
Consulta l’Indice anagrafico dei condottieri di ventura
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Indice delle Signorie dei Condottieri: A – B – C – D – E – F – G – I – J – L – M – N – O – P – Q – R – S – T – U – V – Z
FRANCESCO PICCININO Di Perugia. Signore di Borgonovo Val Tidone, Compiano, Castell’Arquato, Fiorenzuola d’Arda, Borgo Val di Taro, Varzi, Candia Lomellina, Frugarolo, Somaglia, Pellegrino Parmense, Solignano, Montecanino, Gragnano Trebbiense, Rezzano.
Figlio adottivo di Niccolò Piccinino, fratello di Jacopo Piccinino.
1407 ca. – 1449 (ottobre)
Anno, mese | Stato. Comp. ventura | Avversario | Condotta | Avversario | Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
1425 | |||||
Feb. | Firenze | Milano | Romagna Lombardia | E’ sconfitto e fatto prigioniero con il padre in Val di Lamone nella battaglia di Pieve d’Ottavio. Viene condotto a Faenza ed a Milano; è poco dopo liberato. | |
1426 | |||||
Gen. | Milano | Venezia | Lombardia | Affianca il padre Niccolò in Lombardia | |
Apr. | Romagna Lombardia | Si porta a Forlì dove alloggia all’albergo della Corona; raduna le sue squadre fuori Porta Schiavonia. Lascia la città con 2000 cavalli per soccorrere la cittadella di Brescia assediata dai veneziani. Ha con sé un dipinto nel quale sono raffigurati molti cittadini di Firenze impiccati per i piedi. | |||
1427 | |||||
Ott. | Lombardia | Viene sconfitto e catturato dal Carmagnola nella battaglia di Maclodio. E’ subito rilasciato con gli altri prigionieri. | |||
Nov. | Lombardia | A Milano dove presenzia alla firma della lega tra il duca di Milano Filippo Maria Visconti ed il duca di Savoia Amedeo VIII. | |||
1428 | |||||
Ago. | Chiesa | Bologna | Emilia e Romagna | Agli stipendi del papa Martino V. E’ segnalato al campo pontificio di Imola con Micheletto Attendolo, Niccolò da Tolentino ed il Gattamelata. | |
1429 | |||||
Sett. | Chiesa | 200 cavalli | Due ambasciatori perugini si recano dal pontefice Martino V affinché gli sia aumentata la condotta: questa gli viene portata a 200 cavalli. | ||
1430 | |||||
Feb. | Brancaleoni | Urbino | 400 cavalli | Romagna e Marche | Allo scadere della ferma tocca San Varano nel forlivese con 400 cavalli e si reca nella marca d’ Ancona per prestare soccorso ai Brancaleoni, signori di Castel Durante (Urbania), minacciati dal conte di Urbino. |
1431 | |||||
Mag. | Chiesa | Milano | 130 lance | Emilia e Toscana | A Bologna. E’ coinvolto in un episodio ambiguo in cui pretende di avere corso il rischio di essere ucciso da sicari, non si sa da chi istigati, forse da Firenze o forse dal governatore della città Giovanni di Rieti. Coglie il segnale del pericolo da alcune parole sfuggite a Micheletto Attendolo; esce di nascosto dalla città con 6 cavalli lasciando i suoi uomini in balia dei pontifici. Si rifugia nel campo avversario a Lucca. I perugini si interpongono ancora una volta a suo favore ed inviano un messo al papa Eugenio IV per perorare la sua causa, chiedere la liberazione dei suoi uomini ed il pagamento delle sue spettanze. |
Giu. | Siena | Firenze | Romagna | A Lugo con pochi cavalli; appena è informato che il duca di Milano ha fatto arrestare Alberico da Barbiano lascia prudentemente la località e si reca a Sarsina. | |
Sett. | Comp. ventura Perugia | Perugia Fuoriusciti | Umbria | Saccheggia con 100 cavalli il contado di Perugia tra Ronzano ed Antria: viene subito assoldato dai perugini per combattere i fuoriusciti che affiancano le bande di Niccolò Fortebraccio fermo a Città di Castello. | |
1432 | |||||
…………… | Comp. ventura | Chiesa | Si collega con Sante Carillo e Luca da Castello per depredare le terre dello stato della Chiesa in qualità di condottiero del concilio di Basilea. | ||
Mar. | Pesaro | Chiesa | Marche | Soccorre nel pesarese il signore di Pesaro Carlo Malatesta contro i pontifici. | |
Mag. | Siena | Firenze | 449 cavalli e 100 fanti | Toscana | E’ condotto dai senesi (449 cavalli e 100 fanti) per contrastare i fiorentini. Per quanto riguarda la cavalleria pesante gli stranieri sono 30, di cui 10 tedeschi, 8 ungheresi e 5 francesi. Le regioni italiane sono rappresentate in prevalenza da Lombardia (48 cavalli) e dall’ Umbria (44). Il resto proviene dall’Emilia (21), dalla Romagna (16), dalla Toscana (15) e dal Lazio (14). Il Piccinino sfugge ad un agguato notturno di 700 cavalli fiorentini condotti da Niccolò da Tolentino. |
Giu. | Toscana | Si collega con Bernardino degli Ubaldini della Carda ed Antonio da Pontedera; è sbaragliato a San Romano dalle forze congiunte del Tolentino e di quelle di Micheletto Attendolo: sono catturati 600 cavalli. Alcuni prigionieri nei giorni seguenti riescono a fuggire mentre sono condotti ad Empoli: sono in breve accerchiati e ripresi. | |||
Nov. | Chiesa | Fortebraccio | Umbria | Entra in Città di Castello, che si è ribellata a Guidantonio da Montefeltro, per riportare la località nell’orbita dello stato della Chiesa. | |
Dic. | 500 cavalli | Umbria | A Perugia dove gli è dato il comando di 500 cavalli e fanti: per il pagamento della sua condotta agli abitanti è imposta una tassa di 6000 fiorini. | ||
1433 | |||||
…………. | Umbria | Si scontra con Niccolò Fortebraccio, teso a ritagliarsi una propria signoria nell’ambito dello stato della Chiesa. | |||
Dic. | Umbria | Gli è riconfermata dai pontifici per altri quattro mesi: i perugini partecipano al pagamento del suo stipendio con 16000 fiorini. | |||
1434 | |||||
Feb. | Milano | Chiesa | Lombardia | A Milano. Passa agli stipendi di viscontei contro i pontifici. | |
Apr. | Umbria | E’ inviato in soccorso di Niccolò Fortebraccio messo in difficoltà dagli sforzeschi. | |||
Ago. | 500 cavalli | Romagna ed Emilia | Dopo la battaglia di Castel Bolognese è lasciato dal padre Niccolò alla guardia di tale località, nonché a quelle di Castel San Pietro Terme, Castelfranco Emilia e Bazzano. | ||
…………. | Romagna | Costringe a mal partito il signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta. L’incalzare di Francesco Sforza lo obbliga, infine, a ripiegare. | |||
1435 | |||||
Gen. | Umbria e Marche | Attraversa gli Appennini allo scopo di congiungersi con Niccolò Fortebraccio e taglieggiare assieme vasti teritori dello stato della Chiesa. | |||
