Chiesa e di conservare i possessi ereditari della sua famiglia. Appena esce dalla curia di Montefiascone si pente del trattato e ritorna in fretta a Viterbo. Riprende le armi. Gli si ribella Cetona. Il conte di Sarteano entra nella città alla testa di milizie fiorentine per consegnarla ai pontifici. Suo vicario ad Orvieto è il figlio Francesco.

Dic.Lazio ed Umbria

I pontifici occupano Civitella d’Agliano, di cui Giovanni di Vico tenta inutilmente di rompere l’accerchiamento; gli avversari assediano anche Orvieto. La città è sottoposta all’interdetto ed alla scomunica. Il cardinale Albornoz riesce a conciliare ai suoi danni i vari rami dei Monaldeschi, presenti tutti parte all’assedio del centro umbro.

1354
Gen.Umbria

Il cardinale Albornoz è in difficoltà per la mancanza di denaro. Le truppe di Giovanni di Vico continuano invece a scorrere fin sotto la rocca di Montefiascone. Il prefetto ha numerose scaramucce con gli avversari nelle quali le sue milizie, composte in prevalenza da tedeschi, hanno la meglio: si scioglie l’assedio di Orvieto. In tale città si  appoggia sempre più sui ghibellini conti di Marsciano e di Parrano, i Montevitozzo ed i Baschi ai danni dei Monaldeschi della Cervara. Si impadronisce di 2 castelli. A fine mese rientra in Orvieto.

Feb.Umbria

Viene attaccato in Orvieto dai pontifici e dalle truppe inviate da fiorentini, senesi e perugini. Con il terrore mantiene saldo il potere. Si rinserra nella città e vi fa arrestare e torturare 86 cittadini, ricchi guelfi cui impone il pagamento di una forte taglia; sono pure decapitati 5 membri appartenenti alla famiglia dei Monaldeschi della Cervara. Sua preoccupazione in tale circostanza è quella di fare sigillare la loro bocca affinché non possano dichiararsi innocenti davanti al pubblico dell’accusa di tradimento. Si impossessa della collina di San Giorgio ed impegna gli avversari con continue scaramucce.

Mar.Umbria

E’ citato a comparire ad Avignone per metà giugno. Con il fratello Pietro, al governo di Viterbo, decide di tentare in uno stesso giorno, sia a Viterbo che ad Orvieto, gli animi dei cittadini per dimostrare loro come i Vico sanno vendicarsi. Viene levato in Viterbo il grido “viva la Chiesa: morte al prefetto”. A questo rumore i guelfi prendono le armi e si precipitano per le strade a rafforzare le grida ed il numero dei rivoltosi. Giungono nella piazza del mercato in San Silvestro (ora Gesù) dove sorgono le case dei Vico. Il fratello Pietro sbuca fuori all’improvviso con 400 fanti, nascosti in anticipo, si lancia contro i ribelli e fa prigionieri molti cittadini. Di costoro alcuni vengono condannati a morte, tra cui 4 nobili; gli altri sono banditi dalla città. Tutti i loro beni sono confiscati per trarne il denaro necessario per la continuazione della guerra. La stessa cosa si verifica ad Orvieto con la regia sua e quella del figlio Francesco. Alla notizia il cardinale Albornoz abbandona la politica della cautela fino a quel momento seguita, lascia un presidio a Montefiascone e riapre con forza le ostilità. Incalzato da ogni parte Giovanni di Vico viene sconfitto presso il Petroio da Benedetto Monaldeschi, da Albertaccio Ricasoli e da Giordano Orsini allorché esce da Orvieto con 250 cavalli e molti più fanti per recuperare il monastero di San Lorenzo delle Donne (San Lorenzo delle Vigne), caduto di recente in potere degli avversari. I pontifici fanno strage dei suoi; nello scontro gli è uccisa la cavalcatura; ferito si salva a stento con la fuga. Giordano Orsini lascia il campo per recarsi a Bolsena; Giovanni di Vico tenta una nuova sortita ed è ancora sconfitto. A fine mese cade Tuscania.

Apr.Umbria

Esce da Orvieto e punta su Acquapendente con 700 cavalli ed altrettanti fanti per rifornire l’esercito e spostare il teatro delle operazioni su un terreno a lui più vantaggioso. Gli viene contro Andrea Salamoncelli che gli sbarra la strada. Sconfitto, si salva una volta di più in Orvieto. Esce di nuovo in armi; coglie in agguato la guarnigione di Castellaccia. Cerca di avere Fra Moriale al suo servizio ed offre ad un fratello del capitano in moglie una figlia: il condottiero francese  preferisce condursi al soldo dei pontifici. Perde Abbadia a Ponte ed altre terre della maremma.

