
Consulta l’Indice anagrafico dei condottieri di ventura
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Indice delle Signorie dei Condottieri: A – B – C – D – E – F – G – I – J – L – M – N – O – P – Q – R – S – T – U – V – Z
BRACCIO DI MONTONE (Andrea Fortebracci, Braccio da Perugia, Andrea di Montone) Detto Braccio dal suo grido di battaglia.
Di Perugia (nasce nel rione di Porta Sant’Angelo). Conte di Montone e di Foggia, principe di Capua. Signore di Perugia, Todi, Rieti, Narni, Terni, Montone, Città della Pieve, Montecassiano, Ostra, Spello, San Gemini, Gualdo Tadino, Gualdo Cattaneo, Cannara, Nocera Umbra, Sassoferrato, Jesi, Orte, Orvieto, Assisi, Città di Castello, Spoleto, Arcevia, Cingoli, Castel San Pietro Terme, Castel Bolognese, Medicina, Pieve di Cento, Teramo, Capua, Foggia. Padre di Carlo di Montone e di Oddo di Montone, zio di Niccolò Fortebraccio, cognato di Cherubino da Perugia (di cui sposa in prime nozze la sorella Isabella della Staffa), di Berardo da Varano e di Malatesta Baglioni, nipote di Rinieri da Perugia.
Consulta le Citazioni su Braccio di Montone

1368 (luglio) – 1424 (giugno)
Anno, mese | Stato. Comp. ventura | Avversario | Condotta | Area attività | Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
1378 | Umbria | E’ esiliato da Perugia insieme con tutti gli altri nobili per la vittoria della fazione dei popolani. | |||
1385/ 1386 | 9 cavalli | Puglia | Milita inizialmente come paggio nella compagnia di Guido d’Asciano; in un secondo momento è segnalata la sua presenza in quella di Alberico da Barbiano. Nel periodo conosce Muzio Attendolo Sforza con il quale litiga per la prepotenza esercitata dal romagnolo nella divisione di una preda; con il tempo l’avversione verso lo Sforza si trasforma in amicizia. | ||
1390 | Fuoriusciti | Perugia | Umbria | Irrompe in Montone con due fratelli; uccide nella piazza 2 membri della fazione a lui contraria, quella dei raspanti; ne ammazza subito dopo un terzo allorché quest’ ultimo ritorna da Perugia. Per l’azione viene chiamato dai suoi famigliari Braccio invece di Andrea. Manifesta ancora la propria irrequietezza mettendosi a capo di alcuni abitanti della località i quali uccidono un tifernate di passaggio. Città di Castello, oltre a reclamare a Perugia la punizione dei responsabili dell’ assassinio, decreta una taglia sulla sua testa. Si allontana prudenzialmente dal perugino: forma una compagnia di 15 uomini d’arme e milita agli stipendi dei Montefeltro contro i Malatesta. | |
1391/ 1392 | Urbino | Rimini | Marche Umbria | Con pochi uomini tenta di assalire la rocca di Fossombrone; nel ritirarsi cade in un’ imboscata. Ferito più volte al petto, è fatto prigioniero: per potersi riscattarsi deve riconoscere agli abitanti 2000 ducati. In un altro episodio è ferito gravemente alla nuca; gli rimane come ricordo di queste prime gesta un intorpidimento alla gamba sinistra che si manifesta con una leggera zoppia. Nel 1392 può rientrare in Perugia cn gli altri nobili per una breve e temporanea sconfitta dei movimenti popolani. | |
1393 | |||||
Lug. | Fuoriusciti | Perugia | Umbria | Fuoriuscito di Perugia, diviene il capo riconosciuto della propria fazione, quella dei beccherini. Alla testa di pochi soldati accorre a Fratta (Umbertide) per impedire che la località sia ceduta da Ciucio/Cencio di Paterno ai raspanti di Biordo dei Michelotti. Accerchiato per strada da molti fanti del castellano, viene catturato e rinchiuso nella rocca. E’ liberato solo quando i fratelli consegnano la rocca di Montone ai rivali. Braccio di Montone rifiuta ogni richiesta di militare al servizio dei Michelotti. | |
1395 | |||||
Apr. | Napoli | Antipapa | 12 lance | Lazio | Lascia Viterbo con un piccolo seguito per ritornare a combattere agli ordini di Alberico da Barbiano nel regno di Napoli; si incontra di nuovo con lo Sforza. |
1396 | Fuoriusciti | Perugia | Umbria | Affianca i fuoriusciti del partito nobiliare contro la fazione opposta dei raspanti. | |
1397 | Firenze | Milano | 30 lance | Toscana | Sconfitto, ripara a Borgo San Sepolcro (Sansepolcro). Passa agli stipendi dei fiorentini; ha il comando di 30 uomini d’arme. Combatte agli ordini di Crasso da Venosa e di Bindo da Montopoli. |
1398 | |||||
Feb. | Chiesa | Perugia | Umbria | A fine mese appoggia i pontifici di Malatesta Malatesta e di Bartolomeo da Pietramala all’ assedio di Montone. Scorre nel territorio di Città di Castello e nel perugino. | |
Mar. | Umbria | All’uccisione di Biordo dei Michelotti in Perugia assale ancora la città con Bartolomeo Oddi ed altri fuoriusciti. | |||
Ago. | Macerata | Marche | |||
Autunno | Chiesa | Perugia | Umbria | Occupa Montemelino ed il castello di Vico; devasta l’assisate con Ceccolo Broglia in un inutile tentativo di entrare nel capoluogo. | |
1400 | Ritorna in esilio allorché Perugia si dà ai Visconti. | ||||
1402 | |||||
Sett. | Chiesa | Milano | Umbria | Alla morte del duca di Milano Gian Galeazzo Visconti passa al servizio dei pontifici contro i viscontei che controllano Perugia. Affianca Paolo Orsini, Mostarda da Forlì e Conte da Carrara, tutti agli ordini del rettore Giannello Tomacelli, fratello del papa Bonifacio IX. | |
Ott. | Umbria | Preda le campagne con i condottieri pontifici e quelli inviati da Firenze come Crasso da Venosa e Bindo da Montopoli. | |||
1403 | |||||
Gen. | Umbria | Viene sconfitto sotto Assisi, in un combattimento durato tre ore, da 2500 cavalli condotti da Ottobono Terzi; non si dà alla fuga, ricostituisce le sue file con i fuoriusciti e compie scorrerie nel territorio. | |||
Estate | Umbria | Ritorna ad assediare le due rocche di Assisi ed impedisce che siano soccorse dai viscontei. Batte gli avversari a Pieve Caina, conquista più di 50 castelli e minaccia da vicino Perugia, alla cui difesa è rimasto il solo Ceccolino dei Michelotti, in quanto Ottobono Terzi è stato richiamato in Lombardia. | |||
Ago. | Umbria | Il papa Bonifacio IX si rappacifica con i ducali ed ottiene Bologna, Perugia ed Assisi: in cambio i raspanti fanno in modo che i fuoriusciti non solo non rientrino in Perugia, ma che neppure vi si possano avvicinare a meno di venti miglia. | |||
1404 | |||||
…………… | Firenze | Milano | Lombardia | Braccio di Montone ritorna al servizio di Alberico da Barbiano. Il suo operato, come quello di Lorenzo Attendolo, viene richiesto a Lodi dal signore di Cremona Ugolino Cavalcabò. | |
………….. | Cunio | Faenza | Romagna | Affianca Alberico da Barbiano contro il signore di Faenza Astorre Manfredi. | |
Ott. | Cunio | Chiesa | 150 cavalli | Emilia | Combatte i pontifici sempre agli ordini del Barbiano. Giunte sul fiume Reno le truppe del conte di Cunio sono sorprese dagli uomini di Bernardo della Serra molto superiori di numero. Braccio di Montone, che è alla retroguardia, respinge un primo assalto; propone al suo capitano di costruire 3 ponti di barche e di trincerare il campo nei pressi per permettere alle truppe di attraversare il fiume. Si colloca alla difesa delle trincee e rigetta ulteriori attacchi; come conclusione varca anch’egli il Reno e giunge alle Fornaci. Per la sua azione il Barbiano lo arma cavaliere, gli accresce la paga e porta la sua condotta a 150 cavalli. Ottiene anche il privilegio di inalberare come stemma le insegne del conte di Cunio. |
…………… | Ferrara | Venezia | Veneto | E’ inviato in soccorso di Francesco Novello da Carrara per contrastare i veneziani. Con lui si trovano anche Lorenzo Attendolo e Rosso dall’ Aquila. | |
1405 | |||||
…………… | Veneto | Viva è la contesa di Braccio di Montone con Lorenzo Attendolo e Rosso dall’ Aquila: il governo della compagnia è tenuto ogni mese a turno da uno dei tre capitani. Il terzo mese, allorché spetta il comando al Montone, gli altri due rifiutano di sottostare alla sua autorità; i soldati si ribellano; Lorenzo Attendolo e Rosso dall’ Aquila devono cedere. Il Montone viene calunniato davanti al Barbiano. Costui decide di farlo uccidere; la moglie del conte di Cunio avverte il Montone dell’ insidia per cui egli riesce a sfuggire alla morte con la fuga dal campo. Il Barbiano presto si pente della sua decisione e tenta di riaverlo ai suoi ordini. | |||
Sett. | Lazio ed Umbria | Si trova nell’ indigenza tanto che è costretto a vendere i propri indumenti. Si reca a Roma, sconvolta dalla recente espulsione del papa Innocenzo VII, dalle ambizioni degli Orsini e dei Colonna, dalle armi del re di Napoli Ladislao d’Angiò e dalle rivolte popolari. Si mette agli ordini di Mostarda da Forlì; in capo a due giorni il condottiero pontificio è ucciso dal Paolo Orsini. Decide allora di recarsi a Viterbo con 7 compagni e di condursi direttamente con il pontefice. Si ferma a Foligno; prende fuoco la casa in cui alloggia. In tal modo perde il poco che gli è rimasto. A Viterbo non è in grado di saldare le spese dell’ osteria in cui ha avuto modo di sostare. Il gestore dell’ albergo non solo non vuole essere da lui pagato, ma gli dona 4 ducati e lo raccomanda al figlio che esercita la sua stessa attività a Bolsena. Anni dopo il Montone ritornerà a Viterbo, farà ricercare l’antico benefattore, pagherà i suoi vecchi debiti e lo farà liberare dal carcere in cui nel frattempo costui è stato rinchiuso. Da ultimo, lo farà ammettere alla sua corte e lo farà trattare da tutti con liberalità. | |||
1406 | |||||
Gen. | Chiesa Fuoriusciti | Perugia | 300 cavalli | Emilia Toscana e Umbria | Gli è concessa una breve condotta dal cardinale Baldassarre Cossa, il futuro antipapa Giovanni XXIII. Raggiunge Sansepolcro con 800 cavalli, per lo più costituiti da fuoriusciti; depreda il contado di Perugia: affrontato da Pietro da Bagno, da Ceccolino dei Michelotti e dall’Orsini deve desistere dalle operazioni. |
1407 | |||||
Gen. | Comp. ventura | Emilia Romagna Toscana | Lascia il perugino con Fabrizio da Perugia; danneggia vari contadi della Romagna; da qui, seguito da molti venturieri si sposta in Toscana per il valico di Montecoronaro e per Pieve Santo Stefano. Si ferma a Sansepolcro; dà inizio a tutta una serie di operazioni ricattatorie nei confronti di alcuni piccoli comuni che gli procura il denaro necessario per mantenere la sua compagnia, il cui nerbo sarà sempre formato da esuli perugini. | ||
Apr. | Fuoriusciti | Perugia | Umbria | Con Fabrizio da Perugia e Jacopo di Francesco si porta a Citerna ed a San Giustino; giunge a Pistrino con 600 cavalli e 500 fanti e cavalca più volte nel perugino lungo il Trasimeno; si trasferisce a Montecastelli nel tifernate. Raccoglie altre truppe a Città di Castello e nel contado di Gubbio; è affrontato nel perugino da alcune compagnie raccolte da Ceccolino dei Michelotti; viene, infine, bloccato da 1000 cavalli capitanati da Paolo Orsini. | |
Mag. | Comp. ventura | Fermo Ancona Rimini | Marche | Gli abitanti di Rocca Contrada (Arcevia) gli offrono la signoria della città affinché li liberi dall’ assedio che vi è stato posto dal marchese di Fermo Ludovico Migliorati. Braccio di Montone raggiunge Arcevia ed avverte i difensori del suo arrivo: è subito proclamato signore di tale centro. Alla testa di 1000 cavalli e di 4000 fanti conquista Caldarola e vi cattura 30 soldati di guardia che sono svaligiati; il giorno seguente occupa Castiglione presidiata da Ranieri Vibi del Frogia; entra in Montalto delle Marche, difesa da 30 soldati di Rodolfo da Perugia; non permette che il paese sia messo a sacco. Al suo avvicinarsi Ludovico Migliorati lascia il campo con 1500 cavalli e 1500 fanti mentre sotto Arcevia rimane Angelo della Pergola. Nel cercare di rompere l’assedio il Montone si reca con soli 100 cavalli in un punto dove sono stati distrutti dagli avversari alcuni mulini. E’ qui attaccato all’ improvviso da 700 cavalli del della Pergola. Si colloca su un colle; con alcune sortite mette in disordine le file nemiche alternando negli assalti gli uomini di cui dispone. Dopo alcune ore il della Pergola ordina a 2 compagnie di fanti di salire sul colle per impegnare sui fianchi lo squadrone del Montone in modo da essere in grado di attaccarlo dall’ alto. Il Montone anticipa i nemici, fa occupare da 15 cavalli la sommità della collina e respinge l’attacco dei fanti che sono messi in fuga con qualche perdita. Sul far della sera cessa lo scontro; 12 sono gli uccisi tra i cavalli del della Pergola, 15 tra quelli del Montone. Quasi tutti i suoi uomini mostrano sul corpo i segni della zuffa: un certo Spinta riporta 105 ferite e Guglielmo Lancellotti 72. Braccio di Montone, salvatosi dalla pericolosa situazione, attacca il della Pergola e lo costringe a ritirarsi: 300 soldati vengono svaligiati delle loro armi ed altri passano al suo soldo. Incomincia a scorrere nelle Marche; cerca di ottenere Montegiorgio con l’aiuto dei ghibellini locali; depreda l’anconetano; i numerosi prigionieri vengono liberati con il pagamento di una taglia complessiva di 7000 ducati. Occupa il Monte Conero e devasta il territorio di Fano dove fa suoi alcuni castelli. Alcuni abitanti di Montegiorgio sono giustiziati perché hanno progettato di fare entrare nella loro città il condottiero perugino, di parte ghibellina, al momento fermo ad Arcevia. Braccio di Montone, infine, si rappacifica con Ludovico Migliorati. | |
