Last Updated on 2023/11/23
FRANCESCO MARIA DELLA ROVERE Di Senigallia. Soprannominato “Ercole italico”. Duca di Urbino e di Sora.
Signore di Pesaro, Senigallia, Fossombrone, Gubbio, Caprarola, Mondavio, Monterolo, San Vito sul Cesano, Reforzate, Barchi, Rupoli, Orciano di Pesaro, San Giorgio di Pesaro, Piagge, Sorbolongo, Montemaggiore al Metauro, Sorbolongo, Sant’Andrea, Mondolfo, Cerasa, Montebello, Poggio, Cavallara, Villa del Monte, Montesecco. Figlio di Giovanni della Rovere, adottato da Guidobaldo da Montefeltro, genero di Francesco Gonzaga. Prefetto di Roma. Cavaliere dell’ordine di San Michele.
1490 (marzo) – 1538 (ottobre)
Anno, mese | Stato. Comp. ventura | Avversario | Condotta | Area attività | Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
1499 | Marche | Nei suoi primi anni studia con l’umanista Ludovico Odasio ed Antonio di Cristini di Sassoferrato. Sono fatte pressioni a Roma per un suo matrimonio con Angela Borgia. | |||
1501 | |||||
Feb. | Lazio | Gli è confermata dal papa Alessandro VI la carica di prefetto di Roma. | |||
1502 | |||||
Mag. | Lazio | Viene investito del ducato di Sora da parte del re di Francia Luigi XII. E’ parimenti infeudato a Roma dal papa Alessandro VI della prefettura di Roma. | |||
Giu. | Marche Toscana Piemonte | E costretto a fuggire da Urbino a seguito delle minacce di Cesare Borgia a Guidobaldo da Montefeltro; tocca San Leo e giunge in salvo nel fiorentino. Da qui è condotto di nascosto ad Asti dove si trova lo zio il cardinale Giuliano della Rovere (il futuro Giulio II). | |||
Dic. | Marche e Veneto | Rientra nelle Marche; si deve ancora allontanare da Senigallia con la madre Giovanna da Montefeltro ed Andrea Doria, che ha difeso la città contro i pontifici. Ripara per un anno a Venezia. | |||
1503 | |||||
…………… | Francia | Vive alla corte francese, dove ha modo di conoscere Gastone di Foix. | |||
Sett. | Marche | Ritorna nelle Marche a Senigallia alla morte del pontefice. Il nuovo papa Giulio II lo riconferma nella carica di prefetto di Roma. | |||
…………… | Francia | ||||
1504 | |||||
Feb. | Lombardia e Lazio | Richiamato dalla Francia, nel suo viaggio verso Roma tocca Milano e Bolsena. | |||
Apr. | Lazio | E’ adottato a Roma dal duca di Urbino Guidobaldo da Montefeltro alla presenza di 4 cardinali e di altri prelati. | |||
Mag. | Chiesa | 220 lance | Lazio | Gli è concessa una condotta di 220 lance. Suo luogotenente è Giovanni Gonzaga. | |
Dic. | Lazio | A Roma. | |||
1505 | |||||
Mar. | Viene celebrato il suo matrimonio per procura con Elisabetta Gonzaga, figlia del marchese di Mantova Francesco. | ||||
Lug. | Lazio | A Roma per la rassegna della sua compagnia che si svolge in Campo dei Fiori. | |||
Ago. | Lazio Umbria Lombardia | Lascia Roma; con Guidobaldo da Montefeltro si reca ad Orvieto ospite di Angelo di Giulio; si reca poi a Mantova per sposarsi con Eleonora Gonzaga, figlia di Francesco e vedova del duca Antonio da Montalto. | |||
1506 | |||||
Sett. | 200 lance | Umbria e Lazio | Scorta ad Orvieto ed a Perugia (dove è ospitato da Pietro Paolo della Cornia) il papa in occasione dell’atto di resa di Giampaolo Baglioni allo stato della Chiesa; è quindi segnalato a Gubbio. Gli è affidato il comando di 200 lance pari alla metà della compagnia dello zio Guidobaldo. Luogotenente della compagnia è ora Ambrogio da Landriano. Giunge a Roma anche Francesco Gonzaga, capitano generale della lega. La presenza di quest’ultimo pone uno spinoso problema di precedenza tra i due condottieri, in quanto il della Rovere ricopre la carica di prefetto di Roma ed ha il comando delle truppe pontificie. La vertenza trova sfogo in un alterco verbale durante una messa solenne in San Pietro. Il giorno seguente il della Rovere si astiene dai riti previsti. | ||
Ott. | Chiesa | Bologna | Romagna | A Cesena dove alloggia con Guidobaldo da Montefeltro nelle case di Niccolò da Bagno. Assiste alla rassegna delle truppe pontificie. | |
Nov. | Emilia | Affianca il papa Giulio II nel suo solenne ingresso in Bologna a seguito della fuga dei Bentivoglio dalla città. | |||
1507 | |||||
Apr. | Il re di Spagna Ferdinando il Cattolico gli concede in signoria Rocca Guglielma. | ||||
Nov. | Marche | Uccide ad Urbino il signore di Sassocorvaro Giovanni Andrea Bravo, amante della sorella Maria, vedova di Venanzio da Varano. Lo invita a pranzo, si apparta con lui in una stanza con la scusa di un gioco e lo colpisce con 27 colpi di pugnale mentre i suoi servitori bloccano l’uomo alle spalle. Fugge a Senigallia. | |||
1508 | |||||
Mar. | Marche | Con la morte di Guidobaldo da Montefeltro è nominato duca di Urbino. | |||
Ott. | Chiesa | Gonfaloniere dello stato della Chiesa216 lance e 58 cavalli leggeri | Romagna ed Emilia | Discute a tavola con Cesare Gonzaga e sfodera la spada: è calmato dai suoi cortigiani solo dopo avere raggiunto a cavallo Cesena. E’ eletto gonfaloniere dello stato della Chiesa: la cerimonia di investitura avviene a Bologna nella chiesa di San Petronio. Il cardinale di Pavia Francesco Alidosi gli consegna le insegne del comando. Nella città prende alloggio in strada Castiglione nel palazzo di Giovanni Galeazzo e di Giovanni Francesco Poeta, al momento fuoriusciti perché favorevoli alla causa dei Bentivoglio. Assiste al palio corso da 8 cavalli in strada San Felice. Ritorna a Cesena ospite di Vincenzo Cassina. | |
Nov. | Emilia | A Bologna, per la rassegna delle truppe pontificie. | |||
Dic. | Emilia | Con 100 cavalli segue da Bologna ad Imola il cardinale Francesco Alidosi, attraversa il faentino controllato dai veneziani, perviene a Forlì ed a Cesena. | |||
1509 | |||||
Apr. | Chiesa | Venezia | Capitano g.le | Marche | Raccoglie le sue milizie ad Urbino, tocca Sassocorvaro e San Marino e da qui passa ai Frà Bianchi al fine di minacciare Rimini; giunge a Santarcangelo di Romagna con 360 cavalli. E’ qui raggiunto dal Baglioni con 100 uomini d’arme. A Forlimpopoli. Alla testa di 400 lance, 400 cavalli leggeri, 8000 fanti e 30 cannoni che gli sono forniti dal duca di Ferrara assale le città romagnole che sono controllate dai veneziani. Mette a sacco il territorio tra Cesena e Cervia. |
Mag. | Romagna | Si muove tra Imola e Faenza, ottiene Solarolo e Brisighella che si arrende a discrezione dopo che nei vari assalti sono uccisi 2000 uomini tra soldati ed abitanti. La località è messa orrendamente a sacco. Di seguito si impadronisce di Granarolo; assedia Russi. Fa costruire un fossato attorno al castello munito di ripari per i suoi soldati; invia di notte verso Ravenna Chiappino Vitelli (50 lance) e Giovanni Vitelli (100 cavalli leggeri) che si collocano in imboscata. Dalla città esce Giovanni Greco con cavalli leggeri ed alcune compagnie di fanti. Il condottiero della Serenissima è sconfitto e fatto prigioniero. Anche i difensori di Russi cedono a patti dopo un assedio di dieci giorni. Fa accecare 4/5 bombardieri della rocca colpevoli di avere tirato contro il suo padiglione e di avere in tal modo ucciso 5 suoi cortigiani. Si sposta nel faentino e ne depreda il contado; attacca Faenza e corre il rischio di rimanere ucciso sotto le mura da un colpo di artiglieria. Fa svaligiare nell’ occasione, contro i patti siglati dal cardinale di Pavia, 500 fanti che si stanno allontanando dalla città. Punta su Ravenna; invia nella città un trombetta per intimare la resa ai provveditori Pietro Landi e Francesco Marcello. Si accampa alla Rotonda e si prepara ad assediare la città. Ne espugna la rocca mediante l’utilizzo delle proprie artiglierie ed di altri 32 pezzi ricevuti dal duca di Ferrara Alfonso d’Este. Entra nella località e ne impedisce il sacco, desiderato viceversa da Giovanni da Sassatello e dagli svizzeri di Giorgio Soprasasso con il tacito assenso del cardinale Alidosi. A Cervia. | |||
Giu. | Romagna | Si impadronisce di Rimini; con tale conquista termina la campagna contro i veneziani. Licenzia i fanti e distribuisce la cavalleria nel territorio. | |||
Lug. | Marche | Transita per Perugia (ospite del Baglioni con la moglie) e ritorna ad Urbino. Si reca ad Orvieto dove alloggia nel palazzo di Angelo di Benincasa; vi è qui raggiunto dal Baglioni; insieme puntano su Todi per accogliervi il legato pontificio il vescovo di Urbino Gabriele Gabrielli. | |||
Sett. | Veneto | All’assedio di Padova. | |||
Ott. | Uccide un suo cortigiano sorpreso in adulterio con una donna sposata. | ||||
1510 | |||||
Gen. feb. | Umbria e Lazio | Ritorna a Perugia per scortarvi Elisabetta Gonzaga, vedova del Montefeltro. A febbraio, assieme con la moglie, trascorre a Roma le feste del carnevale. In visita da Giulio II. | |||
Mag. | Chiesa | Ferrara Francia Impero | Capitano g.le | Marche ed Emilia | Lo stato della Chiesa si allea con i veneziani per combattere estensi e francesi. Francesco Maria della Rovere esce da Urbino e si reca a Bologna. |
Giu. | Romagna | Ad Argenta. | |||
Lug. | Romagna | In Romagna tra Ravenna e Rimini dove sono ai suoi ordini 800 lance, 700 cavalli leggeri e 6000 fanti. Ha a sua disposizione 20 pezzi di artiglieria di vario calibro. Ottiene senza problemi Cento e Pieve di Cento; con Giampaolo Baglioni e Giovanni da Sassatello cadono pure in suo potere Massa Lombarda, Sant’Agata sul Santerno, Conselice, Cotignola, Bagnacavallo, Fusignano e Lugo; assedia la rocca di quest’ultima località e rimane ferito ad una spalla da un colpo di archibugio. Alla notizia che si stanno avvicinando con Alfonso d’Este 150 lance francesi, molti cavalli leggeri e 3000 fanti tra guasconi, spagnoli ed italiani si ritira ad Imola dopo avere abbandonato sul terreno 3 pezzi di artiglieria. | |||
Ago. | Romagna ed Emilia | Riceve alcuni soccorsi ed espugna la rocca di Lugo di cui non accetta la resa a patti che gli viene proposta dai fanti di Piero Corso perché in precedenza costoro hanno ucciso un suo trombetta. Attacca ancora Argenta: la marcia è ostacolata dalla pioggia e dall’ allagamento dei terreni. Si trasferisce nel modenese, si accampa tra Carpi e Soliera con 16000 uomini; riceve Modena dai conti Francesco Maria e Gherardo Rangoni; vi cattura anche il governatore Ercole d’Este che giace a letto infermo. Il circondario viene devastato dalla presenza dell’ esercito pontificio; i contadini non possono dedicarsi al lavoro dei campi perché precettati nella città per i lavori necessari per il rafforzamento delle opere difensive. Anche Carpi, San Felice sul Panaro e Finale Emilia sono conquistate dalle milizie ecclesiastiche. | |||
Sett. | Emilia | Costringe alla resa Bondeno; si acquartiera a San Martino con 5000/8000 soldati e ne conquista la torre; attacca Stellata e si blocca davanti a Ferrara. Da Finale Emilia invia in avanscoperta Collela Albanese affinché si impadronisca della torre dell’Uccellino: dopo quindici giorni, a causa della mancanza di rinforzi che pure gli sono stati promessi dal legato pontificio il cardinale di Pavia, richiama Collela Albanese e si dirige su San Giovanni in Persiceto. Da qui ritorna a Modena. Nella città un cameriere segreto del papa gli consegna l’ ordine di arrestare il cardinale Alidosi e di condurlo con sé a Bologna. Spedisce il Cardillo, capitano delle sue lance spezzate, ad arrestare il presule sulla strada di Rubiera; lo fa scortare a Bologna; l’accusa è quella di tradimento. | |||
Ott. | Emilia | Giulio II muta di parere e fa liberare il cardinale di Pavia; lo nomina anzi vescovo di Bologna. Francesco Maria della Rovere ritorna alla guardia di Modena. Si impadronisce di Rubiera con le truppe veneziane. | |||
Nov. | Emilia | Ottiene Sassuolo: nello scontro sono uccisi 90 fanti guasconi. A Modena per un consiglio di guerra con Fabrizio Colonna, il Baglioni, Marcantonio Colonna ed il provveditore generale Paolo Capello. Attacca ancora Sassuolo, nel frattempo, ritornata in potere degli avversari: occupa città e rocca dopo che i difensori si sono arresi a discrezione; i bombardieri sono gettati dalle mura. Si sposta a Bologna; tiene un nuovo consiglio di guerra con Fabrizio Colonna, il Baglioni, Giovanni da Sassatello, Raffaello dei Pazzi ed i veneziani Antonio Pio e fra Leonardo Prato. | |||
Dic. | Emilia | Si ammala. Guarito, è atteso a Roncaglia; con il nuovo legato il vescovo di Senigallia Marco Vigezio si impossessa di Concordia; assedia il castello di Mirandola difeso da 300 fanti, 30 uomini d’arme e 40 cavalli leggeri italiani. 8 pezzi di artiglieria colpiscono la fortezza. Il suo operato è criticato dai veneziani che lo giudicano troppo prudente e poco aggressivo. | |||
1511 | |||||
Gen. | 216 lance e 179 cavalli leggeri | Emilia | Il papa lo sostituisce personalmente nelle operazioni di assedio di Mirandola in cui un assalto termina con la morte di 100 difensori e l’uccisione di 400 uomini tra gli attaccanti. Giulio II lo riempie di improperi; Francesco Maria della Rovere minaccia Giovan Francesco della Mirandola che è tra i suoi più aperti critici. Il ridicolo lo tocca quando con la caduta a patti del castello pretende una parte del bottino; altri rimproveri riceve mentre assiste con il pontefice alla rassegna delle sue compagnie. | ||
Feb. | Emilia | A Finale Emilia con Fabrizio Colonna; si avvicinano i francesi dello Chaumont e di Gian Giacomo da Trivulzio; il della Rovere ripiega oltre il Tanaro. | |||
Mar. | Emilia | Con Fabrizio Colonna si rifiuta di impedire agli avversari di varcare il Secchia sebbene gli sia stato richiesto in modo chiaro dal provveditore Paolo Capello. Ira dei veneziani. | |||
Mag. | Emilia | Ha un colloquio a Cento con Giulio II; continuano peraltro le sue dispute con il cardinale Francesco Alidosi e con Paolo Capello. In questo clima viene sorpreso dalla ribellione di Bologna e dall’ avanzata di Gian Giacomo da Trivulzio e dei Bentivoglio. Abbandona in silenzio il campo che si estende da Casalecchio di Reno a Porta Saragozza ed ordina di ripiegare dalla parte della collina: turbe di contadini si gettano sugli alloggiamenti dei pontifici e dei veneziani; pure dalle porte di Bologna escono numerosi uomini avidi di prede. I francesi si gettano sulle salmerie e sulle artiglierie; pontifici e veneziani, lasciati dal della Rovere nel caos, seguono l’ esempio del loro capitano generale e si danno ad una fuga disordinata verso Castel Bolognese. Nello scontro tra i suoi uomini sono uccisi 3000 fanti; gli avversari si appropriano anche di 36 cannoni. Il della Rovere raggiunge Ravenna dove sta il papa; accusa di tradimento il cardinale Alidosi; è cacciato dall’abbazia di San Vitale. Furibondo, si imbatte per strada con il cardinale scortato da 100 cavalli leggeri agli ordini di Guido Vaina, mentre egli ha con sé solo 12 uomini tra nobili della sua corte e lance spezzate. Afferra le redini della mula bianca su cui si trova il presule, lo colpisce alla testa con la sua spada e lo getta a terra; è seguito dai suoi familiari che agiscono in pari modo. Un capitano di cavalleria feltresco lo ferisce al collo con la sua scimitarra. Il cardinale spira due ore dopo nel monastero di San Vitale; tutti sono contenti per la notizia perché notoria è la scellerataggine dell’ Alidosi. L’unico a rimpiangerlo sarà il pontefice che lascia Ravenna con gli occhi gonfi di pianto. | |||