Mar. | Romagna | A Forlì con 400 cavalli. Alloggia presso Porta Schiavonia: i Malatesta non gli concedono il passo per continuare la sua marcia verso le Marche. Il Piccinino esce dalla città, attraversa il Ronco, il faentino e raggiunge il padre tra Lugo ed Imola. | |||
Apr. | Umbria | Affianca Niccolò Fortebraccio nel perugino: gli abitanti fanno pressione sui due capitani affinché lascino il loro territorio. Tocca Ponte Pattoli, Resena e Pianello ed incute ovunque il terrore. | |||
Mag. | Umbria e Romagna | Si trasferisce nel piano di Bettona: i suoi uomini spesso si recano a Perugia per gli acquisti di viveri e di armi. Si sposta in Romagna con Sacramoro da Parma al fine di proteggere l’azione dei saccomanni; è tra Imola e Bologna; viene inviato a Forlì in soccorso di Antonio Ordelaffi. | |||
Giu. | Romagna | Viene sconfitto a Maturano dal signore di Faenza Guidantonio Manfredi, da Troilo da Rossano e dal Sarpellione che scortano un convoglio di vettovaglie: gli sono catturati 200 cavalli. | |||
Lug. | Toscana e Umbria | Ripara nel lucchese e da qui rientra in Umbria per riunirsi con Niccolò Fortebraccio. Alla testa di 700 cavalli sorprende a Montefalco Leone Sforza: lo cattura, disarmato, mentre sta giocando a scacchi. | |||
Ago. | Marche | Coadiuva Guido da Fabriano nel suo vano tentativo di togliere Fabriano a Francesco Sforza. | |||
Nov. | Toscana | Si trova a Siena dove gli sono consegnati da pontifici e perugini 13266 fiorini (invece dei 20000 promessi) a saldo di spettanze arretrate. | |||
1436 | |||||
Giu. | Re d’Aragona | Toscana | Milita agli stipendi del re di Napoli Alfonso d’Aragona; si fa dare dal sovrano un’insegna per il proprio stendardo. Esce da Siena con 1000 cavalli. | ||
Lug. | Re d’Aragona | Angiò Sforza | Toscana Umbria Lazio Abruzzi e Marche | Lascia Chiusi con 2000 cavalli, attraversa il perugino e viene in soccorso di Amatrice assediata da Antonuccio dell’ Aquila. Rafforzato da Menicuccio dell’Aquila e da Riccio da Montechiaro (2500 cavalli e 1000 fanti), depreda l’aquilano; occupa Montereale; si spinge fino a Montesanto (Potenza Picena); da qui rientra negli Abruzzi per collegarsi con Giosia Acquaviva ed i fuoriusciti di Ascoli Piceno. | |
Ago. ott. | Marche Abruzzi | Cerca di entrare in Ascoli Piceno. Ad ottobre interviene in soccorso dei difensori di Penne. | |||
1437 | Abruzzi | Fa incarcerare bertoldo Oddi e 3 altri capisquadra di quest’ultimo, tutti sospettati di volere passare agli stipendi degli avversari. | |||
1437 | |||||
Giu. | Abruzzi e Marche | Devasta il pescarese; batte Jacopo Caldora accampato a Pescara. Agli avversari sono catturati 200 uomini d’arme e 600 fanti. Sempre con Giosia Acquaviva ed Ardizzone da Carrara depreda nuovamente i dintorni di Ascoli Piceno: alla difesa della città si colloca Alessandro Sforza che fa fallire ogni loro disegno offensivo. | |||
Lug. | Norcia | Spoleto | Marche e Umbria | Occupa Monte Gallo. Prende le difese di Norcia contro Spoleto e partecipa all’ assedio di Cerreto. Penetra nel territorio di Camerino. | |
Ago. | Re d’Aragona | Sforza | Umbria Marche e Abruzzi | Molesta il contado di Todi e fa più di 300 prigionieri nelle campagne. Stancatosi, è persuaso da Nolfo Chiavelli, che milita ai suoi ordini, a seguirlo per aiutarlo a recuperare la signoria di Fabriano persa ad opera di Francesco Sforza. Scorre fino alle porte di tale centro, ottiene i castelli di San Donato e di Genga, fa numerosi prigionieri. Gli vengono contro Giovanni Sforza, Niccolò da Pisa, Manno Barile, Taliano Furlano e Pietro Brunoro. Vedendosi inferiore di forze, con Giosia Acquaviva abbandona il contado di Fabriano (mantenendo il controllo del solo castello di San Donato) per rientrare negli Abruzzi. Con Giosia Acquaviva ed Ardizzone da Carrara riprende a cavalcare sul confine marchigiano ed a fare pressioni su Ascoli Piceno. | |
Sett. | Marche Abruzzi e Umbria | Assedia Ascoli Piceno: un nuovo intervento di Alessandro e di Giovanni Sforza, coadiuvati da Niccolò da Pisa, lo obbligano a ripiegare negli Abruzzi. Rientra in Umbria e si trova a Gualdo Tadino carico di prede e di prigionieri. Lascia i suoi uomini in un primo momento alla Torre del Grande, poi a Garfana. | |||
Ott. | Marche | Penetra nel territorio di Camerino con Giosia Acquaviva. Si ferma nei pressi di Castignano ed Offida: dalla prima località lancia un proclama (smentito tuttavia dal papa) con il quale si invita la popolazione a ribellarsi a Francesco Sforza. | |||
Nov. | Marche | Con Cristoforo da Tolentino depreda nelle Marche le terre controllate dagli sforzeschi. | |||
Dic. | Marche | Muove in soccorso di Camerino. Punta su Fermo; l’azione di Taliano Furlano lo induce in breve a desistere. Si scontra con Francesco Sforza in un combattimento dall’esito incerto che termina con sensibili perdite d’ambo le parti. | |||
1438 | |||||
Feb. | Umbria e Marche | Congiunge le sue forze con quelle di Taliano Furlano che, nel frattempo, ha abbandonato le file dello Sforza; entra con tale capitano nel contado di Todi e si impossessa di 12 castelli; quello di Poggio del Colle (Poggio) è messo a sacco dal Furlano perché è stato offeso dagli abitanti. Sempre con il Furlano intimidisce Ascoli Piceno. | |||
Mar. | Milano | Chiesa Venezia | Umbria e Marche | Tocca Acquasparta; è qui raggiunto dall’ ordine di Filippo Maria Visconti, da cui è condotto, di lasciare il todino e di affrontare i pontifici. Si sposta nelle Marche; a Sarnano gli è bloccata la strada da Alessandro Sforza. A metà mese è segnalato nel recanatese. | |
Apr. | Umbria | Gli abitanti di Spoleto assediano nella rocca cittadina l’abate di Montecassino Pirro Tomacelli: costui, a causa della sua situazione che sta divenendo sempre più precaria, richiede l’aiuto del Piccinino e quello di Taliano Furlano. I due condottieri si alleano con Corrado Trinci; con milizie fornite da Foligno e da Norcia entrano a metà mese in Spoleto con Santino da Ripa alla testa di 500 cavalli e di 500 fanti. Gli spoletini retrocedono agli inizi; si riprendono formano un contingente di 3000 uomini e respingono gli attaccanti che sono costretti a ripiegare nel folignate con molte perdite tra uccisi e prigionieri (100 armati). L’evolversi della situazione vede Pirro Tomacelli accordarsi con gli spoletini ed i pontifici nella persona del conte di Massa Amoretto Condulmer. Taliano Furlano assedia allora la rocca mentre il Piccinino cavalca alla volta di Assisi e ne infesta il territorio fino a Costano. | |||