Giu. lug. | Comp. ventura Napoli | Recanati Ascoli Piceno | Marche | Fa ricche prede ed imprigiona numerosi uomini nel recanatese; si trasferisce nel fermano e passa agli stipendi di Ladislao d’Angiò. Sul Tenna si congiunge con Ludovico Migliorati che milita anch’egli agli stipendi del re di Napoli. I due condottieri transitano sotto le mura di Fermo e puntano su Ascoli Piceno; si presentano a Tusino, a Cossignano ed a Ripatransone. A luglio Braccio di Montone mette a sacco Ascoli Piceno. | |
Ago. | Chiesa | Fermo | Marche | Giunge a Fiastra; con Berardo da Varano (1500 cavalli e 1000 fanti) appoggia il vicerettore della Marca, il vescovo di Sarzana, ai danni di Ludovico Migliorati che si è reso inviso ai pontifici: si accampa nei pressi di Servigliano ed in una settimana ottiene Belmonte Piceno, Monte San Pietrangeli, Sant’ Elpidio a Mare, Monteleone di Fermo, Monte Giberto e Montottone; seguono a tali centri anche la caduta, in pochi giorni, di Grottazzolina, di San Giovanni in Bustio (San Giovanni) e di Monte Urano che si arrende a patti. Con l’arrivo alla difesa di Fermo di Piero da Parma il Montone guada il Chienti, si impadronisce dei borghi di Montecosaro (non del castello) e di Montegranaro. Spaventato da tali successi il marchese di Fermo raccoglie 3000 cavalli e si scontra con Braccio di Montone nella pianura del Chienti a Montecosaro. Ludovico Migliorati viene sconfitto; il signore di Fermo si incontra con il rivale a Cingoli e, tramite Berardo Varano, gli giura perpetua pace. | |
1408 | |||||
Gen. feb. | Camerino | Rimini Fabriano San Severino Marche | Marche | Costringe i malatestiani ad allontanarsi da Castelraimondo ed a riparare a Fabriano. I nemici ritornano nei pressi al fine di recuperare le prede; i loro saccomanni, sono assaliti alle spalle, cadono in un agguato preparato in anticipo dal Montone. Sono catturati 200 cavalli, mentre il resto delle truppe si rifugia ancora a Fabriano. Gli abitanti di tale centro cercano di sbarrargli i passi degli Appennini: li anticipa con lo stratagemma di farsi precedere da alcune cavalle in calore avviate in avanscoperta verso i monti. Queste sono tallonate dai suoi cavalli (maschi) che, seppure stanchi per i molti sforzi sopportati, si mettono al loro inseguimento. Il Montone invia i suoi uomini alle stanze invernali. E’ informato che in Apiro è entrato con 300 cavalli Martino da Faenza con l’aiuto di Onofrio Smeducci: assale quest’ ultimo e mette a sacco la località senza accettarne la resa a patti. Gli uomini d’arme sono svaligiati. I Cima, signori di Cingoli, gli consegnano 5000 ducati per avere Apiro e perché abbandoni il loro territorio. Braccio di Montone assedia anche Antonio da San Severino, figlio di Onofrio Smeducci, nel castello di San Severino Marche: riceve una buona somma di denaro e si ritira. Per la leggenda è una visione di alcuni santi guerrieri, collocatisi sulle mura a difesa della fortezza, ad indurlo a venire a patti con il nemico di turno. In ogni caso ora è in grado di dare la paga alle sue truppe; si fortifica nei pressi di Cingoli. | |
Mar. | Marche | Esce da Cingoli con 700 cavalli e 200 fanti Martino da Faenza: il Montone respinge gli avversari entro le mura ed infligge loro sensibili perdite. Deve tuttavia ritirarsi; mette a sacco il contado di Fabriano e si allea con il signore di Sassoferrato. | |||
Apr. | Napoli | Perugia | Marche e Umbria | Viene contattato nel Piceno da Ottino Caracciolo e da Mattia Graziani che lo persuadono a ritornare al soldo del re di Napoli per guerreggiare Todi e Perugia. Distribuisce tra i soldati il primo soldo di 14000 fiorini, lascia nelle Marche alcuni presidi e giunge velocemente in Umbria con 1200 cavalli e 1000 fanti. Devasta le terre dei Trinci perché i folignati non vogliono rifornire di vettovaglie le sue truppe; espugna e mette a sacco Verchiano. | |
Giu. | Umbria | Perugia si arrende a Ladislao d’Angiò dietro la promessa che tutti i fuoriusciti sarebbero stati dichiarati nemici dal re angioino. | |||
Lug. ott. | Comp. ventura | Napoli | Umbria e Marche | Si ferma a Todi; Braccio di Montone ha sentore di una trama che viene ordita ai suoi danni dal re di Napoli. Invia Guglielmo Lancellotti da Pieretto de Andreis con alcuni doni e gli affida l’incarico di contattare in segreto l’amico Ottino Caracciolo (che si trova al fianco del conte di Troia) per conoscere le reali intenzioni di Ladislao d’Angiò nei suoi confronti. Il Lancellotti porta a termine la sua missione e Braccio di Montone ha la conferma dei suoi sospetti. Lascia 300 cavalli alla guardia di Todi e si porta con tutti i suoi nella marca d’ Ancona. Convocato dal sovrano a Roma, rifiuta di muoversi e gli si dichiara nemico. A settembre batte sul Promeno Giulio Cesare da Capua ed il de Andreis; si sposta nella Marca, si accampa tra Senigallia e Montalboddo (Ostra). Si impossessa di Jesi; vi è assediato dal de Andreis alla testa di 6000 armati: l’avversario in breve è costretto a ripiegare. | |
1409 | |||||
Primavera | Firenze | Napoli | 1200 cavalli e 1000 fanti | Umbria | Contrasta il re di Napoli a fianco di Paolo Orsini, di Malatesta Malatesta e di Muzio Attendolo Sforza. A Città di Castello. |
Mag. | Toscana | Difende Arezzo con Malatesta Malatesta dagli attacchi portati da Guidantonio da Montefeltro. Si fortifica nei castelli vicini a Cortona ed in Val di Chiana; da qui senza accettare alcuno scontro sorprende i distaccamenti napoletani con frequenti attacchi notturni ai loro accampamenti, ne intercetta i convogli, ne uccide i saccomanni. | |||
Giu. | Toscana | Respinge un attacco portato a Castiglion Fiorentino dal de Andreis. | |||
Sett. | Toscana ed Umbria | Si reca ad Arezzo ed a Montepulciano. Lo affiancano Ludovico degli Obizzi, il conte Francesco da Prato e Lorenzo Attendolo. Gli avversari si ritirano lasciando forti guarnigioni a Perugia, ad Orvieto, nelle città della Marca e del ducato di Spoleto da essi controllate. Il Montone si dirige a Città di Castello dove gli sono regalati capponi, cera, foraggio e generi vari di conforto; avanza in Val Tiberina e sconfigge di nuovo ad Umbertide Giulio Cesare da Capua che ne è alla guardia con 2000 cavalli. Gli cattura 50 cavalli: il bottino viene diviso tra i soldati di Braccio ed i tifernati. Ritorna a Città di Castello, tocca Orvieto ove si congiunge con i fiorentini. | |||
Ott. | Comp. ventura | San Severino Marche | Lazio e Marche | Con la defezione di Paolo Orsini nel campo fiorentino ed in quello dell’ antipapa può proseguire la sua marcia ed entrare in Roma. Assedia Castel Sant’ Angelo finché con l’avvicinarsi dei mesi freddi decide di rientrare nelle Marche. Toglie Apiro ad Antonio da San Severino; ritorna nel todino per contrastare con più efficacia gli avversari. | |
Nov. | Firenze | Napoli | Umbria e Marche | Costringe Guidantonio da Montefeltro ad allontanarsi dal perugino facendo pressioni sul suo feudi di Gubbio; occupa nel pesarese, sempre a spese del conte di Urbino, il castello di Monte Gherardo. | |
1410 | |||||
Gen. | Umbria | Sosta a Fratticciola Selvatica; preda il Chiugi; nelle sue scorrerie fa 80 prigionieri e razzia 5000 buoi, 1000 cavalli e 10000 bestie minute. Ceccolino dei Michelotti, alla guardia di Perugia con il Tartaglia, si propone di sbarrargli il passo nei pressi del lago Trasimeno. Braccio di Montone appieda i suoi cavalli e li confonde con i fanti mentre passa sotto un alto colle, dove si sono appostati gli avversari: costoro se ne restano agli inizi inattivi perché credono maggiori di quanto non lo siano le sue forze. Il Montone ha varie scaramucce con i perugini; nulla riesce ad impedirgli di raggiungere con le prede i suoi alloggiamenti. Del bottino ad ogni uomo spettano 10 capi di bestiame. | |||
…………… | Umbria e Emilia | I fuoriusciti rimangono attorno a Perugia con Giacomo degli Arcipreti; egli accorre a Bologna dove il cardinale Cossa è stato appena assunto al soglio pontificio. | |||
Apr. | Umbria | Ritorna nel perugino a seguito della cattura di Giacomo degli Arcipreti da parte del Tartaglia; scala di notte le mura di Torgiano, irrompe in Castelleone e si impadronisce di molti altri castelli nel contado di Todi. Mette a sacco Calonica, Rucellesco, Quadrio e Titignano. | |||
Giu. | Toscana e Lazio | Dalla Toscana perviene a Roma; assale ai Prati di Nerone un forte di difesa ad un ponte sul Tevere. I difensori rigettano alcuni attacchi portati dai francesi di Luigi d’Angiò e dalle compagnie di Paolo Orsini, di Lorenzo Attendolo, di Malatesta Malatesta e di Muzio Attendolo Sforza: Braccio di Montone fa costruire due torri di legno poste su ruote ed ordina a sua volta l’assalto. Gli uomini d’arme sono arrestati da una fitta sassaiola proveniente dall’ alto; fa avanzare le macchine da guerra. I difensori, armati in prevalenza con sassi e poche picche, sono colpiti dalle frecce lanciate da una torre i cui uomini si trovano alla loro stessa altezza; i fanti riempiono di fascine e di graticci il fossato; nel successivo attacco generale le truppe di Ladislao d’Angiò sono sconfitte ed abbandonano Roma. Si pone al loro inseguimento e le intercetta a Sora, dove gli avversari si asserragliano sull’alto di un monte. Aggredisce le loro linee difensive; ordina poi ai suoi uomini di retrocedere lentamente in modo da indurre i nemici a scendere verso il piano. La manovra ha successo; Braccio di Montone fa assalire gli avversari alle spalle dal resto dell’esercito: i napoletani ripiegano e Sora viene messa a sacco. | |||
Ago. | Umbria | I fiorentini gli consegnano nel perugino 14000 fiorini. | |||
Sett. | Spoleto | Terni | Umbria | Con Giacomo degli Arcipreti viene contattato da due ambasciatori di Spoleto i quali gli propongono di scorrere nel territorio di Terni: in cambio, il comune avrebbe provveduto a rifornirlo di vettovaglie durante l’azione punitiva programmata. Attende il ritorno al campo di Guglielmo Lancellotti; indi con 500 cavalli dà il guasto al ternano. Assale la città e dà alle fiamme la Porta Spoletina dalla quale viene asportato il grosso catenaccio. Nello stesso scontro sono pure rubate 2 piccole campane della chiesa di campagna di San Paolo del Galleto. Al termine delle operazioni il comune ritorna in possesso del piccolo castello di confine Battiferro. Braccio di Montone, negli stessi giorni, risulta creditore di molte paghe non saldate; non si sposta pertanto dal perugino benché ne venga richiesto da Luigi d’Angiò. | |
Ott. | Umbria | Sollecita dagli spoletini l’invio di 150 fanti per qualche giorno: ne ha bisogno per le sue operazioni. Il duca di Spoleto Marino Tomacelli, per non inimicarsi Ladislao d’Angiò, preferisce consegnargli 300 fiorini. A metà mese l’assemblea popolare di Spoleto decide di concedere a lui, a Giacomo ed a Gentiluomo degli Arcipreti ed a Guglielmo Lancellotti la cittadinanza del comune. | |||
Nov. | Firenze | Napoli | Umbria e Toscana | Attacca Perugia con l’ausilio dello Sforza e dell’Orsini alla testa di 3000 fanti e di 2000 cavalli: di notte fa accostare le scale alle mura che fiancheggiano il monastero di San Pietro, dove un certo Mario Napolitano gli apre una porta; irrompe negli orti vicini fino a giungere alla seconda cerchia muraria; è pronto per l’assalto finale. E’ invece contrattaccato dal Tartaglia e da molti popolani che lanciano sui cavalli, che si sono introdotti nelle vie cittadine pietre e saette; anche le donne fanno la loro parte gettando dalle finestre sugli assalitori cenere ed acqua bollente. Alle prime luci dell’alba Braccio di Montone è obbligato al ritiro; abbandona sul terreno più di 100 morti. Si porta a Borgo San Sepolcro (Sansepolcro). | |
1411 | |||||
Gen. | Angiò Antipapa Firenze | Napoli | Lazio e Toscana | Rinnova la ferma. A Luigi d’Angiò spetta il pagamento della metà della sua condotta, all’ antipapa Giovanni XXIII il 37% ed ai fiorentini il restante 17%. Lascia Roma e si reca a Siena. | |
Apr. | Lazio | Affianca Luigi d’Angiò e l’antipapa a Roma nel loro solenne ingresso in San Pietro. Assedia in Civitavecchia Giovanni di Sciarra che, aiutato dal Tartaglia, vi si difende con grande valore. | |||
Mag. | Lazio ed Umbria | E’ costretto a levare l’assedio da Civitavecchia per l’arrivo nella città di soccorsi inviati dal re di Napoli. In uno scontro sgomina con facilità le avanguardie del Tartaglia; si unisce con l’esercito collegato e concorre a battere gli angioini a Roccasecca sul Garigliano. Durante la sua assenza i perugini cercano di impadronirsi di Torgiano; ottiene il permesso di rientrare in Umbria, raggiunge la località in due giorni con lo Sforza e l’Orsini e libera il centro dall’assedio che vi è stato posto dal Tartaglia e dal Michelotti. Entra in Torgiano; ne escono per una sortita 20 cavalli, presto seguiti da altri a sostegno dei primi in difficoltà dii fronte agli avversari. I perugini si avventano sui suoi uomini; presto però ro l’ordinanza anche perché i bracceschi si fanno catturare o si danno alla fuga in ogni direzione. Il Montone fa allora uscire da due porte le sue schiere che sbaragliano il Tartaglia ed il Michelotti. Sono catturati 600 cavalli e numerosi perugini il cui riscatto verrà utilizzato per pagare gli stipendi ai soldati. | |||