Giu. sett. | Emilia e Lazio | E’ messo sotto inchiesta; viene convocato a Roma di fronte ad un tribunale composto da quattro cardinali, tra i quali vi è anche Giovanni dei Medici (il futuro Leone X). Fino all’emanazione della sentenza è spogliato di tutte le sue cariche; può invece risiedere nel suo palazzo (ora Palazzo Doria Pamphily) previo versamento a titolo di cauzione di 10000 ducati per impedire una sua eventuale fuga. La sua difesa si basa sul fatto che l’Alidosi sia un traditore; Giulio II inizia a credere alla sua tesi anche se non lo perdonerà in modo completo. A settembre è assolto, il papa lo reintegra nelle sue cariche e gli dona come risarcimento 12000 ducati. | |||
Ott. | Marche | Mette in ordine le proprie compagnie. | |||
Nov. | Romagna | A Faenza con Marcantonio Colonna. | |||
Dic. | 150 lance e 2000 fanti | Romagna e Marche | Ad Imola e a Loreto per la rassegna dei suoi uomini; da qui si incammina verso Fossombrone. | ||
Dic. | 150 lance e 2000 fanti | Romagna e marche | Ad Imola e a Loreto per la rassegna delle sue compagnie. Si incammina alla volta di Fossombrone. | ||
1512 | |||||
Gen. | Marche | Non raggiunge ad Imola le truppe della Lega Santa per non sottostare agli ordini del viceré di Napoli Raimondo di Cardona. | |||
Apr. | Gonfaloniere dello stato della Chiesa | Marche e Romagna | I veneziani lo aggregano alla nobiltà della Serenissima. Negli stessi giorni le sue compagnie lasciano la Romagna a seguito di scontri avvenuti a Budrio con le milizie spagnole che hanno termine con una decina di morti. Il della Rovere è richiamato a Roma; ostacola agli inizi il passaggio nelle Marche delle truppe pontificie di Troilo Savelli e di Gentile Baglioni dirette al campo di Ravenna. I collegati sono sconfitti dai francesi a Ravenna ed il duca dà ricetto nell’ urbinate agli spagnoli in fuga; alcuni autori, più ostili nei suoi confronti, riferiscono di numerose e continue aggressioni da parte dei suoi sudditi nei confronti dei soldati in fuga che sono dal della Rovere accettate senza le dovute reazioni. Si incontra ad Urbino con Gentile Baglioni e Troilo Savelli che gli consegnano del denaro per riordinare le sue compagnie e contrastare i francesi in Romagna. Si riconcilia con il papa. Nominato di nuovo gonfaloniere dello stato della Chiesa raduna 200 lance e 4000 fanti; rafforza la guarnigione di Fano con 400 fanti ed 8 pezzi di artiglieria; si reca a Fossombrone dove si uniscono con le sue truppe Troilo Savelli e Carlo Baglioni. Si trova a Montefiore Conca con 7000 fanti e 300 lance. | ||
Mag. | Romagna e Marche | I francesi lasciano la Romagna; il della Rovere con 200 lance e 2000 fanti recupera Rimini senza trovare alcuna opposizione; ottiene la rocca cittadina da Matteo da Zara; chiede di essere raggiunto da altri 300 uomini d’arme e da 1000 fanti per potere proseguire la campagna. Si ferma nella città per diciotto giorni ed alloggia nella casa di Michele Melzi dei Lampergi. Ad Urbino. | |||
Giu. | Capitano g.le 150 lance e 100 cavalli leggeri | Romagna ed Emilia | Ai primi di giugno entra in Forlì per la Porta di Ravaldino; la fa subito chiudere alle sue spalle per lasciare i suoi soldati fuori le mura cittadine. Costoro, nonostante che in precedenza siano stati forniti di vino dagli abitanti, costringono le sentinelle ad aprire loro la porta per entrare in città allo scopo di divertirsi e di bere nelle osterie; in modo analogo cercano di agire quelli che si trovano davanti a Porta Schiavonia. Tutti sono accontentati; nello stesso pomeriggio le truppe lasciano il contado per puntare su Imola. Il della Rovere prosegue per Faenza e per Bologna da dove sono stati cacciati i Bentivoglio. Viene confermato nel capitanato generale delle truppe pontificie dal nuovo legato il cardinale Sigismondo Gonzaga. A causa del ritardo delle paghe le milizie devastano le coltivazioni; le conseguenze delle loro gesta sulle messi si faranno poi sentire l’anno seguente con una grave carestia. Per dare una paga alle truppe si trovano solo 6000 ducati da dare in acconto sui 60000 necessari. Entra in Carpi, Brescello, Finale Emilia (dove si incontra con Annibale, Ermes ed Alessandro Bentivoglio), San Felice sul Panaro ed in Garfagnana: evita viceversa di unirsi con i veneziani esimendosi da ogni impegno. | ||
Lug. | Emilia | Da Modena prosegue per Reggio Emilia. Si accampa a breve distanza dalle mura di tale località. Invita gli Anziani ad inviargli degli ambasciatori. Entra nella città e dopo due anni è tolto l’interdetto emanato dal papa. La fazione ghibellina è così premiata per il suo appoggio alla politica pontificia. Il della Rovere rientra a Bologna ed a Urbino. | |||
Ago. | Emilia e Romagna | A Bologna ed a Ravenna per contrastare con la fanteria gli estensi. | |||
Sett. | Romagna e Marche | Ad Imola; si impadronisce di Castel Bolognese a spese degli estensi; è segnalato a Lugo ed a Bagnacavallo con 450 lance e 5000 fanti; attende l’arrivo di altri 1200 fanti spagnoli arruolati dai pontifici. Chiede al capitano del Po Andrea Contarini che gli sia apprestato un ponte di barche per permettergli di attraversare il Po. Si ferma a Primaro; una forte pioggia ed il fiume in piena lo persuadono a rientrare al sicuro a Ravenna ed a porre termine alle operazioni. Il licenziamento dei fanti, il collocamento degli uomini d’ arme nei vari presidi ed il suo rientro ad Urbino sono il corollario finale della recente campagna. I Medici attaccano Firenze con il sostegno degli spagnoli e del pontefice: impedisce alle compagnie dei Vitelli e di Franciotto Orsini di attraversare i suoi territori e non sostiene la loro azione nonostante che il cardinale Giovanni dei Medici sia stato allevato alla sua corte. | |||
Ott. | Marche | Galeazzo Sforza gli cede il castello di Pesaro per 3500 ducati: il censo annuo che gli è imposto per il possesso della città consiste nella consegna di una tazza d’argento. | |||
1513 | |||||
Feb. | Ancona | Jesi | Marche e Lazio | Giulio II gli cede definitivamente Pesaro ad estinzione dei crediti che gli sono dovuti dalla Camera Apostolica. L’investitura gli sarà confermata pochi mesi dopo dal nuovo papa Leone X. E’ assoldato dagli anconetani per 3000 ducati al fine di combattere gli abitanti di Jesi: occupa vari castelli del contado senza attaccare la città. Gli anconetani si sentono presi in giro. Sempre negli stessi giorni il papa Giulio II acquista dall’ imperatore Massimiliano d’Austria Siena per 30000 ducati; suo obiettivo è quello di fare dono della città al nipote. Giulio II muore ed il disegno non si realizza. Il della Rovere è chiamato a Roma dal collegio dei cardinali con 200 lance e 5000 fanti per sorvegliare I lavori del conclave. | |
Apr. | Lazio | A Roma all’ incoronazione di Leone X: durante la cerimonia ha una disputa riguardante la precedenza con il duca di Camerino. Questa viene risolta a suo favore dal nuovo pontefice. | |||
Mag. | Chiesa | Francia Venezia | Emilia | A Bologna. | |
1514 | |||||
Feb. | Viene citato a Napoli per il possesso del ducato di Sora; gli sono pure richiesti dal re di Spagna 300000 ducati a titolo di risarcimento per la sconfitta di Ravenna. | ||||
Mar. | Marche Lazio e Campania | Leone X incomincia a tramare ai suoi danni per togliergli il ducato di Urbino; è organizzato a Roma un nuovo processo per l’uccisione del cardinale di Pavia. lI della Rovere, prudente, spedisce i suoi beni a Mantova; si reca in incognito a Roma (dove incontra il cardinale di Bibbiena Bernardo Dovizi) ed a Napoli (per salvare il ducato di Sora). | |||
Mag. ott. | Marche | Inizia i preparativi per il prossimo conflitto; raccoglie truppe, fa costruire una fusta nell’ arsenale di Venezia; trattiene alcuni pezzi di artiglieria spagnoli che dovrebbero essere condotti nel regno di Napoli. | |||
1515 | |||||
Giu. | Marche | Sembra vicina la riconciliazione con il pontefice, che gli fa inviare 6000 ducati a saldo delle paghe pregresse. | |||
Lug. | Marche | E’ avviato a Bologna (condotta 250 lance) per soccorrere il duca di Milano Massimiliano Sforza contro i francesi in Lombardia: non si sposta perché non ha denaro. | |||
Ago. | Con la nomina a capitano generale dei pontifici di Lorenzo dei Medici al posto di Giuliano dei Medici si rifiuta di raggiungere il campo di Piacenza per non riconoscerne la superiorità gerarchica. Le sue compagnie lasciano su suo ordine il campo di Ravenna agli ordini di Benedetto da Mondolfo; si pente quando queste giungono a Rimini; le richiama senza esito indietro. Deve restituire gli anticipi ricevuti. Leone X medita sempre di togliergli il ducato di Urbino. Il della Rovere non ha il permesso di arruolare 1000 fanti; ciò costituisce un suo ulteriore pretesto per non lasciare l’urbinate. | ||||
Sett. | Il re di Francia Francesco I e lo stesso fratello del papa Giuliano dei Medici intercedono a suo favore ed impediscono per il momento il procedimento ad atti ostili nei suoi confronti. | ||||
Ott. dic. | Invia a Venezia Malatesta Malatesta da Sogliano per offrirsi agli stipendi della Serenissima con 10000 fanti; a dicembre il Consiglio dei Savi discute su un suo possibile incarico di comando. | ||||
1516 | |||||
Gen. feb. | Marche | E’ oggetto di nuove accuse da parte del papa. A fine febbraio è scomunicato da Leone X. | |||
Mar. mag. | Urbino | Chiesa | Marche | Si propone di passare al soldo degli imperiali per ottenerne la protezione nei confronti del papa. Con la morte di Giuliano dei Medici incomincia anche ufficialmente la persecuzione nei suoi confronti che culmina con una nuova scomunica pronunciata da un concistoro indetto dal pontefice e la messa al bando: sono invocati pretesti come la disubbidienza del duca nella guerra in Lombardia e l’assassinio del cardinale Alidosi sebbene che in occasione del precedente processo Leone X, da cardinale, abbia votato per la sua assoluzione. La spoliazione è affidata a Lorenzo dei Medici che si propone di assalire il ducato di Urbino con 700 lance, 8000 fanti, 700 cavalli leggeri, venti pezzi di artiglieria di grosso e piccolo calibro. Il Maria della Rovere si prepara in modo adeguato; si procura 400 cavalli leggeri, 200 lance e 8000 fanti; fortifica San Leo (di cui è governatore Francesco Buzzaccarini), Pesaro ed Urbino. Invia moglie figli a Mantova. | |
Giu. | Marche | La guerra ha praticamente termine a seguito di una contesa nata a Pesaro tra Luigi Gonzaga e Ferdinando Spagnolo, al cui termine il secondo capitano rimane ucciso: le genti dei due condottieri si disperdono; Urbino, Senigallia e Pesaro si danno ai pontifici. Il della Rovere si fa convincere da Francesco Gonzaga, che gli spedisce al riguardo il capitano della propria guardia Alessio Beccagnolo, ad abbandonare la capitale; invia quest’ ultimo ad Urbino a notificare la decisione ad Ambrogio da Landriano ed autorizza i propri sudditi ad accettare il dominio pontificio. Rimane nella rocca di Pesaro Tranquillo Giraldi; altri presidi sono da lui posti nelle fortezze di Senigallia, San Leo e Maiolo. Si imbarca nottetempo a Pesaro, sbarca a Primaro nel ducato di Ferrara e raggiunge Goito nel marchesato di Mantova. Il territorio gonzaghesco per tale fatto è sottoposto ad interdetto ecclesiastico. Il papa accusa il della Rovere di avere fatto avvelenare Giuliano dei Medici. Nel frattempo Senigallia cede quasi subito ai pontifici; Pesaro si arrende dopo un mese a causa del fuoco delle artiglierie e Tranquillo Giraldi viene impiccato dagli avversari; cadono anche Maiolo e San Leo dopo tre mesi. I cardinali ratificano l’usurpazione con l’eccezione del vescovo di Urbino, Domenico Grimani, che abbandona Roma e vi ritornerà solo alla morte del pontefice. | |||
Lug. | Lombardia | Si rifugia nel mantovano. Si accorda in segreto con il marchese di Mantova, il duca di Ferrara, Fabrizio Colonna di prestare soccorso agli imperiali con uomini e denaro al fine di scacciare i francesi dall’Italia e di danneggiare, nel contempo, gli uomini della Serenissima. | |||
Dic. | Comp. ventura | Chiesa | Lombardia | Il viceré di Napoli gli confisca il ducato di Sora ed altri feudi nel napoletano di cui è stato investito Guglielmo di Croy. Con la firma della pace di Noyon tra francesi e spagnoli si porta a Sermide; gli è fornito del denaro da Francesco Gonzaga e da Alfonso d’Este; assolda 6200 fanti spagnoli con 40 connestabili, 800 fanti italiani, 700 cavalli leggeri e 120 uomini d’arme rimasti tutti senza condotta. Lo seguono gli spagnoli Francesco Maldonado e Luigi di Gayoso, il borgognone Zuchero, gli albanesi Cola Moro, Andrea Bua e Costantino Boccali, l’italiano Federico Gonzaga da Bozzolo. La base di partenza è Marmirolo. | |
1517 | |||||
Gen. | Lombardia Emilia e Romagna | Attraversa il Po ad Ostiglia, tocca Finale Emilia, minaccia Modena dove Francesco Guicciardini e Guido Rangoni rafforzano la guarnigione; procede verso Budrio che mette a sacco. Renzo di Ceri e Vitello Vitelli gli si muovono contro lentamente da Ravenna. Passa per Pieve di Cento; dal ducato di Ferrara penetra nel faentino, saccheggia Granarolo e si accosta a Faenza accompagnato da un giovane Manfredi allo scopo di sollevare la città ai danni dei pontifici. Nel suo passaggio nel forlivese chiede agli abitanti un contributo di 1000 ducati; si accampa a Santa Maria del Forno e danneggia il contado. | |||
Feb. | Romagna e Marche | Fa riposare le truppe stanche per la lunga marcia e per il freddo molto rigido a Saludecio; espugna e mette a sacco Gradara, si ferma a Cesenatico per due giorni per farvi riposare le truppe. Invia in avanguardia nel contado di Urbino Benedetto da Mondolfo con alcuni cavalli; compare con Carlo da Gubbio sotto Urbino, difesa da Jacopo Rossetto con 2000 fanti. I pontifici fuggono per la Porta di Lavagine verso Pesaro (nel combattimento sono uccisi 700 uomini). Il vescovo Giulio Vitelli, che regge il ducato per conto di Lorenzo dei Medici, è fatto prigioniero. Francesco Maria della Rovere entra in Urbino; raccoglie del denaro da consegnare ai fanti spagnoli che, su suggerimento del Maldonado, chiedono il sacco dei fautori delle case dei pontifici; recupera gran parte del ducato con Gubbio e Cagli. Con Federico Gonzaga da Bozzolo muove verso Fano con 6000 uomini tra cavalli e fanti e 5 pezzi di artiglieria, che dispongono tuttavia di una limitata quantità di polvere da sparo. Le batterie vengono collocate davanti alla chiesa di San Martino e sotto le mura di Santo Spirito; è colpita la Porta di Santa Maria (Santa Marina). In un assalto perde 50 uomini; ritenta più volte l’attacco a Fano, difesa con valore da Troilo Savelli e da Fabiano da Gallese. L’arrivo via mare di 500 fanti inviati dal Ceri lo inducono a ritirarsi su Cuccurano ed a accamparsi nel convento di Santa Maria Nuova presso San Lazzaro. I mercenari spagnoli incominciano ad abbandonarlo su pressione del re di Spagna Carlo I (il futuro imperatore Carlo V); altrettanto avviene per i francesi sollecitati in tal senso dal loro sovrano; anche i veneziani proibiscono ai loro sudditi di militare al suo servizio e bloccano a Zara la fusta da lui ordinata a suo tempo. Nonostante i vari contrattempi a Novilara si trova ad avere a sua disposizione 12000 uomini senza contare le cernite del ducato. | |||