Mag. | Umbria e Marche | Su nuovo invito di Pirro Tomacelli, ai primi del mese, si riavvicina a Spoleto per la via dei monti; si ricollega con Taliano Furlano e Corrado Trinci. Ha la meglio sulla prima guarnigione sorpresa nel sonno, disperde la seconda, mette in fuga la terza ed entra nella città insieme con gli avversari in fuga. Il centro viene messo a sacco per il resto della notte e per tutto il giorno: 1000 cittadini sono fatti prigionieri e torturati affinché rivelino i posti in cui hanno celato i loro beni. Il bottino è trasportato a Foligno (è stimato in 14000 some): anche le campane di Spoleto seguono la stessa strada. Subito dopo occupa Trevi ed altre località; da Perugia gli sono inviati messaggi che vertono da un lato a raccomandare i vinti e dall’altro a diffidarlo dal vendere nel capoluogo il frutto delle rapine. Si ricongiunge ancora con il Furlano e muove contro Assisi; si attenda a Santa Maria degli Angeli. Dopo due giorni vengono al suo campo due commissari ducali che lo sollecitano a trasferirsi in Lombardia per fronteggiarvi i veneziani. Assedia Pergola; ottiene Sassoferrato, Genga e San Donato. | |||
Giu. | Toscana Marche Emilia e Lombardia | Gli abitanti di Borgo San Sepolcro (Sansepolcro) si ribellano ai pontifici e gli si danno in signoria. Francesco Piccinino si reca in città con 1000 cavalli, vi entra per la Porta della Pieve e ne diventa signore. Si dirige poi a Fano con il Furlano e ne infesta il contado; transita per Rimini; punta su Bologna. Affianca il padre alla conquista di Casalmaggiore; penetra nel bresciano su ponti allestiti a Canneto sull’Oglio ed a Marcaria. | |||
Lug. | Romagna Emilia ed Umbria | Si sposta a Forlì e si acquartiera a Ronco; prende possesso della rocca cittadina. Ritorna a Bologna e da qui raggiunge ancora Forlì per la strada di Bagnacavallo. Sosta a Villafranca; si fa consegnare da Antonio Ordelaffi un certo numero di cavalcature per un valore di 500 fiorini; transita per il riminese diretto a Città di Castello. | |||
Ago. | Umbria e Toscana | Il patriarca Giovanni Vitelleschi avanza su Foligno: il Piccinino lo precede entrando nella città; con il suo intervento persuade i pontifici a desistere dalle operazioni ed a riparare a Terni. Si avvia, quindi, a Ponte San Giovanni con 10000 cavalli e 300 fanti e da qui si dirige a Città di Castello con l’intenzione di farsene signore o, per lo meno, di darne la signoria a Carlo di Montone. Ottiene Camusio, Promano, Montecastelli, Sansepolcro; stringe sempre più d’assedio Città di Castello alla cui difesa si trova Pietro Guido Torelli. Si accampa nelle vicinanze della Porta di Sant’Egidio. Con l’aiuto di Pietro Giampaolo Orsini occupa tutta la pianura e la zona collinare comprese Montalbano, Lugnano e Poggio. Non ha viceversa successo un suo trattato in Città di Castello. | |||
Sett. | Toscana e Umbria | Lascia alla guardia di Sansepolcro 200 cavalli; dopo essersi fatto consegnare dagli abitanti di Città di castello 5000 fiorini punta su Montone. I suoi uomini sono avviati ai campi invernali di Assisi, Gualdo Tadino e Todi. Non mancano, al solito, richieste ai perugini di ulteriori contributi (5000 fiorini): in caso di risposta negativa è minacciata un’incursione di Pietro Giampaolo Orsini. | |||
1439 | |||||
Feb. mar. | 600 cavalli | Marche Romagna ed Emilia | Esce dalla marca d’ Ancona, giunge a Mercato Saraceno e sosta a Russano, nei pressi di Forlimpopoli dove gli rendono omaggio il signore di Forlì ed altri cittadini. Si incontra a Cesena con Domenico Malatesta ed a Villafranca con il fuoriuscito fiorentino Rinaldo degli Albizzi; prosegue per Bagnacavallo, Castel Bolognese ed entra in Bologna con 300 cavalli per controllare la città per conto del padre Niccolò. Il senato lo riceve con tutti gli onori. Le sue recenti conquiste nel tifernate rimangono presto un ricordo in quanto nei mesi successivi le truppe pontificie agli ordini di Pietro Guido Torelli, di Giovanni Sforza, di Simonetto da Castel San Pietro e di Everso dell’ Anguillara hanno modo di recuperare quanto occupato dal condottiero in precedenza, vale a dire località come Selci, Fonteroccoli, Castelfranco, Pietralunga e Lugnano. Nello stesso tempo milizie pontificie di Paolo Lomellana e di Antonello della Serra riprendono invece il castello di Celle. I bracceschi sono costretti ad abbandonare anche i castelli di Montalbano e di Certalto dopo averli dati alle fiamme. | ||
Apr. | Romagna | Si muove nel faentino per contrastare lo Sforza diretto verso il veneziano per assumere il comando generale delle truppe contro i viscontei. | |||
Mag. | Romagna | Si scontra con lo Sforza presso Cesena. Si sposta alla difesa di Forlì con Guidantonio Manfredi alla testa di 1200/1500 cavalli; tiene nella città un consiglio di guerra con tale capitano ed Astorre Manfredi. Lo Sforza riesce a lasciare la Romagna; punta allora su Imola con il Manfredi. | |||
Giu. | Toscana | E’ assediato in Sansepolcro da 2000 cavalli comandati da Everso dell’Anguillara. | |||
Sett. | Umbria | Si attenda con i suoi uomini nel territorio di Assisi. Si impadronisce dei castelli di Selci e di Celalba a spese di Città di Castello. Un certo Zeno fa entrare gli abitanti di tale località in Celalba attraverso un suo palazzo che dà sulle mura; costoro affrontano gli armati del Piccinino. Nello stesso tempo lo Zeno si finge amico del condottiero e spinge un suo servo a spiare i movimenti dei bracceschi. Il domestico viene scoperto, è condotto in una torre che guarda verso Selci e Città di Castello ed è da qui gettato sulla piazza. L’uomo precipita sopra il tetto di una bottega ove si rompe le gambe e fracassa tutte le ossa: morrà dopo cinque giorni di agonia. | |||
Nov. | Veneto e Trentino | Affianca il padre e Gian Francesco Gonzaga alla conquista ed al sacco di Verona. Esce dalla città, tenta la conquista della rocca della Chiusa sull’Adige a pochi chilometri dal capoluogo: viene respinto. E’ cos’ obbligato ad allontanarsi dalla Val Lagarina. Lo Sforza ed il Gattamelata recuperano in breve Verona; il Piccinino è costretto a rifugiarsi in un primo tempo nella cittadella e poi ad abbandonare la città. | |||
1440 | |||||