Giu. | Lazio ed Umbria | Con la firma della pace di San Felice (200 cavalli) si reca a Roma. Con il Tartaglia, Muzio Attendolo Sforza e Giovanni Colonna presenzia ad una grande festa organizzata da Paolo Orsini fuori Porta San Paolo, alla Navicella. Di seguito, sempre con lo Sforza, segue Giovanni XXIII a Bologna. Rientra nel perugino; raduna moltissimi soldati (4000 cavalli e pochi fanti) e, senza trovare alcun contrasto, rapina i contadi di Perugia e di Todi; si impossessa dei castelli di Ponte Pattoli, di Monte Melino, di Santa Giuliana, di San Gismondo e di Deruta. Risale il Tevere ed ha a forza Ponte Nuovo a seguito di un aspro scontro della durata di due ore; depreda il territorio per alcuni giorni e si volge verso il lago Trasimeno, dove i fuoriusciti tessono un trattato per potere controllare Fontignano. Al fallimento della trama espugna Castiglione del Lago e Monticelli, dove lascia alla guardia 200 fanti. E’ a Coldimancio (Colle), a Cannara; torna a Torgiano, assale Casalina. | |||
Lug. sett. | Umbria | E’ ora padrone delle principali vie di comunicazione verso Perugia alla cui difesa sono ora Manfredo da Barbiano, Conte da Carrara ed il Michelotti con 3600 cavalli. Tenta di conquistare Cannara e Casalina sotto le cui mura (agosto) è ucciso per un colpo di artiglieria ad una gamba Guglielmo Lancellotti. Gli avversari cercano di sorprenderlo a Fratticciola Selvatica, sua base logistica nelle ultime operazioni. Fa uscire pochi soldati dal castello in atteggiamento timoroso; i nemici piombano su costoro come da attese ed egli si può gettare sui loro alloggiamenti. Sono catturati i due figli di Conte da Carrara che il Montone rispedisce al padre senza esigere il pagamento di alcun riscatto. | |||
…………… | Umbria e Marche | Sceglie come proprio quartiere generale un sito nei pressi di Marsciano, dislocato su un colle alla destra del basso corso del torrente Nestore presso la confluenza del Tevere. Fallisce un suo trattato per impossessarsi della località; nello stesso giorno giunge a Cerqueto dove si trova Conte da Carrara. Depreda in modo selvaggio gli abitanti usciti dalla località per portare al pascolo le loro bestie e per fare legna; Conte da Carrara avanza con le sue genti in loro aiuto. Braccio di Montone ricorre ad una tattica usata altre volte e fa retrocedere lentamente i suoi uomini verso il piano; attacca poi l’avversario con tutte le truppe. Vengono catturati numerosi contadini e 80 lance. Sempre instancabile, nel medesimo giorno, scorre fin sulle porte di Perugia appropriandosi di un grande bottino. Nel complesso fa compiere ai suoi uomini una cavalcata di 40 miglia. Rientra a Fratticciola Selvatica; organizza un complotto per impadronirsi di Montone che non ha alcun esito; per rappresaglia si accampa nei pressi di Umbertide e ne devasta il contado. Si sposta anche a Ponte Pattoli per interrompere il flusso dei rifornimenti al capoluogo. Si trasferisce quindi nelle Marche e presta soccorso a Berardo da Varano in difficoltà per una rivolta dei suoi sudditi a Camerino. Accomodate le cose in tre giorni, molesta l’anconetano; se ne ritira solo dopo avere ricevuto 7000 ducati in cambio della restituzione dei prigionieri. A Fratticciola Selvatica. | |||
1412 | |||||
Gen. feb. | Umbria | Si porta a Gualdo Cattaneo che si è ribellata al Michelotti; svaligia i 50 uomini d’ arme che ne sono alla guardia e vende la località a Niccolò Trinci per 4000 ducati. | |||
Mar. | Umbria | Gualdo Cattaneo viene attaccata da Antonio da Napoli; il Montone si allontana da Fratticciola Selvatica ed entra nello stesso centro dalla parte opposta rispetto al punto in cui è stato portato l’assalto. Ne esce e mette in rotta gli avversari; il giorno seguente occupa Ponte San Giovanni, cui seguono due piccoli castelli vicini a Torgiano; Marsciano gli apre le porte. Gli si oppone il da Carrara che cattura alcuni abitanti e fa in modo che le loro grida di aiuto giungano al Montone. Il condottiero umbro invia due compagnie che travolgono i nemici e fanno prigioniero Obizzo da Carrara con 150 cavalli. Insegue poi il da Carrara, guada il Tevere e lo coglie impreparato a Coldipepo (Collepepe) nei pressi di Deruta: vengono catturati nuovamente i figli del condottiero padovano, Obizzo (già liberato in precedenza) ed Ardizzone. | |||
Apr. | Umbria | Assedia Perugia, alla cui difesa si trova lo Sforza, che ora milita nel campo angioino. E’ sconfitto da Ceccolino dei Michelotti e da Nanni di Spinello mentre è intento a depredare il perugino: tra i suoi seguaci sono uccisi molti todini utilizzati come guastatori. | |||
Mag. | Ancona | Comp. ventura | Marche | Viene assoldato dagli anconetani per contrastare la compagnia di Martino da Faenza che sta infestando il loro territorio. | |
Sett. | Umbria | Viene infeudato di Montone dall’antipapa Giovanni XXIII. | |||
1413 | |||||
Feb. | Antipapa | Napoli Chiesa | Umbria Romagna e Emilia | L’antipapa lo richiama a Bologna per combattere i seguaci del papa Gregorio XII. Lascia in Umbria a Ponte Pattoli Giacomo degli Arcipreti e Berardo da Varano con 800 cavalli; raggiunge la Romagna attraverso il riminese ed il faentino. Ha con sé 800 cavalli. Al ponte di San Procolo si trova la via sbarrata con travi ed alberi. Fallisce un suo primo tentativo di forzare il passo Questo termina con la cattura di 25 fanti e di Andrea da Campagna da parte delle milizie dei Manfredi. Il Montone fa costruire di notte un ponte di barche a due miglia dal capoluogo ed attraversa il fiume. Sconfigge gli avversari sulla riva; nello scontro restano uccisi 150 fanti e pochi cavalli: sono catturati inoltre 300 fanti e 200 cavalli. Ad ostacolarlo gli viene ora contro nei pressi di Imola Micheletto Attendolo che conduce un numero di cavalli pari al suo e molti più fanti: si scontra con i nuovi avversari tra Imola e Castel Bolognese. Dopo molte ore la vittoria arride ai suoi; l’Attendolo è fatto prigioniero con 400 cavalli sforzeschi. Carico di prede il condottiero raggiunge Bologna. | |
Mar. | Emilia Romagna e Umbria | Si ferma poco a Bologna: Arcevia è assediata dai suoi avversari; in secondo luogo i raspanti si sono impadroniti di tutti i castelli da lui conquistati di recente in Umbria con l’eccezione di Marsciano e di Ponte Pattoli. Il Montone lascia la Romagna e per la valle del Savio sbocca nell’alta valle del Tevere; transita per Città di Castello. | |||
Apr. | Umbria | Espugna Montone con l’aiuto di alcuni membri del partito nobiliare. | |||
Mag. | Marche e Umbria | Libera l’Orsini assediato in Arcevia da Malatesta Malatesta, da Guidantonio da Montefeltro e da Muzio Attendolo Sforza; si collega con Paolo Orsini a Gubbio ed affronta con 2000 cavalli e pochi fanti (tutti veterani) gli angioini forti di 4000 cavalli e di 800 fanti (per lo più soldati senza esperienza). | |||
Lug. ago. | Umbria | Sempre con Paolo Orsini si scontra per quaranta giorni a Ponte Pattoli con Ceccolino dei Michelotti, Muzio Attendolo Sforza, Conte da Carrara, il Malacarne e Fabrizio da Capua. Insegue gli avversari nel todino, saccheggia Castelleone e Castiglione e si reca a Marsciano. Depreda il perugino; in breve le sue truppe rioccupano i castelli che Conte da Carrara ha riconquistato nei mesi precedenti. A questi si aggiungono quelli di Prodo e di Titignano che dominano la valle del Paglia dove fino a quel momento si è concentrato lo sforzo degli angioini. Presto, tuttavia, Braccio di Montone è obbligato a rinchiudersi in Todi di fronte all’ incalzare degli avversari; si allontana dalla città e si ritira nel campo trincerato di Fratticciola Selvatica perché si stanno verificando numerosi casi di peste tra i suoi uomini. | |||
…………… | Umbria | I todini trattano segretamente con il re di Napoli per la consegna della città previo invio in essa di 500 cavalli. Costoro si comportano con sfrenata licenza che gli abitanti mutano parere e lo richiamano in città. Il Montone assale di notte il campo nemico e con l’ausilio dei todini mette in fuga le schiere napoletane. Dopo ventiquattro giorni di assedio le milizie angioine si ritirano. | |||
1414 | |||||
Mag. | Umbria | Muzio Attendolo Sforza e Paolo Orsini, ritornato quest’ultimo agli stipendi del re di Napoli, salgono dalla valle del Tevere verso Perugia ed assediano Todi. Braccio di Montone respinge Paolo Orsini; vi sono numerose scaramucce in una delle quali sono catturati 4 alfieri reali che vengono rimandati da Ladislao d’Angiò senza la richiesta di alcuna taglia. Nel proseguo degli scontri è catturato dagli avversari un suo uomo d’arme, che è liberato dal sovrano con il dono di una veste di porpora. Costui gli reca un messaggio del re di Napoli con il quale gli viene richiesto un colloquio. I due si incontrano durante uno scontro: a Braccio di Montone sono fatte grandi promesse. Rimane fedele alla causa dell’ antipapa. | |||
Giu. lug. | Toscana | Il conflitto ha termine ed egli è considerato tra i raccomandati di Firenze: l’alleanza è prevista per dieci anni. Transita per Firenze ed è accolto nella città con grandi onori. I fiorentini gli danno l’ordine di cessare entro tre giorni da ogni atto di ostilità nei confronti degli angioini, di uscire dal contado di Todi e di tenersi lontano da ogni terra collegata con il re di Napoli, in particolare dallo spoletino. | |||
Ago. sett. | Comp. ventura | Salimbeni | Capitano g.le | Toscana e Emilia | Ladislao d’Angiò muore; Braccio di Montone viene chiamato da Giovanni XXIII alla guardia di Bologna. Nella sua marcia di avvicinamento a tale località devasta i territori di Cocco Salimbeni, colpevole di avere fatto svaligiare 40 suoi cavalli l’anno precedente; non si allontana dall’area finché non ne trae 30000 ducati. A Bologna accampa le truppe fuori le mura ed entra nella città per rendere omaggio a Giovanni XXIII. L’antipapa medita di imprigionarlo e di farlo uccidere per risparmiare gli 80000 ducati di cui è debitore nei suoi confronti anche per potersi impadronire delle terre di cui il condottiero perugino si è insignorito nelle sue campagne. Premono in questo senso anche le promesse dei perugini di sottomettersi all’ autorità dell’ antipapa nel caso di morte di Braccio di Montone. Il condottiero è informato del pericolo incombente dal tesoriere di Giovanni XXIII; fa giungere un contingente di sue truppe ad una porta di Bologna e la raggiunge senza problemi. Subito dopo occupa alcuni castelli del circondario e li restituisce solo dopo aver ricevuto 80000 ducati. Si rappacifica presto con l’antipapa; viene nominato governatore di Bologna con il potere di esigere il pagamento delle gabelle e di tributi vari. |
Ott. | Giovanni XXIII si reca al concilio di Costanza. Durante la sua assenza Braccio di Montone diviene in pratica signore di Bologna. | ||||
1415 | |||||
Gen. | Emilia | A Castel San Pietro Terme. | |||
Feb. | Antipapa | Ravenna | Romagna | Depreda il ravennate. | |
Apr. | Antipapa | Forlì Chiesa | Romagna | Irrompe nel forlivese alla testa di 1500 uomini tra cavalli e fanti e di molti bolognesi. Vi cattura 166 contadini; si appropria di 130 carri carichi di lana e di altri beni da vendersi al mercato del capoluogo; razzia 50 paia di buoi e molto altro bestiame. Vende le prede nel faentino; rientra a Castel Bolognese. Coglie in agguato i difensori di Sadurano; penetra in tale località; il bottino è di 600 carri di frumento. Invia a Forlì alcuni emissari e chiede agli Ordelaffi il pagamento del censo dovuto allo stato della Chiesa. Ottenuto un rifiuto riprende a molestare il loro territorio. | |
Mag. | Antipapa | Ravenna | Romagna | In soccorso dei forlivesi interviene Crasso da Venosa. Costui agli inizi ottiene qualche successo; insegue i cavalli leggeri di Braccio di Montone, si spinge troppo in avanti ed è colto sbilanciato: Crasso da Venosa è battuto con la cattura di 200 cavalli e di 400 contadini. Braccio di Montone infesta ora il ravennate. | |
Giu. | Antipapa | Cesena | Romagna | Si sposta nel cesenate ai danni di Andrea Malatesta; dà alle fiamme il porto di Cesenatico, si attenda a San Martino e giunge fino a Savignano sul Rubicone. Ritorna a Ronco con molti bufali appartenenti ai Malatesta. | |
Lug. | Romagna | Restituisce Sadurano agli Ordelaffi: costoro oltre a riconoscere il tributo dovuto allo stato della Chiesa gli devono consegnare anche 5000 ducati. | |||
Ago. | Emilia | I fiorentini gli saldano le spettanze di loro competenza; Giovanni XXIII non è in grado di farlo e gli dà in pegno alcuni castelli quali Medicina, Castel San Pietro Terme, Castel Bolognese e Pieve di Cento. | |||