Mar. | Marche e Romagna | Assedia vanamente Pesaro; sconfigge i pontifici cui infligge la perdita di 1000/ 1100 fanti e di 80/180 cavalli; punta su Loreto per spogliare il santuario dei suoi tesori. Un drappello di suoi esploratori viene attaccato sulle porte del centro da un branco di lupi: il fatto (in un’epoca in cui si vede dappertutto la presenza del divino) pone in allarme il suo esercito e lo fa desistere dal proposito di mettere a sacco il santuario. Il della Rovere ritorna verso Rimini per puntare su Saludecio: ha con sé 700 cavalli e 10000 fanti. E’ fronteggiato da 20000 uomini che soffrono a loro volta di gravi problemi logistici. I suoi fanti spagnoli conquistano il castello di Mombaroccio e vi uccidono i 500 fanti corsi che ne sono alla difesa. Sfida a battaglia Lorenzo dei Medici tramite il capitano spagnolo Suarez ed il proprio segretario Orazio Florido, che viene fatto incarcerare dagli avversari. Si accorge che diversi cavalli leggeri pontifici si muovono verso il castello di Sorbolongo; si sposta velocemente e scaccia dalla località Giovanni dei Medici che se ne è impadronito in precedenza. Viene segnalato tra Sorbolongo e Barti; reputa che gli avversari si stiano ritirando perché non sono in grado di impedire i rifornimenti alle sue truppe; li insegue attraverso i monti con la speranza di anticiparli nella pianura. In realtà i pontifici hanno preso un’altra strada per recuperare un cannone il cui carretto da traino ha perso una ruota il giorno prima. Gli avversari varcano il Metauro per puntare su Fossombrone. Il della Rovere ha una scaramuccia con le genti d’arme del Baglioni che, nella loro marcia, hanno cambiato direzione per occupare le sua base di partenza; lascia i carriaggi e si muove celermente con le truppe in disordine verso un passo fortificato del fiume a Tavernelle. Si salva perché il Ceri ed il Vitelli persuadono Lorenzo dei Medici a ripiegare anziché attaccarlo in giornata decisiva. A Mombaroccio, dove previene l’arrivo di 2000 fanti pontifici. | |||
Apr. | Marche | Distribuisce le truppe tra Monte Montanaro, Montefelcino e Castel Gagliardo; fa entrare in Fontecorniale il capitano spagnolo Moriglione per occupare Montecalvo. La sua azione di pungolo costringe i pontifici a ritirarsi a Fossombrone; con i suoi cavalli leggeri ostacola il flusso dei rifornimenti via terra allorché il mare agitato ostacola la navigazione da Pesaro a Fano. Con Federico Gonzaga da Bozzolo viene scomunicato come ribelle. | |||
Mag. | Marche e Umbria | Si colloca con i suoi uomini su una collina di Ginestreto sotto Sant’Arcangelo in Lizzola; decide di approfittare dei disordini imperanti nel campo avversario per le continue risse che si verificano in esso. Assale Monte Imperiale con i suoi fanti spagnoli; sorprende 5000 pontifici (spagnoli, svizzeri e corsi) alla chiesa di San Bortolo; cattura 1300 uomini. Il giorno dopo attacca l’accampamento dei fanti guasconi e ne convince 1500 con il capitano Francesco d’Ambres a passare al suo servizio; 600 di costoro mutano presto idea ad opera di Camillo da Trivulzio e del Sisse e stabiliscono di rientrare al campo pontificio. Il della Rovere li insegue spingendo in avanti cavalli leggeri e schioppettieri per impadronirsi dei loro carriaggi. E’ bloccato a San Remulo da Camillo Orsini. Militano nel periodo ai suoi ordini 10000 fanti stranieri tra lanzichenecchi, svizzeri, spagnoli (tra i quali vi sono 800 archibugieri), 2000 fanti italiani veterani, 6000 cernite e 1000 cavalli leggeri; ha a sua disposizione solamente 6/7 pezzi di artiglieria. Spinto dalla mancanza di denaro in quanto i soldati non ricevono alcuna paga da tre mesi, si volge verso l’Umbria e la Toscana. Per Fossombrone, Cagli e Gubbio si avvia, su sollecitazione di Carlo Baglioni e di Borghese Petrucci, verso Perugia e Siena; gli spagnoli saccheggiano Cantiano, i fanti guasconi Sigillo e Gualdo Cattaneo. Avvisato dal duca di Traietto Onorato Gaetani del tradimento del Maldonado, (al quale vengono peraltro intercettate alcune lettere che gli sono inviate dal papa), si incontra con tale capitano a Pianello; riesce a sedare un ammutinamento; convoca a Gubbio un consiglio di guerra nel quale ragguaglia i vari condottieri della slealtà del capitano spagnolo; ordina al Velastequi di porsi con i suoi archibugieri a Ponte Val di Ceppi sul Tevere per impedire agli uomini del Maldonado di darsi allo sbando; colloca i guasconi al centro dello schieramento, i cavalli leggeri a destra, gli uomini d’arme a sinistra e l’artiglieria alla retroguardia. Gli spagnoli fedeli sono collocati di fronte a quelli che militano con il Maldonado, i quali d’altra parte nulla sanno del tradimento. Il della Rovere rivela ai soldati gli estremi del complotto; l’istruttoria è letta da Federico Gonzaga Bozzolo. Francesco Maldonado viene condannato con altri sette capitani ad essere passato per le picche. Sono giustiziati in tal modo anche il Plazo, Cristoforo Machio, Giovanni Perez ed il Gonzales; Suarez de Leon è ucciso dai cavalli leggeri mentre tenta di fuggire; un settimo, il Varolia, è liberato perché è riconosciuta la sua innocenza. Messe a sacco Fossato di Vico e Nocera Umbra, sconfigge le genti medicee di Troilo Savelli; si dirige su Perugia. Si colloca davanti a Porta Sole salvo a ripiegare nelle vicinanze allorché entrano nei borghi Vitello Vitelli, Camillo da Trivulzio con 600 cavalli francesi e Camillo Orsini con molti uomini d’arme e 200 cavalli leggeri, nonché moltissimi fanti provenienti da Firenze, Siena, Todi, Città della Pieve che portano il numero dei difensori a 18000/20000 armati. Il della Rovere ordina ai suoi cavalli leggeri di depredare il contado; vengono respinti alcuni suoi attacchi portati alle mura. Giampaolo Baglioni pur di allontanarlo dal perugino gli fornisce 10000 ducati (2000 subito, 1000 in drappi entro tre giorni, il resto in quindici giorni) e duecento some di pane. Il della Rovere si dirige ora su Fratta Todina ed infesta il folignate. | |||
Giu. | Umbria Toscana e Marche | Prosegue per Città di Castello e Borgo San Sepolcro (Sansepolcro); deve rientrare nelle sue terre con la caduta di Fossombrone e di Pergola messe a sacco da Renzo di Ceri e dagli spagnoli del conte di Potenza Antonio di Guevara. Aiutato in segreto dal re di Francia e dai veneziani, taglieggia Fabriano, Montalboddo (Ostra). Gli abitanti di quest’ultima località, per non subire un assalto dei suoi uomini, gli devono riconoscere 500 ducati, 600 salme di frumento e 120 barili di vino. Prosegue per Cagli; mette a sacco Montenovo (Ostra Vetere); molesta i territori di Macerata, Recanati, Potenza Picena, Matelica, Tolentino, San Severino Marche (da cui trae 1750 ducati, 10 barili di polvere ed una pezza di velluto). Preme su Ancona che si disimpegna della sua presenza con 8000 ducati; assedia invano per ventidue giorni Corinaldo alla cui difesa si trovano Micheletto e Tristano Corso con 200 fanti; attacca, sempre con esito negativo, Osimo mentre Carlo Baglioni riesce ad entrare in Camerino prima ed in Fermo poi. Punta su Pesaro dove si rinchiudono Antonio di Guevara ed il Sisse. Costoro non osano aggredirlo perché hanno ai loro ordini un minore numero di fanti. Il della Rovere si dirige verso Fermo. A fine mese, sempre dal Baglioni, è data alle fiamme Petritoli. | |||
Lug. | Marche e Romagna | Agli inizi di luglio Carlo Baglioni e Federigo Gonzaga da Bozzolo sconfiggono a Chiaravalle di Fiastra Ludovico Euffreducci. Da parte sua Francesco Maria della Rovere ritorna sotto Osimo sempre più impotente; chiede senza esito agli anconetani altri 6000 ducati. Nel suo campo vi si reca con un salvacondotto Ugo di Moncada che invita gli spagnoli a disertare delle sue fila per ritornare al servizio del re di Spagna e combattere i berberi in Africa. Il della Rovere noleggia alcune imbarcazioni allo scopo di procurare vettovaglie per le sue truppe: la flottiglia, ai comandi di Angelo del Bufalo, è presto ridotta a mal partito dai pontifici in un tentativo perpetrato ai danni di un convoglio di rifornimenti alle truppe avversarie proveniente da Rimini. Si volge allora su Rimini con 1500 cavalli e 2000 fanti. | |||
Ago. | Romagna Toscana | Gli è sbarrata la strada da 300 lance del Lescun e da 6000 fanti (2000 svizzeri e 4000 tra grigioni e tedeschi): si scontra con gli avversari a Rimini nel borgo di San Giuliano. E’ ferito al petto da un colpo di archibugio; nella battaglia tra i feltreschi rimane ferito anche Federico Gonzaga da Bozzolo e sono uccisi Carlo Baglioni ed i capitani spagnoli Velastequi e Guinea; tra i pontifici è ucciso lo svizzero Gaspare di Silenen con 400 commilitoni. Iniziano trattative di pace con i pontifici; pretende la somma di 60000 ducati pari alle paghe di tre mesi dei suoi uomini; piega verso la Toscana per continuare le scorrerie tra Pieve Santo Stefano, Sansepolcro ed Anghiari; occupa Montedoglio e con 6000 fanti dà battaglia ad Anghiari facendovi prigionieri Giovanni dei Medici e lo Zuchero (che lo ha da tempo abbandonato); assedia Sansepolcro, dove è respinto dai fiorentini di Iacopo Corso. | |||
Sett. | Toscana Marche Romagna Emilia e Lombardia | Rigettato anche da Anghiari, alla cui difesa si trovano 500 fanti, si trova circondato dagli avversari: da Vitello Vitelli a Città di Castello; da fanti tedeschi, corsi, grigioni e svizzeri ad Anghiari ed a Pieve Santo Stefano; da Lorenzo dei Medici a Sansepolcro. Abbandonato anche dai fanti spagnoli che hanno seguito Ugo di Moncada, ritorna ad Urbino con i fanti guasconi, gli italiani, i lanzichenecchi ed i cavalli leggeri; raggiunge presto un accordo a Fossombrone con gli avversari per il quale sono estesi a tutti i suoi uomini le condizioni ottenute in precedenza dai fanti spagnoli per loro partenza: il riconoscimento da parte del papa di 45000 ducati pari ad uno stipendio di quattro mesi. Agli uomini del della Rovere (guasconi, tedeschi e di altre nazionalità) sono consegnati 60000 ducati. L’esercito feltresco si scioglie. Ha così termine dopo otto mesi la guerra di Urbino che è costata ai pontifici 800000 fiorini, spesa in gran parte sostenuta dai fiorentini che in cambio ottengono nel Montefeltro Macerata Feltria, Certalto, Sestino e San Leo. Il della Rovere con la protezione del Lescun raggiunge Santarcangelo di Romagna e Castel Bolognese; da qui rientra a Mantova lamentandosi di essere stato abbandonato da tutti coloro che lo hanno incitato all’impresa. Sono con lui Federico Gonzaga da Bozzolo, 1000 cavalli e 600 fanti italiani; reca con sé la biblioteca dei Montefeltro. | |||
1518 | |||||
Gen. | Si propone come mediatore per il rilascio di Giulio Manfrone in cambio della liberazione di Cristoforo Frangipane. | ||||
Giu. | Veneto | A Venezia per un matrimonio. la moglie si ferma ad Abano Terme per curarsi. | |||
1519 | |||||
Apr. | Lombardia | A Mantova per i funerali del suocero Francesco Gonzaga. | |||
1520 | |||||
Mag. | Veneto | A Venezia con il nuovo marchese di Mantova Federico Gonzaga per assistere ai festeggiamenti legati allo Sposalizio del Mare”. | |||
1521 | |||||
Gen. | Lombardia e Veneto | Federico Gonzaga è condotto dai pontifici; Francesco Maria della Rovere deve perciò lasciare Mantova. Domanda asilo ai veneziani; si trova a Padova ed a Venezia dove alloggia nel palazzo dell’amico Domenico Zorzi. Ottiene dal Consiglio dei Dieci il permesso di risiedere nel veneziano. | |||
Lug. | Francia | Impero Chiesa | Emilia | I francesi gli concedono una provvigione annua di 3000 scudi; si offre di occupare per loro conto Modena e Reggio Emilia ai danni dei pontifici. | |
Sett. | Veneto ed Emilia | A Venezia. Con il Lautrec ed i veneziani di Teodoro da Trivulzio muove in soccorso di Parma, assediata da Prospero Colonna e dal marchese di Pescara Ferdinando d’Avalos. Viene segnalato al campo di Fontanelle ed a quello di San Secondo Parmense; prende parte ai consigli di guerra in cui si decide come prestare soccorso al Lescun. Entra in Parma con Marcantonio Colonna e Pietro Navarro per effettuarvi una verifica sullo stato delle opere difensive. | |||
Ott. | Lombardia | Tallona gli imperiali che hanno varcato il Po a Brescello. Raggiunge il ponte di Torreselle presso Casalmaggiore. | |||
Nov. | Emilia | Si introduce nel ferrarese per tentare qualche azione diversiva ai danni dei pontifici; con la caduta di Milano in potere degli avversari si sposta a Ponte San Pietro ed a Palazzolo sull’ Oglio con il Lautrec, il Colonna, il Navarro ed il provveditore generale Andrea Gritti al fine di studiare possibili iniziative comuni. | |||
Dic. | Comp. ventura | Chiesa Firenze | Veneto Emilia Romagna Marche e Umbria | Muore Leone X. Francesco Maria della Rovere si reca a Verona ed a Ferrara. Lascia presto la seconda città alla testa di 200 lance, 300 cavalli leggeri, 5000 fanti e 7 pezzi di artiglieria che gli sono dati in prestito da Alfonso d’Este; tocca Argenta, Lugo. Non trova alcun ostacolo nella sua marcia ed in soli quattro giorni prende possesso del ducato di Urbino; con la medesima facilità cade Pesaro, entra in Fabriano e scaccia da Camerino Giovanni Maria da Varano per mettere al suo posto il nipote Sigismondo da Varano. Con Malatesta ed Orazio Baglioni si dirige su Perugia. | |
1522 | |||||
Gen. | Fuoriusciti Comp. ventura | Siena Chiesa Firenze | Umbria Toscana e Marche | Con i Baglioni e Camillo Orsini sorprende a Civitella d’Arno Alessandro Vitelli, conquista Ponte Val di Ceppi; tocca Ponte San Giovanni e Bastia Umbra mentre in Perugia si rafforzano Gentile Baglioni, Guido Vaina e Vitello Vitelli (120 lance, 200 cavalli leggeri e 2500 fanti). Si accampa nel convento di San Domenico; la città è attaccata da borgo San Pietro, da Porta Sole e da Porta Borgna tramite un bombardamento effettuato con 7 pezzi di artiglieria. Alla riduzione al silenzio dei cannoni nemici segue un lungo assalto di sei ore che viene agli inizi respinto. La resistenza è alla fine superata per l’imprevidenza del Vitelli che, ferito al piede destro da un colpo di schioppetto, approfitta della notte per riparare a Città di Castello e qui farsi curare. La decisione scoraggia i difensori. Malatesta ed Orazio Baglioni possono entrare in Perugia. Il della Rovere si avvia subito con Camillo Orsini e l’ex- vescovo di Sovana Lattanzio Petrucci contro Siena alla testa di un esercito raccogliticcio di 7000 fanti: obiettivo è quello di scacciare dalla signoria della città il cardinale Raffaele Petrucci. Si scontra con Guido Vaina in Val d’Arbia, chiede ai senesi 30000 ducati ed il mutamento del governo cittadino; ottiene 24000 ducati utili per dare una paga ai suoi uomini. Si allontana con celerità dal territorio a causa di una forte nevicata e del previsto arrivo di Giovanni dei Medici con 2000 fanti svizzeri del cantone di Berna e di 400 cavalli leggeri. Si dirige su Orvieto e razzia 4000 capi di bestiame; ad Esanatoglia per prestare soccorso in Camerino al nipote. | |
Feb. | Umbria Romagna e Marche | Sosta a Gubbio e si fa consegnare dai perugini 4 cannoni che restituisce a Malatesta Baglioni il mese successivo; si impossessa della rocca di Pesaro con la morte accidentale del castellano Filippo Strozzi; irrompe nel Montefeltro e rioccupa tutti i suoi antichi territori con l’eccezione delle rocche di San Leo e di Maiolo. Si sposta a Montecopiolo, Monte Cerignone e Sassocorvaro. | |||