Mar. | Milano | Firenze Chiesa | Romagna | Ritorna nel forlivese in soccorso di Antonio Ordelaffi con 8000 soldati; il signore di Forlì gli va incontro a San Lazzaro e gli consegna le chiavi cittadine; il Piccinino gliele restituisce ed entra con i suoi uomini in Forlì; di seguito, punta verso la rocca di Ravaldino e su San Martino dove colloca il suo campo. Il giorno seguente rientra in Forlì per incontrarsi con i cittadini; è recitato un solenne discorso in suo onore. Raggiunto dal Manfredi si avvia verso Meldola che ottiene a patti ai danni di Domenico Malatesta; si spinge su per gli Appennini ed occupa Rocca San Casciano. | |
Apr. mag. | Romagna Umbria Toscana | Ha Modigliana; prosegue per l’Umbria, assedia Col di Pepo (Collepepe) e devasta ancora il contado di Città di Castello. Entra in Sansepolcro da dove inizia a compiere alcune scorrerie in Umbria. Da tale località ha il compito, affidatogli dal padre, di cercare di sbarrare il passo alle truppe di Micheletto Attendolo che sono dirette a Firenze. | |||
Giu. | 600 cavalli | Umbria Toscana | Ai primi del mese assedia in Umbria Città di Castello. A fine mese si muove da Sansepolcro con il padre per attaccare ad Anghiari i fiorentini di Micheletto Attendolo: giunge al ponte di un piccolo fiume; alla testa dell’ avanguardia con Astorre Manfredi assale gli avversari. Agli inizi la sua azione ha successo a causa della sua superiorità numerica; i nemici sono costretti a retrocedere fino ai piedi del colle di Anghiari. Il combattimento conosce fasi alterne finché l’arrivo di Pietro Giampaolo Orsini ne capovolge le sorti. Francesco Piccinino è battuto dopo un aspro scontro che dura quattro ore. Viene inviato dal padre con Carlo di Montone a Sansepolcro: sconfitto ancora dai pontifici nei pressi del ponte sul Tevere, gli avversari entrano nella località. Per rappresaglia il Piccinino fa uccidere uomini, donne e bambini. I pontifici cedono Sansepolcro ai fiorentini in cambio di 25000 fiorini. | ||
Lug. | Romagna | Si collega con Guidantonio Manfredi; affronta gli avversari. E’ ospitato a Forlì dall’ Ordelaffi; si sposta tra Forlimpopoli e Montecchio; stipula un trattato di alleanza con Sigismondo Pandolfo Malatesta ed i rappresentanti del fratello di quest’ ultimo Domenico. | |||
Ago. | Romagna | Lascia Faenza e rientra a Forlì perché dei due Malatesta il secondo (Domenico) non mantiene gli impegni assunti ed il primo (Sigismondo Pandolfo) defeziona nel campo della lega. Di conseguenza Bagnacavallo, Massa Lombarda e Pratico pervengono in potere dei nemici. | |||
Sett. | Emilia e Romagna | Ridotto sulla difensiva, esce da Castel Bolognese e si pone alla guardia di Forlì. Difende gagliardamente la città dagli attacchi dei pontifici. | |||
Ott. | Romagna | Da Forlì si reca a Faenza e da qui proteggere il bolognese. | |||
Dic. | Emilia | Ottiene Castel Guelfo di Bologna. | |||
1441 | |||||
Apr. | Romagna | Contrasta Baldaccio d’Anghiari. | |||
Giu. | Romagna | Da Faenza si reca a Bologna; sempre da tale centro, invia a Forlì 2 squadre capitanate da Sacramoro da Parma e da Giovanni da Perugia. Si reca anch’egli nella città con Domenico Malatesta senza avvisare Antonio Ordelaffi del suo arrivo. Colloca le truppe tra Russi e Villafranca, entra all’improvviso nel palazzo, trova l’Ordelaffi a pranzo ed anch’egli si mette a tavola; esce poco dopo dalla città per la Porta di Ravaldino con Domenico Malatesta, raggiunge Rocca San Casciano e nel ritornare verso Forlì sosta a San Martino. | |||
Lug. | Romagna | Ai primi del mese, un giorno di festa, mentre la popolazione è dispersa nelle varie chiese a messa, entra in Forlì con Domenico Malatesta e le sue squadre; giunge nella piazza, si ferma alla porta del palazzo che viene presa in consegna dai suoi uomini. Anche Antonio Ordelaffi scende in piazza, saluta il Piccinino. Il condottiero lo arresta perché sospettato di volere passare nel campo della lega; lo fa montare a cavallo e, con Domenico Malatesta ed un caposquadra del Manfredi, lo trascina via con sé per la Porta di San Pietro. Fa condurre l’Ordelaffi a Bagnolo, appena recuperata dai viscontei; lo avvia con Giovanni da Perugia a Forlimpopoli per farsi consegnare la rocca di cui è castellano Piero Bernardo. Bartolomeo del Diedo riesce però con uno stratagemma a farvi entrare l’Ordelaffi. Gli abitanti si ribellano all’imposizione dei viscontei, obbligano Giovanni da Perugia e Piero Bernardo ad allontanarsi dalla città e dalla fortezza. Alla notizia il Piccinino lascia Bagnolo e si volge con tutte le sue truppe verso Forlì; gli è negato l’ingresso alla Porta di San Pietro per cui deve entrare nella città per la rocca di Ravaldino. Gli abitanti si organizzano e costruiscono nelle vie trincee e ripari nonostante il cannoneggiamento proveniente dal castello. Lo scontro dura quasi tutto il giorno; al suo termine il Piccinino e Domenico Malatesta devono abbandonare Forlì. Si ritira a San Martino mentre il Malatesta ripara a Meldola. Cerca una composizione diplomatica ed invia all’ Ordelaffi Sacramoro da Parma; la missione si rivela inutile. | |||
1442 | |||||
Mag. | Emilia e Romagna | Alla guardia di Bologna, di cui ne diviene praticamente signore. Dal faentino si sposta nel forlivese. | |||
Lug. | Chiesa | Sforza Rimini | 800 cavalli e 300 fanti | Romagna | Infesta il contado di Cotignola (feudo dello Sforza) per otto giorni; è a Russi, tocca il forlivese, il cesenate e perviene a Savignano sul Rubicone. Devasta il territorio di Longiano con molte cernite del cesenate; alla difesa di Longiano entra di notte, senza che i viscontei se ne accorgano, Andrea Corso con 300 fanti i quali, con un’improvvisa sortita dal castello, mettono in fuga i suoi uomini. Costoro si fermano solo al fiume Pissatello. |
Ago. | Marche | Lascia il cesenate ed entra nell’ urbinate. | |||
Ago. | Romagna e Marche | Esce dal contado di Cesena per entrare in quello di Urbino. | |||