Mag. giu.Umbria e Lazio

Rimangono in suo potere solamente Viterbo, Orvieto e Tarquinia, alla cui difesa è preposto il fratello Ludovico. A metà mese abbandona Orvieto con 20 cavalli e 40 fanti e si trasferisce a Viterbo, minacciata sia da una sedizione interna, sia dall’ avanzata di Fernando Blasco e di Giordano Orsini. 10000 fanti romani capitanati da Giovanni Conti di Valmontone si rovesciano nel territorio. Il contado è messo in pochi giorni a soqquadro; vigne, campi, oliveti e tutti i raccolti sono distrutti. Il cardinale Albornoz si avvicina alla città fiducioso in un rivolgimento interno. Il prefetto soffoca la ribellione, fa giustizia sommaria dei ribelli mentre i suoi soldati si pongono sugli spalti pronti alla resistenza. Il cardinale legato fa allontanare i suoi uomini, ordina di levare il campo e di infestare i distretti di Vetralla e di Tarquinia. Nel contempo i romani, sazi dei danni inflitti nei dintorni di Viterbo, chiedono di ritornare alle loro case; anche il cardinale Albornoz è costretto a retrocedere ed a rientrare a Montefiascone. A giugno il Vico è ancora scomunicato. Con la conquista di Porta Bove da parte dei pontifici decide di arrendersi.  Invia al legato per suo ambasciatore un religioso suo fidato, l’agostiniano fra Stefano da Viterbo. Spedisce a Montefiascone il figlio Battista in ostaggio. Con l’arrivo a Viterbo del nuovo podestà Leggeri Andreotti, si reca al palazzo papale di Orvieto. Il cardinale entra nella località seguito da un grande numero di cavalli e di fanti. Il Vico gli va incontro ad un miglio fuori le mura; gli si prostra dinanzi,  confessa in pubblico la sua fellonia ed implora il perdono. Chiede l’assoluzione per le scomuniche lanciategli da tre papi, conferma di osservare tutti i capitoli riguardanti la resa di Viterbo, di Tarquinia e di altre terre, giura fedeltà e fa atto di vassallaggio alla Chiesa. L’Albornoz lo fa stare in ginocchio per diverso tempo prima di assolverlo; poi gli ordina di montare a cavallo ed insieme entrano in Orvieto. I Monaldeschi della Cervara possono così rientrare alle loro case. Gli sono concessi 16000 fiorini a fronte della cessione di Vetralla e gli è concesso il vicariato di Tarquinia, che però non sarà confermato dal papa Innocenzo VI. Dopo pochi giorni Giovanni di Vico rientra a Viterbo con il figlio Francesco.

Lug.Lazio

Consegna in modo ufficiale Viterbo all’arcivescovo Lupo de Luna;  l’atto è stipulato nella chiesa di San Francesco alla presenza di Andrea Salamoncelli. Dopo due giorni il cardinale Albornoz entra in città alla testa di 2000 cavalli e di molti fanti. Il prelato assolve la città dall’interdetto dopo avere ricevuto dalla cittadinanza il giuramento di fedeltà. Giovanni di Vico  promette di restare lontano dal contado di Viterbo per 12 anni sotto pena di 5000 ducati in caso di contravvenzione del divieto.

Sett. ott.Lazio

Gli rimane il possesso di Civitavecchia, Blera, Tolfa  ed Acarnano, località per le quali presta anch’egli il giuramento di fedeltà allo stato della Chiesa. Il papa Innocenzo VI non è contento delle condizioni offertegli dall’Albornoz; ad ottobre gli viene  ordinato di restituire ai romani, che li reclamano, i castelli di Civitavecchia e di Rocca Respampani. Non gli sono neppure pagati i 16000 fiorini relativi alla cessione di Vetralla.

1355
Feb.Marche e Umbria

Segue il cardinale Albornoz nelle Marche. Transita per il contado di Todi e si reca in Tuscia. Ha sempre l’incarico vicario di Tarquinia malgrado l’opposizione del papa.