Mar. | Firenze | Capitano g.le | Marche | Si interpone il collegio dei cardinali; gli è restituito il ducato di Urbino con l’eccezione di Maiolo e di San Leo che rimangono ai fiorentini. Firenze gli concede una condotta di 200 lance per un anno di ferma ed uno di beneplacito; lo stipendio annuo è stabilito in 100000 scudi. | |
Apr. | Firenze | Comp. ventura | Toscana | Ha il compito di contrastare Renzo di Ceri ed il cardinale di Volterra Francesco Soderini, che hanno assalito le terre di Firenze e di Siena. | |
Mag. | Marche | Scopre un trattato ordito ai suoi danni dai fiorentini che, con il pretesto di confermarlo in modo ufficiale nel suo incarico, lo invitano nella capitale per avvelenarlo: come logica conseguenza rifiuta di partire da Urbino ed abbandona la condotta. | |||
Dic. | Marche | Convince Pandolfo Malatesta a cedere Rimini ai Malatesta. Gli fornisce un salvacondotto per recarsi a Roma. | |||
1523 | |||||
Gen. mar. | Marche e Lazio | Si ammala in modo grave; ristabilitosi, si reca a Roma con 200 cavalli per sollecitare il nuovo papa Adriano VI ad investirlo del ducato di Urbino. Nella città alloggia nel Palazzo di San Marco con il cardinale Grimani. Il pontefice lo assolve dalle censure ecclesiastiche e gli conferisce la dignità di prefetto di Roma. | |||
Ago. | Venezia | Governatore g.le | Marche | Invia ambasciatori a Venezia; si candida come governatore generale della Serenissima al posto di Teodoro da Trivulzio. Dopo una veloce trattativa il Consiglio dei Savi gli affida tale incarico per due anni di ferma ed uno di rispetto (il doge Andrea Gritti lo vuole invece subito capitano generale); gli viene concessa una provvigione annua di 30000 ducati (comprensiva di 5000 ducati per il suo piatto) ed una condotta di 200 lance (delle quali alcune pagate direttamente dal della Rovere) e di 100 balestrieri a cavallo. Si obbliga a combattere chiunque con l’eccezione dei pontifici. | |
Sett. | 200 lance 100 cavalli leggeri e 1500 fanti | Marche e Veneto | Adriano VI dà il suo assenso alla nuova condotta; i veneziani gli inviano 7500 ducati; lasciano i suoi stati la cavalleria e la fanteria che raggiungono il Polesine e Rovigo attraverso il ferrarese. Da parte sua si imbarca a Pesaro, scende a Chioggia e giunge a Venezia. E’ ospitato a San Giorgio Maggiore con il suo seguito di 50 persone; è accolto nel Collegio dei Pregadi dal doge. | ||
Ott. | Venezia | Francia | Veneto e Lombardia | Staziona ad Isola della Scala ed al campo di Verolanuova. Si incontra con il cognato Federico Gonzaga per coordinare l’azione da portare in appoggio ai difensori di Cremona; offre l’alloggiamento a 800 fanti estensi che hanno disertato dalle file del Ceri. Scorta costoro fino al Po per permettere ad essi di rientrare alle loro case nel reggiano e nel modenese. Si pone alla difesa di Bergamo quando i francesi desistono dalle operazioni di assedio di Cremona e mettono a sacco Caravaggio. Gli alleati gli chiedono di attraversare l’Oglio e di penetrare nel milanese; asseconda invece la tattica dilatoria dei veneziani; invia 600 fanti e la compagnia di Camillo Orsini a Palazzolo sull’ Oglio e verifica con Giano Fregoso, Mercurio Bua e Giulio Manfrone le probabilità di successo di una comune azione difensiva. Dopo un sopralluogo a Brembate dispone l’esercito tra Martinengo e Romano di Lombardia; chiede 8000 ducati per il soldo delle truppe. | |
Nov. | Lombardia | Cerca di conquistare la rocca di Treviglio. Fa dare alle fiamme i mulini di Lodi, invia 1000 fanti alla difesa di Milano. | |||
Dic. | Lombardia | Spedisce altri 200 fanti alla guardia di Pizzighettone; fornisce di un salvacondotto Pandolfo Malatesta affinché possa recarsi con sicurezza a Roma dal papa. Sul fronte di guerra non vuole unire le sue truppe con quelle del viceré di Napoli Carlo di Lannoy. Invitato al campo di Binasco prende tempo allegando sempre nuovi pretesti. | |||
1524 | |||||
Gen. | Lombardia | Si porta a Milano con il provveditore generale Leonardo Emo; lascia Treviglio con la scorta di 200 lance, 50 cavalli leggeri e 500 schioppettieri; varca l’Adda a Cassano. E’ accolto da una guardia d’onore di 4000 fanti spagnoli; 1000 archibugieri scaricano le loro armi in segno di saluto. Lo riceve il marchese di Vasto Alfonso d’Avalos; accoglienze simili gli tributano anche 3000 lanzichenecchi. Nei pressi di Milano gli vengono incontro il viceré di Napoli Carlo di Lannoy, il duca Francesco Sforza, il marchese di Pescara Ferdinando d’Avalos. A Milano alloggia con Daniele Emo nel palazzo di Dario Botta. Accetta di riunire l’ esercito pontificio e quello veneziano a Binasco. | |||
Feb. | Lombardia | Attraversa l’Adda con 600 lance, 800 cavalli leggeri e 6000 fanti per collegarsi nel pavese con gli imperiali (1600 lance, 1500 cavalli leggeri, 7000 fanti spagnoli, 12000 tedeschi e 1500 italiani). Da Binasco supera il Ticino e perlustra il terreno con Ferdinando d’Avalos e Fernando Alarcon verso Vigevano e Mortara con 800 cavalli e 800 schioppettieri. Si accampa a Casorate Primo; si scontra con il Connestabile di Borbone il cui obbiettivo è quello di attaccare Vigevano; appoggia le tesi di Ferdinando d’Avalos, di Ugo de Moncada e di Antonio di Leyva di difendere in primo luogo Milano e poi agire. E’ presa la decisione di assalire Garlasco e Mortara per tagliare ai francesi le linee di rifornimento. | |||
Mar. | Lombardia | Sposta il campo a Tromello mentre gli imperiali pongono i loro quartieri a Gambolò; si avvia a Lacchiarella; spedisce contro Garlasco, alla cui difesa si trovano (600 fanti, di cui 400 fanti italiani agli ordini di Battistino Corso e di Girolamo Mattei e 300 cavalli leggeri), Carlo da Gubbio con 2000 fanti ed otto pezzi di artiglieria. 150 cavalli leggeri veneziani si scontrano con 150 archibugieri francesi; lo scontro termina con l’uccisione di 30 fanti e la cattura dei rimanenti. Sono portati dai fanti tre assalti a Garlasco; con il ferimento di Carlo da Gubbio il della Rovere guida personalmente l’attacco generale che si conclude con la strage dei difensori. In tale occasione tra i suoi uomini e quelli di Giovanni dei Medici sorge una tale emulazione che i fanti si spingono concitatamente l’un contro l’altro. Gli uomini in testa alle file sono spinti da quelli retrostanti nel fossato del castello dove i più affogano per il peso delle armature come il perugino Baldassarre Signorelli o il padovano Girolamo Angeli. Colpito dallo spargimento di sangue di Garlasco il della Rovere non vuole seguire gli imperiali all’ espugnazione di Mortara; preferisce mantenere un profilo più basso ricorrendo ad azioni di pulizia del territorio mediante frequenti schermaglie con gli avversari. Giunge a Occhiobianco e punta su Gambolò; i suoi cavalli leggeri sorprendono a Scaldasole 80 lance e 150 cavalli leggeri di Pirro Gonzaga da Bozzolo. | |||
Apr. mag. | Lombardia Piemonte | A Covo ed a Casalino. E’ elogiato dal Consiglio dei Savi per la sua prudenza. Si muove poi in perlustrazione verso Vercelli con Mercurio Bua, Camillo Orsini, Luigi Gonzaga ed il Farfarello; subisce qualche perdita da parte degli schioppettieri francesi. Si trova a Casalbeltrame allorché gli avversari sono soccorsi da 5000 fanti e 50 cavalli sabaudi inviati dal duca di Savoia; affianca gli imperiali nella battaglia di Romagnano Sesia. Tallona i francesi in ripiegamento con i cavalli leggeri dopo che costoro hanno lasciato il campo di Ghemme per guadare il fiume. Con la vittoria segue gli alleati oltre l’Agogna allo scopo di impedire che Novara riceva vettovaglie da parte degli svizzeri. In un secondo momento si ferma a Casale Monferrato in visita alla marchesa; prosegue per Lodi ove invia in avanscoperta Luigi Gonzaga per convincere alla resa a patti Federico Gonzaga da Bozzolo. Si incontra anch’ egli con tale capitano e lo convince alla resa a patti nelle mani di Federico Gonzaga. | |||
Giu. | Lombardia Piemonte e Veneto | Gli sono lasciate le artiglierie di Lodi che egli gira al duca di Milano per 14000 ducati; si impegna inoltre a scortare Federico Gonzaga da Bozzolo fino a Vercelli ed a Torino. Al ritorno tocca Crema, Brescia, Mantova e Verona, si reca a Venezia con il suo seguito di 60 persone. Giunge a Fusina ed è condotto via mare fino al Fondaco dei Tedeschi dove è accolto dal doge; sale sul Bucintoro con Andrea Gritti che lo accompagna al suo alloggio. Per le sue spese è stanziata la spesa giornaliera di 80 ducati. Giorni dopo si reca in visita San Marco; è ricevuto all’ingresso del Palazzo Ducale dal doge accompagnato da vari ambasciatori e da molti condottieri quali Giano Fregoso, Camillo Orsini, Giulio Manfrone, Mercurio Bua e Luigi Gonzaga. Nella chiesa di San Marco gli vengono consegnati lo stendardo ed il bastone, insegne del comando. | |||
Lug. | veneto e Marche | Si imbarca a Chioggia. Si dirige a Pesaro per raggiungervi la moglie ammalata. | |||
Sett. | Lombardia | A Brescia, dove è ospitato dai Suardi. | |||
Ott. | Veneto | I francesi minacciano la Lombardia. Gli è consegnato del denaro per raccogliere 1200 fanti; è chiamato a Padova e gli è data un’abitazione in Prato della Valle (Cà Venier) in cui nel passato ha posto la sua residenza anche Bartolomeo d’Alviano. Viene segnalato poi a Venezia; in veloce successione transita per Padova, Verona, Lonato e Brescia in cui è accolto a Sant’ Eufemia dal capitano Francesco Foscari. | |||
Nov. | Lombardia | A Crema ed a Soncino, dove ha un colloquio con Carlo di Lannoy e Francesco Sforza. Ad Iseo. | |||
Dic. | Lombardia | Si incontra con il Connestabile di Borbone diretto in Austria; si reca poi a Chiari per un appuntamento con il viceré di Napoli. A Brescia, per il battesimo di un figlio del podestà cittadino Antonio Suriano. | |||
1525 | |||||
Gen. | Lombardia | Ha nuovi colloqui con il Connestabile di Borbone, di ritorno da Innsbruck con 70 cavalli. Lo scorta da Brescia fino al fiume Mella. | |||
Feb. | veneto e Lombardia | E’ raggiunto a Padova dalla moglie. Presenzia a Brescia ad una giostra. | |||
Mar. | Lombardia e Veneto | Con la sconfitta dei francesi a Pavia preme sui veneziani suggerendo l’alleanza di tutti gli stati italiani in funzione anti-imperiale. Lascia Brescia e raggiunge Padova (dove la moglie è indisposta). A Venezia in Collegio: spinge per l’assunzione di lance e fanti per averne a sua disposizione 1000 uomini d’arme e 10000 fanti. Consegna agli imperiali 3000 ducati per contribuire al pagamento della taglia di Federico Gonzaga da Bozzolo catturato nella battaglia di Pavia/ Mirabello. | |||
Mag. | Lombardia e Veneto. | I veneziani gli impediscono di lasciare Brescia per un’ispezione dei confini sul Polesine; riceve nella città il Saint-Pol, fuggito da Pavia dopo essere stato catturato nella famosa battaglia; lo convince a rifugiarsi presso i grigioni. A Padova. | |||
Giu. lug. | Veneto | A Venezia con la moglie. E’ ospitato alla Giudecca a Cà Trevisan, appartenente al patriarca di Aquileia Marino Grimani. A luglio offre agli amici un pranzo ed un ballo. Si sposta, quindi, a Verona con il provveditore generale Piero Pesaro. | |||
Sett. | Veneto | A Rovigo ed a Padova, dove fa modificare la linea di alcuni bastioni fatti costruire a suo tempo da Bartolomeo d’Alviano e da Teodoro da Trivulzio. | |||
Sett. | Lombardia | A Brescia. Invia a Milano un proprio ambasciatore per rendere visita al duca Francesco Sforza che giace ammalato. | |||
Ott. | Lombardia | Visiona i lavori di rafforzamento delle opere difensive di Crema con l’ausilio di Camillo Orsini, di Giulio Manfrone, di Antonio Maria da Martinengo e di Alberto Scotti. Si ferma a Legnago per il medesimo motivo e partecipa a Verona ad un consiglio di guerra. Sempre in tale città si avvale dell’operato di Pietro Francesco da Viterbo per la progettazione del bastione delle Maddalene. Effettua alcuni spostamenti di truppe verso Crema e Bergamo, chiede denaro per il soldo e fa nuove pressioni per l’arruolamento di ulteriori milizie. | |||
1526 | |||||
Gen. | Lombardia | A Marmirolo. | |||
Feb. | Veneto | Ritorna a Legnago allo scopo di controllare l’andamento dei lavori programmati. | |||
Mar. apr. | Lombardia | Supervisiona con il provveditore Piero Pesaro i lavori di Brescia in corso dalla porta di Sant’ Alessandro al Canton Mombello. Viene segnalato poi a Crema ed a Asola. Insiste che le paghe delle truppe siano saldate in modo regolare (il ritardo è di un mese). | |||
Mag. | Veneto | Ispeziona le fortificazioni di Padova i cui lavori avvengono sotto la direzione di Pietro Francesco da Viterbo. Introduce nella cinta muraria la novità del baluardo poligonale. Lo stesso della Rovere progetta cinque nuovi bastioni; in pochi anni sarà completato l’aggiornamento del settore nord occidentale delle mura cittadine che comprende le due porte affidate all’architetto Giovanni Maria Falconetto. Indisposto si ferma a Verona. | |||
Giu. | Venezia | Impero | Capitano g.le | Lombardia | A Brescia. E’ nominato capitano generale; gli sono consegnati 20000 ducati per le prime necessità; ha una riunione con Piero Pesaro. Ne approfitta per chiedere l’arruolamento di 10000 fanti. Si muove verso l’Adda con le genti d’arme e 6000 fanti italiani per liberare il duca di Milano Francesco Sforza, assediato dagli imperiali nel Castello Sforzesco. Si ferma a Chiari dove è raggiunto da Roberto Boschetti con il quale stabilisce le modalità di congiungimento di veneziani e pontifici. Ai suoi ordini militano in prevalenza soldati arruolati di fresco per cui non se la sente di attaccare i veterani spagnoli ed i lanzichenecchi; preferisce attendere l’arrivo dei fanti svizzeri (almeno 5000) che dovrebbero essergli condotti da Gian Giacomo dei Medici. Affiorano con il commissario Francesco Guicciardini le prime divergenze sulla conduzione strategica della campagna: l’uno, risoluto a condurla con la massima celerità, propone che gli eserciti attacchino subito Milano; la seconda del della Rovere rivolta a prendere tempo. Aspetta l’arrivo degli svizzeri e tende ad impadronirsi delle varie città lombarde per isolare Milano. In tale ottica invia Malatesta Baglioni alla conquista di Lodi; varca l’Oglio ad Urago e l’Adda; conduce l’esercito a Lodi; da qui si sposta al campo di Melegnano dove si accampano 20000 fanti (di cui 10000 pontifici) con 8000 tra schioppettieri ed archibugieri, 1500 lance, altrettanti cavalli leggeri ed una grande quantità di pezzi di artiglieria. Alla difesa di Milano si trovano pochi cavalli, 3000 tedeschi e 5000 /6000 spagnoli senza denaro e con poche vettovaglie. Il della Rovere è costretto dagli alleati a spostare il campo a San Donato Milanese: da parte sua mette le mani avanti e chiede denaro ai veneziani, almeno 58000 ducati il mese per fronteggiare ogni evenienza. |