Ott. | Emilia | Il padre lo incarica di imprigionare in Bologna Annibale Bentivoglio: con il pretesto di una malattia si fa condurre nel vescovado. Proibisce che nella città suonino le campane perché lo infastidiscono. Dopo alcuni giorni stabilisce di recarsi a San Giovanni in Persiceto dove l’aria è più salubre. Si fa accompagnare da Annibale Bentivoglio, da Romeo Pepoli, da Gaspare ed Achille Malvezzi, da Giovanni Fantuzzi e da altri cittadini. Invita tutti prima a caccia, quindi a seguirlo nella rocca. Seguono un convegno ed il suo ritiro nella camera da letto: Annibale Bentivoglio ed i due Malvezzi sono arrestati mentre stanno uscendo dal castello, il Pepoli ed il Fantuzzi sono rilasciati. Filippo Schiavo ha il compito di trasportare, nottetempo i prigionieri nel parmense. Il Bentivoglio viene rinchiuso nella rocca di Varano de’ Melegari, Achille Malvezzi in quella di Mompiano e Gaspare Malvezzi nel castello di Pellegrino Parmense. Da Bologna Francesco Piccinino invia al padre Niccolò, impegnato sotto Tolentino, 8 squadre di cavalli capitanate da Giovanni di Sesto. | |||
1443 | |||||
Apr. | Emilia | Esce da Parma ed entra in Bologna con 1800 cavalli. Poiché la situazione cittadina gli sembra normalizzata ordina a Cervato da Caravaggio di lasciare la postazione del vescovado, di ristabilire la sua residenza nel palazzo dei dalle Correggie e di licenziare alcuni fanti del presidio. | |||
Mag. | Emilia | Convoca il senato ed ordina ai suoi membri di procurargli 22000 lire di bolognini per pagare il soldo ai cavalli che sono di guardia alla città. | |||
Giu. | Emilia | Annibale Bentivoglio è liberato dalla sua prigionia dai suoi seguaci (Galeazzo Marescotti ed un vasaio di nome Genesio da Borgo San Donnino). Insieme costoro raggiungono Bologna e, con l’aiuto di Gherardo Rangoni, superano le mura cittadine con scale di corda. La città insorge al suono delle campane di San Giacomo. Svegliato da tale rumore il Piccinino si accinge a difendersi nel palazzo con i suoi soldati. I rivoltosi danno alle fiamme il portone e rompono il muro di cinta in due punti: sono promessi premi di 300, 200 e 100 ducati per coloro che penetrino per primi nella sua residenza. Le milizie di guardia sono sopraffatte ed egli è catturato nella sua camera; viene esibito al popolo alla ringhiera del palazzo. Annibale Bentivoglio gli salva la vita e lo fa condurre nella sua abitazione in strada San Donato. E’ ridotto in catene. | |||
Ago. | Emilia | Viene rilasciato solo quando il padre libera i due Malvezzi: lo scambio di prigionieri si effettua sul Panaro al passo di Sant’Ambrogio in territorio estense. | |||
…………. | Milano | Sforza | Marche | Filippo Maria Visconti lo invia nella Marca d’Ancona per contrastarvi gli sforzeschi. | |
1444 | |||||
Gen. feb. | Marche | Aiuta Federico da Montefeltro alla difesa di Pesaro; fronteggia il signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta a San Pier degli Agli (Monte San Pietrangeli). | |||
Mar. | Romagna | E’ segnalato al fossato del Zaniolo o Genivolo. Si trasferisce nel forlivese con 800 cavalli. | |||
………… | Romagna | Lascia il cesenate; transita per Forlì (Antonio Ordelaffi è ritornato ad essere alleato dei viscontei). Sosta a Bagnolo. Con la sua presenza procura gravi danni al ravennate. | |||
Lug. ago. | Capitano g.le | Umbria e Marche | Il padre è richiamato a Milano dal Visconti. Francesco Piccinino ha ora il comando dell’ esercito pontificio contro Francesco Sforza. Attraversa il territorio di Cascia; ottiene a patti da Giovanni da Tolentino Castelfidardo, giunge a Macerata; si fortifica su un colle ad Urbisaglia in attesa dell’arrivo di rinforzi da parte di pontifici ed aragonesi. Abbandona la posizione elevata per portarsi più a valle a Montolmo (Corridonia). Sforza di tale scelta e lo provoca a battaglia. Convoca il consiglio di guerra e propende, secondo i consigli del padre, alla stipula di una tregua con gli avversari: sono contrari alla deliberazione Domenico Malatesta, Roberto da Montalboddo, Giacomo da Caivana ed il legato pontificio. Mentre i capitani sono ancora intenti nella discussione vi è l’assalto da parte degli sforzeschi. La battaglia è cruenta; allorché le sue milizie si vedono alle spalle su un colle vicino molti uomini armati di lance e picche (nella realtà servitori e ragazzi al seguito delle truppe) si danno alla fuga. Più di 2000 cavalli e parte dei fanti cadono nelle mani dello Sforza, del fratello Alessandro Sforza e del Sarpellione. Anche il Piccinino cerca una via di fuga; erra per tutta la notte nelle campagne. E’ catturato in una palude con un fante che ha disertato poco prima dalla compagnia del Sarpellione, un certo Colella. Costui lo consegna al suo ex-capitano dietro la promessa di un premio di 400 fiorini: Sforza fa rinchiudere Francesco Piccinino nel castello del Girifalco a Fermo. | ||
Nov. | Marche e Umbria | E’ liberato per le pressioni esercitate dal Visconti sullo Sforza. Si reca ad Assisi, vi raggiunge Carlo di Montone ed il fratello Jacopo; si incontra a Bastia Umbra con il governatore di Perugia che gli propone di ritornare al soldo dello stato della Chiesa. A Perugia è ospite di Giovanni da Sesto; ha nuovi colloqui con i funzionari pontifici. Avvia nel contempo trattative anche con i viscontei. | |||
1445 | |||||
Feb. | Milano | Venezia Firenze | Luogotenente | Umbria e Lombardia | Ritorna agli stipendi dei viscontei; rientra in Lombardia alla testa di 3000 cavalli e di molti fanti. Alla sua partenza i priori di Perugia gli donano 3000 ducati e cento corbe di grano. E’ accolto con tutti gli dal duca di Milano che gli affida il comando delle sue truppe. |
Mar. lug. | Emilia Toscana e Liguria | Con il fratello Jacopo è investito del marchesato di Borgonovo Val Tidone, Ripalta, Borgo Val di Taro, Somaglia; delle contee di Pellegrino Parmense, Venafro e Compiano; dei feudi di Castelvisconti, di Castell’Arquato, di Fiorenzuola d’Arda, Candia Lomellina, Villata, Frugarolo e Solignano. Affronta gli sforzeschi a Pontremoli, Sarzana e Sarzanello. | |||
Sett. | Investe il marchese di Mantova di alcuni feudi a nome del duca di Milano. | ||||
Nov. | Milano | Bologna | Emilia | Si collega con Luigi da San Severino nel bolognese e con 4300 cavalli contrasta le schiere del Bentivoglio. | |
Nov. | Milano | Bologna | Emilia | Si collega nel bolognese con Luigi da San Severino e contrasta il signore di Bologna Annibale Bentivoglio alla testa di 4300 cavalli. | |
1446 | |||||
Apr. | Milano | Venezia | Emilia e Lombardia | Gli aragonesi gli consegnano 10000 ducati sui 50000 che gli sono dovuti per le campagne precedenti. Da Piacenza si trasferisce nel cremonese. | |