Sett. | Antipapa | Rimini Cesena Pesaro | Romagna Marche e Emilia | Affronta Carlo, Pandolfo e Malatesta Malatesta: invade le campagne di Cesena, di Pesaro e di Fano. Raduna tutto il bottino nel pesarese e per il ritorno divide le sue milizie in 3 schiere, 2 davanti al convoglio ed una alla retroguardia. Nel riminese Pandolfo Malatesta, con 800 cavalli, controlla da vicino i suoi movimenti dall’alto delle colline senza cercare lo scontro decisivo; decide, infine, di assalire la retroguardia e viene respinto dai bracceschi che riescono a dare alle fiamme anche il porto di Cesenatico. La spedizione dura nel complesso 5 giorni: nel mese la cavalleria di Braccio di Montone percorre nelle sue scorrerie 120 miglia. Il condottiero rientra carico di prede a Bologna; sosta nel castello di Galliera, ove è fatto entrare da Bisetto Cossa. Si libera in breve tempo del castellano e lo fa rinchiudere in Castel San Pietro Terme. | |
…………… | Antipapa | Sforza | Marche | Toglie Jesi ed Arcevia a Micheletto Attendolo, che ne è alla guardia per gli sforzeschi con 400 cavalli e 200 fanti. Invia le truppe agli accampamenti invernali. | |
1416 | |||||
Gen. | Emilia | Durante la sua assenza da Bologna Antongaleazzo Bentivoglio, Battista Malvezzi e Matteo Canedoli fanno insorgere la città ed assalgono con 200 cavalli il palazzo dove è insediato il governatore, il vescovo Antonio di Siena. Il Montone lascia Castel San Pietro Terme con l’intenzione di mettere Bologna a sacco: ordina al castellano della rocca di Galliera di fare gettare di notte nel fossato parte delle mura onde assicurare il passaggio a 10 cavalli affiancati; fa bombardare la città e vi penetra per la Porta del Mercato. Viene subito raggiunto un accordo con gli insorti. In cambio di 82000 ducati, da ricevere entro tre mesi, si impegna di cedere al comune le rocche in suo possesso (Castel San Pietro Terme, Castel Bolognese, Medicina e Pieve di Cento) con il castello di Galliera: 10 cittadini che gli sono dati in ostaggio avallano i patti. | |||
Feb. | Emilia | Si colloca a Castel San Pietro Terme ed ottempera alle sue obbligazioni. Arruola nuove truppe (per un totale di 4000 cavalli e molti fanti), apre false trattative con i Visconti e rivolge ancora una volta la sua attenzione a Perugia. | |||
Mar. | Marche | Si allea a Fermo con Ludovico Migliorati ed i da Varano ai danni dei Malatesta. | |||
Apr. | Montone | Imola Cesena Rimini | Romagna Toscana e Umbria | Invade il territorio di Imola per avere 1500 ducati dagli Alidosi; mette il cesenate a ferro e fuoco; convince il Tartaglia, fermo con 600 cavalli a Frascati, ad abbandonare lo Sforza ed a aiutarlo contro i perugini: gli promette il suo appoggio nel togliere alcuni possedimenti allo stesso Sforza. Giunge a Sansepolcro, supera il Tevere su 3 ponti di barche ed inizia a scorrere il perugino. A metà mese giunge alla Resina; tocca Ponte Pattoli, Ponte Felcino, Val di Ceppi; si estende per tutto il contado; si accampa ai Bucarelli. | |
Mag. | Montone | Perugia | Umbria | Si unisce con il Tartaglia a Ponte San Giovanni; assale il castello di San Fortunato alla cui difesa si trova Francesco della Mirandola con 100 cavalli. A causa della resistenza riscontrata fa riempire il fossato di fascine e di legna secca nei pressi della porta dove sono appostati molti balestrieri. E’ dato fuoco al tutto: i difensori tentano di spegnere l’incendio con terra, pietre e la costruzione di un lungo muro dietro la porta stessa. Braccio di Montone decide l’attacco generale. Fa avvicinare le scale da tutti i lati della cinta ed ordina a balestrieri ed arcieri di impedire al nemico con il loro tiro di comparire sulle mura. San Fortunato è espugnato e messo a sacco: viene catturato Francesco della Mirandola con 100 cavalli. Avvia truppe verso Perugia; si ferma a San Costanzo e si impadronisce di molti castelli della Val Tiberina per ostacolare il flusso dei rifornimenti al capoluogo. I raspanti richiamano Ceccolino dei Michelotti da Napoli, assoldano Paolo Orsini con 1000 cavalli e 200 fanti, spediscono ambasciatori a Carlo Malatesta per richiederne l’aiuto. Braccio di Montone ed il Tartaglia, nel contempo, si impossessano di Cerqueto, di Papiano, di Morcella, di Marsciano; sue milizie entrano pure nei monasteri di Monteluce, di San Bevignate ed in quello di San Giorgio adiacenti a Perugia. Vengono rigettati due assalti alla città; hanno inizio le operazioni di assedio. Altri castelli come Brufa e Colle, cedono senza resistere ai bracceschi. A Perugia il Montone approfitta della nebbia e della pioggia per attaccare la Porta di Fontenuovo: i suoi soldati sono ancora ricacciati. Divide le schiere in due parti delle quali una deve assalire a titolo diversivo il monastero di Santa Giuliana e la Porta Borgna (o Eburnea) e l’altra tentare la Porta di Fontenuovo. I difensori si dirigono verso il primo punto, il Montone ed i fuoriusciti attaccano con maggior forza dal secondo lato. L’esito finale non è differente dai precedenti. Ritorna alla politica della terra bruciata, lascia un consistente presidio nel campo e continua a taglieggiare i paesi vicini quali Martignana e Migianella dei Marchesi. Il Tartaglia viene respinto da Corciano; un uguale risultato giunge con un primo attacco a Spina. Il giorno successivo conquista a forza tale centro a prezzo di sensibili perdite; in suo potere cadono ora anche Sant’ Apollinare, San Biagio della Valle, Pieve Caina, Castiglione della Valle e tutti i ponti sul Tevere con l’eccezione di quello di Ponte Pattoli. | |
Giu. | Umbria | Paolo Orsini si avvicina a Perugia; Braccio di Montone gli muove contro per impedirne il ricongiungimento con le truppe di Carlo Malatesta; lo costringe a fermarsi nel contado di Narni. I fiorentini tentano di dissuaderlo dal continuare la guerra a Perugia: per tutta risposta occupa Pilo, Deruta (a patti dopo tre giorni di assedio), Castel del Piano e Bagnaia. Si scontra con gli avversari nella piana di Veggio, ha Monte Melino e Castelvieto. A metà mese assale ancora Perugia verso la Porta di Santa Giuliana: vi penetra per un tratto, ma i suoi uomini ne sono di nuovo respinti. Ritorna alla sua tattica e si impossessa di Agello, di Paciano, di Panicale, di Cibottola, di Piegaro, di Ponte Pattoli, di Montecolognola; suoi condottieri come Cherubino da Perugia, Berardo da Varano e Micheletto Attendolo (ora al suo servizio) operano sul lago Trasimeno e si impadroniscono di Passignano, Isola Maggiore, Isola Polvese, Monte Gualandro e Vernazzano. da parte sua Braccio di Montone assedia Antria. E’ qui raggiunto da un’ambasceria dei raspanti (tra i quali vi è anche un suo vecchio zio, Cinello Ascagnano) che, con il pretesto di trattative di pace cerca di guadagnare tempo in attesa che arrivino i previsti rinforzi dell’Orsini, del Michelotti e di Carlo Malatesta. Si reca a Torgiano e rimette in Todi i Chiaravalle; si rende conto delle vere finalità della richiesta di pace e riprende le devastazioni con maggiore ferocia. Fa sue Bastia Umbra e Bettona con l’aiuto dei Crispolti; ritorna ai Bucarelli, assale San Costanzo; a Corciano. Attacca la fanteria del Michelotti; si colloca tra Brufa e Miranduolo. In pochi giorni cadono in suo potere 120 castelli ed 80 villaggi. | |||
Lug. | Umbria | E’ ancora sotto Perugia; viene sempre respinto un nuovo assalto alla città verso San Lorenzo; incurante di nuove pressioni da parte dei fiorentini, con i cui ambasciatori ha un incontro a Deruta, muove celermente su Spello prima che il Michelotti si possa congiungersi con i malatestiani. E’ respinto dalla fanteria perugina; rientra ai propri alloggiamenti sul Tevere. I nemici si collegano ad Assisi. Prepara accuratamente lo scontro finale dal punto di vista tattico creando punti di ristoro d’ acqua (tinozze, barili, botti) per i combattenti che si ritirano ogni tanto temporaneamente dal campo di battaglia per riposarsi; colloca i fanti in mezzo ai cavalli in modo che i primi possano uccidere i destrieri degli avversari; invia un contingente di truppe a Ponte San Giovanni per ostacolare ogni possibilità di sortita dalle mura da parte dei perugini; sistema i saccomanni su un colle sul Tevere, vestiti da uomini d’arme, per dimostrare come il suo campo sia protetto in modo adeguato. Provoca i nemici allo scontro passando a cavallo davanti a tutto il loro fronte. Il combattimento si svolge tra Colle della Strada e Sant’Egidio (Umbertide), nella pianura tra il Tevere ed il Chiascio, sotto un sole ardente ed in un terreno in cui domina la polvere; esso dura sette ore. Braccio di Montone suddivide il suo esercito in tante piccole squadre (di 150 uomini) da lanciare poche alla volta nel folto della mischia: può così attuare una rotazione delle forze a sua disposizione che possono fruire di opportune pause per rinfrescarsi. Viene in tal modo velocizzata la sua manovra e, nel contempo, è esaltato il valore dei suoi uomini. Gli armati di Carlo Malatesta procedono in formazione serrata, schierati in un grande semicerchio per attirare i bracceschi al suo interno e chiudere gli avversari in mezzo. Braccio di Montone sfugge alla manovra e tiene in continua tensione tutto lo schieramento nemico. Ordina ai suoi di attaccare battaglia; Carlo Malatesta gli spedisce contro il della Pergola che, in un primo momento, sembra avere la meglio. Il Montone solo quando vede i soldati avversari stanchi ed incapaci di mantenere la coesione dei reparti lancia le proprie riserve, comandate da Cherubino da Perugia. Ha così inizio lo sfondamento definitivo. Il della Pergola si dà alla fuga. Tra i perugini sono catturati Carlo Malatesta, Ceccolino dei Michelotti e 3000 cavalli: i morti nelle file degli avversari sono 300; tra i bracceschi sono uccisi 180 uomini d’arme. I prigionieri sono condotti a Torgiano ed a Fratticciola Selvatica. Con la vittoria sono ora i raspanti ad inviargli 8 ambasciatori (tra cui Ludovico dei Michelotti) i quali lo pregano di accettare la signoria della città. L’accordo è raggiunto tramite il cardinale Capoccia ed è firmato nel monastero di Montemorcino. Entra in Perugia per la Porta di Sant’Angelo e per quella di San Pietro alla testa di molti cavalli e fanti; è accolto dalla popolazione con le palme in mano; le campane suonano a festa e la sera sono accesi grandi fuochi in suo onore. Giunto nella piazza smonta al Palazzo del Podestà. Anche i fuoriusciti rientrano in Perugia e prendono parte ad una giostra organizzata dal Montone. A tutti è proibito portare le armi; lo stesso condottiero gira per la città con la scorta di 80 cavalli tutti disarmati. Fa eleggere un consiglio composto di 17 cittadini. I nobili sono frenati nel loro desiderio di rientrare subito in possesso dei beni di loro proprietà prima del 1393. Suoi uomini, negli stessi giorni, si impadroniscono di Civitella dei Marchesi; catturano il signore della località e lo uccidono trascinandone il cadavere per le vie del borgo; anche i piccoli figli di quest’ultimo sono strozzati. Ottiene Bastia (Bastia Umbra) che fa consegnare al conte Guido d’Assisi, cui sono anche restituiti Spello e Sigillo. A fine mese lascia con le sue truppe Bastia e si dirige a Cannara ed a Bettona. | |||
Ago. sett. | Perugia | Rimini Chiesa Napoli San Severino Marche | Lazio Umbria e Marche | Allarga la sua sfera d’influenza ed in poco tempo pervengono in suo potere Rieti (multata di 6000 ducati per l’uccisione di alcuni suoi uomini), Narni, San Gemini, Gualdo Cattaneo e Terni; si sposta nella marca d’ Ancona: gli aprono le porte Sassoferrato, Montalboddo (Ostra), Scapezzano, Morro, Massaccio (Cupramontana), Maiolati Spontini; gli si sottomette Orvieto ad opera di Carlo Monaldeschi della Cervara che si fa capo di una sollevazione ai danni del conte Carafa vicario di Giovanna d’Angiò. Il Montone assume il titolo di Difensore di tale località e vi invia come suo vicario Ruggero d’Antignola. Si accampa a San Severino Marche. Si uniscono alle sue forze anche Berardo da Varano ed il Migliorati con 500 cavalli e 2000 fanti. Circa 10000 armati pongono le loro tende al di là del Potenza, nella contrada di Campo Rotondo, verso il ponte dell’ Intagliata. A metà mese dà l’assalto alla città dalla parte della chiesa di Santa Maria del Mercato (oggi San Domenico). Il signore Antonio da San Severino gli si arrende in due giorni; gli riconosce 4000 ducati e gli promette la consegna del castello di Gagliole. E’ pure stabilito che sarebbero state rimesse nelle mani di Braccio di Montone (tramite il suo rappresentante Ruggero Cane Ranieri) ogni decisione riguardante le vertenze in corso tra lo stesso Antonio da San Severino ed i da Varano. Negli stessi giorni (agosto) l’Orsini viene ucciso a tradimento a Colfiorito dal Tartaglia, da Ludovico Colonna e da Cristoforo d’ Agello. | |