Lug. | 200 lance e 100 cavalli leggeri. | Lombardia | A San Donato Milanese è raggiunto da un primo contingente di 1000 svizzeri; si indirizza a San Martino dove si congiungono ai suoi uomini altri 500 fanti svizzeri condotti da Cesare Gall. Si volge verso Porta Romana e si accampa tra Buffalora e Pilastrello dove i fossati sono colmi di terra ed i ripari spianati: nel frattempo Alfonso d’Avalos ed Antonio di Leyva sono soccorsi da 800 fanti spagnoli che provengono da Genova con il Connestabile di Borbone (passato nel campo avverso) che porta con sé anche 100000 ducati per le paghe pregresse. Il della Rovere fa attaccare dagli archibugieri Porta Romana e Porta Tosa; altri capitani reputano, al contrario, che sia meglio concentrare l’attenzione sulle trincee che circondano il Castello Sforzesco. Trova una resistenza superiore alle sue previsioni (40 morti) per cui si accontenta di bombardare da lontano con tre cannoni Porta Romana: nella notte alcuni fanti spagnoli sono respinti dagli italiani posti alla guardia delle artiglierie. Coglie tale assalto come pretesto per retrocedere ( i fanti italiani a suo dire sono vili) e riportare il campo a Melegnano. Nella tempestosa riunione che si tiene prima di questa decisione Piero Pesaro si chiede come un esercito di 25000 uomini, compresi gli addetti ai servizi, possa essere respinto da uno di 7000/8000 uomini quasi sempre uscito perdente nelle ultime scaramucce; la tesi del capitano generale viene più o meno apertamente avallata tra i veneziani da Malatesta Baglioni, da Antonio da Castello, da Camillo Orsini, tra i pontifici da Vitello Vitelli e da Guido Rangoni; l’unico a opporsi è Giovanni dei Medici. Il della Rovere invia a Venezia Luigi Gonzaga per giustificare la linea di condotta tenuta. Questa viene compresa dalle autorità della Serenissima tanto che gli è aumentata la condotta di 100 cavalli leggeri. Raggiungono nel frattempo il campo altri 5000 fanti svizzeri ed altri 500 di altre nazionalità: anche con tali truppe a disposizione il della Rovere ritiene di non essere in grado di passare all’ offensiva. Alla difesa di Milano intanto gli imperiali possono provvedere al rifacimento dei controfossi che cingono le mura della cerchia esterna ed a ricevere nuovi rinforzi dal Connestabile di Borbone. Quando i difensori del Castello Sforzesco, giunti ormai allo stremo, fanno uscire più di 300 persone tra fanti feriti, donne e bambini il della Rovere decide di riavvicinarsi a Milano con Guido Rangoni. Si porta a Segrate e si attenda tra la badia di Casoretto e Lambrate di fronte a Porta Renza ed a Porta Tosa. Occupa Monza nella cui rocca vi sono 100 fanti napoletani; ritarda ogni azione volta ad assalire le trincee nemiche finché Francesco Sforza si arrende e si rifugia a Lodi. A Melegnano è raggiunto anche da 1160 lanzichenecchi condotti da Michele Gaissmayr. | ||
Ago. | Lombardia | Invia Malatesta Baglioni e Camillo Orsini alla conquista di Cremona con 5000 fanti e 300 cavalli leggeri. Si trasferisce a Soncino ed al campo di Lambrate. Si attiva fortemente perché si arrivi ad una riconciliazione tra Guido Rangoni e Giovanni dei Medici; si ammala. Appena si ristabilisce segue di persona l’assedio di Cremona con 50 lance ed il suo colonnello di fanti. | |||
Sett. | Lombardia | Assedia Cremona; cerca di conquistare la città non tanto con assalti di fanteria (come in precedenza è stato tentato da Malatesta Baglioni) quanto con l’opera di 2000 guastatori, un vero parco di artiglierie ed una dura intercettazione delle vettovaglie destinate all’interno. Concentra gli sforzi contro un solo bastione alla Porta di San Luca anticipando di un secolo la strategia del Vauban. Intima la resa per mezzo di un trombetta e predispone le milizie per un attacco generale: i difensori si arrendono a fine mese. I fanti tedeschi possono rientrare in Germania, quelli spagnoli nel regno di Napoli e tutti si devono impegnare a non riprendere le armi se non dopo un periodo di 4 mesi; artiglierie e munizioni restano nella città. Con la vittoria seda una rissa tra fanti italiani e svizzeri; si vede con Federico Gonzaga da Bozzolo che proviene da Crema e si reca a Castel Goffredo dove risiede la moglie. | |||
Ott. | Lombardia | Al campo di Lambrate per placare Giovanni dei Medici adirato per il ritardo delle paghe; si incontra con Piero Pesaro ed il procuratore Alvise Pisani; fa pressioni perché a Federico Gonzaga da Bozzolo sia dato il comando di tutte le fanterie. Interviene ancora per le tensioni che continuano a sorgere tra italiani e svizzeri e fa trattenere per qualche tempo Bernardino da Roma. Si attiene sempre alla sua linea prudente; non avvia alla volta di Genova i 4000 fanti che gli sono richiesti da Andrea Doria e dal Navarro nonostante che stiano venendo a rafforzare le sue forze 500 lance francesi e 6000 fanti (2000 grigioni) condotti da Michelantonio di Saluzzo. | |||
Nov. | Lombardia | A Pioltello; fa costruire un ponte di barche sull’Adda per attaccare Trezzo sull’Adda. Alla notizia dell’arrivo di 13000 /14000 fanti tedeschi (i lanzichenecchi) capitanati da Giorgio Frundsberg abbandona ogni progetto di inviare truppe a Genova; su pressione dei veneziani dirige numerose schiere alla volta di Brescia, Bergamo, nel veronese e nel vicentino per ostacolare la loro marcia. D’accordo con Giovanni dei Medici lascia a Vaprio d’Adda il marchese di Saluzzo con 10000 fanti (5000 svizzeri, 2000 grigioni, 3000 francesi), 400 lance veneziane e 500 francesi) per controllare gli spagnoli che sono a Milano; Francesco Maria della Rovere invece con gli uomini delle Bande Nere (12000 fanti, 600 lance e molti cavalli leggeri) decide di contrastare i lanzichenecchi. Esce da Gorgonzola; la sua marcia non è spedita per le difficoltà di trasporto legate al traino delle artiglierie; tocca Treviglio, Soncino, Pralboino, Castellucchio; giunge in ritardo a Borgoforte all’ appuntamento con il Medici e di tale fatto ne scarica la responsabilità su Piero Pesaro. Non vuole tuttavia attraversare il Po sostenendo che ne deve avere uno specifico consenso da parte del Senato; si sposta a Mantova per visitarvi il Medici ferito mortalmente a Governolo in uno scontro con gli avversari. | |||
Dic. | Lombardia e Veneto | A Mantova per le esequie di Giovanni dei Medici. Si reca poi a Venezia; in Collegio, con l’ ausilio della testimonianza di Giovanni Naldi critica l’operato contro i lanzichenecchi di Camillo Orsini e di Cesare Fregoso; è, viceversa, biasimato dal duca di Milano per il suo ripiegamento da Milano e per l’abbandono di Monza. Gli è dato l’ordine di non attraversare il Po e di rientrare al campo di Vaprio d’Adda. Si ferma a Borgoforte per castigare alcuni soldati che si sono dati al saccheggio nel mantovano; si sposta a Pontevico e punta su Treviglio e Soncino. In tale località ha con Malatesta Baglioni un colloquio con Ugo Pepoli in qualità di rappresentante del marchese di Saluzzo: cerca di convincere gli alleati francesi a rimanere in Lombardia anziché trasferirsi in Emilia, come richiesto per i pontifici dal Guicciardini, e di tallonare nel contempo i nemici. Con Pietro Francesco da Viterbo si ferma tra Crema e Bergamo; visita Orzinuovi e decide di trasformare il borgo presso l’Oglio in una moderna fortezza. Prosegue poi per Bergamo ove prende alloggio nel borgo di Sant’Antonio. Ordina la costruzione di 4 bastioni in terra battuta con la supervisione di Pietro Francesco da Viterbo (un bastione alla casa della Colombina, uno in borgo Santa Caterina, un terzo in borgo Palazzo ed un quarto sotto il Monte delle Brugne). Sono distrutte case e tagliate piante entro il raggio di un miglio dalla cinta muraria. Obiettivo principale del piano di fortificazioni predisposto dal della Rovere è quello della difesa della zona produttiva della città. | |||
1527 | |||||
Gen. | Lombardia | Continua nelle sue richieste per giustificare la sua inattività: 1000 guastatori, polvere da sparo, pagamento regolare del soldo, 4000 lanzichenecchi al posto dei fanti italiani e svizzeri. A Venezia per questo fatto è accusato da Alvise Pisani di licenziare i vecchi capitani al servizio della Serenissima con altri di sua fiducia e di trascurare, in particolare, Babone Naldi. Si reca a Lodi alla notizia di un trattato tenuto da due capisquadra per consegnare la città agli imperiali. Continuano le sue tergiversazioni dovute ora alla sicurezza dei suoi stati: il Consiglio dei Savi lo autorizza finalmente ad attraversare il Po mentre il papa Clemente VII assume il ducato di Urbino sotto la sua protezione. Spagnoli e lanzichenecchi al seguito del Connestabile di Borbone si spostano in Val di Nure; giungono a Borgo San Donnino (Fidenza) dove si trovano privi di denaro, di vettovaglie, di munizioni: i veneziani concedono al della Rovere piena discrezionalità. Raggiunge Pontevico con 600 lance, 8000 fanti, 500 cavalli leggeri e quattordici bocche da fuoco; si indirizza a Chiari; a metà mese tocca Casalmaggiore per costruire un ponte sul Po; nella località tiene un consiglio di guerra con il marchese di Saluzzo, il Guicciardini ed il provveditore generale Domenico Contarini. Si stabilisce che pontifici e francesi debbano precedere i nemici provvedendo di volta in volta alla difesa delle città e delle fortezze accostate dagli avversari; i veneziani, invece, avrebbero dovuto seguirli in modo da tagliare loro le vie di rifornimento. Il della Rovere si porta a Mantova; viene richiamato dal Consiglio dei Dieci, rientra al campo soddisfatto in alcune sue richieste. | |||
Feb. | Emilia e Lombardia | Si trova a Parma, conquista Busseto; bloccato da un attacco di gotta, rientra a Casalmaggiore; a Gazzuolo per curarsi. Inseguito dai rimproveri del Guicciardini e del papa, raggiunge Modena: spagnoli e lanzichenecchi hanno il modo di potere agire praticamente indisturbati sulla strada per Bologna. | |||
Mar. | Emilia e Lombardia | Chiede l’arruolamento di nuove truppe (4000 svizzeri e 2000 tedeschi); rincuora i veneziani ponendo l’attenzione non tanto su una vittoria militare quanto sulle difficoltà che stanno affliggendo gli avversari. I suoi uomini si fermano sul Secchia; tocca Luzzara ed a metà mese giunge a San Faustino dove si collega con Malatesta Baglioni; invia alla riconquista di Busseto Giovanni Naldi ed il Farfarello; sempre convalescente, tocca Fabbrico e Valverde dove sosta alcuni giorni. Con la definizione di una tregua di otto mesi tra il papa ed il viceré di Napoli attraversa il Po al ponte di Sorbolo e rientra a Casalmaggiore. | |||
Apr. | Lombardia Veneto Emilia e Toscana | Abbandona tale località solo quando gli imperiali lasciano Corticella diretti verso la Toscana; perde altro tempo per inviare 2000 fanti nelle Marche alla guardia dei suoi stati; negli stessi giorni i fiorentini gli restituiscono San Leo e Maiolo per invogliarlo ad una maggiore solerzia. Da Melara si sposta a Bergantino. Varca il Po di fronte a Bondeno: alla guardia di tale ponte vi rimangono Babone Naldi ed Ercole Poeta. A Cento; per Sasso Marconi supera gli Appennini; tallona il Connestabile di Borbone fino a Barberino di Mugello; con il Saluzzo devia da Firenze la marcia degli imperiali. Vede i rappresentanti medicei ad Olmo Castello; il capoluogo insorge senza che la guarnigione di Pier Onofri da Montedoglio faccia resistenza. Il della Rovere irrompe in Firenze e stringe d’assedio il Palazzo della Signoria; Federico Gonzaga da Bozzolo rimuove in modo pacifico la sedizione: è perso ulteriore tempo prezioso. Gli imperiali non si trovano più in mezzo a due eserciti ostili; la via di Roma è loro aperta. il della Rovere invia in avanguardia Guido Rangoni e Roberto da San Severino mentre egli procede con l’usuale lentezza. Militano ai suoi ordini 7000 fanti italiani (comprensivi quelli inviati nell’urbinate), 1800 lanzichenecchi, 2000 svizzeri appena licenziati dal papa e provenienti da Roma, 200 lance e 500 cavalli leggeri (60 lance e 200 balestrieri a cavallo fanno parte della sua condotta). Il Consiglio dei Savi gli proroga il contratto per altri due anni. | |||
Mag. | Toscana Lazio ed Umbria | Giunge a Montevarchi ed a Cortona, dove viene a conoscenza della conquista di Roma da parte di lanzichenecchi e spagnoli e dell’assedio del papa in Castel Sant’ Angelo. Si sposta in Umbria e saccheggia Città della Pieve che ricusa di alloggiare gli svizzeri: sono uccisi nell’occasione 600/800 persone; da Orvieto spedisce Federico Gonzaga da Bozzolo ed Ugo Pepoli a Roma perché soccorrano il pontefice. Presenta, in un consiglio di guerra che si svolge ad Isola Farnese, il progetto di porre il proprio campo a Roma alla Croce di Monte Mario; prevalgono ancora le tesi prudenziali prospettate ora da Guido Rangoni e da Luigi Gonzaga. Gli uomini che ha a disposizione sono pochi e demotivati; chiede alla Serenissima di disporre di fanti, guastatori, pezzi di artiglieria in così grande numero da scoraggiare ogni tentazione offensiva. Si trasferisce a Ponte San Giovanni, emana una grida contro i furti pena la forca. | |||
Giu. lug. | Toscana e Umbria | Ripara in Toscana; si ferma a Città della Pieve a causa della peste che impera nel suo campo; Pietro da Longhena ed Antonio Ferramolini lasciano il campo senza il suo permesso al fine di rientrare negli stati veneziani: aspre sono le sue reazioni al riguardo. A Ponte Nuovo deve intervenire una prima volta per sedare gli animi dei lanzichenecchi di Michele Gaissmayr. | |||
Ago. | Umbria | Sosta a Deruta e chiede vettovaglie ai perugini; il contado è depredato dai suoi uomini. Non affronta i nemici nonostante i numerosi consigli di guerra effettuati al riguardo; aiuta invece Orazio e Malatesta Baglioni ad impadronirsi della piena signoria di Perugia ai danni del loro congiunto Gentile. Invia alcuni fanti a Torre d’Andrea per catturarvi Galeotto Baglioni, fratello di Sforza e di Braccio; costui, dopo dopo un breve assedio, gli si arrende a patti e raggiunge il campo della lega per incontrarlo; Orazio Baglioni viene a conoscenza del suo arrivo e lo uccide. Il della Rovere invia allora a Perugia da Orazio Baglioni Contuccio da Correggio per fermarlo nelle sue vendette private; si spargono in ogni caso voci poco onorevoli sul suo comportamento che non cessano neppure quando fa impiccare un cortigiano del cardinale di Cortona Giulio Passerini autore di alcuni versi di scherno nei suoi confronti. Un capitano dei grigioni viene ucciso al campo di Ponte San Giovanni da un lanzichenecco di Michele Gaissmayr; quest’ultimo si dimostra molto freddo nel volere castigare i colpevoli; 3000 svizzeri si mettono in ordinanza per vendicarsi. Il della Rovere li frena; va a trovare il capitano tedesco e gli fa capire che non solo gli svizzeri ma anche i fanti italiani e francesi avrebbero attaccato gli 800 lanzichenecchi ai suoi ordini se non fosse stata fatta giustizia. I colpevoli si danno alla fuga tranne uno che viene trattenuto; gli svizzeri non si accontentano. Il della Rovere fa mettere in ordinanza 3000 fanti italiani al servizio di veneziani e fiorentini ed acquieta gli animi; fa infine impiccare 2 fanti francesi che con 10 compagni hanno assassinato nella loro tenda 4 uomini d’arme veneziani mentre stanno giocando a carte. Muore a Camerino Giovanni Maria da Varano; pretende lo stato per i suoi famigliari ed invia nella città 600 fanti che sono però preceduti nella città da Sciarra Colonna. | |||
Sett. | Umbria | 300 cavalli e 500 fanti imperiali si asserragliano nell’ abbazia di San Pietro in Valle presso Trevi. Delibera di assalirli nottetempo con Federico Gonzaga da Bozzolo alla testa di 1000 fanti e di numerosi cavalli: gli imperiali respingono alcuni attacchi. Lucantonio Cuppano convince Piermaria dei Rossi, Alessandro Vitelli e Braccio Baglioni a cedere a patti; gli altri capitano sono costretti alla resa a discrezione. Ad Orvieto litiga ancora una volta con il Guicciardini; accusa il funzionario pontificio del cattivo esito della campagna soprattutto per quanto attiene le carenze nel vettovagliamento delle truppe. Ai suoi ordini vi sono nel periodo 8000 fanti, 200 lance e 400 cavalli leggeri. | |||