Mar. apr.Lazio e Toscana

Si presenta sotto Viterbo l’imperatore Carlo di Boemia. Accorre con le sue soldatesche e ne sollecita la protezione. Con i conti di Santa Fiora e di Anguillara lo accompagna a Roma per la sua incoronazione imperiale. Il giorno di Pasqua (aprile), quale prefetto di Roma, regge probabilmente la corona d’oro con la quale incorona in San Pietro Carlo IV e la sua sposa. A maggio si trova ancora al fianco di quest’ ultimo a Pisa.

Giu.VicoChiesaToscana Lazio

A Pietrasanta, dove gli è concessa dall’imperatore una pensione annua di 2000 fiorini che gli dovrebbe essere pagata dai fiorentini come ricompensa del servizio prestato. Giordano Orsini approfitta della sua assenza, si porta sotto Tarquinia ed assedia la città con le milizie di Bartolomeo Vitelleschi. A metà mese vi è la resa della città, che non gli viene restituita contrariamente agli accordi. Per rivalsa, Giovanni di Vico fomenta la ribellione a Viterbo dove i suoi fautori tentano di occupare il palazzo in cui risiede il governatore pontificio.

1356
Gen. mar.Lazio

Si allea con tutti i ghibellini di Umbria e Lazio, in particolare con i Colonna e con Rinaldo Orsini. Vi sono congiure ai danni dello stato della Chiesa che lo vedono come protagonista più o meno occulto, a Gallese (gennaio), a Tuscania ed a Todi (marzo). Respinto, riprende le trame ai danni di Viterbo continuando a vessare gli abitanti di tale circondario.

Mag.LazioDifende Tarquinia dagli attacchi condotti da Giordano Orsini.
1358
…………….LazioSi reca da Civitavecchia a Vetralla con molti cavalli e fanti destando con ciò l’allarme nei pontifici.
Giu.SienaPerugiaCapitano di guerraE’ nominato capitano di guerra dai senesi al posto di Anichino di Baumgarten. Tarda ad assumere il comando per cui, a fine mese  è sempre il Baumgarten a condurre le milizie del comune contro Monte San Savino.
Lug.VicoViterboLazioSi allea con i signori di Bisenzo. Dal suo castello di Vetralla compie alcune incursioni nel viterbese.
Ott.Umbria e Toscana

Al comando di più di 300 barbute cavalca a Monteleone d’Orvieto e vi preda 700capi di bestiame. E’ sconfitto nei pressi di Torrita di Siena.

1360
Apr.LazioA Civitavecchia.
Giu.VicoChiesaLazio e UmbriaAppoggia gli abitanti di Roma nei loro contrasti con i pontifici. A metà mese costoro danno il guasto alle terre di Tarquinia, Gallese, Bassanello e Civitavecchia. Interviene pure in Todi favorendo i Chiaravalle.
Sett.LazioSu ordine del cardinale Albornoz invia il figlio Francesco nella marca d’Ancona per unirsi con l’esercito pontificio.
1361VicoFarneseLazio

I Farnese lo assalgono e razziano il suo bestiame nel contado di Vetralla. Interviene il rettore che fa sì che gli vengano restituite le prede.

1362
Mag.LazioA Vetralla. Viene contattato da Giordano e Rinaldo Orsini in contrasto con i pontifici. E’ prontamente avvertito dal cardinale  Albornoz di non molestare le terre appartenenti allo stato della Chiesa.
1365
EstateLazio

A marzo Anichino di Baumgarten occupa Vetralla dopo un breve assedio. Nell’ estate la città è riconquistata dai pontifici e gli viene restituita.

1366
Apr.

Muore ai primi del mese; secondo una tradizione cade ucciso in una sommossa popolare. In tal caso non si conoscono né la data, né la località in cui viene ammazzato.

CITAZIONI

-“Soldato esperto.. Uomo capace, avveduto e scaltro conosceva il mestiere delle armi.” CANSACCHI

-“Attaccato alla parte ghibellina, aggiunse alla propria casa tanta potenza, che riuscì a farsi signore di quasi tutto il patrimonio della chiesa in Tuscia… Caduto Cola (Cola di Rienzo) riprese ogni suo potere, resistendo agli eserciti  mandatigli contro, ad anatemi lanciatigli e si fece padrone di tutte le terre che la Chiesa possedeva alla destra del Tevere.” ARGEGNI

-“Uomo energico e ambizioso.” DAL MONTE

-“Fu abile politico e tenne rapporti molto ambigui col pontefice, dal quale ottenne qualche riconoscimento. Ma, nel tempo, avrebbe rimediato ben tre scomuniche, da tre papi diversi.” GAZZARA

Print Friendly, PDF & Email

Rispondi