Ott. | Marche e Umbria | Gli cedono a patti Montegiorgio e Recanati. Corinaldo gli chiude le porte; il Montone è obbligato ad allontanarsi da tale territorio a causa dell’arrivo di Pandolfo Malatesta e di Martino da Faenza. Viene richiamato in Umbria per alcuni tumulti che sono sorti durante la sua assenza ad Orvieto, a Todi ed a Perugia dove il partito nobiliare, sotto la guida dello zio Ranieri Montemelini ha scacciato dalla città alcuni esponenti della fazione dei raspanti. | |||
Nov. dic. | Marche | Ristabilita la calma, ritorna presso le truppe nella marca d’ Ancona. Si porta ad Arcevia; vi è assalito da Gian Francesco Gonzaga il cui tentativo di assedio viene rigettato. A dicembre è raggiunto in tale località dagli ambasciatori fiorentini Angelo Pandolfini e Piero Guicciardini che, con Guidantonio da Montefeltro, lo incitano a liberare Carlo e Galeazzo Malatesta catturati a Sant’Egidio. | |||
1417 | |||||
Apr. | Perugia | Chiesa Napoli | Umbria | E’ siglata la pace con Carlo Malatesta in base ad un lodo dell’ambasciatore del concilio di Costanza Bartolomeo Bonetti. Il condottiero impone per la liberazione del signore di Rimini una taglia di 80000 fiorini. Pandolfo Malatesta gli riconosce subito la somma di 30000 fiorini (presi in prestito a Venezia); per altri 30000 fiorini è previsto il pagamento rateale di 10000 fiorini l’anno, mentre il residuo della taglia (20000 fiorini) è coperto con la consegna di Jesi. Braccio di Montone lascia Perugia (dove rimane come suo luogotenente Menguccio da Firenze), si reca a Todi e da qui perviene al suo campo di Fratta Todina. Muove verso Spoleto e Norcia dando il guasto ai loro territori. | |
Mag. | Umbria | Si trova a Santo Chiodo nei pressi di Spoleto; si accampa a Busano con 500 cavalli e raggiunge subito l’accordo con gli spoletini e gli abitanti di Norcia che gli versano i 10000 ducati necessari per le paghe dei suoi soldati. A fine mese si sposta nel contado di Narni. | |||
Giu. | Lazio | Si dirige su Roma, assedia invano Tivoli, percorre la via Salaria per fermarsi nel territorio a nord-est di Roma. Si attenda prima a Castel Giubileo e, in secondo luogo, presso la chiesa di Sant’Agnese fuori le mura: effettua numerose scorrerie nei dintorni che terminano con la cattura di molti contadini. Costoro vengono rinchiusi nella chiesa. Il cardinale di Sant’Eustachio Giacomo Isolani esce con coraggio dalla città per chiedergli la ragione della sua venuta: i prigionieri sono liberati e Braccio di Montone può entrare in Roma per la Porta Appia; alloggia nella chiesa di Santa Maria del Priorato nell’ Aventino. Viene accolto in trionfo alla Porta Appia dal cardinale Stefaneschi e dalle principali autorità romane. A metà mese il cardinale Isolani si rinchiude in Castel Sant’ Angelo con il senatore di Roma Giovanni Alidosi. Il condottiero inizia ad assediare la fortezza; fa sbarrare con un muro il ponte di San Pietro; si proclama “Almae Urbis Protector et Defensor”, nomina senatore della città Ruggero d’Antignola mentre il cardinale Pietro Stefaneschi ne assume il titolo di vicario apostolico. Invia anche a Peniscola un’ambasceria di cui fa parte Giovanni Vitelleschi per proporre all’ antipapa Benedetto XIII, Pietro di Luna, l’insediamento in San Pietro. | |||
Lug. | Lazio | Abbandona la sua residenza di Santa Maria del Priorato e si trasferisce nel palazzo pontificio presso San Pietro per meglio seguire l’assedio di Castel Sant’ Angelo e della Meta, un edificio a forma di piramide che sorge all’inizio dell’ antico portico di San Pietro; richiama dalla marca d’ Ancona Ruggero Cane Ranieri e Berardo da Varano che si uniscono alle sue truppe con 800 cavalli; giunge a Roma pure il Tartaglia con un buon corpo di cavalleria e molti fanti. | |||
Ago. | Lazio ed Umbria | Gli muovono contro vari condottieri angioini quali lo Sforza, Conte da Carrara ed il conte di Tagliacozzo Gian Antonio Orsini. Lo Sforza gli invia un guanto insanguinato in segno di sfida e lascia Ostia: il Montone non osa accettare lo scontro e trattiene le sue milizie nello spiazzo davanti al Laterano. Gli avversari attraversano il Tevere su un ponte di barche, compiono un ampio giro verso Monte Mario e scendono su Castel Sant’ Angelo. A causa della peste che ha falcidiato le sue file, il Montone decide di lasciare la città dopo settanta giorni per la Porta Viridaria. Fa abbattere Ponte Milvio e Ponte Salario; libera più di 100 cittadini romani incarcerati in precedenza. Si ritira a Palestrina ed a Zagarolo con 400 cavalli; si stabilisce a Perugia e vi organizza alcune feste per solennizzare la data della battaglia conseguita ai danni di Carlo Malatesta. Giungono in Perugia con ricchi doni gli ambasciatori di Orvieto, Todi, Rieti, Terni, Narni, San Gemini, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Cesi, Monterotondo, Cannara, Spello, Città della Pieve, Jesi, Montalboddo (Ostra), Arcevia. Francesco e Bertoldo Orsini inviano al suo luogotenente 2 preziosi vasi d’argento. | |||
Sett. | Umbria e Marche | Firma una tregua con lo Sforza; deve ritornare nelle Marche a causa della rivolta di Sassoferrato, che termina con la demolizione delle abitazioni degli oppositori. | |||
Ott. | Lazio | Ottiene Rieti. A fine mese si collega con il Tartaglia a Montefiascone (2000 cavalli e 1000 fanti). | |||
Nov. | Lazio ed Umbria | Roma si ribella alla presenza dello Sforza e richiama nella città sia Montone che il Tartaglia. Sedano gli animi dei rivoltosi il conte di Tagliacozzo Gian Antonio Orsini e Francesco Orsini. Presto è stipulata a Montefiascone una nuova tregua di sei mesi con lo Sforza. Braccio di Montone invia a Costanza Berardo da Varano e Matteo Baldeschi per rendere omaggio al nuovo pontefice uscito da quel concilio, Martino V; si reca a Terni e vi imprigiona alcuni cittadini che vengono rinchiusi nella rocca di Narni. Nello stesso anno commissiona una traduzione in volgare degli “Epitoma” del Vegezio al cancelliere del comune di Perugia Venanzio di Bruschino di Camerino. | |||
1418 | |||||
Feb. | I perugini inviano a Costanza, dove al momento si trova il pontefice, gli ambasciatori Menguccio da Firenze, Berardo da Varano, Gentiluomo della Penna e Matteo Baldeschi. Costoro hanno il compito di far riconoscere dal papa la signoria di Perugia da parte di Braccio di Montone. Martino V, viceversa, rimprovera il condottiero per la sua sete di dominio ai danni dello stato della Chiesa; è rimandata ogni decisione al suo rientro in Italia. | ||||
Mar. | Perugia | Montemarte Napoli Salimbeni | Toscana | Estende le sue scorrerie a gran parte dell’Italia centrale con 2500 cavalli e 500 fanti. Prende a forza Cetona e la sua rocca al conte di Corvara con la scusa che due suoi figli hanno abbandonato l’esercito braccesco prima della scadenza della loro ferma: vende la località ai senesi per 9000 fiorini (di cui 5000 in contanti e 4000 sotto forma di fornitura di sale). Con milizie senesi si porta ad Acquapendente, vi cattura Micheletto Attendolo e gli impone una taglia; in modo analogo attacca in Val d’Orcia alcuni castelli di Cocco Salimbeni che deve pagare una nuova taglia per riavere il frumento dei magazzini di sua proprietà. Sosta a Monteriggioni e prosegue per Castelfiorentino: i senesi gli fanno avere ventiquattro some di pane, vini, confetti ed altri beni. | |
Apr. | Perugia | Fermo | Marche | Ritorna nella marca d’ Ancona con 2000/4000 cavalli, si impossessa di alcuni castelli nelle vicinanze di Sassoferrato; si accampa tra San Severino Marche, Petriolo, Mogliano, Loro Piceno e Massa Fermana. Antonio da San Severino gli consegna una volta di più una forte somma di denaro; Ludovico Migliorati, invece, si rifiuta di riconoscergli 4000 ducati che sono dovuti al Montone per il riscatto dei prigionieri nel precedente conflitto. Occupa l’abbazia di Chiaravalle di Fiastra: vinta la resistenza dei monaci, saccheggia la chiesa con tutti gli edifici connessi. E’ fatta crollare parte della volta ed è abbattuto il chiostro. E’ reso al suolo il vicino castello di Villamagna. I suoi soldati devastano il territorio vicino e quello di Petriolo. | |
Mag. | Marche | Continua a dare il guasto al fermano. Braccio do Montone assale Ludovico Migliorati nel castello di Falerone. Cattura in una sortita 300 cavalli; conquista il castello e lo pone a sacco imprigionando tutti i difensori. Tra gli altri è catturato anche lo stesso Ludovico Migliorati che, per la sua liberazione, deve riconoscere al signore di Perugia 9000 ducati, pagabili in tre rate di 3000 ducati l’anno. Il Montone, a seguito di tale fatto, potrà dire “Perché Ludovico ciò che doveva non pagò, a pagare fu obbligato ciò che non doveva”. | |||
Giu. lug. | Perugia | Orsini Salimbeni Lucca San Severino Marche | Lazio Umbria Toscana Marche | A Mugnano rimane ferito nel corso di un’azione; piega la resistenza di Ulisse Orsini; ritorna verso Castiglione del Lago e Cocco Salimbeni, signore di Chiusi, gli deve riconoscere altri 4000 ducati. Si sposta con i suoi uomini vicino a Siena e marcia con grande celerità nella Valdarno; entra nel lucchese quasi in contemporanea con Ludovico degli Obizzi. A fine giugno, forse su istigazione dei fiorentini, si dirige a Castel Pisano dove pensa di sorprendere il signore di Lucca Paolo Guinigi. Punta verso la città; colloca il suo campo alla Nunziata ed a Sant’ Andrea non trascurando di saccheggiare il territorio vicino. Avvicinato da Guido da Pietrasanta pretende da un lato la liberazione dei suoi uomini fatti prigionieri e dall’altro l’imposizione di una taglia ai lucchesi a loro volta catturati; conserva il bottino; per allontanarsi chiede 35000 fiorini (dei quali 10000 in drappi di seta). La prima rata, consistente in 13000 fiorini (e nelle pezze di seta, deve essere saldata ai primi di luglio; la parte rimanente entro due mesi. La scorreria costa ai lucchesi più di 50000 fiorini tra taglia e costo dell’arruolamento di truppe per la loro difesa: altri danni, quali il riscatto dei prigionieri e la distruzione dei raccolti, sono valutati in ulteriori 25000 fiorini di spesa. Sulla strada del ritorno Braccio di Montone si inoltra nel senese; si ferma presso la Porta Ovile a Siena e prende alloggio a Cuna sull’Arbia. E’ poi segnalato a Lucignano ed a Monte San Savino dove si incontra con Bartolomeo da Pietramala; prosegue in Umbria, si ferma a Città di Castello e si dirige a Perugia. Nello stesso periodo a Todi fa rafforzare le difese dei colli di Montesanto, di Monte Cristo e di Santa Maria Maddalena. Assale ancora Sassoferrato; si accampa con 2000/4000 cavalli sotto San Severino Marche. Antonio da San Severino cede concludendo un accordo di pace nel quale riconosce una forte taglia al condottiero ed accetta di aggregare le sue truppe a quelle del signore di Perugia. | |
Ago. | Perugia | Norcia | Umbria | Assedia Norcia. La città deve riconoscergli un riscatto di 8000 ducati (richiesta iniziale, 14000). | |
Sett. | Marche | Dà alle fiamme il castello di Castagna. Entra in Pergola; sverna a Jesi. | |||
1419 | |||||
Gen. feb. | Perugia | Chiesa Urbino | Umbria | Cerca di riconquistare la grazia presso Martino V; gli invia come ambasciatori Ruggero d’ Antignola, Gaspare di Pietro e Matteo Baldeschi; accoglie con tutti gli onori in Perugia il fratello del papa Giordano Colonna. Tutto si dimostra inutile; viene, anzi, attaccato dallo Sforza. Chiede allora a Guidantonio da Montefeltro la consegna di 12000 ducati a saldo del pagamento della taglia di Carlo Malatesta, di cui il signore di Urbino si è fatto mallevadore. | |
Mar. | Marche e Umbria | Avuta una risposta dilatoria dal Montefeltro si muove dalle Marche con Ruggero Cane Ranieri e Malatesta Baglioni; attacca Gubbio dove non ha successo un tentativo portato da Ruggero Cane Ranieri; respinto, ne danneggia il contado. Si trasferisce a Gualdo Tadino ed a Assisi le cui rocche gli si arrendono una in 4 giorni (la minore) ed una in 10 (la maggiore). Conquista Bastia Umbra: nella città è raggiunto dai soliti ambasciatori fiorentini che vogliono porsi come mediatori tra Braccio di Montone ed il papa. Consegna la paga ai soldati, raduna 2000 cavalli e molti fanti per iniziare una nuova campagna. | |||
Apr. | Umbria | Vola a Spoleto e si accampa a Busano, nei pressi di ponte Bari con una scorta di 150 uomini, tra cavalli e fanti (tra i quali vi sono pure alcuni fuoriusciti della città). Il comune gli invia in dono una confezione di vini, biade, confetti, cera e capponi: Spoleto, dopo serrate trattative gli si arrende senza problemi. A metà mese 500 fanti entrano nella località, si insediano nel convento di San Simone dei frati conventuali e si apprestano ad assediare i pontifici nella rocca. Il giorno successivo, Pasqua, vi fa anch’egli il suo ingresso accolto dalla popolazione festante: prende alloggio nel vescovado. I suoi uomini scalano il campanile di Santa Maria, ne rompono la porta e, su suo ordine, ne scaraventano fuori i 3 soldati di guardia. Assedia la rocca ed è gravemente ferito ad un piede da un verrettone mentre sta tentando di persona di conquistare una torre al di là del ponte presso il mulino di Monteluco. Il verrettone gli si conficca nel piede destro fra le dita. La ferita lo tiene immobile per tutto il resto del mese e richiede l’intervento di medici fatti venire da Perugia e da Foligno. Nella circostanza il comune di Spoleto, per alleviare le sue pene, gli invia due scatole di pinoccale, un carico di spelta e due caratelli di vino. | |||