Ott. | Umbria e Lazio | E’ nei pressi di Foligno; lascia il campo con il marchese di Saluzzo e Federico Gonzaga da Bozzolo per svaligiare a Monterotondo 700 cavalli leggeri imperiali: manca l’effetto sorpresa e l’iniziativa sfuma. A Narni, dove medita di collocare gli alloggiamenti invernali. Punta su Montefalco; gli abitanti tentano di resistere. Le Bande Nere entrano nella città e, contro gli ordini del commissario fiorentino Leonardo Martelli, la mettono a sacco. Sono preservate dalle depredazioni solo la casa di Lucantonio Cuppano e quelle dei suoi parenti; il Martelli, da parte sua, riesce a salvare 200 donne di buona famiglia. | |||
Nov. | Umbria | Si muove attorno a Terni ed a Todi. | |||
Dic. | Umbria | Con Federico Gonzaga da Bozzolo, Michelantonio di Saluzzo ed il provveditore generale Alvise Pisani ha un incontro ad Orvieto con Clemente VII, appena liberato dagli imperiali: riceve il fermo invito ad abbandonare con le truppe lo stato della Chiesa. | |||
1528 | |||||
Feb. | Umbria | Esce da Todi e giunge a Sant’ Eraclio: gli è comandato di unirsi con il Lautrec; si rifiuta, come altre volte, per non sottostare agli ordini del capitano francese. A Spoleto. | |||
Mar. | Marche e Veneto | Tocca Pesaro, Ravenna, Chioggia, Padova e Venezia. A Fusina è accolto da sedici nobili; si reca in Collegio; ha anche un incontro con il Consiglio dei Dieci. I lanzichenecchi minacciano Vicenza: raggiunge la località con Antonio da Castello e raduna un buon numero di fanti per fronteggiare l’avanzata del duca di Brunswick. | |||
Apr. | Veneto e Lombardia | A Verona ed a Bergamo. | |||
Mag. | Lombardia | A Salò ed a Brescia (alloggia in San Barnaba) per completare l’ispezione delle opere difensive sul fronte occidentale. | |||
Mag. | Lombardia e Veneto | A Bergamo; a Caravaggio ha un consiglio di guerra con il duca di Milano, il provveditore generale Tommaso Moro, il collaterale generale Giovanni Andrea di Prato e Giano Fregoso per definire il piano con cui contrastare 15000 fanti e 1200 cavalli tedeschi. Delibera di difendere Bergamo e Vicenza; di mantenere un presidio al campo di Cassano d’Adda per respingere eventuali sortite provenienti da Milano; il resto delle truppe si deve trasferire nel veronese per muoversi in caso di attacchi diretti su Verona, Vicenza e Brescia. A Brescia ed a Verona. | |||
Giu. | Veneto | Esce da Verona con 2500 fanti, i cavalli leggeri e numerosi pezzi di artiglieria per incalzare gli avversari; si porta a Peschiera del Garda, a Brescia (ospite di Girolamo da Martinengo), a Bergamo. Nel regno di Napoli il Lautrec gli fa restituire il ducato di Sora. Da Brescia punta con celerità su Palazzolo sull’Oglio e vi sorprende 500 fanti e numerosi cavalli: cattura 300 cavalli e 200 fanti con Emilio Marescotti. Ne assedia la rocca in cui è rinchiuso Sforza Marescotti con 300 fanti: l’arrivo del duca di Brunswick lo obbliga a ripiegare con la maggior parte delle vettovaglie trasportabili; le altre sono distrutte. Ha un nuovo consiglio di guerra a Brescia con Tommaso Moro e Giano Fregoso; si sposta a Crema allorché Lodi è investita dagli avversari; nello stesso tempo incarica Annibale Picenardi di controllare il territorio che va dal Po ad Alessandria; Roberto da San Severino ha il compito di svolgere un’analoga azione lungo il corso dell’Adda fino a Cremona; consiglia Teodoro da Trivulzio di mettersi sulla difensiva a Genova in attesa dei previsti rinforzi che devono venire dalla Francia. | |||
Lug. | 200 lance e 200 cavalli leggeri | Lombardia | Chiede con Giano Fregoso di potere disporre di almeno 10000 uomini tra lanzichenecchi e svizzeri; solo con tali truppe ed i 6000 fanti italiani già ai suoi ordini si sente in grado di garantire la vittoria malgrado la superiorità numerica degli avversari. E’ raggiunto a Brescia da Francesco Beltrame, che gli è inviato dal Saint-Pol per informarlo del prossimo arrivo degli alleati. A fine mese il duca di Brunswick fa ritorno in Germania. | ||
Ago. | Lombardia | Lascia Brescia con Tommaso Moro per venire incontro ai francesi; tocca Orzinuovi e Monticelli d’Oglio, si vede con il Saint-Pol. Data la paga ai soldati ad Orzinuovi, unisce le sue truppe con gli alleati. Si trova alla testa di un esercito di 17000 fanti, 1200 lance e 2500 cavalli leggeri (dei veneziani, 8000 fanti, 700 lance e 1800 cavalli leggeri). Antonio di Leyva ritira tutte le guarnigioni imperiali a Milano e fortifica le sole Pavia e Sant’Angelo Lodigiano. Il della Rovere si trasferisce a Lodi ed a Abbadia Cerreto dove ha un consiglio di guerra con il Saint-Pol e 12 capitani francesi. E’ presa la decisione di attraversare l’Adda e di accamparsi a Torretta. A San Zenone al Lambro; con l’uccisione di Giovanni Naldi sotto Sant’Angelo Lodigiano conduce personalmente l’attacco per vendicarne la morte. | |||
Sett. | Lombardia | Espugna Sant’ Angelo Lodigiano ed ottiene la resa di San Colombano al Lambro; si sposta a Locate di Triulzi. Incarica Antonio da Castello ed Annibale Picenardi di verificare la possibilità di aggredire Milano verso Cascina Scanascio: l’esito è negativo. Si stabilisce di colpire Pavia difesa da 2200 fanti (2000 lanzichenecchi ed italiani, 200 spagnoli) e 200 cavalli. Invia Mercurio Bua alla volta di Certosa di Pavia con 3000 fanti ed inizia il bombardamento della città dalla parte del castello. Il fuoco delle artiglierie dura tre giorni: Pavia è conquistata con un assalto generale in cui partecipa personalmente con la picca in mano. Tra gli imperiali sono uccisi 500/600 fanti, molti altri sono catturati; tra i veneziani vi sono 50 morti ed altrettanti feriti; Pavia è messa a sacco. il della Rovere assedia il castello dove si è rinchiuso Pietro da Birago con 800 uomini e ne ottiene la resa a discrezione in pochi giorni: 80 fanti italiani, 60 spagnoli e 10 lanzichenecchi abbandonano la fortezza con il capitano Aponte. | |||
Ott. | Lombardia Emilia e Liguria | Le paghe ritardano ed i fanti grigioni si ammutinano a Pavia; ne affronta i capitani con le armi in mano. Il provveditore Tommaso Moro riesce ad acquietare gli animi. Si incontra con Roberto da San Severino e Mercurio Bua a Sannazzaro de’ Burgondi con il Saint-Pol, reduce quest’ultimo da un’ infelice spedizione nel genovese. Esce da Pavia con Sigismondo Malatesta e Claudio Rangoni con 800 fanti, si dirige nel piacentino ed entra in Liguria per soccorrervi Savona: la città capitola prima del suo arrivo e l’intervento non si rivela più necessario. Francesi, veneziani e sforzeschi decidono di attaccare Milano e di accamparsi tutti insieme sul lato orientale della città; usa la solita tattica dilatoria accampando sempre nuove difficoltà. I veneziani si fermano a Cassano d’Adda, gli sforzeschi a Pavia ed i francesi ad Abbiategrasso: obiettivo è quello di tagliare da tre lati le fonti di rifornimento a Milano. Viene attaccato in Cassano d’Adda da Antonio di Leyva con il quale ha numerosi scontri. | |||
Nov. | Lombardia | Si trova a San Colombano al Lambro, a San Martino in Strada, a Crema; gli alleati agiscono viceversa nell’alessandrino. | |||
Dic. | Lombardia Veneto e Marche | A Brescia, per rendere omaggio al nuovo capitano cittadino Cristoforo Moro. Raggiunge Padova e si reca a Venezia dove è alloggiato nel palazzo del provveditore generale Paolo Nani a San Trovaso. In Collegio sconsiglia di attaccare Milano, propone di stare fermi per tutto l’inverno, verificare in primavera se è il caso di assalire Monza o Milano, arruolare lanzichenecchi; chiede il permesso di rientrare nei suoi stati. | |||
1529 | |||||
Gen. feb. | Marche Romagna Veneto e Lombardia | Da Pesaro giunge a Ravenna ove è accolto dal provveditore Alvise Barbaro. A Chioggia ed a Venezia dove soggiorna a San Polo in Cà Corner. E’ ricevuto in Collegio con Sigismondo Malatesta e Taddeo della Volpe, fa tappa a Padova ed a Brescia: in tale città è costretto all’ inattività dai frequenti attacchi di gotta. | |||
Mar. | Lombardia Emilia Romagna e Marche | A Rovato. Il Consiglio dei Savi lo riconduce come capitano generale per tre anni di ferma e due di rispetto, gli aumenta lo stipendio da 40000 a 50000 ducati l’anno, gli aumenta la condotta da 250 a 300 lance e da 100 a 200 balestrieri a cavallo; al figlio Guidobaldo è riconosciuta una provvigione annua di 1000 ducati con una condotta di 75 lance o di 150 cavalli leggeri. Negli stessi giorni le sue terre sono minacciate dal principe d’Orange; senza il permesso della Serenissima abbandona Rovato con 40 cavalli, supera il Po a Borgoforte e per Sant’Alberto e Bertinoro giunge a Pesaro: i veneziani gli inviano in soccorso 300 cavalli leggeri e 3000 fanti. | |||
Apr. | Marche e Veneto | Esce da Pesaro solo con la firma di un contratto triennale che prevede condizioni analoghe a quelle godute a suo tempo da Niccolò Orsini e da Bartolomeo d’Alviano: la sua condotta è aumentata a 400 lance. A Chioggia. | |||
Mag. | Veneto e Lombardia | A Venezia in Collegio; tocca Padova, Ghedi; al campo di Pozzuolo Martesana dove deve affrontare un ammutinamento degli uomini d’arme. A Crema; si unisce con il provveditore Paolo Nani ed il governatore generale Giano Fregoso; si incontra a Belgioioso con il Saint-Pol per studiare una strategia atta a conquistare Milano. Si decide di attaccare la città da due lati; a sua disposizione non vi sono che 6000 fanti invece degli 11000, a suo dire, necessari per condurre in porto con successo l’ azione. A Melegnano. | |||
Giu. | Lombardia | Segue un nuovo consiglio di guerra a Binasco; vi si riscontra di non avere forze sufficienti per un attacco in massa; si stabilisce di impadronirsi di Milano per fame. Scoppiano nel contempo disordini nel campo veneziano per il cronico ritardo delle paghe; non cessa la pletora dei consigli di guerra inconcludenti, a Lodi con il duca di Milano ed a Locate Triulzi con il Saint-Pol. I francesi si accampano ad Abbiategrasso ed i veneziani si rafforzano a Melegnano. | |||
Lug. | Lombardia | Con la pesante sconfitta del Saint-Pol a Landriano si ritira a Cassano d’Adda; si rifiuta di prestare soccorso ad Annibale Picenardi attaccato in Pavia. Spedisce Annibale Fregoso alla difesa di Brescia e cerca qualche piccolo scontro; lascia il campo con 600 archibugieri, 200 picchieri e 200 cavalli leggeri per attaccare di sorpresa la cavalleria nemica; avvistata la sua presenza dagli avversari, avverte immediatamente Paolo Nani, che sta a Cassano d’Adda, di rafforzare le difese del campo. Gli imperiali retrocedono dopo avere subito numerose perdite (50 morti e 40 cavalli feriti e a cattura di 5/6 capitani). L’avanzata di Antonio di Leyva risulta in tal modo bloccata: non allontana veneziani e sforzeschi da Cassano d’Adda e non è neppure in grado di contrastare in modo efficace le loro scorrerie nel milanese. | |||
Ago. | Lombardia | Calano da Trento in Lombardia 12000 fanti tedeschi e 1500 cavalli borgognoni con ventisei pezzi di artiglieria. Il della Rovere si porta a Bergamo con Paolo Nani; allorché gli imperiali spostano il loro campo da Inzago a Vaprio d’Adda spedisce alla volta di Bergamo 700 fanti agli ordini di Gigante Corso e di Bernardino da Montauto. I lanzichenecchi provocano gravi danni al territorio di Peschiera del Garda; il della Rovere non si scompone ed adotta la sua usuale strategia sempre votata alla prudenza; rafforza le linee difensive verso Bergamo e Crema e tallona da vicino gli avversari. Si incontra con il duca Francesco Sforza a Lodi. | |||
Sett. | Lombardia | A Maguzzano per controllare i movimenti degli imperiali. Viene segnalato a Gavardo ed a Brescia (alloggia in San Barnaba); cade ammalato ed è curato da Girolamo da Gubbio. | |||
Ott. | 300 lance e 200 cavalli leggeri | Lombardia | Invia alla difesa di Verona Cesare Fregoso con 3000 fanti. | ||
Dic. | Veneto ed Emilia | Il conflitto ha termine. Chiede il permesso di rientrare nelle sue terre. A Verona ed a Vicenza per prendere visione dei lavori di fortificazione; a Bologna per seguire le trattative di pace. Riceve una buona accoglienza sia dal papa Clemente VII che dall’imperatore Carlo V. Dei suoi cavalli 500 sono alloggiati nel veronese, 700 nel bresciano, 200 nel bergamasco e 300 nel vicentino. | |||
1530 | |||||
Gen. | Veneto | Si esprime a favore del licenziamento di Roberto da San Severino: si reca a Venezia in Collegio e si rallegra con il doge per la pace. Viene ancora ospitato in Cà Corner. | |||
Feb. | Emilia | A Bologna per l’incoronazione di Carlo V nella chiesa di San Petronio: nella sua veste di prefetto di Roma ha il compito di precederlo con la spada sguainata. | |||
Mar. | Marche | I veneziani non gli concedono il permesso di passare agli stipendi degli imperiali. | |||
Apr. | Marche | Riceve ad Urbino il papa Clemente VII. Si ammala poco dopo. | |||
Mag. | Veneto e Friuli | Il suo operato nel recente conflitto viene elogiato in Collegio dei Pregadi dall’ex provveditore generale Paolo Nani. Francesco Maria della Rovere propone di costruire una fortezza ad Orzinuovi, i cui lavori avranno inizio l’anno successivo su suo progetto, e nuove opere difensive a Rovigo. Si reca in Friuli per un incarico che gli viene commissionato dal Consiglio dei Dieci , il cui oggetto è lo studio della difesa dei confini orientali in caso di attacco turco. Scrive la relazione ad Udine. | |||
1531 | |||||
Apr. | E’ creditore verso la Serenissima di 34000 ducati. La sua provvigione annua ascende a 10000 ducati; gode, inoltre, di altri 2500 ducati per il suo piatto. | ||||
1532 | |||||
Gen. | Marche | Ospita a Pesaro Ascanio Colonna. Non accetta la proposta di collaborazione che gli è fatta dal pontefice riguardo un incarico di studio volto a rafforzare le difese di Ancona dalle minacce dai turchi. Venezia è infatti in pace con gli ottomani e con la sua presenza non vuole fornire pretesti per una guerra. Il suo credito verso la repubblica sale a 40000 ducati. | |||
Apr. mag. | Marche e Veneto | Da Pesaro si reca a Venezia. Sbarca a Chioggia ed è accolto a Santa Marta da molti nobili; sale sul bucintoro a Rialto ed è alloggiato vicino al monastero di San Giorgio. In suo onore sono programmate spese fino a 300 ducati. Si presenta in Collegio ove è accolto dal doge; visita Murano. Ricevuti 10000 ducati, raggiunge Padova via fiume; tocca Vicenza e Thiene (ospite dei da Porto). | |||
Giu. | 300 lance e 200 cavalli leggeri | Lombardia e Veneto | A Desenzano del Garda ed a Verona: ovunque visita le fortezze ed ovunque riceve doni di valore. A Montorio Veronese presenzia alla rassegna degli uomini d’arme tenuta da Cristoforo Capello ed al Campo di Marte di Verona a quella di 2400/ 3000 cernite del contado. A Brescia ed a Ghedi per assistere alla rassegna dei suoi uomini d’arme e di quelli del figlio Guidobaldo; nel palazzo già di proprietà di Niccolò Orsini ospita Alfonso d’Avalos e Piermaria dei Rossi, giunti a rendergli visita in occasione della manifestazione. In loro onore organizza un’esercitazione di lance e di cavalli leggeri che simulano un combattimento. | ||