Mag. | Lombardia | Dà alle fiamme Vidiceto, entra in Soncino per il tradimento del capitano sforzesco Francesco Schiavo, occupa Romanengo e Castelleone. Attraversa il Po e con Luigi dal Verme si avvicina a Cremona con 5000 cavalli e 1000 fanti per danneggiare i feudi dello Sforza. Per mezzo di Rolando Pallavicini si guadagna l’animo dei ghibellini locali: Giacomo da Salerno sventa tutte le trame e con il sostegno di alcune squadre veneziane lo respinge anche in campo aperto. Si ritira all’ avvicinarsi dell’ esercito veneziano condotto dall’ Attendolo. Presa il contado. | |||
Sett. | Emilia e Lombardia | Invia Bartolomeo Colleoni a Pontremoli per allontanarlo dalle sue compagnie; fa arrestare il condottiero da Niccolò Terzi con l’accusa di volere defezionare nel campo nemico. Negli stessi giorni muove da Parma, supera il Po ed assedia Cremona per via di terra e d’acqua: all’ avvicinarsi dell’ Attendolo con forze superiori alle sue ripiega a Castelleone ed a Casalmaggiore. Lascia la località per trincerarsi sul Mezzano, un’isola del Po lontana un miglio da tale centro. Fa costruire due ponti, difesi da altrettante bastie che si uniscono con la terraferma al fine di ricevere le vettovaglie fornite dai centri vicini. L’ Attendolo assale il ponte che unisce l’isola con la sponda lombarda: mentre gli uomini del Piccinino sono intenti a rintuzzare questo attacco i veneziani trovano un guado ed aggrediscono i viscontei in un altro punto meno munito di difese. Le forze ducali sono colte impreparate; si arrendono quasi senza combattere; il Piccinino fugge per l’altro ponte verso il parmense lasciando in balia degli avversari armi, artiglierie, cavalcature, munizioni e 4000 prigionieri. | |||
1447 | |||||
Gen. feb. | Emilia | Si trova tra Fiorenzuola d’Arda e Pellegrino Parmense. | |||
Mar. apr. | Lombardia | Francesco Sforza è nominato da Filippo Maria Visconti suo capitano generale; il capitano non si decide a compiere atti ostili nei confronti dei veneziani. Il Piccinino, con l’appoggio del fratello Jacopo, di quello di Niccolò Terzi e dei consiglieri Antonio da Pesaro e Giacomo d’Imola non ha difficoltà a convincere il duca che obiettivo dello Sforza è quello di impadronirsi del ducato (tanto che ha già promesso a Pietro Pusterla di concedergli, in caso di vittoria, i suoi beni di Casalpusterlengo). Il Visconti è così persuaso a non versare al suo capitano generale gli stipendi nei termini pattuiti. Il Piccinino è inviato nel cremonese in soccorso di Foschino Attendolo. | |||
Giu. | Lombardia | E’ sconfitto da Micheletto Attendolo al Monte di Brianza con Luigi dal verme e Carlo Gonzaga (8300 cavalli). | |||
Ago. | Lombardia | I veneziani abbandonano l’assedio di Lecco e riattraversano l’Adda. Il Piccinino con Antonio e Francesco da Landriano ed il dal Verme si dirige verso Como, Pieve d’Inzino ed il Monte di Brianza per recuperare le terre perdute. Alla morte del Visconti, in odio allo Sforza, con il fratello Jacopo, Francesco da Landriano e Broccardo Persico fa in modo che nel testamento del duca compaia come erede il re di Napoli. E’ sventolato lo stendardo reale; consegna le fortezze sotto il suo controllo ad Alfonso d’Aragona; punta verso Como, Pieve d’ Inzino ed il Monte di Brianza. A seguito della ribellione ai milanesi di Lodi lascia il comasco per puntare su tale centro; con il fratello Jacopo penetra nei borghi cittadini. Viene ricacciato dagli abitanti di Lodi che con l’ aiuto dei veneziani lo costringono a ripiegare a Pizzighettone. Nello stesso tempo i Fieschi recuperano a sue spese i loro possedimenti nella Val di Taro ed uccidono il fratello Angelo. A Milano il partito dei filoaragonesi viene sconfitto a favore della Repubblica Ambrosiana. Francesco Piccinino non accetta il consiglio del fratello Jacopo di passare agli stipendi dei veneziani che, da parte loro, gli offrono la signoria di Crema e di Cremona tramite Tiberto Brandolini; preferisce viceversa avvicinarsi, seppur titubante, allo Sforza. I due condottieri si incontrano a Pizzighettone; i commissari milanesi Luigi Bossi e Pietro Cotta promettono al Piccinino uno stipendio annuo di 36000 ducati, i feudi di Bassignana, Sartirana Lomellina, Sant’ Angelo Lodigiano ed una casa a Pavia. Staziona a Pizzighettone e vi si incontra con lo Sforza. | |||
Sett. | Lombardia | Attraversa l’Adda ed entra nel lodigiano; ottiene il castello di San Colombano al Lambro con dodici giorni di assedio. Resta al comando delle truppe con il Manfredi allorché lo Sforza si reca a Pavia a prendere possesso della città. Al suo rientro lo appoggia nel cremonese. | |||
Ott. nov. | Emilia | Affianca Francdesco Sforza all’assedio di Piacenza dove si colloca con Manfredi dalla parte della Porta di San Raimondo. Espugna e dà alle fiamme il castello di Carpaneto che appartiene a Francesco Scotti. | |||
Dic. | Emilia | Prende parte all’ espugnazione ed al sacco di Piacenza; raggiunge poi Castell’Arquato e toglie ai Fieschi, ai Landi ed agli Arcelli molti castelli del piacentino già suoi feudi. | |||
1448 | |||||
Apr. | Lombardia | Cerca di guadagnare spazi di manovra ricavandoli dalla confusione nel comando delle armi repubblicane e, soprattutto, nel sabotaggio dei successi personali dello Sforza sia sul piano politico (nel Consiglio dei Novecento i bracceschi sono appoggiati dalla parte guelfa) che su quello militare. Perora pure la pace con la Serenissima tramite il provveditore generale Gerardo Dandolo catturato a Piacenza: rimanda quest’ ultimo a Venezia con alcune proposte e stipula a Bergamo un trattato onorevole per la Repubblica Ambrosiana con i veneziani. Lo Sforza impedisce la ratifica di tali patti; suscita in Milano un tumulto popolare; il Broletto è invaso da una moltitudine di ribelli ed il trattato di pace viene annullato. | |||
Giu. | Lombardia | Allorché Francesco Sforza decide di liberare Cremona dall’ assedio posto dai veneziani anziché tentare il recupero di Lodi il Piccinino non si oppone apertamente in Consiglio a tale obiettivo; in privato, invece, con l’ausilio di Erasmo da Trivulzio spinge a non fare uscire l’esercito dal lodigiano per trasferirsi nel cremonese. | |||