Mag. | Umbria | Sempre all’assedio della rocca di Spoleto; pone ora il suo alloggio nelle case della collegiata di San Pietro; ha con sé anche un mangano. Fa costruire una bastia al fossato di Santa Chiara; fallisce un attacco condotto dai fanti; vengono in suo soccorso da Perugia altri 1000 fanti. A metà mese gli riesce di occupare un avamposto della rocca, la torre di San Marco, la quale da allora prenderà il nome di torre di Braccio. Ancora qualche giorno e l’avvicinarsi dello Sforza lo persuade ad una tregua con il signore di Urbino (che peraltro gli salda i 12000 ducati). Lascia all’assedio i fanti perugini e con il resto delle truppe si sposta a Todi con il proposito di congiungersi con il Tartaglia sul lago di Bolsena. | |||
Giu. | Lazio | Intercetta e cattura nel viterbese, tra San Giovanni e San Vittore, 500 fanti che, comandati da Giovanni Gatti, devono unirsi con le milizie dello Sforza; si porta a Castel Cardinale vicino a Toscanella (Tuscania); gli avversari si ritirano da Montefiascone a Viterbo. Approfitta dello sbandamento nelle file nemiche allorché Niccolò Orsini e Petrino da Siena si allontanano dallo schieramento per entrare in Viterbo in anticipo rispetto alle altre compagnie. Il Montone attacca battaglia; Sforza è inseguito fin sulle porte di Viterbo; 2300 sono i cavalli fatti prigionieri, di cui 1300 riusciranno in un secondo momento a fuggire. Per il dispetto Braccio di Montone confina i condottieri rimasti nelle sue mani nell’isola del lago di Bolsena. Assedia Viterbo; si colloca con il Tartaglia davanti alla Porta di Santa Lucia; ricaccia una sortita del suo rivale. Alloggia nella valle di Sant’Antonio; assale senza esito la Porta di Salciccia; viene sconfitto con il Tartaglia nei pressi della città da Micheletto Attendolo e da Francesco Sforza. Rientra a Perugia. | |||
Lug. | Umbria | A Todi ed a Spoleto. | |||
Ago. | Umbria e Lazio | Scomunicato da Martino V, ritorna sotto Gubbio; si ripresenta inaspettato a Montefiascone con il Tartaglia; è di nuovo sotto Viterbo. Fa tagliare le viti del contado dagli abitanti dei comuni confinanti. Viene respinto da Riccio da Viterbo e da Petrino da Siena. | |||
Sett. | Lazio ed Umbria | Muzio Attendolo Sforza giunge a Canepina; il Tartaglia lascia Braccio di Montone per militare agli stipendi dello stato della Chiesa. Il signore di Perugia ripiega a Todi, sorprende sul Paglia alcuni soldati dello Sforza intenti a razziare bestiame nel Chiugi; ritorna in fretta nei pressi di Assisi; investe Gubbio; dà alle fiamme Giommei. Da Assisi si trasferisce a San Gemini; controlla tutti i passi dei fiumi e dei monti sicché lo Sforza ed il Tartaglia non sono in grado di prestare soccorso a Spoleto. Martino V lo scomunica. a. Negli stessi giorni il Montone fa uccidere nelle rocche di Narni e di Fratta Todina Ceccolino e Guido dei Michelotti, suoi prigionieri. | |||
Ott. | Umbria | Assisi cade nelle mani degli avversari; Braccio di Montone si allontana da San Gemini dove si trova con 800 cavalli e pochi fanti; richiama gli uomini intenti all’assedio della rocca di Spoleto; si fa dare dal signore di Foligno Niccolò Trinci 400 fanti ed altri da molte località umbre. Per bloccare l’avanzata di Muzio Attendolo Sforza ricorre ad uno stratagemma inviando un suo messaggero a Todi al capitano Matteo di Provenza. Nella città su sua disposizione deve essere festeggiato (come se fosse avvenuto) il recupero di Assisi con suoni di campane e l’accensione di falò sulle mura. La mossa provoca sconcerto ed un rallentamento nell’azione dell’ esercito nemico. Braccio di Montone può in tal modo rifornire di truppe le rocche di Assisi ancora in suo potere. Attacca la città da Spello e da Santa Maria degli Angeli: la cavalleria oltrepassa le mura per una breccia praticata nella cinta che unisce le due rocche, la fanteria assale di fianco e di spalle i feltreschi che sono alla difesa della città. Dopo cinque ore gli avversari fuggono per la vallata del Chiascio nella direzione di Gubbio: ne sono uccisi 200 ed altri 400/700 sono catturati. La città è sottoposta ad un feroce sacco che non risparmia chiese e monasteri (tra cui tutti gli arredi sacri della basilica, valutati in 10000 ducati. Sono fatti prigionieri 40 fuoriusciti perugini ed altrettanti di Assisi e tutti sono decapitati; altri 400 sono condotti a Perugia. Il frate che ha aperto una porticina tra la basilica e gli orti del convento ai feltreschi, nel corso della riconquista della città da parte dei pontifici, viene gettato dalla più alta finestra del Palazzo del Podestà ed il suo cadavere è lasciato per qualche giorno sul selciato. Braccio di Montone si dirige a Spoleto ritornata nel campo ecclesiastico durante la sua assenza. Assale con grande furia la città difesa da Rinaldo Orsini. Attacca Amelia; è qui raggiunto da un messaggio di Malatesta Baglioni, da lui preposto alla guardia di Orvieto. Viene informato che un abitante della città è entrato in contatto con il Tartaglia con lo scopo di aprirgli una porta. Lascia il campo di Spoleto; giunge ad Orvieto con 800 cavalli; il traditore è obbligato, per avere salva la vita, ad inviare un messaggio al capitano nemico fermo a Montefiascone con l’invito a muoversi ed entrare nella località, ormai liberatasi dai bracceschi.. Il Tartaglia si accosta ad Orvieto con 300 cavalli ed altrettanti fanti; prudentemente non si apposta all’ avanguardia ma lontano con 15 cavalli in attesa di eventuali novità. Braccio di Montone lo attacca; il Tartaglia riesce a fuggire a Sovana; lo insegue e lo assedia in tale castello. Un forte temporale e la mancanza di fanti lo obbligano a retrocedere dopo tre giorni. | |||
Dic. | Umbria | Rientra a Todi; si fa consegnare in ostaggio dagli orvietani 60 cittadini. Invia Matteo Baldeschi dal pontefice; espugna, nei pressi di Gubbio, la Serra di Sant’Onda i cui abitanti per riscattarsi devono consegnargli 2000 ducati. Recupera Serra Partucci, nelle vicinanze di Umbertide. Sosta a Perugia. Sfoga il suo odio su tutti i Michelotti (uomini e donne) che hanno la sfortuna di cadere in suo potere. | |||
1420 | |||||
Gen. | Umbria | Con Niccolò Piccinino assale Gubbio alla testa di 1000 cavalli e di 2000 fanti, dei quali solo una piccola parte è composta da veterani. Alla difesa della città si trovano Bernardino degli Ubaldini della Carda, Pietro da Bagno, Ludovico dei Michelotti, Perugino dal Lago e Ludovico d’Assisi. Suoi fautori aprono una porta, per la quale entra in città una sua squadra comandata da Ruggero Ranieri della Fratta. La porta è chiusa alle spalle di costoro. Seguono tre ore di combattimento nei borghi. Il Piccinino attesta i suoi soldati nel chiostro dell’ospedale di fronte alla chiesa; riesce pure ad impossessarsi della porta di San Francesco. Forte è la reazione dei difensori; è catturato lo stesso Piccinino con 4 soldati. Braccio di Montone riesce a liberarli ed a entrare a sua volta in Gubbio. Seguono altri 3 giorni di scontri al cui termine i perugini sono sono sempre bloccati nella parte bassa della città. Braccio di Montone decide allora di ritirarsi dopo avere dato alle fiamme il borgo della Porta Marmorea e quello di Porta Santa Lucia. Ritorna nei pressi di Spoleto, passata nuovamente sotto il controllo dei pontifici. | |||
Feb. | Toscana | Stipula una tregua con i pontifici. Si reca a Firenze con Muzio Attendolo Sforza per rendere omaggio al papa: si fa accompagnare da 400 cavalli e da 40 fanti (tra cui i condottieri Gattamelata, Brandolino Brandolini, Cherubino da Perugia e Fioravante Oddi), tutti magnificamente equipaggiati; è seguito da molti gentiluomini di Perugia, Assisi, Todi, Orvieto, Narni e Rieti, nonché dai signori di Foligno, di Camerino e di Fabriano. Appena giunge nel contado di Cortona viene accolto da 4 nobili che lo scortano a Firenze; attraversa l’Arno e nelle prossimità del capoluogo è ricevuto dai familiari dei cardinali; folle di monelli inneggiano nelle strade di Firenze al suo nome, soprattutto sotto le finestre degli appartamenti del papa siti nel convento di Santa Maria Novella. “Papa Martino/ signor di Piombino, conte d’Urbino/ Non vale un quattrino./Brazo valente, nostro parente, vince ogni gente”. Gli sberleffi suscitano la gelosia del pontefice. Braccio di Montone bacia la pantofola di Martino V e ne viene abbracciato: è liberato dalla scomunica e da ogni censura ecclesiastica. Dal colloquio ne esce con 52000 ducati: per pagare gli stipendi e le provvigioni a lui spettanti è così autorizzato a riscuotere, fino a tale ammontare le somme dovute alla Camera Apostolica da alcuni vicari pontifici, tra i quali si segnala Conte da Carrara. Ottiene, inoltre, il titolo di vicario pontificio di Perugia, Assisi, Todi, Cannara, Spello, Jesi, Gualdo Tadino, Città della Pieve, Ostra Vetere, Arcevia, San Gemini, Staffolo e dei castelli delle Terre Arnolfe dietro il censo annuo di 5000 fiorini; deve, invece, restituire allo stato della Chiesa Rieti, Narni, Terni, Orvieto, Magliano Romano, Otricoli ed Orte; si impegna anche a non muovere guerra allo stato della Chiesa e di mantenere a proprie spese per tre mesi 300 lance nella marca d’ Ancona e 500 cavalli per due mesi nella Campagna Marittima. Si riconcilia pure con il Montefeltro cui cede, dietro il riconoscimento di Assisi, i castelli di San Gemini e di Porcaria. Nei venti giorni in cui si trattiene a Firenze vi sono numerose giostre: in un torneo partecipano 120 uomini d’arme e sono spezzate 6000 lance. | |||
Mar. | Chiesa | Bologna | Capitano g.le | Umbria e Emilia | E’ accolto con grandi feste a Perugia: libera i prigionieri di Assisi ed investe parte del ricavato delle razzie in opere pubbliche e nella regolamentazione delle acque del Trasimeno. Permette il rientro nella città a tutti i raspanti. Parte per Bologna per sottomettere la città al dominio dello stato della Chiesa. Valica gli Appennini, entra nel bolognese dove è raggiunto da Angelo della Pergola (700 cavalli) e da Ludovico Migliorati. |
Apr. mag. | Emilia | Si accampa a cinque miglia da Bologna; si avvicina al ponte dei Cruciati con 80 cavalli e 100 fanti; si ferma a visionare le fortificazioni cittadine e si accosta al fossato. Esce dalla porta Luigi dal Verme con 300 cavalli. Il Montone riceve soccorsi e rigetta gli avversari con la cattura di 80 cavalli; altri 30 sono feriti. Si porta a Casalecchio di Reno e toglie l’acqua alla città facendo deviare il corso del fiume. | |||
Giu. | Emilia | A Medicina; nei pressi sorprende un convoglio scortato da 400 fanti e da 300 cavalli: dal centro escono altre truppe per sostenere l’azione dei saccomanni bolognesi; Gabrino Fondulo è battuto e sono catturati 180 cavalli con 8 capitani. Braccio di Montone ottiene a patti Medicina, Crespellano, Oliveto e Bazzano; mette a sacco Montebudello, Piumazzo, San Giovanni in Persiceto. Assedia il capoluogo sempre più da vicino. | |||
Lug. | Emilia e Toscana | Gli abitanti di Bologna si ribellano. Antongaleazzo Bentivoglio deve arrendersi al pontefice; il condottiero entra in Bologna per Porta Maggiore con il Migliorati ed il cardinale legato Gabriele Condulmer; si reca a Firenze da Martino V con il Antongaleazzo e Cambio Bentivoglio per l’accettazione dei capitolati di resa. | |||
Autunno | Umbria | A Perugia, per controllare lo stato dei lavori cui ha dato inizio in città. | |||
Dic. | Umbria | Si sposa a Perugia con Nicolina da Varano, sorella di Berardo. Alle nozze sono presenti Federico e Guido di Matelica. Nell’ anno dona la signoria di Montalboddo (Ostra) a Ruggero Cane Ranieri. | |||
1421 | |||||
Gen. | Perugia | Nocera Umbra | Umbria | A Todi per sedarvi alcune controversie sorte tra i cittadini. E’ informato da Corrado Trinci che il cognato Berardo da Varano è stato catturato dal castellano di Nocera Umbra Pietro di Rasiglia, che ha anche ucciso Bartolomeo e Niccolò Trinci (quest’ultimo per avergli sedotto la moglie). Braccio di Montone si porta a Nocera Umbra ed assedia per tre giorni la rocca in cui si è rinchiuso Pietro di Rasiglia: una mina praticata alla base del maschio permette ai bracceschi di penetrarvi. Sono catturate 300 persone tra uomini, donne e bambini: tutti sono fatti uccidere dal Trinci. I loro cadaveri sono caricati su 36 asini e portati in giro per le vie di Foligno. Il Rasiglia, allorché la fortezza è già divorata dalle fiamme, si getta in esse dall’alto delle mura con moglie e figli. | |