Lug. | Lombardia | A Bergamo per la rassegna di 1400 ordinanze del contado; si reca poi ad Orzinuovi dove, per diminuire i costi della fortezza in costruzione secondo i disegni di Antonio da Castello, ne ordina alcune modifiche riguardanti l’impianto prettamente pentagonale. Tra ottobre e novembre dell’anno successivo saranno spesi 5000 ducati per finanziare i lavori relativi a 5 opere in terra necessari per apprestare uni spalto ed abbassare la rocca. Di seguito il della Rovere è segnalato a Brescia, ospite di Gerardo da Martinengo. Il Consiglio dei Savi lo sollecita a trasferirsi a Treviso ed in Friuli per visionare anche le difese di Aquileia e di Monfalcone. | |||
Ago. sett. | Lombardia e Friuli | A Pozzolengo ed a Montichiari; si fa vedere in rapida progressione a Peschiera del Garda (cena con Ferrante Gonzaga), a Ferrara (ospite di Alfonso d’Este), a Venezia (in Collegio), a Treviso con Cristoforo Capello; a Udine, Cividale del Friuli, Artegna e Spilimbergo. A Venezia gli sono consegnati 10000 ducati sui 40000 richiesti. | |||
Ott. | Veneto | Controlla le opere difensive di Vicenza, Padova e Treviso. In quest’ultima località ha un colloquio con Babone Naldi. | |||
Nov. | Veneto | Incontra a Venezia il cardinale Ippolito dei Medici ed i duchi di Ferrara e di Mantova con i quali si avvia verso Montecchio Precalcino per rendere omaggio all’ imperatore di ritorno dall’Austria e dalla guerra contro i turchi. | |||
Dic. | Lombardia | Si incontra nuovamente con l’imperatore Carlo V a Borgoforte Rientra a Brescia. | |||
1533 | |||||
……….. | Marche | Costituisce nei suoi stati la cosiddetta Legione Feltria. | |||
Mar. mag. | Emilia Lombardia e Veneto | A Bologna allo scopo di donare all’ imperatore 2 corsieri turchi; è poi a Mantova ed a Verona alla notizia del passaggio di 7000 lanzichenecchi al servizio di Carlo V in marcia verso la Germania. Ritorna a Mantova, si reca a Venezia per confermare la notizia che è rientrato in possesso del ducato di Sora; seguono sue nuove ispezioni a Padova, Vicenza, Verona e Legnago per le rassegne delle cernite locali. | |||
1534 | |||||
Mar. | I veneziani gli rinnovano la condotta per altri tre anni di ferma e due di rispetto. | ||||
…………… | Marche | Fa sposare il figlio Guidobaldo con Giulia da Varano per potere aggregare il ducato di Camerino ai suoi possedimenti: immediata è la reazione negativa del papa Paolo III. | |||
Autunno | Urbino | Chiesa | Marche | Soccorre Camerino di vettovaglie e truppe allorché la città è minacciata dai pontifici: invia alla sua difesa Costantino Boccali con 300 cavalli leggeri, Battista da Messina, Lucantonio Cuppano ed Antenore Leonardo da Pesaro; egli si colloca a Sassoferrato da dove blocca l’avanzata di Giovambattista Savelli. | |
1535 | |||||
Apr. | Veneto | A Venezia, con l’obiettivo di preparare le truppe della Serenissima che devono intervenire in soccorso degli imperiali contro i francesi alla difesa di Milano. | |||
…………… | Campania | A Napoli per visionare le fortificazioni cittadine: la richiesta gli è stata fatta pervenire da Carlo V. | |||
1536 | |||||
Mag. | Veneto | A Venezia. | |||
1537 | |||||
…………. | Francia Croazia Grecia | Si reca ad Aix-en-Provence presso Carlo V per difendere le sue pretese su Camerino; si trasferisce quindi in Puglia e da lì si sposta in Dalmazia per ispezionarvi le locali fortezze veneziane. Persuade la Serenissima ad intervenire a fianco degli imperiali contro i turchi vincendo la resistenza frapposta dal doge Andrea Gritti. Con la fine dell’assedio di Corfù da parte turca con Antonio da Castello ha il compito di rivederne le opere difensive; suggerisce di abbattere i fabbricati vicini e di spianare il Monte delle Castrate. | |||
Dic. | Veneto | Gli viene donato a Venezia dal Collegio dei Pregadi un palazzo nel circondario di Santa Fosca del valore di 10000 ducati. | |||
1538 | |||||
Feb. | Veneto | Chiede di essere nominato capitano generale della lega contro i turchi che dovrebbe disporre di un esercito forte di 50000 fanti (20000 lanzichenecchi, 15000 italiani e 15000 spagnoli) e 4500 cavalli. | |||
Mag. | Friuli e Croazia | Ispeziona in Friuli le fortezze sull’Isonzo; allo stesso fine si sposta anche in Istria mediante il controllo, con Giulio Savorgnano, delle strade che portano a Gorizia ed a Lubiana. Il sopralluogo ha lo scopo di individuare i punti più favorevoli atti ad impedire un eventuale attacco turco del sultano Solimano. Al ritorno si ferma ad Udine dove è ospitato in San Pietro Martire. | |||
Ott. | Veneto e Marche | In procinto di partire per combattere i turchi del sultano Solimano viene avvelenato dal suo barbiere a Venezia. Si fa trasportare a Pesaro ove muore a fine mese. E’ sepolto ad Urbino nella chiesa di Santa Chiara; il relativo monumento è disegnato dal Genga e sarà portato a termine da Domenico Ammannati. Orazione funebre a Venezia di Leonardo da Pesaro. Il senato veneziano, inoltre, ordina una statua equestre di bronzo in suo onore: essa sarà realizzata in marmo, più tardi nel 1624, dal nipote Francesco Maria e sarà posta nel cortile del suo palazzo. Come mandanti del suo omicidio sono indicati alcuni condottieri tra i quali spiccano i nomi di Luigi Gonzaga e di Cesare Fregoso. Fa ampliare a Pesaro il Palazzo Ducale. Amico e protettore di Ulisse Aldovrandi e di Pietro Aretino, che gli dedica il primo volume delle sue lettere. Alla sua corte sono presenti Baldassarre Castiglione e l’architetto militare Giambattista Commandino. Il bresciano Niccolò Tartaglia lo ricorda nella “Scienza Nuova”, un trattato matematico sul moto dei proiettili. Francesco Maria della Rovere è autore di “Discorsi Militari”: in essi cita tra i più celebri architetti militari Antonio da Sangallo il Giovane, Pietro Francesco da Viterbo e Michele Sanmicheli. Sua statua nel cortile del Palazzo Ducale a Venezia. E’ stato ritratto dal Tiziano (Galleria degli Uffizi di Firenze), da Raffaello (“Giovane con pomo”), da Bartolomeo Veneto (Bergamo, Accademia Carrara) e, forse, anche dal Carpaccio in un quadro in cui appare come giovane cavaliere. |
CITAZIONI
-“Non mancavano al duca d’Urbino guerriere doti, né fors’anco valore personale; ma avendo egli preso a imitare Prospero Colonna, ne aveva esagerato il metodo. Egli poneva tutta la scienza militare nel saper accamparsi in luoghi inattaccabili, e nello schivar sempre di venir a battaglia per quanto le sue forze fossero più poderose di quelle del nemico.. ed ostinandosi a non volere arrischiare nulla, all’ultimo riducevasi in stato di perder ogni cosa.” SISMONDI
-“Ma poi che fu fatto capitan generale dell’esercito de’ Venetiani, secondo che richiedevano i tempi, e i costumi di quella prudentissima Signoria, incominciò a temprare l’antico ardore del suo bellicoso ingegno con una util misura di giusta e accorta gravità, parendo a lui che le valorosissime e invitte fanterie delle nationi straniere fossero più tosto da esser sostenute trattenendo e temporeggiando, che provocate con le battaglie..Et però il duca Francesco Maria riputava assai valorosamente et utilmente servire la Signoria, s’egli non perdeva nulla, et s’egli non s’arrischiava punto al pericolo della battaglia, dov’el potesse esser vinto, se non sicurissimo modo d’accamparsi, et con iscaramuccie, scherniva la furia del nemico, se di continuo gli stancava havendo egli bisogno di vittovaglia, e di denari, credendosi che quando fosse stato il bisogno, egli era per dover venire e giornata. Con questi artificj dunque, contra il parere d’alcuni, i quali temeriamente pensavano che la forza delle nationi straniere si potesse abbattere e vincere, con grand’honor di lui si salvò tutta Italia ..Si può credere che con honorato temperamento egli mescolasse insieme la forza e l’espedito vigore del sangue paterno, e la valorosa prudenza di guerra, e la disciplina della bellicosa casa da Monte Feltro ordinata con ottime leggi per acquistarsi grandissimo honore nella militia.” GIOVIO
-“Hercol la mazza, e la spada ti diede/ Marte, e lo scudo da Bellona havesti,/ Et Giove ti dié i folgori celesti/ Onde il mondo per te stupir si vede.” Da un sonetto di A.F. Rinieri raccolto dal GIOVIO
-“Profecto multiplex virtus tua in tot sese partes fundit, ut nullus sit in quovis genere locus, quem illa non occuparit..Ut Italiae militiae jure parens habitus sis.” FOGLIETTA
-“Mars ensem, clavem Alcides, dedit Aegida Pallas,/ Et tibi caelestum tela trisulca pater/ Fulmina seu metuenda manu, sive excutis ore.” Da un sonetto di A. F. Rinieri raccolto dal FOGLIETTA
-“Viziato dalle carezze della fortuna e dalle tenerezze dei congiunti, il rampollo dei Della Rovere diventerà una di quelle tipiche figure di signorotto rinascimentale che sgomentano per l’enorme capacità di efferatezza. Ma Giulio II lo vedrà sempre con occhi innamorati; continuerà a colmarlo di favori e, all’ occorrenza, gli perdonerà tutto: anche la selvaggia uccisione di un principe della Chiesa, che per giunta sarà il cardinale Alidosi, uno degli uomini a lui più cari. E nel 1510, dopo la morte di Giovanni Sforza, staccherà dal dominio territoriale della Santa Sede la signoria di Pesaro per farne dono al nipote. Di tanto affetto sarà ripagato con un tentativo di tradimento; ma ancora nel letto di morte esprimerà il desiderio che a Francesco Maria venga lasciato in perpetuo il vicariato di Pesaro.” FUSERO
-“Questi.. rappresentava l’Italia de’ suoi giorni, snervata dalla lunga disusanza delle armi, e mancante più presto di fede in sé stessa che di virtù militare.” DE LEVA
“Prudente capitano, pede plumbeo..Prudente, pratico di la guerra, di poche parole e risoluto et con pronte ragione, di core grande nel bisogno, homo iusto senza deletarse de altro niente che di guerra o cose dipendente da guerra, siché è un degno capitanio, et per dir le sue parole, naque capitano in le fasse, e dimostra grande amor a questo Stado..Questo signor Duca è picolo, poca presentia..E’ homo di guerra; ha colere, ma è foco di paia (paglia) et amà da li soldati.” SANUDO
-“Dimostrava il Duca sommo desiderio di fare cose grande per servitio della Republica, e haveva inalato l’animo alla speranza, d’immortal laude per virtù di guerra, e veramente grandissima era la confidenza, che haveva il Senato nella virtù e nella fede di lui..Era nel duca molta isperienza della militia, particolare e isquisita cognitione dello Stato, e di tutte le cose della Republica, vigilanza grande nei gravi negotij, destrezza in tutte le suo operationi, animo sicuro, reale, e ben affetto verso l’honore del nome Italiano, e particolarmente verso la grandezza della Republica: rimase però sempre a molti non leggieri sospetti, che nel soccorso di Roma fusse il Duca proceduto poco sinceramente per suoi particolari interessi, e dissegni, essendo poco ben affetto verso la casa de’Medici.” PARUTA
-“Qui estoit homme de guerre.” DU BELLAY
-“Homo in verità ne la arte militar excellentissimo et valentissimo.” CRONACHE BRESCIANE INEDITE-MERCANDA
-“Huomo di grandissimo ingegno e di grandissima giustitia ornato.. Fu humanissimamente da tutti questi popoli (Pesaro e Urbino) ricevuto. Et così pacificamente, e giustamente governò quelli che, mancando lui di questa vita..,non meno fu pianto da essi, quanto se ‘l fosse stato loro padre, fratello, e figliuolo.” ALBERTI
-“Riuscì Principe d’altissimo spirito, nel governo de’ Popoli giusto e mansueto, in guerra coraggioso & esperto.” LOSCHI
-“Fu huomo che in vita sua non stimò cosa più che la reputatione dell’armi; e con gli sudditi suoi.. teneva luogo più da padre che da signore; e nel dinaio fu così puoco acurato ch’apena le monete conoscea nel oro nella valuta sua; fu il suo maggior piacere il ragionar di guerra, e molto del fabricare hebbe diletto..Fu giusto, prudentissimo, coraggioso, riservato e eloquentissimo, huom che senza macchia alcuna sempre visse.” GUAZZO
-“Passò tanto inanzi per le vie della gloria, che per li suoi fatti illustri acquistò nome famoso fra’ Capitani.. Era Francesco Maria di mediocre statura e di volto bianco; gli occhi havea neri e così la barba e i capelli.” ROSCIO
-“Costui riputato al suo tempo per giuditio e per scientia dell’ arte militare, principalissimo cavaliero dell’età sua, provò tutte le guerre de tempi nostri con molta sua laude..Fu prudentissimo e gravissimo Capitano; e degno di essere paragonato a qual si voglia de gli antichi: percioché venuto ne gli anni maturi, cominciò a temperar l’anticho ardore del suo bellicoso ingegno, con una util mistura di giusta e accorta gravità, parendo a lui che le valorosissime e invitte fanterie delle nationi straniere, fossero più tosto da esser sostenute, trattenendo e temporeggiando: che provocate con le battaglie.” SANSOVINO
-“Fu Francesco Maria di animo grande e indomabile nelle sventure. Subito e precipitoso nell’ira, era nel primo impeto di quella capace di qualunque misfatto, ma con pari facilità si placava, ed allora il suo animo era disposto a generosità. Allevato tra le armi, crebbe in fama di capitano valentissimo, abbenché non vi siano strepitose vittorie da registrare di lui: severissimo col soldato, voleva da lui pienamente osservata la militare disciplina. Perfezionò l’arte della guerra, inventando nuove armi di offesa e difesa: e ponendo mente all’allargato uso delle artiglierie, si accorse che i fanti cominciavano ad essere più utili dei cavalli. E perciò ammodernò le antiche regole, e si volse a meglio ordinarli e agguerrirli, ne perfezionò gli ordini, li addestrò all’officio di guastatori e al maneggio della zappa e della pala, e prendendo il buono da tutte le truppe straniere ch’ebbe luogo di vedere in Italia, istituì l’ordinanza loro in modo da farne un corpo stretto e impenetrabile. Fu pure gran maestro nell’arte di prendere gli alloggiamenti e di farli inespugnabili: e nelle fortificazioni introdusse un sistema più conforme a resistere agli accresciuti modi di offesa. Fu comune opinione che a lui si debba l’invenzione del baluardo; ma il Promis non è proclive ad accordargli un tal vanto. Dei risultati della sua esperienza e delle militari sue invenzioni ci volle lasciare ricordo in un’opera, certamente non pregevole per ordine e per stile, che fu pubblicata da Domenico Mammarelli in Ferrara nel 1583, col titolo di “Discorsi militari dell’eccellentissimo signore Francesco Maria I Della Rovere duca di Urbino, nei quali si discorrono molti avantaggi e disavantaggi della guerra, utilissimi ad ogni soldato”. Nel governo fu giusto e amorevole, e punitore severo del violato onore delle donne: e ben poteva farlo, perché ebbe fama di uomo casto e temperato. I sudditi lo piansero amaramente: e questo è il più bello elogio che si possa fare di un principe..Uno de’ più accreditati principi e guerrieri de’ suoi giorni.” LITTA
-“Occupava i primi posti della riputatione, perché haveva scorsi tutti quei del valore e dell’isperienza.” VIANOLI
-“Huomo tanto stimato in pace e in guerra.” ROSEO