Lug. sett. | Lombardia | Lo Sforza ottiene i pieni poteri e può perseguire i propri obiettivi strategici. Francesco Piccinino si trova in Ghiaradadda con il fratello Jacopo ed il dal Verme: arresta la sua azione per il ritardo delle paghe. Lo Sforza deve lasciargli tutto il bottino ricavato nel sacco di Castelponzone (grande quantità di frumento e di bestiame). Asseconda il capitano generale ed ai suoi ordini distrugge sul Mezzano la flotta di Andrea Querini; si sposta all’ assedio di Caravaggio alla cui difesa si trovano 800 fanti e 700 cavalli. Si sposta nel parmense, ottiene Castelnuovo dei Terzi e contrasta i Pallavicini che si sono impossessati della rocca della Gallinella; dopo che sono caduti nelle sue mani Roberto ed Oberto Pallavicini può rientrare all’ assedio di Caravaggio dove è collocato alla destra della Porta Orientale con altri condottieri di scuola braccesca; a sinistra sono invece posti Guglielmo di Monferrato, Cristoforo Torelli, Luigi dal Verme e Carlo Gonzaga. L’ astio nei confronti dello Sforza lo spinge a boicottare le disposizioni del suo emulo come, si dice, aver fatto a Morengo quando, nonostante gli ordini ricevuti, non interviene con Dolce dell’ Anguillara a sostegno del fratello Jacopo investito da Guido Rangoni. Partecipa alla vittoriosa battaglia di Caravaggio dove ha il comando delle truppe di riserva (venti squadre); con Luigi dal Verme, Cristoforo Torelli e Dolce dell’ Anguillara espugna il campo veneziano alla cui difesa si trova Bartolomeo Colleoni. Al termine dello scontro fa incarcerare Ludovico Malvezzi e Matteo da Capua; per ingraziarsi l’animo dei milanesi consegna ai commissari Luigi Bossi e Piero Cotta anche Guido Rangoni e Gerardo Dandolo. | |||
Ott. | Milano | Venezia Sforza | Capitano g.le | Lombardia | Si porta da Treviglio a Milano e mette in guardia le autorità sui movimenti dello Sforza volti a ritagliarsi un proprio stato in Lombardia. Tenta nuovamente di indurre il governo a ricercare la pace con i veneziani perché questo gli sembra essere il momento più adatto. Ostacolato nei suoi obiettivi dalla fazione ghibellina che appoggia lo Sforza, si mette in contatto con il Terzi che ora milita con i veneziani; non si unisce con le sue truppe al campo sforzesco, sceglie di fermarsi con il fratello all’ assedio di Lodi. E’ qui raggiunto dalla notizia che lo Sforza ha trovato a Rivoltella un accordo con i nemici: il partito ghibellino lo fa nominare capitano generale. |
Nov. dic. | Lombardia | Entra in Lodi che si è arresa ai ai milanesi; cerca di impedire allo Sforza di varcare l’Adda. Mentre l’avversario è intento alla conquista di Cantù giunge nottetempo a Pavia e ne depreda il contado per rifornire di vettovaglie Milano. Con Giovanni Ventimiglia razzia nel parco una grande quantità di bestiame; sulla strada del ritorno assale Lacchiarella; è, a sua volta, attaccato da Corrado da Fogliano. Abbandona le operazioni di assedio di Cantù per riparare al sicuro nel monastero di Chiaravalle Milanese. Da qui si riduce a Melegnano con l’obiettivo di entrare in Lodi superando le resistenze che gli sono opposte al riguardo dagli stessi milanesi. | |||
1449 | |||||
Gen. | Lombardia | Viene inviato con Carlo Gonzaga in soccorso dei difensori di Crema. Gli si oppone Sigismondo Pandolfo Malatesta che si colloca sulle rive dell’Adda. I due capitani sono costretti a rientrare a Milano. | |||
Feb. | Sforza | Milano | Lombardia | E’ in contrasto con Carlo Gonzaga che punta anch’egli ad insignorirsi dello stato milanese. Vede scemare il prestigio proprio e quello del fratello Jacopo. Allorché inizia ad essere deficitario il flusso dei rifornimenti al suo campo si riconcilia con lo Sforza. Si unisce con 4000 cavalli alle sue milizie. Persuade anche il fratello Jacopo ad allontanarsi da Parma ed a seguire il suo esempio: lo Sforza promette a lui la signoria di Tortona ed il titolo di capitano generale, al fratello in sposa la figlia naturale Drusiana, vedova del doge di Genova Giano Campofregoso; a tutti e due, infine, è riconosciuta per un triennio la provvigione di 9000 ducati. Il Piccinino ritorna subito a Melegnano, invia messaggi al re di Napoli (tramite il suo familiare Francesco d’Assisi e Luchino Palmeri) in cui giustifica con lo stato di necessità il suo cambiamento di campo fino alla primavera; blocca Milano dalla parte di Porta Romana e sulle strade che danno a Monza ed al vercellese. | |
Mar. | Lombardia | Con Luigi dal Verme, Giovanni Ventimiglia, Dolce dell’Anguillara, Cristoforo Torelli e Matteo da Capua è segnalato all’ assedio di Monza. Rimane inerte invece di assalire la città dal lato orientale come previsto dai piani di guerra; è ancora passivo allorché entrano alla difesa della città Carlo Gonzaga e Michele di Piemonte con molte squadre di cavalli e di fanti; nonostante le pressanti richieste di Giovanni Ventimiglia non interviene neppure nel momento in cui gli sforzeschi sono battuti sotto le mura da Carlo Gonzaga. 300 cavalli sono catturati dai milanesi con le artiglierie e le salmerie. Continua nella sua simulazione, invia Broccardo Persico a scusarsi con lo Sforza e riceve 3 grosse bombarde per continuare le operazioni di assedio. | |||
Apr. | Milano | Sforza Venezia | Capitano g.le | Lombardia | Il tradimento diviene evidente quando con il fratello Jacopo entra in Monza con 3000/4000 cavalli e 1000 fanti: nell’occasione, per ragioni di cavalleria impedisce al fratello Jacopo di assalire Guglielmo di Monferrato. Francesco Sforza per rappresaglia confisca ai due Piccinino i beni da essi posseduti nel piacentino. Il Piccinino si reca a Milano accolto con somma gioia; muove contro i veneziani. Sigismondo Pandolfo Malatesta si ritira dal campo di Crema. Francesco Piccinino consegna ai milanesi Melegnano di cui ha la custodia; ottiene di sorpresa il castello di Melzo dove lo Sforza ha fatto condurre le artiglierie utilizzate a Monza. |
Mag. | Lombardia | Non ha successo l’azione condotta con Carlo Gonzaga per liberare Melegnano dall’ assedio posto dagli avversari; l’azione condotta con 6000 cavalli, 4000 fanti e 20000 schioppettieri milanesi si rivela fallimentare. Francesco Piccinino tenta di vincere in astuzia l’avversario cui fa credere la prossima defezione di Guglielmo di Monferrato. Francesco Sforza non si muove, mette in ordine le sue truppe e disperde le milizie cittadine fermatesi a San Giuliano Milanese. Alfonso d’Aragona fa avere al Piccinino a Siena, tramite Ghino Bellanti, 6000 ducati anziché i 30000 che gli sono stati promessi. La situazione degli approvvigionamenti a Milano diviene sempre più grave. | |||