Apr. | Napoli | Angiò | Umbria e Marche | Viene assoldato dalla regina di Napoli Giovanna d’Angiò; gli sono anticipati 200000 ducati, che sono consegnati a Firenze al suo emissario Matteo Baldeschi con la malleveria di alcuni mercanti della città. Gli è promessa la signoria di Capua (con il titolo di principe), quella di L’Aquila e di Teramo negli Abruzzi e gli è assicurato il titolo di grande connestabile. Approntato l’esercito nelle basi di Fratta Todina, di Jesi e di Spello, lascia l’Umbria con 3000 cavalli e 1000 fanti. Entra nella marca d’ Ancona e punta su Ascoli Piceno: convince con la forza Conte da Carrara ad abbandonare il campo di Luigi d’Angiò e del pontefice verso cui propende; lo obbliga pure a consegnargli in ostaggio il figlio Ardizzone. | |
Mag. | Marche | Transita per Porto d’Ascoli con 5000 uomini. Si dirige verso il regno di Napoli. | |||
Giu. | Abruzzi Molise e Campania | Occupa Teramo, una delle città che gli sono state assegnate; come suo governatore nomina il perugino Giacomo Monaldi. Entra nella valle del Pescara ed ottiene a patti Castiglione con un breve assedio; costringe i conti di Popoli e di Loreto, che hanno tentato di chiudergli la strada verso Napoli, a ritornare all’ obbedienza della regina Giovanna d’Angiò. In modo analogo cedono Pacentro, Sulmona e Campo di Giove, feudo di Jacopo Caldora. Quest’ultima località viene conquistata con l’uccisione di tutti i difensori. Si impossessa di Castel di Sangro dove si è fortificato il Caldora. Supera le montagne del Sannio e perviene nel contado di Venafro; ottiene a patti Calvi dopo un giorno e da qui entra velocemente in Capua. Nella città è raggiunto dal Caldora (che nel frattempo ha mutato partito): insieme sconfiggono a Santa Maria Maggiore (Santa Maria Capua Vetere) i capitani sforzeschi Attaccabriga e Giannuzzo d’Itri. Attacca una torre i cui difensori non vogliono prestare ascolto alle sue richieste di resa: chiede di parlamentare e fa colpire dai suoi balestrieri coloro che si presentano sulle mura al colloquio. I difensori restanti si arrendono a discrezione: tra essi vi sono due perugini che sono fatti strozzare. Ottiene parimenti con l’astuzia la torre dell’Eremo: fa nascondere 20 soldati nei vicini frutteti. 2 ragazzi disarmati corrono verso la torre; chiedono alle sentinelle la strada per Maddaloni dopo avere finto di avere disertato dal campo braccesco. Sono scambiati per ladri piuttosto che per soldati in fuga. Alcuni guardiani lasciano il forte per arrestarli: i bracceschi, che sono in agguato, escono dai frutteti e li catturano. I prigionieri sono condotti dal Montone; sono minacciati di morte nel caso in cui non riescano a convincere i loro commilitoni rimasti nella torre a cedere le armi. Saccheggia Marcianise. Si avvicina a Napoli e si accampa alla chiesa di Sant’ Antonio in attesa delle milizie del re Alfonso d’Aragona provenienti da Procida e da Trapani; si dirige su Castel dell’Ovo e facilita lo sbarco degli alleati. La sua cavalleria si schiera nei pressi della Porta del Carmine. Dalla riva fino al ponte della nave ammiraglia è collocato un ponte di barche sul quale il Montone, in ginocchio, rende atto d’omaggio al sovrano aragonese. Alfonso d’Aragona lo alza da terra e lo abbraccia; una delle tavole cede ed il re cade in una barca piena d’acqua. Seguono l’ingresso in comune in Napoli per la Porta Capuana ed una visita ai resti di Cuma e di Baia. | |||
Lug. sett. | Gran Connestabile | Campania Basilicata Lazio Molise Abruzzi | A Napoli. Tre giorni di feste caratterizzano la sosta in città del condottiero e del sovrano. Muzio Attendolo Sforza è costretto ad asserragliarsi in Aversa. A Braccio di Montone viene conferito l’incarico che gli è stato promesso di grande connestabile; gli sono concesse la contea di Foggia ed il principato di Capua. Riprende l’offensiva, sbocca nella Terra di Lavoro dove occupa Angri, Pagani e Marigliano; devasta le terre dell’abate di Montecassino Pirro Tomacelli; si impossessa delle Fratte; ottiene a patti San Pietro, San Vittore del Lazio, Piedimonte San Germano; attraversa il Liri e conquista Frattamaggiore, Castelnuovo Parano, Vallefredda, Sant’ Andrea, Sant’ Apollinare, Sant’ Ambrogio sul Garigliano e Vandra. Consegna questi castelli a Ruggero Gaetani. Subito dopo muove con molte lance e balestrieri su Castellamare di Stabia, meta anche dello Sforza e del Tartaglia. Guada il Sarno e ne scala le mura cittadine, uccide le sentinelle, getta a terra le porte e fa suonare di notte le trombe: la città è saccheggiata. La mattina seguente molti soldati ritornano a Napoli carichi di bottino (della preda fanno parte 20000 botti di vino e grandi quantitativi di sale). Il Montone viene affrontato dallo Sforza e dal Tartaglia (12000 uomini tra cavalli e fanti) sul Sarno: per diciotto giorni si hanno solo piccole scaramucce. Il condottiero umbro si sposta in pianura. Per dividere lo Sforza dal Tartaglia ( sa che i due non vanno d’accordo) attua una diversa politica nei confronti dei loro soldati che cadono suoi prigionieri: coloro che militano per il Tartaglia sono rilasciati con armi e cavalli; quelli che sono al servizio dello Sforza sono inviati al remo nelle galee aragonesi. I contrasti tra i due capitani facilitano in tal modo le sue possibilità di lasciare indenne il Sarno; prende la strada per Aversa, saccheggia l’agro di Atella e riconduce l’esercito a Capua per costringere la riluttante regina ad ottemperare alle sue promesse. Vi lascia un buon presidio e punta sugli Abruzzi: per strada mette a sacco Mignano Monte Lungo; irrompe nell’ aquilano; Castelnuovo e Santa Lucia sono date in preda ai soldati. Il papa, spaventato, gli chiede il possesso delle località non lontane dal confine abruzzese. Braccio di Montone lo accontenta ed ottiene in cambio Città di Castello. | ||
Ott. | Campania | Si incontra con gli ambasciatori fiorentini Michele Castellani e Rinaldo degli Albizzi che si propongono inutilmente come mediatori di pace. Va incontro allo Sforza ed al Tartaglia che si stanno muovendo nel territorio di Sessa Aurunca. Braccio di Montone guada il Garigliano e scorre nel territorio nemico con tutti i suoi uomini. Del bottino, ad ogni soldato spettano 50 scudi; i prezzi della carne calano della metà a Napoli ed a Capua; parte del bestiame razziato deve essere venduto in Basilicata ed in Terra d’Otranto. Cerca di occupare Nocera; vi è preceduto con 400 cavalli da Micheletto Attendolo e da Buzino da Siena che ne rafforzano il presidio. Ritorna a Capua e si fa consegnare dal castellano la rocca inferiore; quello della rocca superiore, di nome Pagano, pretende invece un premio di 20000 ducati. Nella realtà quest’ ultimo non ha nessun desiderio di cedere anche perché ha dovuto consegnare in ostaggio allo Sforza moglie e figli. Braccio di Montone inizia ad assediare la rocca; vi fa scavare tutto attorno 2 trincee per impedire l’arrivo di possibili soccorsi ai difensori. Un fabbro di Capua gli indica il modo di penetrarvi attraverso un vecchio acquedotto che porta ad una cisterna circondata da un alto muro. In tale punto i guastatori fanno brillare una mina cosicché i soldati possono penetrare nel castello. Il Pagano si ritira nella parte alta da dove ha modo di procurare ai bracceschi notevoli perdite; il Montone fa raccogliere molto materiale da ardere ai piedi della torre per soffocare con il fumo i difensori. Il castellano, con la resa, deve abbandonare le ricchezze che vi ha accumulato ed andarsene via con un solo barile di vino ed un moggio di frumento. Il condottiero rientra nell’ aversano; ricorre ad alcuni ingegnosi stratagemmi che gli permettono di impadronirsi di diversi altri castelli. Sconfigge lo Sforza al ponte di Casolla e gli cattura anche 200 cavalli. Il Tartaglia esce da Aversa per contrastarlo e cogliere i suoi uomini mentre sono intenti al saccheggio: cade in un agguato per cui è costretto ad una rapida fuga. | |||
Nov. | Campania | Si congiunge con 1500 cavalli e 1500 fanti alle truppe aragonesi: insieme gli alleati assediano per 25 giorni Acerra: alla difesa della località si pongono Santo Parente e Giovan Paolo Origlia con 4 bande di cavalli e 4 di fanti. Braccio di Montone fa costruire 2 bastie esterne; demolisce le mura della fortezza con le bombarde. Un improvviso attacco di Perino e di Bettuccio Attendolo con Santo Parente mette fuori uso le bombarde e brucia le bastie. Alfonso d’Aragona accetta la richiesta di tregua degli abitanti e Braccio di Montone rientra a Napoli con il re d’Aragona. A fine mese Acerra si arrende nelle mani di un cardinale spagnolo che consegna la città al sovrano. | |||
Dic. | Campania | Braccio di Montone può pensare a rifornire di vettovaglie Capua ridotta in cattive condizioni dall’ azione dello Sforza; sempre negli stessi giorni vi fa impiccare Giannuzzo d’ Itri, colpevole di avere disertato nel passato dalle sue file a quelle degli sforzeschi. Da Napoli avanza una colonna di 200 vetturali disarmati che trasportano frumento ai capuani. Il condottiero prevede che Muzio Attendolo Sforza faccia di tutto per intercettare la colonna. Si pone in imboscata e coglie alla sprovvista gli avversari cui cattura 400 cavalli. Rientra a Capua con 400 cavalli e distribuisce il resto della cavalleria pesante nei castelli vicini. | |||
1422 | |||||
Apr. | Campania Abruzzi Marche | Viene incaricato dal gran siniscalco Giovanni Caracciolo di avvicinare lo Sforza affinché i due condottieri appoggino insieme la regina di Napoli ai danni di Alfonso d’Aragona. Esce da Napoli e si reca nel ducato di Sessa; lo Sforza gli viene incontro da Telese. Tra i due capitani vi è un colloquio di due ore a Selva dei Saccomanni (Presenzano) al cui termine sono poste le basi per un accordo comune. Braccio di Montone manterrà la dignità di grande connestabile e verrà nominato governatore (o viceré) degli Abruzzi per dieci anni; in base ad esso può rioccupare tutte le località della Terra di Lavoro che non hanno fatto atto di sottomissione alla regina o che le si siano di recente ribellate. Lascia Napoli, attraversa gli Abruzzi e si ferma nelle Marche. Si dirige verso Fermo. Si abbatte con le sue truppe sull’antica abbazia di Fiastra. Sono nuovamente saccheggiate le proprietà dell’ abbazia, incendiate le campagne, è distrutto il monastero e gran parte della chiesa. I pochi monaci che scampano alla strage trovano rifugio ad Urbisaglia. | |||
Mag. | Marche | Si accampa tra Montolmo (Corridonia) e San Giusto. | |||
Giu. | Umbria | Si reca a Città di Castello: gli abitanti gli offrono 5000 fiorini pari ad un anno di tributi, in cambio della possibilità di scegliersi i due capitani della rocca. Rifiuta. | |||
Lug. | Perugia | C.di Castello | Umbria | Inizia ad assediare Città di Castello, si accosta davanti alla Porta Romana; fa erigere due bastie, una al mulino dei Cavalcanti contro il ponte di Porta Prato, l’altra di fronte al torrione delle Giulianelle. Inizia a bombardare la città con quattro pezzi di artiglieria grossi ed altri più piccoli dal monastero di Trastevere; altri due trabucchi sono messi in funzione, uno alla Porta di Sant’ Egidio e l’altro a Santa Maria. Fa pure costruire una grande torre di legno, molto alta, in cui sono collocati veterani e balestrieri ed è munita con altri 2 pezzi di artiglieria. Le operazioni proseguono con l’occupazione del contado, con l’ eccezione di Celle, di San Giustino e di Ghironzo) ed il blocco dei lavori dei campi. I tifernati richiedono invano il soccorso dei fiorentini. | |
Ago. | Firenze | 1000 lance e 300 fanti | E’ condotto dai fiorentini in aspetto con 1000 lance e 300 fanti: la ferma è stabilita in due anni; gli è riconosciuta una provvigione mensile di 2000 fiorini: del costo totale, il 50% spetta ai fiorentini, il 25% ai senesi ed il restante 25% ai lucchesi. | ||
Sett. | Umbria | Città di Castello è costretta alla resa e Braccio di Montone ne prende possesso. Rientra a Perugia di cui è eletto governatore Francesco Salimbeni con un presidio di 1000 soldati. | |||
Dic. | Umbria | Accoglie in Perugia Leonello d’Este e Nanne Strozzi. | |||
1423 | |||||
Gen. | Perugia | Chiaravalle | Umbria | Su richiesta di Alfonso d’Aragona invia nel regno di Napoli Niccolò Piccinino con 400 cavalli. Rimane al momento in Umbria ed assicura Todi dalle scorrerie dei Chiaravalle; toglie loro il castello di Canale che dà in dote, ad una nipote, destinata a sposare Niccolò Piccinino. Ordina l’abbattimento in Todi di molte case per permettere la costruzione della rocca. Ai suoi domini si aggiungono nelle Marche Cingoli, Castreccioni, Colognola, Sant’Angelo e Staffolo. | |
Feb. | Umbria | Il signore di Foligno Corrado Trinci lo incorona a Perugia, nella sala maggiore del palazzo, principe di Capua e di L’Aquila su incarico della regina di Napoli e di Alfonso d’Aragona: alla cerimonia presenziano gli ambasciatori di Napoli (che gli consegnano una collana d’oro) e di Firenze, nonché i signori di Fabriano e di Camerino. Prima di spingersi verso gli Abruzzi, su pressione dei fiorentini, apre le trattative con il papa Martino V. | |||
Apr. | Umbria | Rompe ogni indugio, raccoglie le truppe a Fratta Todina (3200 valli e 6000 fanti). | |||