-“Grande ne fu la fortezza, e si mostrò ad ogni disgrazia indomabile. Due volte perdé lo stato per l’ambizione di una famiglia ingratissima; due volte lo riacquistò; e la sua lunga guerra con Leone X fu amministrata in modo da onorarne un gran capitano. Fu subito e precipitoso nell’ira.. Allevato fra le armi.. crebbe in fama di capitano valentissimo e sapientissimo da paragonarsi con molti degli antichi, inventando alcune armi da offesa e da difesa; e a ragione lui chiama il Guidiccione “viva fiamma di Marte”. E l’arte della guerra, che già prendeva altra forma per l’uso allargato dell’artiglierie, profondamente studiò; e ben vedendo che i fanti incominciavano ad essere più utili de’ cavalli, ammodernò le antiche discipline, e si rivolse a meglio ordinarli e agguerrirli..Fu ancora gran maestro nell’arte di prendere e fortificare gli alloggiamenti e nel rendere sicure le marce..; terrapienò le mura e i ripari, togliendo le artiglierie dalle case matte, e adoperandole nelle piazze e cannoniere scoperte. Nelle lettere non era molto addentro..Non ostante, assai dilettavasi delle istorie..Fu Francesco piccolo di corpo, di grata e virile fisionomia, di occhi vivacissimi, di molta affabilità, e grazioso e spiritoso nel conversare..Fu principe amorevole e giusto, e punitore severo delle bestemmie e del violato onore delle donne.” UGOLINI
-“Anima non fu mai cotanto accesa/ di zelo militar, di vigor puro,/ né più spregiante ogni tremenda impresa./…/ Schifò il repentino degli assalti,/ prese il fugace de le occasioni,/ fé lenti passi de i nemici salti.” P. ARETINO
-“Il restauratore della milizia italiana.” GALLUZZI
-“Non tardò a rivelarsi assolutamente inadatto (al ruolo di capitano generale della lega), per naturale tendenza agli indugi o per costante sopravalutazione delle forze avversarie, al compito.” ERCOLE
-“Uomo illustre del pari per militare sperienza..Personaggio questi a’ suoi tempi chiarissimo per esperienza militare e per le proprie gesta, ed avuto in massima riputazione appresso i Veneziani mercé i suoi meriti singolari e la distinta sua fedeltà. Questi per 15 anni prestò cospicui servigj in guerra ed in pace alla repub., di cui conosceva tanto a puntino le forze terrestri e marittime, le piazze, le fortezze, i territorj che, frequentemente, quando, i padri (i senatori) trattavano di importantissime cose, lo faceano alle consulte intervenire.” A. MOROSINI
-“Diedesi intieramente all’arte militare nella quale divenne celebre imitando singolarmente Prospero Colonna nella scienza delle mosse e gli altri generali imperiali nella perfidia ed atrocità delle private vendette..Egli era nell’architettura militare assai versato, ed abbenché non sia vero che abbia inventati i moderni baluardi, era però consultato dagl’ingegneri, ed il Castriotto confessa di avere da lui imparato a conoscere molte delle imperfezioni inerenti alla nuova fortificazione.. Ingegnere di guerra, nella qual professione ebbe mente e pratica quanto qualunque altro valente..Fu lodato Francesco Maria per esser stato primo ad adoprar la zappa e la pala nelle espugnazioni: primo a terrapienar le mura, primo ad introdurre la moderna fortificazione fiancheggiata, coperta e mutuamente difesa: aggiungo..che a lui si debba l’aver tolte le artiglierie dalle casematte e collocarle nelle piazze e cannoniere scoperte: come pure, che nelle mura di Pesaro siansi, per opera sua e prima che altrove, veduti impiegati i cavalieri non solo per proteggere le ritirate, quanto per difender le cortine, le faccie dei bastioni e batter la campagna: insomma che a lui debbasi la sostanza della moderna architettura militare..Ei fu, ragguagliati i tempi, grandissimo ingegnere e nelle cose sue ebbe concetti vasti e sicuri. ” PROMIS
-“Oltreché abilissimo condottiero, il Della Rovere protesse le arti, il commercio e le belle lettere, al punto che la città di Urbino, sotto di lui, divenne una delle più ricche e fiorenti d’Italia.” PAOLINI
-“Distintissimo capitano del secolo XVI.. Egli aveva fatto uno studio profondo nell’arte della guerra ed aveva introdotto importanti migliorie nell’organizzazione della fanteria e nell’ arte della fortificazione.” BOSI
-“Huomo di grande autorità et di gran consiglio.” ULLOA
-“Fu Francesco Maria piccolo di corpo, con volto grato e virile, e specialmente coll’occhio vivacissimo; fu sommamente affabile e di dolcissima conversazione, ritenendo però sempre una certa non so quale amabilissima gravità e singolar grazia: ebbe natura collerica, ma con molta prudenza sapeva temperarla mitigando sovente, anche in occasioni importantissime, di disgusti i suoi sdegni. Amò generalmente i belli ingegni, ma specialmente i soldati, e fu inventore di molte sorti d’armi offensive e diffensive.” REPOSATI
-“Fu prencipe veramente, nel quale unitesi con maraviglioso progresso le virtù naturali e le acquistate, meritò ben degnamente, che quella età honorata singolarmente da lui fosse a dì nostri, e sia per essere appresso a posteri con gloriosa invidia ricordata e celebrata perpetuamente..Acquistò con una attenta e continua osservatione molti avvertimenti per l’istinto suo naturale alle cose militari, e seppe servirsene maravigliosamente. Di maniera che incontrandosi in tempo appunto, che cessando in gran parte l’uso così frequente e numeroso della cavalleria, e cominciando a stimarsi e valersi della fanteria più che non si faceva per l’adietro; egli per quanto comportò la diversità delle armi e delle offese de’ nostri tempi, introdusse disciplina tale nella militia, modernando gli essempi antichi, che rese le fanterie utilissime in ogni occasione, e spetialmente le Italiane. Perché trovandovi attitudine e prontezza grande, insegnò a soldati primieramente ad adoprare la zappa e la pala per maneggiare il terreno in ogni bisogno, e poi istituì tra loro ordinanza tale che assaltati e assalitori facevano corpo solido come gli Svizzeri, e gli Alemanni; e andavano a gli assalti non meno spediti de gli Spagnuoli..Fu anco felicissimo ne gli alloggiamenti, cosa stimata da lui principalissima nell’arte della guerra..insegnò realmente il modo del fortificare e assicurare ogni alloggiamento. Havendo in ciò principalmente un’esattissima circospettione nella elettione del sito, riconoscendolo per lo più in persona; e veramente ricercandone e confrontando, in modo le relationi co ‘l bisogno suo. Medesimamente nel moversi e nel marciare caminò sempre con prudentissimo vantaggio considerando ed esaminando minutissimamete tutti i luoghi per dove si conduceva, sì per l’uso de’ viveri e delle necessità dell’essercito, come per levare l’opportunità a nemici dell’assalirlo..Fu il primo che per la espugnatione delle fortezze cominciasse ad adoperare la zappa e la pala; e il primo medesimamente che introducesse in quel modo universale della fortificatione che usiamo hoggidì con fianchi e cortine; terrapienando e assicurando le mura e i ripari per le offese particolarmente delle artiglierie.” LEONI
-“Virum solertem et impigrum.” ARLUNO
-“Il quale si dice che era uno signore da ben et homo de gran iustitia et amatore del suo populo.” RAINIERI
-“Non aveva mai fretta.” BRANDI
-“Who became a symbol of sluggisliness and hyper-caution..pede plumbeo.” HALE
-“Esimio capitano di quei tempi.” C. CAPASSO
-“In fama di primo condottiero italiano del tempo.” DE BENVENUTI
-“El quale era uno grando homo de ingegnio alle cose dela guerra per terra in Italia.” DE’ BIANCHI
-“Nel cui servitio (dei veneziani) durò tutti gli anni della sua vita, e con sì felice fortuna e virtù sua, che fuor d’ogni contrasto s’acquistò con gli effetti e co i veri meriti nei presenti, e ne i posteri nome de’ primi maggiori Capitani, c’havesse quell’età, nella qual certamente furono maggior’ huomini di guerra, e maggiori occasioni, e effetti, che in molte e molt’altre delle passate.” RUSCELLI
-“Indomito ed eccellente capitano..Famosissimo nell’armi.” COLUCCI
-“Viribus egregiis, ingenioque potens.” Da un poema di F. Panfili ripreso dal COLUCCI
-“Assai valente Capitano.” CECCONI
-“Sempre inetto e sempre troppo fermo nel suo sistema di temporeggiare che tutto gli faceva perdere.” SANDONNINI
-“L’imperizia e la lentezza fecero del duca di Urbino la caricatura di Fabio il Temporeggiatore.” GREGOROVIUS
-“A noi sembra ch’egli fosse capitano non più che mediocre..Uomo rotto all’ira, inclinatissimo alla vendetta, non aborrente dal sangue.” MARCOLINI
-“Un Quinto Fabio maximo d’ingegno/ uno Alexandro in arme & un Pompeo/ un Cesaro, un Camillo anzi più degno/ de loro e in guerra questo semideo/ del quale io canto ben che fossi indegno/ io sia nel dir di quello opera d’orpheo/ o ver d’Homero e non del mio sì vile/ in fino e basso in verso e rudo stile/ Quello è quel duca invicto e glorioso/ che di fama e splendor al cielo ascende/ quel principe ne l’arme victorioso/ del quale il nome per tutto s’extende/ quel Francescho Maria divo e famoso/ in cui virtute e cortesia risplende/ eterno honor d’Ausonia e poi di quella/ anriqua e gran città Savona bella.” CANDELFINO
-“La sua strategia e la sua tattica, allora di per sé inadeguate, non sono state altro che espressione delle limitate possibilità della Repubblica..Professionista..dell’arte della guerra, propende ad un uso allargato dell’artiglieria, registra il ridursi del ruolo della cavalleria, privilegia la fanteria che vuole equipaggiata, disciplinata, ben schierata, sì da essere ora cuneo penetrante ora muraglia impenetrabile. A suo avviso dovrebbe essere altamente specializzata, capace oltre che di combattere d’adoperare la zappa e la pala, di farsi, così, anche corpo di guastatori. Non stratega dalle fulminee intenzioni, Francesco Maria, ma, piuttosto, propenso a valutare la guerra come organizzazione, come ordine, come sistema riscontrabile nel marciare, nel campeggiare.” BENZONI
-“Francesco Maria della Rovere si rivelò un meschino, denunciando in maniera netta l’abisso che lo divideva dal geniale Valentino, col quale si era idealmente misurato all’inizio della carriera, tra intrighi di corte e delitti.” RENDINA
-“Avendo preso per modello Prospero Colonna, portava all’eccesso il suo metodo di temporeggiare in un tempo in cui era necessario di agire con vigoria.” CASALIS
-“Per li suoi illustri fatti in guerra, acquistò nome dignissimo di Capitano..Era Francesco Maria di mediocre statura: e di volto bianco: gli occhi havea neri e così la barba, e i capelli.” CAPRIOLO
-“Era di grandissimo concetto, e teneva il primo luoco tra i guerrieri del suo tempo; perché non solo haveva con sommo calore, maneggiato le guerre in casa propria; ma haveva essercitato la carica di Capitan Generale de Venetiani; con l’Essercito de quali si era portato, per tutta l’Italia, e specialmente in Toscana, e a Roma, per opporsi a Borbone, laonde questo Prencipe fu d’eterna memoria, che però gli fu dalla benignità del Senato Venetiano eretta una Statua Marmorea, nel Cortile del superbissimo Palazzo della Signoria, in Venetia.” LAZARI
-“Per la sua troppa prudente condotta il duca d’Urbino era.. fatto bersaglio di violentissimi attacchi. Nel carteggio dell’arch. Gonzaga.. troviamo trascritti voluminosi cartelli di sfida tra i fratelli Alberico e Lodovico Barbiano da Belgioioso, e Federico da Bozzolo: quelli denigratori, questi paladino di Francesco Maria della Rovere.” LUZIO
-Con Bartolomeo d’Alviano “The Venetians had begun modernizing their fortifications in the terraferma in the late fifteenth century, but the programma was extended and accelerated after the shock of the defeat at Agnadello in 1509. Rwo of their commanders, Bartolomeo d’Alviano and Francesco Maria della Rovere, had great influence over the planning and design of the works.” MALLETT-SHAW
-Nei suoi rapporti con il papa Giulio II. “Despite his good fortune, Francesco Maria grew up to be ungrateful, discontended and disloyal. While Guidobaldo was alive, he was put under his tutelage, and spent much of his time with him in Urbin. He was betrothed to Eleonora, daughter of Francesco Gonzaga, Marquis of Mantua, and Isabella d’Este, sister of Alfonso d’Este, Duke of Ferrara. The boy was being groomed to take his place among the second-rank ruling families of Italy, but he learned his lesson too well. He identified himself with the interests of his adoptive family, and of his wife’s family, rather than with those of the pope.” SHAW
-“In 1532..his capacity as captain general of the Venetian forced, pronounced before his masters in Venice a series od “discorsi” that summarized what could be considered the Italian military common sense of the time. According to the duke of Urbino, the Swiss and Germans on one side, and the Spaniards and Italians on the other, occupied two different tactical niches. As far as infantry was concerned, the duke considered any good Italian footsoldier equal to any good Spanish one, but added that neither “natione” could do anything decisive without the firmness and shock force of Landsknecht or Swiss troops.” ARFAIOLI
-“Fu egli eccellente Capitano..Più di lui agguerrito non hebbe quel secolo.. Fu la di lui morte sentita con grand’affanno da’ Fedeli, con quanta allegrezza fu festeggiata da’ barbari, da tutti ugualmente honorato per prode.” Dall’orazione funebre di LEONARDO DA PESARO
-“Egli fu imperturbabile sì ne’ prosperi, come sinistri eventi: né li si poté conoscere ove fosse stato più grande o nella seconda, o rea fortuna: di natura piacevole, amato da’ Soldati, adorato da’ Sudditi, verso i primi liberale, a’ secondi indulgente. Non stimò nelle guerre altro acquisto che gloria.” DE’ MONTI
-All’assedio di Padova “Di Urbino il Duca con sue voglie accesy/ Quivi se ritrova con bella adunanza.” CORDO
-Alla conquista di Bologna “Era disposto il prophetin (prefettino) al tutto/ haver honor ala mortal impresa/ o rimaner sul pian morto, e distrutto/ però con cor ardito, e mente accesa/ vedendosi a tal passo esser condutto/ poco curando ogni mortal offesa/ fece ale mura le scale attaccare/ e sopra quelle assai, di suoi montare.” DEGLI AGOSTINI
-“Il manoscritto dei “Discorsi militari” del duca d’Urbino fu tesaurizzato come un bene ereditario di famiglia e letto dal figlio Guidobaldo. L’opera fu infine stampata a Ferrara nel 1583.” ILARI
-“Abile uomo d’armi ed esperto di fortificazioni.” VIGLINO DAVICO- LUSSU
-“La perdita di sì grand’Uomo fu generalmente compianta da ognuno.” ANTOLINI
-Per ricordarlo, nel palazzo dell’Imperiale, nei pressi di Pesaro, è posto il seguente epitaffio “Francisco Mariae duci Metaurensium/ A bellis redeunti, Leonora uxor/ Animi ejus causa villam exaedificavit/ Pro sole, pro pulvere, pro vigiliis,/ Pro laboribus, ut militare negotium/ Quiete interposita clariorem laudem/ Fructusque uberioris pariat.”
-Epigrafe posta sul suo monumento a Palazzo Ducale a Venezia “Francisco Mariae I Urbini Duci/ Reip. Copiarum Imperatori Pisauri/ Erecta a Francisco Maria II/ Posteritatis Orbitate Venetae Pietati/ Commandata/ S.C. MDCXXV.”
-Epigrafe inscritta sulla sua tomba “D.O.M./ Francisco Mariae duci amplissimis belli/ Pacisque muneribus perfuncto./ Dum paternas urbes per vim ter ablatas/ ter per virtutem recipit, receptis/ Aequissime moderatur, dum a pontificibus,/ A Florentinis, a Venetis exercitibus/ Praeficitur, deinceps et gerendi in Turcas/ Belli dum princeps et administrator/ Assumitur, sed ante diem sublato/ Leonora uxor fidissima/ Et optima meritissimo/ Posuit et sibi.”
BIOGRAFIE SPECIFICHE
-G.B. Leoni. Vita di Francesco Maria della Rovere, quarto duca di Urbino.