Giu. | Lombardia Svizzera | Punta su Castelseprio (lo Sforza è lontano, all’assedio di Vigevano); occupa senza fatica San Giorgio e la rocca di Castiglione Olona; penetra ancor più nel varesino e giunge fino a Lugano. | |||
Lug. | Lombardia | Assedia in Cantù Antonio Ventimiglia. Male vanno invece le sue cose su altri fronti in quanto Alessandro Sforza gli conquista Fiorenzuola d’Arda, Castell’Arquato ed altre località; Antonio Crivelli si consegna allo Sforza con la guarnigione di Pizzighettone (300 fanti e 500 cavalli). | |||
Ott. | Lombardia | Muore a metà mese di idropisia a Milano. Durante le esequie solenni la sua bara ricoperta di un drappo d’oro è accompagnata fino al duomo dove viene sospesa tra due colonne nell’attesa della costruzione di un degno monumento funebre. Nei primi mesi del 1450 sarà deposta dove giace il corpo del padre Niccolò presso la sacrestia meridionale. Il monumento sarà fatto distruggere da Francesco Sforza, divenuto duca di Milano, nell’agosto 1455 per cancellare le insegne e le memorie dei Piccinino. Nel deambulatorio del duomo di Milano vi è, in ogni caso, una lapide che ricorda Niccolò e Francesco Piccinino. Ricordato da Lorenzo Spirito in “Altro Marte” ed in “Lamento di Perugia soggiogata”. Il suo stemma raffigura un toro rampante. Sposa Innamorata (o Camilla) di Montone, nipote di Braccio. |
CITAZIONI
-“Uomo coraggioso e ottimo soldato, divenuto vittima dell’ ubbriachezza dopo qualche tempo morì.” PICCOLOMINI
-“Francesco Piccinino era la guida/ Di tutte le sue genti colla spada / Che co la sua virtù vincer si fida./ Lui si facea per tutto dar la strada/ Facendo cose non da corpo umano,/ ma più che Marte tra gli armati vada./ (Scontro con gli sforzeschi sotto Milano)…/Subbito nella terra s’apiccaro/ A facto d’arme per tal modo e via/ Che Francesco coi suoi si ni cacciaro/ Francesco tuttavia se retraia/ A passo a passo inver Pizichetone/ Con molta forza et molta maestria.” Lorenzo Spirito riportato da FABRETTI
-“Non fu sempre avventurato nelle battaglie, sebbene intero possedesse l’amore de’ suoi, liberale, umanissimo.” FABRETTI
-“Capitano d’esperimentato valore nell’armi.” ROSMINI
-“Fu uomo poco savio e inclinato al vino.” POGGIO
-Confronto con il fratello Jacopo “Praestabat enim fratri et corpore et animi virtute plurimum, quod invalido ille et segni esset corpore et animo ignavo, sed ingenio malo pravoque; in hoc autem Franciscus Jacobum anteibat, quod ipse in elargiendo liberalis, ille parcus tenaxque habitus.” SIMONETTA
-“Si rese notevole per valore e per sangue freddo.” BOSI
-Con Jacopo Piccinino “Duo bellium fulmina.” RIPALTA
-Rispetto al padre “Molto inferiore di condotta e stima.” VERDIZZOTTI
-“generale di scarso valore, intrigante, ubriacone.” BELOTTI
-Con Taliano Furlano “Strenuos tunc duces.” MINERVIO
-“Capitano di bella rinomanza.” I. CANTU
-Con Jacopo Piccinino e Bartolomeo Colleoni “Tutti e tre capitani valentissimi.” A-VALLE
-“Intraprendente capitano di ventura.” PAGNANI
-“Era troppo dedito al bere e tale vizio menomò le sue facoltà, arrecandogli umiliazioni e scoraggiamenti senza fine nelle milizie braccesche, dalle quali era adorato per il grande nome che portava..Di spirito debole ed avaro fuori di misura, di carattere rude, sapeva a seconda dei casi fingersi umile; ma l’ambizioso predominava in lui, anzi era il segreto propulsore delle sue azioni, delle sue opere. Non aveva che un unico miraggio: quello della gloria e della prosperità della fazione braccesca..La sua vita fu costantemente tessuta di tradimenti; e, sembra strano che in un’epoca in cui le passioni erano così vive e le vendette così pronte e spietate egli rimanesse impunito.” BIGNAMI
-Con Jacopo Piccinino “Well-knoen condottieri.” TREASE
-“The key to understanding his lacklustre career is that he seems to have been an alcoholic, a genetic predisposition far less common in Italy than in northern European cultures. Trops under his command frequently get out of control, notably in a spiteful massacre of men, women and children at San Sepolcro after their defeat at Anghiari. He commanded no regular following and the indiscriminate losting that marked his passage suggests he attracted the condottieri dregs to his banner. The poor quality of his troops in turn may be the reason why he avvided battle whenever possible.” BICHENO
-Con Antonio della Pergola “Quidem animosi pro aetate, parentum imitatores.” BILLIA
-Alla notizia della sua morte. Reazioni a Bologna “Franciscus Picinus hostis noster, Mediolani moriens, civitatis nostre gaudium dedit.” BORSELLI
-“Il quale non era all’altezza del padre e soprattutto non aveva il carisma per imoporsi ai comandanti degli altri contingenti.” SCARDIGLI
-“Francesco Piccinin gusto e gagliardo/So di parte Braccesca onore e lume,/Che dove io misi ilfelice stendardo/Feci col mio nom tremare i fiumi:/A mie imprese non fui lento né tardo,/Giammai pigrizia non fu mio costume:/Amai con tutto il cor sempre mia terra/Cortese in pace, cauto nella guerra.” Da un epitaffio del Matarazzo, riportato da FABRETTI, sotto il suo ritratto un tempo collocato a Perugia nel palazzo di Braccio Baglioni.
-Rispetto al fratello Jacopo “Tempra meno maschio di soldato e di capitano.” PORTIGLIOTTI
-“La biografia dei Piccinino offre una singolarità che non può sfuggire all’osservazione della critica. Né migliore né peggiore degli altri venturieri del loro tempo, capaci personalmente di ogni trasporto di ira e di ogni delitto, furono i soli condottieri di gran fama che non accumularono ricchezze, non si procacciarono terre e castelli e non si infeudarono in signorie caduche o stabili. Essi quindi possono essere considerati come i più tipici venturieri del loro tempo e degli altri secoli: intenti a combattere per chi li cercava, più per amor della guerra, più per bisogno di sfogare la loro natura esuberante e sanguinaria che per desiderio di agiatezze e di tesori. Le tre figure dei Piccinino perciò campeggiano in primo piano, specialmente poi se giustamente contrapposte a quelle degli Attendolo, implacabili antagonisti e certamente più accarezzati dalla fortuna.” ARGEGNI
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