Mag. | Re d’Aragona | Napoli Chiesa | Umbria e Abruzzi | A Narni; non ha successo un suo tentativo di impadronirsi della rocca di Spoleto; invia 400 cavalli in soccorso dei fiorentini agli ordini di Fioravante Oddi e di altri capitani; suggerisce loro, che nel lottare contro i viscontei si avvalgano delle prestazioni di Carlo e di Pandolfo Malatesta. Si dirige verso gli Abruzzi. Viene costretto a fermarsi davanti a L’Aquila, dove gli si oppongono gli abitanti sobillati da Giovanna d’Angiò (che ora avversa il re d’Aragona). Il Montone, viceversa, rimane mantiene fedele al sovrano. In pochi giorni cade in suo potere tutta la vallata dell’Aterno da Pizzoli, a Poggio Picenze, ad Assergi, a Carapelle Calvisio, a Fossa, a Paganica (che conquista in dieci giorni), a Navelli ed a Barisciano. L’ultima località è espugnata in quattro giorni di assedio utilizzando una strada sotterranea sotto le mura. Gli abitanti sono uccisi ed il centro è messo a sacco; le donne sono spedite seminude a L’Aquila. Inutili si rivelano invece gli assalti alle mura del centro; è inasprito l’assedio. Gli aquilani con furiose sortite spesso superano l’accerchiamento per procurarsi le necessarie vettovaglie. Gli è revocato dalla regina il governatorato degli Abruzzi ed il papa gli dichiara guerra: gli viene contro Pietro Navarrino che cerca di prestare soccorso a L’Aquila cercando di introdurre nella un grande convoglio di rifornimenti. Braccio di Montone gli tende un’imboscata e lo cattura presso Stiffe. Irritato dalla decisione della regina di Napoli, vessa gli abitanti di Teramo levando loro franchigie fiscali decise in antecedenza a favore della città dall’ Angiò. | |
Giu. | Abruzzi | E’ tanto immerso negli Abruzzi nella lotta che si rifiuta di marciare a nord per aiutare gli alleati fiorentini; si rifiuta nello stesso tempo di unirsi con gli aragonesi allorché Luigi d’Angiò (il nuovo erede scelto da Giovanna d’Angiò) giunge ad Aversa; invia in sua vece 1200 cavalli e 1000 fanti agli ordini di Jacopo Caldora, di Bernardino degli Ubaldini della Carda, di Arrigo della Tacca, di Riccio da Montechiaro e di Orso Orsini. Braccio di Montone ordina un assalto generale a L’Aquila che viene respinto da Antonuccio dell’ Aquila. Conduce i suoi uomini contro Porta Barete; gli avversari deviano le acque dell’ Aterno per rendere più malagevole il passo alla sua cavalleria. | |||
Lug. | Abruzzi | Vista l’inutilità degli sforzi lascia il Piccinino ed il Gattamelata sotto le mura di L’Aquila e si dirige alla volta di Rocca di Cambio che perviene in suo potere; attacca pure Rocca di Mezzo. Obbliga il conte di San Valentino Corrado Acquaviva a seguire il suo partito; conquista Manoppello, Guardiagrele, Lanciano, Guardiagrele, Ortona (a spese di Domenico Riccardi) e Francavilla al Mare. Concede a Pietro Giampaolo Orsini, che lo ha affiancato in questa azione, le terre di Casale, Giugliano Teatino, Fara Filiorum Petri ed Orsogna. Nel contempo giungono a Perugia gli undici palii inviati come tributo dalle città a lui sottomesse (Perugia, Todi, Rieti, Narni, Jesi, Spello, Terni, Spoleto, Assisi, Ascoli Piceno e Città di Castello). | |||
Ago. | Abruzzi | Occupa Ocre; fiducioso nel successo finale avvia a Firenze altri 400 cavalli ed alcune compagnie di fanti che utilizzati per la sorveglianza di Piombino. Ritorna ad assediare L’ Aquila; tenta di dividere i difensori; corrompe molti cittadini perché lo aiutino nella sua impresa. Dodici di costoro sono scoperti e strozzati, due sono fatti a pezzi nei pressi della Porta Paganica. Pochi riescono a salvarsi nel suo campo. Continua pertanto nella sua tattica; occupa Tussio, San Pio e Caporciano dove muore Castellano della Rosa. Viene una volta di più scomunicato. | |||
Sett. | Abruzzi | Gli è consegnata Manoppello da Bernaino Fornaino. | |||
Ott. | Abruzzi | Truppe fresche arrivano in suo soccorso dall’ Umbria sotto la guida di Carlo Baldeschi; ai suoi uomini si congiunge anche Pietro Giampaolo Orsini. Con costoro si impadronisce di altri centri quali Monteodorisio; allarga la sua vittoriosa azione oltre il fiume Pescara con la conquista di San Valentino in Abruzzo Citeriore, di Lanciano, di Francavilla al Mare e di Chieti. | |||
Nov. | Abruzzi | Si sposta a Bucchianico per frenare l’avanzata di Muzio Attendolo Sforza. | |||
Dic. | Abruzzi | Si fortifica in Chieti. | |||
1424 | |||||
Gen. | Abruzzi | Raggiunge a marce forzate la valle aquilana; rafforza il blocco del capoluogo con l’ausilio di Niccolò Terzi. Piange la morte dello Sforza morto annegato nel fiume Pescara; sembra meditare sul proprio destino anche perché gli astrologi gli hanno predetto che il suo decesso sarebbe avvenuto subito dopo quella del suo rivale. Ripresosi, si oppone all’ inseguimento degli avversari in fuga verso Aversa; tenta, viceversa, di impadronirsi di Ortona per trattato attraverso il conte di Sant’Angelo. Rientrato sotto L’Aquila, fortifica le chiese di San Lorenzo sul Monte della Serra e quella di Sant’ Antonio fuori la Porta Lavareta. Dirotta le acque di Sant’Anso per impedire che la portata di tale fiume giunga in città. | |||
Feb. | Abruzzi | Raddoppia gli sforzi per impadronirsi di L’Aquila (attacco a Sant’Annese); i suoi tentativi non sortiscono gli effetti desiderati. In realtà alcuni dei suoi uomini riescono a penetrare in L’Aquila; le porte si chiudono alle loro spalle e la maggior parte di costoro rimane uccisa. Molti, nel loro tentativo di fuga, muoiono gettandosi giù dalle mura. Le madri, le mogli e le figlie dei fuoriusciti sono scacciate dalla città; le donne prendono la strada di San Lorenzo; vengono bloccate e sono costrette a rientrare nel capoluogo. Alcune sono in grado di salvarsi con l’ausilio di loro parenti. Nello stesso periodo Braccio di Montone viene nominato da fiorentini e da senesi loro capitano generale con una condotta di 1000 lance e di 300 fanti: la ferma viene stabilita per nove mesi. Non può invece accettare l’invito di trasferirsi in Romagna per contrastare i viscontei per la sua situazione negli Abruzzi. | |||
Mar. | Abruzzi | Riconquista San Pio, che gli si è ribellata. Il castello è messo a sacco ed è demolito. | |||
Apr. | Abruzzi | Riceve 15000 fiorini e può inviare in soccorso dei fiorentini Ardizzone da Carrara con 400 cavalli. Assedia Tussio che subisce la stessa sorte di San Pio; occupa ancora Barisciano. Le donne di quest’ultimo castello ne sono espulse e sono costrette a girare nude attorno le mura. Il giorno seguente, Pasqua, tutti i prigionieri sono condotti a Teramo. Raggiunge con le sue truppe Civita di Bagno. Divide l’esercito in 15 squadre. Si accampa sotto L’Aquila e si attenda nelle vigne di Pettino. Il resto delle truppe è condotto nella valle di Santa Lia ed è raccolto in due schiere agli ordini di Niccolò Piccinino (che si accampa nei vigneti) e di Pietro Giampaolo Orsini, che si sposta presso l’Icona della via della Torre e di Bazzano. Si volge su Stiffe ed assedia tale centro per quindici giorni. Ritorna verso Fossa, Ocre e Civita di Bagno da lui controllate; colloca i suoi fanti a Luco dei Marsi. Dopo una settimana prende la via della Serra di San Lorenzo e dispone le sue truppe vicino al ponte di Collemaggio. Ritorna a Santa Lia. | |||
Mag. | Abruzzi | Gli vengono contro Jacopo Caldora (che ha lasciato le sue file) e Francesco Sforza: non accetta il piano proposto dal Gattamelata che prevede di attaccare gli avversari in marcia mentre stanno attraversando un difficile passo di montagna nella vallata dell’ Aterno; preferisce aspettarli nella conca aquilana accontentandosi di occupare con 2000 fanti i passi dei colli di Ocre. Dà disposizione di non molestare gli avversari nella loro marcia di avvicinamento. | |||
Giu. | Abruzzi | L’esercito braccesco è composto di 4000 cavalli divisi in 24 squadre; quello nemico in 20 squadre con un pari numero di cavalli, 300 fanti veterani ed altri 1300 locali per lo più abruzzesi. Braccio di Montone fa deviare il torrente Vittore per frenare la cavalleria napoletana-pontificia: Jacopo Caldora para la mossa facendo marciare le truppe sulle alture. Passa per primo Ludovico Colonna, dietro di lui sono in sequenza Francesco Sforza e Micheletto Attendolo, Jacopo Caldora, Federico di Matelica e Paolo Tedesco; per ultimo Luigi da San Severino con la fanteria. Nel primo scontro gli armati di Ludovico Colonna sono respinti alle falde delle montagne; il Montone supera l’Aterno con Brandolino Brandolini, il Gattamelata e Niccolò Fortebraccio. E’ costretto a ritirarsi per l’intervento delle squadre di Federico di Matelica. Dopo alcune ore compare di persona con 200 cavalli scelti e travolge il centro dello schieramento: solo Francesco Sforza resiste all’ala destra; dà allora l’ordine alla sua fanteria di muoversi. Questa resta ferma sui monti; al contrario i fanti pontifici ed i caldoreschi attaccano le sue linee, scavalcano 1300 dei suoi cavalli non tanto colpendo gli uomini d’arme quanto squarciando il ventre delle cavalcature. Braccio di Montone è ferito in modo grave; è fatto prigioniero mentre cerca di riparare in un castello vicino: varie sono le versioni inerenti la ferita infertigli alla testa, la sua cattura e la sua morte. Secondo alcuni, sfuggito al combattimento, rimasto solo, si vuole arrendere nelle mani di Jacopo Caldora: durante il tragitto viene raggiunto o incontra un gruppo di cavalieri che si avventa su di lui e lo colpisce ripetutamente; di volta in volta tali assalitori sono individuati nei perugini Ludovico e Lionello dei Michelotti, nel connestabile di fanti Armaleone Brancaleoni di Foligno o nel venturiere perugino Ludovico Antilocchi che lo colpisce con tanta forza da farlo cadere sotto la sua cavalcatura.. Il suo corpo, quasi senza vita, è trasportato su uno scudo nel padiglione del Caldora o in quello di Francesco Sforza: muore dopo tre giorni senza prendere cibo o proferire parola. Si parla di uno specillo che una mano ignota sarebbe riuscita a colpire durante una medicazione, facendolo penetrare più profondamente nel cranio sì da ledere il cervello del ferito e provocarne l’immediata morte. La tradizione perugina ne attribuisce la colpa a Jacopo Caldora irato per il suo mutismo; un’altra fonte riferisce che autore dell’atto sia stato un giovane ternano, Andreasso Castelli, la cui famiglia è stata sterminata dai suoi soldati; una terza parla di un errore del chirurgo; una quarta (aquilana) addossa il delitto a Francesco Sforza che avrebbe spostato la mano al chirurgo. Per la sua morte grandi festeggiamenti si svolgono a Roma; il cadavere viene condotto in tale città da Ludovico Colonna. Il papa Martino V si fa consegnare la salma, la fa gettare in terreno sconsacrato fuori Porta San Lorenzo e vi fa erigere una colonna simbolo della sua famiglia. Otto anni dopo, nel maggio 1432, il Fortebraccio otterrà dal papa Eugenio IV le sue ossa che, ribenedette, sono trasportate da Roma a Perugia da 50 cavalli, tutti coperti di veli neri. Sono spesi dai perugini 1000 fiorini per l’organizzazione della cerimonia funebre. La cassa è avvolta con velluto d’oro ricamato d’argento in campo rosso ed è portata a spalle dai nobili. Le ossa sono deposte in un primo momento nella chiesa di San Costanzo, per essere poi collocate nella chiesa di San Domenico. Braccio di Montone è, infine, sepolto nel chiostro della chiesa di San Francesco al Prato dopo una solenne processione culminata con un sermone del francescano Angelo del Toscano. Dopo il concilio di Trento la tomba sarà trasferita nella sacrestia della medesima chiesa. Cura l’abbellimento di Perugia e promuove opere come la loggia per continuare il fianco della cattedrale, verso la piazza, con il vicino Palazzo dei Consoli. La loggia è costituita da quattro archi, uno dei quali in parte chiuso, poggiati su pilastri ottagonali: sotto la prima arcata sono visibili i resti del campanile addossato alla primitiva cattedrale dedicata a Sant’ Ercolano. Fa pure ricostruire la rocca di Todi e l’emissario del Trasimeno, opera idraulica tra le più grandi del tempo. Ritratto di Tommaso da Cortona; ritratto di anonimo sito nell’oratorio di San Francesco a Perugia. Su sua commissione il pittore ferrarese Antonio Alberti dipinge gli “Episodi della vita di San Francesco” e le scene del “Giudizio universale” nel sottarco della chiesa di San Francesco a Montone. Suo affresco nella sala del Palazzo Baglioni a Perugia. Medaglia del Pisanello conservata a Firenze. Ode in suo onore di Cambino Aretino. Ricordato da Lorenzo Spirito in “Altro Marte” ed in “Lamento di Perugia soggiogata”; Alessandro Manzoni lo cita nella tragedia “Il conte di Carmagnola”. Alessandro Patrignani gli dedica alcune ottave nell’ode “Braccio Fortebraccio valente capitano perugino all’assedio di Cingoli”. Anche Vinciolo Vincioli gli dedica un sonetto. Stemma: scudo e tacca d’oro con al centro un mezzo montone nero rampante. Sopra lo scudo è situato un elmo d’argento bordato da foglie d’oro e provvisto di lambrecchino di foglie d’acanto. L’elmo porta come cimiero il leopardo seduto. |
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